NORMALITA' E COLPA (Guglielmo Colombi)
Abbiamo abolito il vizio: ci sono solo malattie.

Il vizio è scomparso dall'orizzonte culturale d'Occidente. Il vizio del fumo, della droga, del sesso, della gola, del gioco d'azzardo e dell'alcool sono diventati dipendenze da trattare con farmaci e terapie. La pedofilia non è un vizio ma una malattia incurabile, anche se punibile.

L'etimo del termine "vizio" rimanda al concetto di cosa che devia dal retto sentiero, impedimento, impaccio, difetto, cattiva abitudine, vezzo, contrario di virtù. Il vizio è stato per secoli qualcosa di a-normale, una deviazione dallo standard, considerata colpevole e perciò punibile, dalla morale comune quando non anche dalla legge.

Aristotele definisce i vizi capitali come "gli abiti del male". Come le virtù, i vizi derivano dalla ripetizione di azioni che formano nel soggetto che le compie una sorta di "abito" che lo inclina in una certa direzione. Nel Medioevo i vizi sono visti come un'opposizione della volontà umana alla volontà divina. Nell'Illuminismo la differenza tra vizi e virtù perde importanza, poiché anche i vizi, come le virtù, concorrono allo sviluppo industriale, commerciale ed economico. I vizi compaiono in alcune opere di Kant che li vede come un'espressione della tipologia umana o di una parte del carattere. I vizi diventano la manifestazione della "psicopatologia" dell'uomo. Diventano quindi malattie dello spirito.

Nella tradizione cristiana i sette vizi capitali sono:

Superbia (sfoggio della propria superiorità rispetto agli altri).
Avarizia (mancanza di generosità, colui che è taccagno, ma in origine indicava la tendenza all'accumulo eccessivo ed ingiustificato, la tesaurizzazione).
Lussuria (dedizione al piacere e al sesso).
Invidia (desiderio malsano verso chi possiede qualità, beni o situazioni migliori delle proprie).
Gola (abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola).
Ira (il lasciarsi facilmente andare alla collera).
Accidia (la pigrizia, l'ozio, la poca voglia di fare, l'apatia, il disinteresse verso gli altri, verso se stessi, e verso la vita).

Nell'Eta tardo-moderna che vive un Occidente non ancora entrato nell'Evo Immateriale, superbia, avarizia e invidia sono sparite come vizi nella morale corrente, diventando "abiti" consueti ed accettati. La superbia è diventata normale espressione del potere, l'avarizia ha assunto il ruolo di colonna del capitalismo, l'invidia ha fondato il giornalismo popolare. La lussuria è diventata "dipendenza sessuale", la gola "disordine alimentare", l'ira si è trasformata in isterìa o "aggressibità incontrollata", l'accidia ha assunto il nome di depressione. Alcuni dei vizi capitali della trazione sono diventati abitudine generale, e altri malattie da curare.

La medicalizazione dei vizi ha a che fare con ruolo di repressione e adattamento che la medicina ha oggi. Il nazismo e lo stalinismo hanno per primi cercato di normalizzare i vizi, cioè "gli abiti del male" con la medicalizzazione: con l'eugenetica l'uno e con la psichiatria l'altro. Nel XIX secolo la medicina ha assunto il ruolo sempre più invadente di repressione della diversità. Il repertorio dei disturbi psichiatrici è decuplicato negli anni. L'omosessualità è ancora oggi da molti considerata una malattia. La vita quotidiana è costellata da regole e consigli medici. Il fumo, il fitness, lo sport, l'alimentazione, la sessualità, il sonno, l'educazione sono ambiti dominati dalla medicina.

Come mai la medicina è stata incaricata di presiedere alla vita? Il motivo è lo stesso per cui i vizi sono spariti.

Il valore dominante della società contemporanea è la normalità. Nessuno rivendica più l'orgoglio per la propria diversità ed unicità. La diversità è vissuta come colpa. Chi è diverso si sente in colpa. Chi non lo è si sente in colpa. Il senso di colpa non viene elaborato per diventare cambiamento e relazione, ma si trasforma in aggressità verso di sè o verso gli altri. I diversi desiderano la conversione dei normali, ed i normali desiderano la conversione dei diversi. Dove la conversione prende spesso le forme dell'annientamento.

Ma l'aggressività oggi non è politicamente corretta: va stemperata, edulcorata, mascherata. La guerra è solo una missione di pace. Il diverso non va punito, ma curato. Il diverso non è cattivo, ma va redento. E chi è diverso non rivendica la sua diversità ma chiede di essere considerato malato e trattato "come gli altri".