L'uomo in cattività
(Adamus)
Quasi tutti gli animali in cattività,
cioè tenuti prigionieri e fuori dal loro ambiente naturale,
mostrano segni di disadattamento psico-fisico. Difficoltà
o impossibilità a riprodursi, comportamenti autolesionisti,
rifiuto del cibo o iperalimentazione, scarso movimento e conseguente
obesità, ingiustificata aggressività nei confronti
dei consimili, disinteresse per la cura dei cuccioli o per
la vita sociale, apatia, ipereccitazione o comportamenti ripetitivi.
Scorrendo questo elenco, non si può
non osservare come tutti questi segni siano oggi molto frequenti,
nell'uomo occidentale contemporaneo.
Anzitutto la denatalità. Sia
per la diffusione di problemi fisici, ma soprattutto per la
scelta delle coppie, tutti i Paesi occidentali hanno ormai
affidato il loro incremento demografico all'immigrazione.
Sono le coppie di cinesi, africani o sudamericani che, mettendo
al mondo anche 4/5 figli, tengono le statistiche dei nati
per anno appena al di sopra dello zero.
Poi l'autolesionismo. Sta aumentando
il fenomeno di giovani che si procurano tagli, ma l'alcolismo,
le droghe, le sfide azzardate sulle moto o con le auto in
città, possono essere considerate modalità indirette
di autolesionismo.
Bulimìa e anoressìa da
tempo occupano le prime pagine dei giornali. L'obesità
di scarso movimento e iperalimentazione, è il primo
allarme sociale negli Stati Uniti.
Gli scoppi di aggressità apparentemente
immotivata, sono dilaganti. L'ipereccitazione è diventata
addirittura una sindrome psichiatrica (adhd), che alcuni medici
curano con un farmaco.
Insomma, se l'uomo occidentale mostra tutti
i sintomi degli animali in cattività, significa che
anch'esso può considerarsi in cattività. La
cattività degli animali è la prigione fisica
delle gabbie e degli zoo. La cattività degli uomini
è la prigione immateriale di una cultura che ha ucciso
la libertà, quindi il futuro.