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Auto-imprenditorialità e impresa giovanile (Guido Contessa/ARIPS)
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Il lavoro è finito. E’ giunto il tempo del diritto all’ozio. Lavorare meno per lavorare tutti. Lavoro interinale. Contratti atipici. Non c’è analisi economica, sociologica, psicosociale che non parta dalla constatazione che è finito il tempo del lavoro stabile, del lavoro garantito, del lavoro assistito. In sintesi del classico lavoro dipendente. E di fronte alla rabbia, alla disillusione, alla domanda di alternative poste dai giovani (che pagano più di ogni altra categoria questa mutazione) la risposta è ovunque la stessa: auto-imprenditorialità. Termine orrendo che comprende sia l’attività di caccia ai lavori precari, interinali, stagionali, temporanei, sia la creazione di imprese giovanili autonome: in quale settore ? Nel Terzo settore o terziario sociale avanzato, è ovvio. Si stimolano i giovani a fondare cooperative di assistenza, imprese sociali di servizi educativi e formativi, società di informatica, associazioni di promotori turistici, aziende che sfruttano il franchising  in catene di prodotti  e servizi “giovani”, agenzie di giovani venditori associati per il multi-level-marketing. L’impresa giovanile è anche sussunta a strumento primario di sollievo ed emancipazione dal disagio. Disabili, ex-carcerati, ex-tossicodipendenti, pazienti psichiatrici, minori istituzionalizzati, immigrati e profughi sono invitati dopo, o durante, la presa in carico dei servizi pubblici affidati alle organizzazioni del terzo settore (v.articolo precedente), a lanciarsi nell’intrapresa sociale. Naturalmente  l’invito viene seguito da discrete somme messe a disposizione in varie forme da Comuni, Regioni, Stato e Unione Europea oltre che da Camere di Commercio, Associazioni degli Artigiani e della Piccola Impresa, banche, fondazioni e Consorzi di Sviluppo. Oltre alle somme di danaro come finanziamento a fondo perduto, mutuo agevolato, sconti su interessi bancari, si sono approntati migliaia di servizi di promozione, sostegno, assistenza alla nuova imprenditorialità, gestiti dai più vari soggetti istituzionali e privati. Esiste qualche guastafeste (cit) che esprime dubbi sull’impresa giovanile, per di più nel  Terzo settore, in funzione della riduzione del tasso di disoccupazione che è strutturale e progressivo; ma la larga maggioranza dei cittadini per voce della larga maggioranza dei politici (su questa posizione tutti i partiti sono unanimemente entusiasti) non accetta discussione. La parola d’ordine è intraprendere, e i giovani che non la seguono sono solo lazzaroni o devianti. Allora molti giovani mettono i loro sforzi al servizio dell’ideologia dominante. Seguiamolo, un gruppo di giovani esempio di migliaia di altri, per vedere cosa succede.

2.1. La prima impresa: fondare un’impresa.

A parole siamo in un regime capitalistico liberale, favorevole all’impresa; e siamo anche in un regime solidaristico, favorevolissimo all’impresa sociale giovanile. In pratica fondare un’impresa è già un’impresa che uccide. Non parliamo dell’idea, del budget economico, della prospettiva di un paio d’anni di lavoro gratuito per il lancio, delle spese di avvìo: questo verrà dopo. Parliamo di quando 5 amici decidono di fare un’impresa che operi nei servizi sociali e culturali (il cuore del terzo settore), con la speranza di arrivare a procacciarsi non i soldi per la Ferrari ma 5 paghette di 1.500.000 lire al mese a testa. I consigli sulla scelta dell’impresa (cooperativa? Studio associato? Sas ? associazione?) sono sconcertanti, perché ogni consulente propone una soluzione diversa portando a pensare che tutte vanno bene. I nostri 5 sono operatori sociali che lavorano precariamente e saltuariamente, per cui non possono permettersi la normale mezza giornata di lavoro – se va tutto bene-  richiesta per la sala d’attesa di qualsiasi struttura pubblica di assistenza alla nuova  impresa. Optano per una commercialista amica di un amico, che proprio perché  è tale propone una piccola srl con capitale di 20.000.000, perché la cooperativa richiede una contabilità complessa (dice lei), incontra parecchie difficoltà per l’approvazione da parte del Tribunale, per operare deve attendere per almeno 1 anno l’inserimento da parte della Regione  in un apposito elenco, e una volta approvata non potrà operare in altre Regioni se non iscrivendosi agli elenchi di ciascuna. Lo Studio Associato? Non si può fare se i soci non appartengono alla stessa professione. La Snc o  Sas andrebbero bene, sennonchè impongono disuguaglianze fra i soci che i nostri 5 amici non possono accettare. L’associazione: non sia mai ! Chi volete che dia un lavoro ad un’organizzazione che non è obbligata a iscriversi alla Camera di Commercio!? E’ vero tutto ciò ? I giovani devono fidarsi, anche perché altri 3 consulenti interpellati per vie amicali, suggeriscono una strada diversa ciascuno. Allora via con la srl. Per fortuna i soldi non vanno depositati per intero in banca, ma solo per un terzo (8 milioni in 5 non è tanto), quindi basta pagare 3.000.000 alla commercialista per il consiglio e per l’amministrazione fiscale dei primi due mesi di attività. Ma se siamo a ottobre e la società non guadagnerà nulla almeno per sei mesi?! Non importa, gli adempimenti fiscali sono obbligatori. Però occorre un notaio che costa solo 3.000.000, il quale si limita a firmare un po’ di carte e a spedire il tutto al Tribunale, che in soli 3 mesi  respinge la società , perché le finalità statutarie sono improprie. Cosa significa? Con un altro milione dal notaio, la frase incriminata viene resa meno comprensibile ed ecco che dopo altri solo 2 mesi l’approvazione è fatta. Occorre solo il milione per l’iscrizione alla Camera di Commercio, ovviamente la parte restante dell’anno in corso; per gli anni seguenti si ripete. Con una ventina di milioni (4 a testa) e 4-5 mesi di lavoro gratuito part-time,  i nostri hanno ottenuto di avere un foglio su cui c’è scritto che sono comproprietari di un’impresa per i servizi sociali e immateriali.

Non è andata malissimo. Alcuni loro amici, che parallelamente avevano avviato un’impresa commerciale per un negozio artigianale di pelletteria e monili, stanno ancora aspettando la licenza, la registrazione del contratto di affitto, l’agibilità  per i locali che, affittati come laboratorio, non possono fare da negozio (ma se avessero affittato locali come negozio, potevano trovare problemi per il laboratorio).

2.2. La sede: ovvero la prima trappola.

E’ giunto il momento della sede. I nostri cominciano a capire cosa si intende per “mercato edilizio proibitivo”. I costi sono salatissimi, malgrado la città sia per un quinto sfitta. Migliaia di cartelli affittasi o vendesi, e prezzi da Manhattan: dove è finita la vecchia regola economica del prezzo che si abbassa con l’aumento della disponibilità del bene/oggetto?  Comunque non si affitta un ufficio così, con un contratto. Quali garanzie offrite per affittare un ufficio? Potete accettare un’ipoteca su un Vs. immobile? No ? Siete disposti a pagare il canone in nero per metà? No, dobbiamo giustificare ogni spesa perché siamo una srl. Non avrete mica cani, immigrati, donne di malaffare, bambini, visitatori che vanno su è giù per le scale ? No, per la prima categoria, insicuri per la seconda, la terza e la quarta, qualcuno (speriamo) per la quinta. Va bene, tre mesi di deposito, tre mesi di anticipo e i tre locali sono vostri per sei anni, poi vedremo. Si entra! Solo dieci milioni al padrone di casa e 10 milioni per l’arredo spartanissimo (in tutto, altri 4 milioni a testa). I locali serviranno da ufficio organizzativo, ma perché no?, anche per realizzare qualche corso di formazione, e magari, siccome c’è una stanza grande e al pianoterra, se muoriamo di fame, possiamo farne un centro di aggregazione pomeridiano per bambini – dicono 2 socie educatrici. Siete pazzi? Aggredisce il primo amico che va a vedere la sede. Dunque, per fare qualche Corso bisogna ristrutturare la sede a norma, e lo sapete da soli, non basta un solo lavandino! Per ospitare i piccoli poi dovete abbattere un muro, costruire un’uscita a spinta, e 3 bagni ad altezza puffo. Vediamo….Forse bastano una ventina di milioni per tutto, se giurate di non ammettere qualche bambino disabile (in tal caso occorre tutto un altro tipo di bagno). Il problema sono le licenze comunali per ristrutturare: ho saputo che si va sui due anni di attesa! Ma noi fra due anni forse saremo chiusi per fame, e poi come mai gli uffici comunali e postali, le scuole, i Commissariati di Polizia non hanno di questi problemi e spesso somigliano più a stalle che a uffici ? Cosa c’entra, quelli sono uffici pubblici, voi siete squallidi capitalisti privati. Anzi, già che ci siamo, siete a norma con la 286 ? Cosa ? La legge sulla sicurezza degli uffici! ..No.., non sapevamo nemmeno che esistesse e poi ci hanno affittato l’ufficio come già in regola. E voi ci avete creduto?  Ora avete due possibilità: avviare una causa legale perché il locatore metta a norma l’ufficio (se va bene ve la cavate con 2/ 3 milioni di avvocato e 5 anni di causa), oppure pagate 5 milioni subito (e un paio di mesi di lavori in corso) per elettricista, idraulico, e muratore, che vi fanno un bel lavoretto certificato: solo per uso ufficio, niente corsi e niente bambini!. Bèh,  se è tutto qui: OK, vada per i 5 milioni e i 2 mesi di lavori.

2.3. Ecco l’occupazione: l’intermediario.

Sono passati quasi 8 mesi dal momenti in cui i nostri 5  giovani hanno deciso di seguire l’invito del momento: l’impresa sociale giovanile. Otto mesi di corse, dubbi, lavoro quasi part-time e una decina di milioni di contanti a testa. Due giorni dopo l’apertura, arriva una telefonata: qui è il dott. Bianchi della Ditta, Federazione, Agenzia…… Vogliamo presentarVi i nostri servizi alle giovani imprese: oggi alle 15 ? D’accordo. Si presenta in ufficio un tizio molto preparato, molto sicuro e molto elegante, con un discorso di questo tipo. Allora, benvenuti nella radiosa compagine delle imprese giovanili, cosa intendete fare?  Se non siete ricchi, non avete parenti o amici fra Assessori, Ministri o Cardinali, se nessuno di voi è ordinario all’Università, se nemmeno siete militanti di qualche movimento civile emanazione dei partiti di governo o di opposizione (è lo stesso), ecco le opzioni che vi offriamo.

1.      Vi iscrivete alla FIB - Federazione delle Imprese Buddhiste, la quale vi offre un sacco di cose, le più essenziali delle quali sono commesse e appalti di enti pubblici. Non esiste nessun trucco, le commesse e gli appalti che prenderete, vi saranno dati in forma del tutto legale. Noi facciamo tutto in forma strettamente legale! In cambio versate una piccola quota per la Federazione, delegate a noi le noiose pratiche amministrative e fiscali per soli 5 milioni annui, e …..no! no! non dovete diventare buddhisti, basta che alle riunioni fingiate di esserlo ed evitiate di criticare o competere con altre cooperative,  o con la dirigenza, della FIB. Nemmeno vi sarà chiesto di votare per il noto capo locale dei buddhisti, o per il partito Buddhista alle prossime elezioni. Anche se fare finta di votare entrambi aumenterebbe il Vostro fatturato!

2.      Vi affidate alla nota agenzia pubblica di sostegno all’impresa giovanile. Nessun costo in danaro, basta avere una persona che staziona nell’anticamera dell’ufficio, per diciamo 4 ore al giorno, ma solo nei giorni feriali! All’Agenzia sono onesti, ma non sono i migliori possibili. I migliori sono alla FIB o alla proposta 3,. Le informazioni non sono sempre tempestive e nemmeno esattissime, però loro possono segnalarVi altre agenzie pubbliche, ciascuna delle quali specializzata in un diverso settore. Questo allunga un po’ i tempi, ma se avete fortuna….

3.      Prendete i servizi il nostro studio professionale: legali, sociologi, psicologi, esperti di amministrazione, ufficio decentrato a Roma e Bruxelles, 30 miliardi l’anno di progetti approvati, amici alla FIB, in tutte le agenzie pubbliche, ed anche alla CITA – Confederazione Italiana Taoisti (per ora più piccola della FIB, ma in crescita). In cambio chiediamo solo dal 10 al 20% per progetto. Che ne dite ?

I nostri giovani allibiti chiedono prima se lo studio professionale sia una ex-impresa giovanile (no, è la risposta, noi siamo professionisti seri), poi a cosa dovrebbero servire lo studio, la FIB, la FITA, l’agenzia di sostegno……Il grande consulente beffardo snocciola numeri. Ma scusate, voi avete già chiesto i contributi per la legge 208/bis, il DL 18-6-92, la LR 183x, il Regio Decreto 18-7-1917 e la Disposizione 8, Asse 3, Misura 16, Obiettivi 2, 6, 9 della Unione Europea? In tutto potrebbero essere anche 2 o 300 milioni di anticipi, finanziamenti, sostegni, sorrisi e pacche sulla spalla. No, non abbiamo chiesto niente, ci pareva di avere sentito dire basta all’assistenza. Ingenui ! Allora vuol dire che non volete finanziamenti all’impresa giovanile che avete fondato in quanto tale, ma vorrete fare domande per un FSE, un POM, un PIM, un CIP, un CIOP, una 309, una 286, una 616 o un appalto del Comune di …..?! Sì vogliamo, ma quando capiremo le cose vogliamo farcele da soli. Ragazzi, così io perdo mezzo miliardo di lavoro ma voi rinunciate a 2/3 miliardi ! Dice il mega – consulente uscendo, mentre i nostri si guardano con l’aria interrogativa che dice: perché non abbiamo fondato un bello studio di intermediazione ?

2.4.  Gli appalti

I nostri eroi, operatori sociali laureati e qualificati in varie professioni, decidono allora di mettersi a studiare gli appalti per partecipare e vincere il primo. E tragicamente, hanno queste sorprese.

·        Essere informati tempestivamente sugli appalti esistenti è impossibile, se non si ha un informatore interno all’organizzazione appaltante. Quando l’informazione arriva all’impresa per vie normali, mancano pochi giorni alla scadenza.

·        L’informazione sulle gare è comunque costosa perché le Gazzette ufficiali o i servizi Internet richiedono un abbonamento a pagamento; non esistono servizi divulgativi, mirati per sede e  categoria; l’analisi dei primi annunci richiede tempo e competenza giuridico-amministrativa: interi bandi sono costellati di riferimenti normativi e sigle, che si danno per note a tutti; i capitolati specifici degli appalti sono raramente ottenibili via posta, fax o Internet: occorre recarsi sul posto e  pagare una tassa; e solo dopo avere affrontato questo costi è possibile sapere se l’impresa può essere ammessa alla gara.

·        Metà degli appalti relativi ai servizi sociali e culturali sono riservati a cooperative iscritte da almeno sei mesi all’apposito elenco regionale, e ogni Regione ha un suo elenco.

·        Metà degli appalti non riservati a cooperative sociali sono riservati ad organizzazioni non profit, e non serve dichiarare che la srl dei nostri non ha fatto in un anno alcun profitto, né ne farà per almeno altri 3-4 anni.

·        Tutti gli appalti indistintamente richiedono bilanci triennali consistenti.

·        In alternativa o spesso in aggiunta al bilancio consistente non è raro che occorra un deposito bancario o una fidejussione per la sola partecipazione all’appalto. Naturalmente nessuna banca fornisce fidejussioni senza garanzie immobiliari.

·        Come se tutto ciò non bastasse, viene richiesto un curriculum dettagliato e certificato di esperienze uguali a quella offerta in appalto, per un periodo dai 2 ai 5 anni precedenti, e per fatturati  pari alla somma messa in gara.

Eliminati il 90% degli appalti reperiti, per uno o più dei motivi suddetti, ne resta un 10% a disposizione dei nostri 5  giovani imprenditori, che dunque si buttano a capofitto. Purtroppo:

·        Tutti i documenti da allegare al progetto da consegnare vanno regolarmente bollati.

·        La fidejissione viene richiesta prima per partecipare e poi, in caso di vittoria, viene aumentata; se si perde, la restituzione non è immediata, ma a volte richiede mesi.

·        Ogni errore, anche minimo e solo formale, porta all’esclusione dalla gara senza nemmeno l’esame del progetto (si sono visti progetti respinti alla prima istruttoria per un errore di battitura pari a 20.000 lire nella fidejussione).

·        Tutti gli appalti prevedono more, ammende, rescissioni unilaterali, per ogni errore o neo gestionale, contro l’appaltatore. Gli errori, i ritardi, le omissioni dell’appaltante non prevedono mai alcun risarcimento.

·        Alla fine, superati tutti gli ostacoli, la vittoria o la sconfitta di un appalto è comunque sottoposta alla discrezione di Commissioni, a composizione e competenze ignote, che assegnano punteggi  nei modi più fantasiosi.

·        Conoscere il verbale di una graduatoria è onere di chi gareggia, perché l’appaltatore avvisa solo il vincitore. E naturalmente il verbale va richiesto nelle dovute forme , oltre che, a volte, pagato.

Viste le difficoltà, i nostri eroi cercano altre strade, prima fra tutte  le mitiche occasioni del Fondo Sociale Europeo, di cui parleremo nel prossimo articolo.

2.5. Imprese giovanili nate, deluse e morte: metafora del ruolo dei giovani alla fine del secolo.

Quanto detto finora offre una panoramica abbastanza precisa della consistenza dei miti dell’impresa sociale e dell’imprenditorialità giovanile. Una enorme comparto della società post-moderna regolato dalla legge del più forte, a garanzia dei privilegi delle imprese “senili”, delle organizzazioni del consenso di massa, dei gruppi di intermediazione e delle corporazioni parassitarie (notai, consulenti, fiscalisti, avvocati, burocrazie). Secondo i dati Unioncamere (www.infocamere.it) nei primi trimestri degli anni dal 1993 al 1999 sono nate 615.547 nuove imprese (non tutte giovanili, ovviamente), ma ne sono morte 753.099 (quante saranno le imprese giovanili sopravvissute?). L’enorme comparto della sensibilizzazione, dell’orientamento, del sostegno e delle provvidenze all’impresa giovanile dà di certo occupazione a migliaia di operatori, burocrati e intermediari, ma non sappiamo quanto lavoro offre davvero ai giovani. Una cruda metafora della paura di questa fine secolo per il futuro, della perdita di speranza, dell’uso di slogan consolatori e buonisti per la manipolazione del consenso. I giovani sono senza lavoro e devono restare in questa condizione per l’intera vita,  in modo da consentire il loro controllo da parte della società che intanto però urla loro: intraprendete !