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Per la Fine del Lavoro, per il Salario Garantito

Critica impietosa dello stato assistenziale e rinnovato epos del libero mercato tengono saldamente la scena del dibattito politico. Al centro il Lavoro. Primaria fonte di preoccupazione della Politica contemporanea. I nostri governanti si affannano a ricordarci come l'opulenza dell'Occidente non si possa compiere se non con la "piena occupazione". La semantica dell'inganno è costellata da inviti a lottare contro la disoccupazione di lunga durata, a promuovere l'occupazione giovanile, ricorrere alla cassa integrazione (se necessario), incentivare il prepensionamento, inventare condoni e cercare ricette neo-qualcosa! La Politica, abbandonata da tempo una seria riflessione sul suo senso e il suo valore, si concentra su un oggetto che appare secondario e perciò degno di essere problematizzato, perché sospetto di "depistaggio" da altro di ben più importante ed urgente. Ci proviamo attraverso alcune segnalazioni e piste di riflessione. 1. Il lavoro come costo sociale eccessivo è il problema tra tramonto del welfare State e ondata neoliberista. Si sente dire che il dissesto dello Stato dipenda da un aumento incontrollabile delle spesa pubblica, destinato a fronteggiare un'area crescente di non lavoro. Lavoro, assistenza, libero mercato si confrontano sull'ipotesi che l'allargamento della popolazione inattiva rappresenti un onere esorbitante per lo sviluppo. La spinta ad "occuparsi" sta nelle norme adottate per la flessibilità e la mobilità; la precarietà che sta nelle "Partite Iva", nei part time, nei "tempo determinato", l'apprendistato, ne sono le risposte. 2. Da un altro punto di vista, il fenomeno disoccupazione può essere letto come crisi dello Stato assistenziale provocata dallo sviluppo asfittico, inibito, men che modesto dell'area del non-lavoro. C'è un eccesso di popolazione attiva alla quale l'assistenza viene elargita sotto forma di lavoro salariato. C'è un esubero di soggetti salariati e assistiti. Il lavoro salariato, a causa dei suoi costi tanto inflazionati quanto rigidi, mostra dovunque di essere non competitivo, fuori da ogni logica di mercato. Lo Stato Assistenziale è giunto al tracollo per il forsennato sostegno all'occupazione perseguito attraverso l'investimento pubblico. Per aver tentato di far coincidere, ovunque fosse possibile, assistenza e lavoro. Le politiche del pieno impiego non sono altro che la Chimera che nutre e fa espandere questa filosofia. 3. Il lavoro appare non più competitivo quando i suoi costi risultano superiori all'immissione di nuove macchine che lo surroghino, anche solo parzialmente. Questa è la condizione odierna. Introdurre, sviluppare, aggiornare processi produttivi automatizzati costa meno che mantenere/accrescere il livelli attuali di occupazione. La storia (il tempo) dello sviluppo dei mezzi di produzione è la storia (il tempo) della trasformazione della forza lavoro in macchina lavoro. Il lavoratore, ieri cronometrato, viene oggi sostituito dal cronometro stesso; la velocità della produzione si è trasformata nella produzione della velocità. 4. "L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro"! Il lavoro, specie quello dipendente e salariato, rappresenta la sola possibilità di semplificare sistematicamente la complessità sociale, governandola. Il lavoro come tale non più il denaro: nei flussi monetari infatti, tale complessità si radica e si accresce. La scienza dell'amministrazione conserva una sua pregnanza operativa giusto finché è amministrazione del lavoro. 5. Con l'impiego diffuso e permanente della CIG, l'ipocrisia (neo-qualcosa) ha celebrato i suoi fasti. Com'è noto, per molteplici situazioni aziendali la CIG non è mai stata misura finalizzata alla ristrutturazione, ma status semi- o definitivo. Si è dunque di fatto, garantito il salario a gente che per mesi o per anni non ha lavorato. Ma tale garanzia è stata occultata dal permanere del "rapporto di lavoro", concessa unicamente in vista della sua prosecuzione. Con un curioso rovesciamento dei termini, il salario garantito si è pudicamente travestito da "anticipazione" sulla futura ripresa del lavoro. Il risultato (a volte) è stato che la produzione è effettivamente ripresa, in condizioni immutate, senza innovazioni tecnologiche, semplicemente con sussidio dell'intervento pubblico. Il che si spiega con la vigenza forzosa del legame istituzionale salario-lavoro in regime di cassa integrazione. 6. Il carattere locale, circoscritto, formalmente limitato nel tempo del salario garantito così elargito, il suo essere eccezione vincolata e non regola generale, ingenera un'aspettativa di lavoro quale unica soluzione possibile per la singola situazione specifica. Inutile aggiungere che questa aspettativa è propria dei dirigenti di impresa e dei governanti, perché aziende decotte e non competitive durino ad oltranza. 7. Perchè allora non considerare automazione e reddito garantito due facce della stessa medaglia? Non potrebbero costituire misure più economiche del pieno impiego? Un vero neo liberismo dovrebbe accettare la strada dell'assistenza diretta e monetizzata come costo sociale inferiore al lavoro.

 

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