Alla faccia di quelli che demonizzano l'odio e l'attacco personale in politica. Sono più di duemila anni che in Italia ci insultiamo pesantemente.

Contro l'avversario politico

La lotta senza esclusione di colpi tra Cicerone e Marco Antonio, destinata a concludersi nel 43 a. C. con la morte violenta dell'oratore, è documentata dalle 14 Filippiche: il titolo stesso delle orazioni presenta Antonio come un tiranno, favorendone l'identificazione con il 'liberticida' Filippo di Macedonia. Nella seconda Filippica, mai pronunciata in pubblico e pubblicata come pamphlet nel novembre de! 44 a.C., Cicerone (106-43 a.C.) risponde con estrema violenza a un precedente attacco dell'avversario, presumibilmente non meno duro. L'invettiva mira a distruggere l'immagine pubblica di Antonio attraverso la condanna di certi aspetti della sua vita privata: i rovesci economici e soprattutto il comportamento sessuale.

Vuoi che esaminiamo il tuo comportamento fin dall'infanzia? Penso di sì: cominciamo pure dall'inizio. Ti ricordi che hai fatto bancarotta quando ancora portavi la toga pretesta? Tu dirai "Ma questa è una colpa di mio padre". Lo ammetto. Davvero, trabocca di devozione filiale, la tua difesa! Comunque è tipico della tua arroganza l'esserti seduto nelle prime quattordici file, mentre, secondo la legge Roscia, ai falliti spetta un posto ben preciso, anche quando si fallisca non per colpa propria, ma della malasorte. Hai poi preso la toga virile, che subito hai reso una toga femminile. In primo luogo, facendo la puttana a disposizione di chiunque: il prezzo della vergogna era fisso, e per di più non era basso. Ma ben presto è arrivato Curione, che ti ha sottratto al mestiere di prostituta e, proprio come se ti avesse sposato, ti ha sistemato in un matrimonio stabile e sicuro. Nessuno schiavetto comprato per soddisfare le proprie voglie è mai stato tanto soggetto al padrone come lo sei stato tu a Curione. Quante volte suo padre ti ha buttato fuori da casa loro? Quante volte ha fatto sorvegliare la porta perché non la varcassi? Mentre tu, con la complicità della notte, spinto dallo sprone del desiderio, dal bisogno di guadagnare, ti calavi dal tetto. Quella famiglia non potè tollerare più a lungo scandali simili. Lo sai che sto parlando di cose di cui sono ben informato? Ricorda il periodo in cui il padre di Curione giaceva a letto addolorato: suo figlio, gettandosi ai miei piedi in lacrime, ti raccomandava a me. Supplicava che assumessi la sua difesa contro suo padre, nel caso gli chiedesse sei milioni di sesterzi; per una cifra del genere, diceva, si era fatto garante in tuo favore. E poi, bruciante d'amore, affermava che sarebbe andato in esilio, perchè non poteva sopportare il dolore di una separazione da te. In quel periodo, quali sofferenze di quella illustre famiglia ho alleviato, o meglio, eliminato! Convinsi il padre a pagare i debiti del figlio, a liberare dai suoi obblighi, con le risorse del patrimonio di famiglia, un ragazzo da cui per intelligenza e cuore ci si poteva aspettare moltissimo, e infine lo convinsi a proibirgli, facendo leva sui suoi diritti e sulla sua autorità di padre, non solo di essere tuo intimo amico, ma di avvicinarsi a te. Tu, ricordandoti del mio intervento, avresti forse osato sfidarmi con i tuoi insulti, se non potessi contare sugli uomini armati di spada che vediamo qui? Ma ora lasciamo perdere le relazioni scandalose: ci sono cose che non riesco a dire senza vergognarmi; tu invece le puoi raccontare più liberamente perchè ti sei macchiato di azioni tali che un avversario fornito di pudore non potrebbe riferirle.


(traduzione di L. Pasetti)
da: Centro Studi "La permanenza del classico" Elogio della politica, libri Arena, Bologna, 2008 pp. 121-123