Capitale Intellettuale e Gestione della Conoscenza
Karl-Erik Sveiby / Traduzione di Antonio Lanfranca [alanfranca@gsmbox.it]

Un termine è definito meglio attraverso il suo utilizzo, e quindi è probabilmente ancora corretto guardare al Capitale Intellettuale (CI) e alla Gestione della Conoscenza (GC) come gemelli – due rami dello stesso albero.

Tom Stewart Fortune, ha individuato il primo utilizzo del termine "Capitale Intellettuale" (Intellectual Capital) nel libro di GR Feiwel "The Intellectual Capital of Michael Kalecki", 1975 attribuendolo a John Kenneth Galbraith, il quale in una lettera all’economista Michael Kalecki del 1969 scrisse:
Mi meraviglierei se tu comprendessi quanti di noi al mondo hanno posseduto il capitale intellettuale che hai fornito nell’arco di questa passata decade.

E’ Tom Stewart che nel suo articolo del giugno 1991 "Brain Power - How Intellectual Capital Is Becoming America's Most Valuable AssetI", conduce il CI fermamente all’interno dell’agenda del top management. Egli definisce il CI come: la somma di tutto quello che ogni persona all’interno della tua azienda conosce in grado di fornirti un vantaggio competitivo nel mercato.

Il primo utilizzo del termine è dunque per descrivere l’effetto dinamico dell’intelletto degli individui. Cosa ha attirato l’attenzione dei manager (e dei consulenti manageriali) è il fatto che Tom Stewart fa del CI l’attributo di un’organizzazione. Leif Edvinsson, Skandia, e Pat Sullivan lo definiscono nell’European Management Journal (1996 vol 14) come: Conoscenza che può essere convertita in valore. E la definizione del CI di Laurence Prusak, Ernst & Young (più tardi IBM Consulting), diventa ancora più "impacchettata". In Characterizing Intellectual Capital, Klein & Prusak 1994, egli lo definisce come: Materiale intellettuale che è stato formalizzato, catturato e usato come leva per produrre beni di più elevato valore.

In Svezia una "Comunità di Pratica" sulla misura del "Capitale Conoscenza" e sui Beni Intangibili è nata nel 1988 dal lavoro in lingua Svedese di Sveiby (ed. 1988): The Invisible Balance Sheet. Edvinsson ha combinato il lavoro di Sveiby con le Balanced ScoreCard di Kaplan&Norton quando ha sviluppato il primo supplemento sul Capitale Intellettuale della Skandia nel 1994. Una dettagliata
storia del concetto di Capitale Intellettuale è stata scritta da Patrick H. Sullivan.

Sia la Skandia che la Ernst & Young enfatizzano le proprietà statiche della conoscenza, ossia: invenzioni, idee, programmi per computer, brevetti, etc., come Capitale Intellettuale. Edvinsson & Sullivan includono anche le risorse umane, il c.d. Capitale Umano, ma enfatizzano (ibid. p358) che: è chiaramente a vantaggio delle aziende basate sulla conoscenza trasformare le innovazioni prodotte dalle sue risorse umane in beni intellettuali, sui quali l’azienda può esercitare i diritti di proprietà. Uno dei principali compiti dei manager del CI è quello di trasformare le risorse umane in beni intellettuali.

Le origini del termine "Gestione della Conoscenza" (Knowledge Management) sono più oscure e non sono state adeguatamente ricercate. Un paio di scritti usano la parola "Knowledge Management" nei titoli editi in Europa nel 1992-1994 scritti da ricercatori della CIBIT in Olanda (particolarmente da Rob van der Spek (1994 Towards a Methodology for Knowledge Management), che scrive: "la gestione della conoscenza consiste nelle attività manageriali incentrate nello sviluppo e nel controllo della conoscenza all’interno di una organizzazione per raggiungere gli obiettivi organizzativi". Lo scritto descrive la "conoscenza oggetto" ed enfatizza l’impatto tecnologico nella gestione dei contenuti informativi. I primi scritti di autori americani intorno al 1994 anch’essi riguardano la conoscenza come oggetto e sono ispirati all’emergente fenomeno Internet.

Le origini in lingua svedese della Gestione della Conoscenza vengono dal libro di Sveiby (1990): Kunskapsledning. (Italiano: Gestione della Conoscenza), la definizione offerta dalla traduzione è: un modo di vedere il mondo e le organizzazioni, dunque una comprensione della GC come una prospettiva della teoria organizzativa ispirata dall’epistemologia.

Le origini giapponesi della Gestione della Conoscenza risalgono agli scritti di Ikujiro Nonaka della metà degli anni ’80; egli nel suo seminario (1995) The Knowledge-Creating Company, descrive come le aziende giapponesi innovano sfruttando la condivisione della conoscenza in entrambe le forme "esplicita" e "tacita". Il suo coautore ha scritto un articolo che descrive le radici giapponesi (disponibile in lingua italiana).

Se stiamo cercando delle differenze esse possono essere trovate su come le parole conducono a differenti connotazioni: Il CI è statico e necessita di un verbo per descrive quello che i manager fanno di esso: come gestire il CI or migliorare il CI. Conseguentemente abbiamo visto nascere concetti quali la Gestione del Capitale Intellettuale e l’Audit del Capitale Intellettuale. Gestire la Conoscenza è già in forma attiva, in quanto contiene un verbo. Comunque, la "Gestione della Conoscenza" è qualcosa di molto astratto e la nozione è uno sfortunato ossimoro. Preferisco definire la GC come: L’arte di creare valore dai beni intangibili. Essendo il "Valore" sia finanziario che non finanziario.

La gente che usa attivamente "Capitale Intellettuale" nel proprio lavoro sembra più attiva nel misurare, auditare e valutare e nel "catturare " la conoscenza. La gente che usa attivamente "Gestione della Conoscenza " sembra cadere nell’ambito delle due "tracce" in funzione della loro comprensione di cosa è la "conoscenza": un processo dinamico o un oggetto statico. (Approfondisci il concetto di Gestione della Conoscenza). In funzione di quanto essi comprendano cosa sia la conoscenza e dei loro personali fini sia gli attori di CI e GC dunque enfatizzano le proprietà statiche o dinamiche della conoscenza.

La classificazione della Skandia del CI è fondamentalmente la stessa dell’Intangible Assets Monitor, in quanto esse discendono dalle medesime origini, (read more about the Swedish origins), ma Skandia le ha raggruppate in modo leggermente differente e ha aggiunto un ulteriore livello che contiene le nozione di "Capitale d’Innovazione" e "Capitale di Processo". Le due aggiunte sfortunatamente rendono il modello Skandia teoreticamente incoerente e in contesa con il modello originario, perché entrambi sono processi (dinamici), laddove le altre nozioni sono statiche.

Un confronto tra la tassonomia della Skandia e la mia è di seguito riportato:

Capitale Intellettuale (Skandia)

Capitale Strutturale

Capitale Umano
Capitale Cliente

Capitale Organizzativo

 
  Capitale d’Innovazione Capitale di Processo  

 

Beni Intangibili (Sveiby)

Struttura Esterna Struttura Interna Competenza delle Persone


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(tratto da http://www.sveiby.com.au/KnowledgeManagement_it.htm)