Psichiatria
e salute mentale: orientamenti bioetici |
1. La tutela del diritto alla salute il quale in Italia assurge a diritto costituzionale e che deve essere inteso comprensivo della salute mentale-, implica, dal punto di vista bioetico, una preliminare riflessione sulla definizione stessa di equo trattamento e accesso alle cure alla luce dei principi della dignità dell'uomo. Tuttavia, definire (o ridefinire) i criteri per un equo trattamento dei pazienti psichiatrici richiede, a sua volta, il riferimento ad un approccio complesso che sappia contemperare il rispetto dei diritti del paziente con la sicurezza della società. Mentre il riferimento a tali diritti pone la questione su di un piano strettamente normativo, la comprensione del contesto da cui questi traggono origine può giovarsi di principi etici fondamentali e di ampio respiro quali il principio di giustizia (inteso come obbligo per il medico, per lo psicologo clinico e per gli altri operatori qualificati, di tener conto delle conseguenze sociali su terzi di ogni intervento sanitario e di conciliare il bene del singolo con il bene collettivo evitando ogni squilibrio e rispettando lequità nella distribuzione delle risorse e dei servizi), il principio di beneficialità (inteso come dovere per il medico, per lo psicologo clinico e per gli altri operatori qualificati, di promuovere il bene del malato, tutelandone la vita e la salute anche nellambito della prevenzione), il principio di autonomia (inteso come dovere per il medico, per lo psicologo clinico e per gli altri operatori qualificati, di rispettare la libera e responsabile volontà del malato, il quale è detentore del diritto allinformazione diagnostico-terapeutica e allespressione del consenso sino alla potestà del rifiuto). Va osservata, in linea generale, una radicale modificazione del paradigma culturale del rapporto medico-paziente. Si vanno sostituendo e affiancando al modello tradizionale basato esclusivamente sul principio di beneficialità, quello basato prevalentemente sul principio di autonomia, rivendicando così il primato dellautodeterminazione della persona in caso di malattia e di una alleanza terapeutica che comprende, oltre alle cure, anche il prendersi cura del malato. Non può essere sottovalutata, tuttavia, la natura asimmetrica della relazione terapeutica il carattere solo giuridico ed etico della parità dei due soggetti della relazione in riferimento ai diritti personali, ferma restando comunque unincolmabile disparità di competenze conoscitive. Se è innegabile infatti che una subordinazione oggettivante del malato è eticamente inaccettabile in quanto lesiva della dignità umana, ciò non legittima un rovesciamento della relazione, sotto pena non solo di una discutibile sottovalutazione del patrimonio scientifico-professionale ma anche del nocumento allinteresse oggettivo prioritario della tutela della vita e della salute. Il principio delle garanzie è quindi un essenziale punto di riferimento delletica medica contemporanea. 2. La tutela della soggettività del malato
assume, quindi, nel quadro delletica medica contemporanea,
un valore paradigmatico in quanto è condizione indispensabile
per la costruzione e lo sviluppo della libertà, la quale va intesa
essenzialmente come processo di liberazione che ha origine da
unesigenza etica fondamentale della persona. La tutela della
soggettività del malato mentale ha pertanto una connotazione etica
in quanto è educazione al sentirsi e al voler essere liberi e
quindi promozione della libertà autentica. Un concetto di libertà
così inteso risulta strettamente connesso al principio di autonomia,
che è riferito al rispetto assoluto della persona. Ma ad evitare
equivoci pericolosi va precisato che la tutela della soggettività
del malato non consiste nel credere che egli sia libero (contro
levidenza dei condizionamenti patologici di natura cognitiva
e o affettiva) bensì nellaiutarlo a divenire libero. 3. Tali criteri e orientamenti etici devono essere considerati, nella misura in cui è possibile trovare corrispondenze tra il piano etico e quello più strettamente normativo, alla luce di alcuni diritti umani fondamentali. Va sottolineato, infatti, che alle persone affette da disturbo/disagio mentale/affettivo devono essere assicurati i diritti di tutti gli altri membri della comunità, anche indipendentemente dalla concreta possibilità di esercitarli. La particolare vulnerabilità di tali soggetti richiede infatti che sia rafforzato per essi il riconoscimento di una piena cittadinanza il quale deve essere concretamente difeso e promosso in primo luogo attraverso il rispetto di alcuni diritti e/o ladempimento di alcuni doveri fondamentali, quali ad esempio:
A tal fine è necessario un bilanciamento tra il dovere di beneficialità nei confronti dei pazienti e linteresse del minore ad una crescita sana ed equilibrata. 4. Per quanto concerne invece più specificatamente
la questione dellassistenza ai pazienti psichiatrici in
Italia, è opportuna una considerazione di carattere generale sulla
legge n. 180 del 1978, poi trasferita negli art.33, 34 e 35 del
SSN. La legge n. 180 rappresenta certamente una conquista scientifica,
culturale e civile, in quanto ponendo fine allistituzione
manicomiale e aprendo nuove strade allorganizzazione di
un sistema di assistenza sanitaria senza manicomi, ha costruito
le condizioni per restituire piena cittadinanza ai pazienti psichiatrici.
Il modello italiano, patrocinato dallOrganizzazione Mondiale
della Sanità, ha influenzato le politiche di salute mentale in
molti altri paesi, tese a sostituire i manicomi con forme di assistenza
territoriali più efficaci ed efficienti. Tuttavia, a distanza
di oltre venti anni dalla sua entrata in vigore, è quanto mai
necessaria una seria riflessione sulla sua concreta applicazione,
al di là del pur importante completamento della chiusura degli
Ospedali Psichiatrici. Tale chiusura, infatti, a causa dellassenza
o del cattivo funzionamento delle strutture alternative, come
per es. i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura negli ospedali
(quali strutture intermedie tra territorio e ospedali), rischia
di produrre nuovi problemi, in primo luogo sulla salute del singolo,
ma anche sullequilibrio, sulleconomia e sulla stessa
salute della famiglia, a cui rimane il maggior onere, spesso insopportabile,
di sostegno del congiunto sofferente. Infatti nei casi in cui
i servizi non sono in grado di fornire programmi terapeutico-riabilitativi
territoriali realmente efficaci, con un profondo impegno verso
il paziente, le famiglie restano i referenti principali dellassistenza,
e ciò dà luogo spesso allabbandono o anche allinnesco
di reazioni violente, che sono talvolta allorigine di gravi
fatti di cronaca. Simili fenomeni riattivano mai sopiti pregiudizi
sulla malattia mentale e stigmatizzazioni del paziente psichiatrico,
che si prestano a facili strumentalizzazioni, tese a far crescere
nellopinione pubblica e nel mondo politico il disagio per
la "pericolosità sociale" del malato di mente e la conseguente
richiesta di un suo maggiore controllo, che ancora una volta potrebbe
essere attuato in modo coercitivo, e quindi non terapeutico e
rispettoso dei suoi diritti.
A tal proposito si raccomanda lapplicazione del Progetto obiettivo "Tutela della salute mentale" 1998-2000. Si tratta infatti di un provvedimento che se realmente applicato può contribuire a risolvere molti dei problemi dellassistenza psichiatrica ed aumenta il livello di efficacia e qualità dei servizi, fornendo un contributo decisivo per lo sviluppo di quel "laboratorio italiano" che nel campo della salute mentale ha destato, in molti paesi, vasto apprezzamento e interesse. Più in particolare, il Progetto obiettivo salute mentale 1998-2000 ha il merito di avere affrontato in modo corretto la questione della prevenzione nei gruppi a rischio sia riguardo alla malattia mentale che ai suoi possibili esiti suicidari, sia alleducazione alla salute mentale, sia allintervento precoce. Per quanto concerne in particolare la salute mentale del bambino, merito del Progetto obiettivo è quello di avere riconosciuto la continuità evolutiva dellindividuo dallinfanzia alletà adulta, pur essendo carente di una previsione esplicita di interventi per pazienti adolescenti. Va inoltre osservato che è assente una chiara distinzione tra le aree della psichiatria, della psicologia, della neuropsicologia e della riabilitazione soprattutto in riferimento alla differenza di obiettivi, metodi e organizzazione degli interventi, con ricadute negative nellassistenza anche in ambito psichiatrico. Si sottolinea infine positivamente la delineazione di un patto per la salute volto a coordinare ed integrare le agenzie formali ed informali che, a vario titolo, possono contribuire a costruire un progetto di salute mentale di comunità. Il Progetto obiettivo prevede inoltre che lIstituto Superiore di Sanità promuova ricerche volte a valutare lefficacia degli interventi di prevenzione primaria. Esso prevede infine che gli Istituti Universitari di psichiatria assumano la responsabilità operativa di almeno un modulo di Dipartimento di Salute Mentale, cioè la responsabilità di tutte le strutture territoriali e ospedaliere necessarie ai servizi di salute mentale di una comunità di circa 150.000 abitanti. Tale disposizione è lunica che garantisca una formazione qualificata degli operatori in psichiatria e che possa collegare la ricerca attivata nel campo osservazionale fornito dal territorio alle prove dellefficacia pratica degli interventi. Tale acquisizioni, per la loro oggettiva importanza, sono destinate nei prossimi anni a cambiare il volto dellassistenza psichiatrica. 5. In questa prospettiva, il CNB formula le seguenti raccomandazioni di carattere più specifico:
Conclusioni Le leggi della Repubblica, dalla Costituzione fino ai progetti obiettivo "Tutela della salute mentale" affermano che lo Stato garantisce lesercizio del "diritto alla salute", e quindi del diritto alla salute mentale. Ma, lesperienza della riforma ed ancor prima quella della legge istitutiva dei manicomi evidenziano come le leggi di per sé non siano capaci di produrre efficacia nel campo della salute mentale. E questo perché lesercizio del diritto alla salute mentale dipende fortemente dalle culture e dagli assetti delle relazioni sociali nelle realtà locali, dal livello della formazione professionale e delle competenze espresse dai singoli operatori e dai gruppi di operatori, dagli indirizzi degli amministratori locali e dei manager. Come è apparso dalla trattazione precedente emerge che la gran parte dei problemi inerenti alla salute mentale è gestita faticosamente dalle persone che ne soffrono, da sole, in famiglia, con i pari, con i medici di medicina generale, nel circuito dei medici e degli psicologi privati e nelle dimensioni della religiosità popolare dove la ricerca della salvezza è anche speranza di riconquistare la salute. Al servizio sanitario pubblico si rivolgono le situazioni definite gravi, quelle più drammatiche, dal punto di vista della sofferenza individuale e famigliare, più allarmanti dal punto di vista sociale e a maggior rischio di isolamento ed emarginazione. Spesso succede che i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) non si facciano adeguatamente carico, nella loro complessità e per la loro durata, delle situazioni che abbiamo definito "gravi" finendo collabbandonarle o alle famiglie o a un circuito assistenziale povero di risorse quando non francamente neo-manicomiale. E stato proprio per rispondere a tali questioni che, anche in Italia, si è pensato che unorganizzazione dei servizi che si rifà alla Psichiatria di Comunità fosse, rispetto al manicomio, più efficace e rispettosa della dignità della persona. La Psichiatria di Comunità comporta lopera di unéquipe multiprofessionale insediata in un determinato territorio, in condizione di intervenire nelle 24 ore al domicilio, in ambulatorio, in Ospedale, in residenze a vario grado di protezione, orientata alla riabilitazione, collegata con i Comuni e gli altri servizi sanitari, in stretta interazione con le associazioni degli utenti e delle famiglie, capace di accedere alle opportunità disponibili di Formazione Professionale, lavoro, cultura, assistenza, tempo libero. I trattamenti intervengono sui livelli biologico, psicologico, sociale, pedagogico, culturale. Per ovviare alle condizioni di abbandono delle situazioni gravi e in generale sul tema dellassistenza psichiatrica e alla sua cronica carenza di risorse umane, strutturali e finanziarie, è indispensabile un intervento forte da parte delle Regioni per un rinnovato impegno sul punto cruciale del disagio, dando un segnale positivo alle famiglie e allopinione pubblica. Dato per acquisito, ma non per scontato, che tutte le Aziende Sanitarie abbiano reso disponibili le risorse per sostenere le attività delle équipes multiprofessionali dei Dipartimenti di Salute Mentale e che gli stessi dispongano degli spazi e degli strumenti necessari al loro lavoro, la condizione più importante perché quelle che abbiamo definito le situazioni gravi trovino una gestione rispettosa dei diritti e della dignità della persona e delle famiglie è costituita dal fatto che i dirigenti e gli operatori assumano la responsabilità della presa in carico. Questo perché lassistenza psichiatrica si misura quotidianamente con alti livelli di sofferenza delle persone e delle famiglie, la forte stigmatizzazione sociale delle stesse, i problemi della tutela, della libertà di scelta e del consenso ai trattamenti fino al limite della coazione, con lesigenza di continuità della "presa in carico" di lunga durata nei progetti di riabilitazione psico-sociale, con la singolarità e la molteplicità delle concezioni del mondo delle persone, dei gruppi e delle culture. In ragione di tali peculiari caratteristiche e dellobiettivo di assicurare alla persona malata di mente i trattamenti ottimali disponibili, Aziende Sanitarie, Organizzazioni Professionali e Società Scientifiche devono garantire la continuità della formazione, la verifica della qualità delle prestazioni di tutti gli operatori e la valutazione degli esiti dei trattamenti a livello dei Dipartimenti di Salute Mentale e della Medicina di Distretto. Ci si riferisce quindi non solo a Medici e Psicologi, ma anche a Infermieri Professionali, Educatori Professionali, Assistenti Sociali, Operatori socio-sanitari e socio-assistenziali. Nuovi obiettivi da perseguire da parte delle Regioni e delle Aziende Sanitarie sono poi quelli dellinformazione e della formazione rivolte agli utenti ed alle famiglie, a sostegno dellauto-aiuto e di un associazionismo ed un volontariato sempre più autorevoli e competenti. In questo contesto di ragioni, i termini federalismo, regionalismo e localismo significano lassunzione di responsabilità piena da parte degli amministratori e dei manager delle Aziende Sanitarie rispetto alle garanzie da dare per le attività di salute mentale in tutte, nessuna esclusa, le comunità locali.
Il documento è stato adottato il 24 novembre
2000
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