Molti suggeriscono la ricetta keynesiana per riavviare lo sviluppo
dell'Italia e dell'Europa. La lettura di Keynes semplificata è:
più intervento statale > più occupazione >
più consumi. Nel Teoria generale, Keynes afferma che
sono giustificabili le politiche destinate a stimolare la domanda
in periodi di disoccupazione, ad esempio tramite un incremento della
spesa pubblica. L'idea keynesiana ha funzionato dopo la grande crisi
del 1929 negli Usa e per il boom economico italiano. Cioè in
condizioni politiche e culturali diversissime da quelle attuali.
Fisco
L'evasione fiscale non è una novità. Possiamo dire che
ha accompagnato l'Italia dalla sua nascita. Come mai nel dopoguerra
gli interventi statali si realizzavano "malgrado" l'evasione
fiscale? Perchè il Paese era in crescita, ed una fiscalità
contenuta, pur minata dall'evasione, produceva abbastanza disponibilità
per lo Stato da consentirgli grandi opere.
Oggi - e da almeno 20 anni- l'Italia è in una spirale di sviluppo
limitato o inesistente, fiscalità in aumento costante, spese
ordinarie dello Stato crescenti, evasione fiscale diffusa. Se lo Stato
decidesse grandi interventi keynesiani dovrebbe aumentare la tassazione,
il che produrrebbe un decremento dello sviluppo e un incremento dell'evasione.
Corruzione
Nel dopoguerra italiano la corruzione politica esisteva, eccome. Ma
aveva una dimensione residuale. Si comprava un assessore con poche
lire. La tangente dei partiti sulla società era minima. Oggi
il fenomeno ha assunto proporzioni industriali. le tangenti residuali
del dopoguerra sono diventate esazioni da cravattari. I partiti sono
diventati finanziarie a spese dei cittadini, e speculano sui mercati
internazionali. Nel dopoguerra lo Stato investiva per fare opere e
tratteneva con la corruzione un modesto finanziamento. Oggi lo Stato
inizia opere (che generalmente non finisce) al solo scopo di finanziare
la corruzione. A cosa serve la tale opera? A finanziare il ceto politico
preposto e la sua clientela.
Paralisi operativa
Nell'era del boom era possibile prendere una decisione e attuarla.
La normativa era ancora ragionevole. La dialettica politica era negoziale,
anche se formalmente conflittuale. Il polo centrista ed il polo social-comunista
erano nella forma nemici mortali, ma nella sostanza capaci di negoziare.
Oggi la legislazione italiana è abnorme e confusa, ma è
anche ostacolata dall'interfernza europea. Fra la presa di decisione
politica e la sua attuazione c'è un mare di conflitti burocratici
e giudiziari, di veti incrociati, di lungaggini e mancate assunzioni
di responsabilità. Il polo moderato e quello progressista sono
nella forma quasi identici, appartengono alla stessa ideologia, ma
in sostanza in competizione ed in conflitto su ogni virgola: totalmente
incapaci di negoziare.
Il risultato è che fino agli Anni Settanta, l'intervento dello
Stato produceva grandi opere nello spirito keynesiano. Dagli anni
Ottanta lo Stato riesce a produrre solo opere incompiute, costosissime
ed inutilizzabili. La vicenda delle opere costruite a Roma per i Mondiali
di nuoto è paradigmatica. Milioni di euro spesi per opere quasi
mai utilizzate, ed oggi simili a rovine post-belliche.
Forza lavoro
Nel dopoguerra l'intervento dello Stato serviva a favorire il pieno
impiego. Oggi grandi opere significa maggiore immigrazione, e dunque
più costi sociali e zero benefici per lo sviluppo. A fronte
di circa 4 milioni di italiani disoccupati, L'Italia a oltre 4 milioni
di immigrati regolari. E' evidente che i secondi hanno occupato i
posti dei primi.
La responsabilità di questa situazione non è degli immigrati
nè degli italiani. E' di governi che hanno trascurato per quasi
30 anni le politiche del lavoro, gli incrementi retributivi, la formazione
professionale, l'orientamento scolastico.
Oggi, un intervento dello Stato su grandi opere significherebbe solo
appalti a imprese che non hanno manodopera e quindi devono importarla,
con un'immigrazione che, oltre ad avere alti costi sociali, destina
(giustamente) gran parte del reddito ai Paesi d'origine.
Conclusioni
In sintesi, l'ipotesi di un intervento statale in grandi opere
finalizzate alla messa in moto di un volano economico (alla Keynes),
non è realistica: cioè non è fattibile per la
scarsezza di fondi pubblici, corruzione, ipertrofìa normativa,
e carenza di manodopera.
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