Negli ultimi anni si parla motissimo dell'immigrazione. Il dibattito
però si ferma sempre a due essenziali asserzioni. La prima
è che siamo invasi dai migranti, che ci rubano il lavoro. La
seconda è che abbiamo il dovere della solidarietà verso
profughi e migranti per povertà. Le due asserzioni sono entrambe
ideologiche perchè trascurano diverse sfumature essenziali.
1. Il numero degli italiani emigrati è quasi uguale al
numero degli immigrati stranieri (clandestini a parte)
![](immagini/immi.JPG)
Nessuno trova sorprendente che i 5.000.000 di immigrati
sono quasi esattemente lo stesso ammontare degli italiani emigrati.
Gli immigrati non "rubano" il lavoro degli italiani. Sono
il capitale e il regime che hanno deciso di immettere sul mercato
nazionale manodopera a basso costo, precaria e senza diritti. Un trucco
usato da quasi due secoli in tutto l'Occidente, per sostituire lavoratori
senza pretese a quelli con pretese. L'immigrazione del XXI secolo
è la nuova forma di schiavitù. Abbiamo accolto 5.000.000
milioni di immigrati affamati e senza diritrti, e abbiamo fatto emigrare
5.000.000 di italiani senza lavoro.
2. I Paesi da cui provengono gli immigrati non sono affatto in
guerra o poverissimi
La ideologica affermazione che stiamo accogliendo popolazioni
in fuga dalla guerra o affamate, riguarda solo minoranze di immigrati.
Ecco i dati della popolazione straniera residente in Italia al 1°
gennaio 2017. Sono considerati cittadini stranieri le persone di cittadinanza
non italiana aventi dimora abituale in Italia. (fonte)
Oceania 2121 (soprattutto Australia)
America 369.552 (soprattutto Perù, Ecuador, Brasile)
Asia 931.281 (soprattutto Cina, Filippine, India, Bangladesh,
Pakistan, SriLanka)
Africa 1.017.142 (soprattutto Marocco, Tunisia, Egitto,
Senegal)
Europa 2.584.159 (soprattutto Romania, Albania, Ucraina,
Moldavia, Polonia)
Dall'Oceania provengono pochi immigrati, ma la maggioranza viene
dall'Australia che non è un Paese povero o in guerra.
Dall'America provengono immigrati peruviani, ecuadoregni e brasiliani.
Forse il Perù e l'Ecuador sono Pesi poveri ma il Brasile è
una delle potenze emergenti del pianeta (BRIC: Brasile, Russia, India
e Cina).
L'Asia ci manda quasi un milione di immigrati. mentre le Filippine,
il Bangladesh, il Pakistan e lo SriLanka hanno qualche motivazione
bellica o economica, tale da giustificare una immigrazione solidale,
la Cina è la seconda (qualcuno dice la prima) potenza economica
del pianeta e l'India è uno dei quattro Paesi BRIC.
Anche l'Africa è luogo di partenza di un milione di immigrati.
Qui la situazione è paradossale. La maggioranza dei migranti
africani che risiedono nel nostro Paese proviene dalle aree africane
meno conflittuali e meno povere del continente.
L'Europa è il continente che ci manda più immigrati.
Vedi caso, non provengono in tanti dai laboratori tedeschi, dai centri
di ricerca inglesi o dalle industrie alimentari francesi per uno scambio
ad alto livello col nostro Paese. Arrivano in maggioranza da Romania,
Albania, Ucraina, Moldavia, Polonia, cioè da Paesi nei quali
uno stipendio di mensile di 400 euro è da benestanti, e che
sono felici di fare gli schiavi per qualche anno in Italia per uno
stipendio in nero di 500 euro che nesssun italiano può permettersi
di accettare.
3. I nuovi schiavi italiani
Al gennaio 2017, gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti
all'estero (AIRE) risultano essere 4,9 milioni (+3,3% rispetto allo
scorso anno). Tra il 2016 e il 2017 gli italiani hanno raggiunto 194
destinazioni diverse, la maggior parte di esse collocate in Europa.
La meta preferita non è più la Germania come nel 2015
ma il Regno Unito (24.771mila iscritti al registro AIRE). Mentre escono
dalla graduatoria delle prime venti destinazioni la Cina e la Romania,
aumentano gli italiani all'estero che scelgono di andare in Irlanda
(+57,6%), Spagna (+31,6%) e Australia (+22,2%). (fonte)
La vulgata delle veline televisive offre un quadro di questa emigrazione
fatta di giovani rampanti e in carriera, "cervelli" in fuga
verso impieghi di alto livello, esploratori del mondo felici di vivere
in un perenne "Erasmus" da college. La verità è
molto diversa e la condizione dei nostri nuovi emigrati non è
diversa da quella di "Pane e cioccolata", un film del 1973
diretto da Franco Brusati e interpretato da Nino Manfredi.
«Mi diceva qualche settimana fa il coordinatore dei nostri missionari
in Gran Bretagna, don Antonio Serra ..... che a Londra in media ogni
mese cè il suicidio di un italiano, che conosce italiani
che vivono in baracche o container..........Qualche tempo fa - ha
spiegato ancora don De Robertis - è venuto a trovarmi un giovane
giornalista che vive a Melbourne, in Australia, e mi ha raccontato
la condizione di tanti giovani italiani che per ottenere il permesso
di soggiorno devono accettare di lavorare per 88 giorni nelle farm
come pastori o raccoglitori di frutta.....». (fonte)
4. Reciprocità di trattamento
Con un quasi uguale interscambio fra immigrati ed emigranti, potremmo
pensare che l'Italia difenda i propri emigranti e negozi con i Paesi
di destinazione le stesse condizioni che riserviamo agli immigrati.
L'Italia è stata invasa da ristoranti cinesi e giapponesi,
kebaberie turche e pizzerie gestire da egiziani. Una magnifica opportunità
di esplorazione gastronomica del pianeta. Provate a informarvi su
cosa fare per aprire e gestire un ristorante italiano in Cina o Giappone,
una bancarella di arancini in Turchia o una pizzeria in Egitto. Sono
moltissimi i Paesi extracomunitari che richiedono un visto (al massimo
semestrale) a chi vuole risiedervi più del solito mese di vacanza.
A quanti immigrati da questi Paesi il governo italiano chiede un visto
?
Lo ius soli è una cosa giusta, ma il dibattito in Italia si
è limitato a un sì o un no. Non sembra troppo chiedere
che lo ius soli sia concesso solo agli immigrati di quei Paesi che
lo riconoscono anche agli emigranti italiani.
Prato è una colonia cinese: un ragazzo su sei è cinese
e il 19% dei residenti non è italiano. Sono 8.879 le imprese
gestite da cittadini stranieri a Prato alla fine del 2016. La loro
principale attività è la confezione di articoli di abbigliamento
che coinvolge più di 1.400 ditte, delle quali 1.377 impegnate
nella confezione di vestiario in tessuto e accessori e 35 nella confezione
di vestiario in pelle e similpelle. Non risulta che in tutta la Cina
ci sia un ugual numero di imprese italiane con una maggioranza di
lavoratori italiani.
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