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Brescia, 7 novembre 2000.
Caro amico,
Le scrivo per raccontare un episodio che mi ha particolarmente colpito.
Stamattina mi trovavo alla cassa di un supermercato e ho incontrato una
signora di circa settant?anni (ma ancora giovanile) che mi ha salutato molto
cordialmente. Confesso di non averla riconosciuta, ma facendo finta di nulla
mi sono messo a conversato con lei.
Parlando avevo la sensazione che quella donna avesse qualcosa da dirmi.
Al momento di andar via (avevo appena pagato alla cassa), questa donna mi
ha pregato di attenderla un attimo e quando anche lei ha finito di pagare
quelle poche cose che aveva comprato, è venuta da me e mi ha detto che aveva
un favore da chiedermi.
Arrossendo e con un tono che palesava un qualche imbarazzo, quella donna
? ritenendomi conoscitore della materia solo perché, negli anni scorsi,
avevo partecipato ad alcune iniziative contro l?obbligo del canone Rai ?
mi ha quindi domandato come si poteva fare per non pagare il canone televisivo,
quanto meno per un anno.
Questo incontro mi ha colpito profondamente soprattutto per le ragioni che
quella signora mi ha dato; ragioni che non alcun motivo di ritenere false.
Voleva sapere come si può evitare di pagare il canone semplicemente perché,
ricevendo una pensione di poco più di ottocentomila mensili, quest?anno
aveva seri problemi economici. Costretta a spendere qualche milione per
cambiare la caldaia del riscaldamento, si trova ora in serie difficoltà.
Davvero a disagio non ho avuto il coraggio di dirle che purtroppo non è
possibile, a posteriori, sospendere il pagamento del canone: dal momento
che si tratta di una tassa di possesso del televisore e quindi, se anche
si rinuncia a guardare la televisione o quanto meno i programmi Rai, si
è comunque costretti a pagare. Mi sono fatto dare il numero di telefono
e mi sono ripromesso di farmi vivo.
Adesso non so cosa dirò a quella signora, ma certo mi è difficile nutrire
rispetto per governi che obbligano pensionati poverissimi a finanziare i
lussi di un carrozzone Rai che assicura centinaia di milioni agli ospiti
del festival di Sanremo e ai protagonisti dei varietà. Mi sembra che vi
sia un?insopportabile sproporzione morale le 800 mila lire mensili di quella
donna e i miliardi concessi ai Bonolis, ai Fazio e a tutta l?allegra compagnia
dei fatui televisivi.
Tanto più che quello del canone Rai è un imbroglio bell?e buono. Da tempo
sarebbe possibile, per la Rai, funzionare come qualsiasi altra televisione
a pagamento. Vogliono quelle maledette 170 mila lire all'anno? Se le meritino!
Criptino i programmi (come già fanno Stream e Telepiù) e ? se produrranno
programmi di qualità ? non c'è dubbio che molti saranno disposti a pagare
una tale somma per acquistare spettacoli di proprio gradimento. Ma così
com'è la situazione è a dir poco truffaldina, dato che una tassa dovrebbe
essere il corrispettivo di un servizio e quello che la Rai ci offre è tutto
meno che un servizio (oggi è un servizio per i partiti e per i loro parassiti)!
In un paese libero, nessuno dovrebbe essere obbligato a finanziare un?impresa
editoriale di cui non si condividono gli orientamenti. Questo succedeva
in Russia, ma si trattava appunto di un regime comunista.
Non voglio aggiungere altro, se non il fatto che quella signora che fa tanta
fatica a pagare le 170 mila del canone non sa che - senza neppure informarla
? in questi giorni tutti i partiti hanno deciso di prendere (anche a lei,
certo) un bel po? di miliardi per la propria stampa. Così, oltre a dover
pagare una televisione di cui magari farebbe volentieri a meno, quella signora
si trova a dover finanziare giornali di cui ignora perfino il nome e che
certo non leggerà mai.
In una situazione simile c?è da vergognarsi di essere italiano, anche se
la vergogna più grande dovrebbe avvertirla quanti ci hanno ridotto in tale
situazione. Ma loro non si vergognano più di nulla e a noi ormai non resta
altro da fare che rivendicare la nostra aspirazione a tornare liberi. Prima
o poi.
Giuseppe Quarto,
responsabile del Club L'Imprenditore
giuseppe quarto
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