"Per loro è profano tutto ciò
che è sacro per noi"
Accingendosi a narrare la prima ribellione giudaica e la conquista
di Gerusalemme (70 d.C), nell'ultimo libro a noi pervenuto delle Storie
(100-110 d.C.), Tacito (55-117 ca. d.C.) inserisce una digressione
sulle origini e le caratteristiche del popolo ebraico. Riprendendo
topoi frequenti nelle digressioni etnografiche, il passo si presenta
come una rassegna distorta e tendenziosa di molti aspetti della religione
e del culto ebraici, in particolare di alcuni precetti .... i più
appariscenti, come le norme alimentari e sessuali - della legge rnosaica.
Si tratta forse dell'attacco più violento contro gli Ebrei
della letteratura classica: non a caso viene spesso citato a riprova
delle radici lontane e dunque dell'antisemitismo moderno, del quale
anticipa diversi stereotipi.
Mosè, per assicurarsi in avvenire la fedeltà
del popolo, introdusse riti nuovi e contrari a quelli di tutti gli
altri uomini. Profano è per loro tutto ciò che è
sacro per noi e per contro quanto per noi è impuro, a loro
è lecito. Nel consacrare, nel tempio, l'effigie di un asino
(animale che li aveva liberati dalla peregrinazione nel deserto e
dalla sete), uccisero in sacrificio un ariete, come in oltraggio a
Ammone; nei sacrifici uccidono anche il bue, in spregio agli Egizi
che adoravano Api.
Si astengono dalla carne di maiale in memoria di un'epidemia - il
maiale è portatore di scabbia - che un tempo li aveva contagiati.
Ancora oggi rievocano una lunga carestia del passato con frequenti
digiuni; in ricordo di un furto di messi, il pane ebreo non ha lievito.
Dicono che il settimo giorno fu votato al riposo, poiché quel
giorno pose fine alle loro fatiche; ma poi, sedotti dal piacere dell'inerzia,
consacrarono all'ozio anche un anno ogni sette [...].
Questi riti, quale che ne sia l'origine, si giustificano per la loro
antichità: tutte le altre usanze, sinistre e turpi, si affermarono
invece per la loro malvagità. Infatti, gli elementi in spregio
ai culti tradizionali, facevano allora incetta di tributi e offerte,
grazie ai quali aumentò la ricchezza degli ebrei, anche perché
tra loro la fedeltà è constante e spontanea la solidarietà,
ma odiano come nemici tutti gli altri. Si distinguono e si separano
dagli altri a tavola come a letto, e malgrado siano una razza incline
più di ogni altra alla libidine, non si uniscono agli stranieri;
tra loro invece nulla è vietato.
Istituirono la circoncisione dei genitali per marcare la loro diversità.
Queste stesse pratiche adotta chi si converte alle loro usanze, ma
la prima cosa di cui viene imbevuto è il disprezzo degli dei,
l'abiura della patria e lo spregio di genitori, figli, fratelli [...].
Seppelliscono i morti, secondo l'uso egizio e non li cremano; con
gli Egizi condividono anche la cura delle salme e la concezione degli
inferi: contraria invece la loro idea del Cielo. Gli Egizi infatti
venerano quasi tutti gli animali e le loro immagini in forma umana.
Gli ebrei invece concepiscono - e solo con la mente - un unico dio:
è empio raffigurare dio a immagine dell'uomo e modellarne la
forma con materia peritura: questo dio è l'altissimo, eterno,
immutabile e non si può rappresentare. Pertanto non vi sono
statue nelle loro città e tanto meno nei templi; non tributano
ai re onori divini né venerano i nostri Cesari. Poichè,
peraltro, i loro sacerdoti, cinti di edera, cantavano al suono di
flauti e timpani e visto che nel tempio si trovò un tralcio
di vite in oro, alcuni pensarono che venerassero il Padre Bacco, che
assoggettò l'Oriente; quanto ai riti, non v'è alcuna
somiglianza: Bacco istituì festività e riti religiosi,
il culto degli Ebrei è invece privo di ogni grazia e sfarzo.
(traduzione di A. Ziosi)
da: Centro Studi "La permanenza del classico" Elogio della
politica, libri Arena, Bologna, 2008 pp. 99, 101
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