Una minoranza da compatire
E' il primo gennaio del 404, e i pochi Pagani rimasti celebrano
una festa che forse allettava ancora qualche Cristiano. Nell'omelia
del giorno, conservataci in tutta la sua vivacità dai tachigrafi
che registravano le abili parole dell'ex retore Agostino (354-430
d.C.) nasconde, dietro lo specchio della pietà cristiana
nei confronti di persone bollate genericamente come folli e schiave
dei vizi peggiori, il trionfalismo di chi si vede ormai maggioranza:
tanto che l'avversario è addirittura bandito dall'appartenenza
al genus humanum.
[
Carissimi, giacché vi vediamo qui riuniti come per una ricorrenza
particolare, e raccolti in quest'ora e in questo luogo in numero maggiore
del solito, vi esortiamo a perpetuare in voi il ricordo di quanto
cantavate poco fa, perché non sia sonora la voce e muto il
cuore, ma perché gridiate, col sentimento, alle orecchie di
Dio ciò che, con la voce, facevate risuonare alle orecchie
gli uni degli altri. Questo era il canto: Salvaci, Signore Dio nostro,
e radunaci separandoci dalle genti, perché possiamo lodare
il tuo santo nome. Ora, se la ricorrenza pagana che oggi si svolge
con una letizia che è di questo mondo e della carne, in mezzo
al chiasso di canzoni quanto mai stupide e sconce, per celebrare una
festa che è falsa di per sé, se quanto, oggi, i Pagani
compiono non vi reca diletto, allora siete radunati e separati dalle
genti [...].
Adesso io sto parlando a dei Cristiani: se credete a ciò cui
credono i Pagani, se sperate in ciò in cui sperano i Pagani,
se amate ciò che amano i Pagani, allora vivete pure come i
Pagani! Ma se credete in altro, sperate in altro, amate altro, allora
vivete in altro modo, e comprovate la distanza della vostra fede,
speranza, carità con la distanza del modo di vivere.
In che cosa credono i Pagani? Come già ho detto chiamano dèi
quelli che l'apostolo Paolo ci svela essere diversi: i sacrifici dei
Pagani - dice - sono sacrifici ai demoni e non a Dio. Non voglio che
diventiate compagni dei demoni. Dunque il loro modo di vivere rende
felici i loro dèi. Ma colui che disse "Non voglio che
diventiate compagni dei demoni" ha voluto che ci separassimo
da chi serve i demoni nella propria vita e nei propri costumi. Perchè
quei demoni gioiscono di canzoni vuote, gioiscono dello stupido chiasso
e delle oscenità varie dei teatri, della follia del circo,
della crudeltà dell'anfiteatro, delle accese lotte fra chi
si mette a litigare e ad accapigliarsi sino a creare vere e proprie
inimicizie, solo in nome di personaggi dall'effetto rovinoso: un mimo,
un istrione, un auriga, un gladiatore. Così facendo, è
come se il loro cuore bruciasse incensi ai demoni. Gli spiriti seduttori
godono dei sedotti e si nutrono dei pessimi costumi e della vita turpe
e infame di coloro che sono riusciti a sedurre e a ingannare [...].
Fratelli, se capite bene quanto state ascoltando, non dubito che proviate
dolore per coloro che ancora sono prigionieri di quella follia. Provate
dolore per loro perché anche voi, forse, un tempo, eravate
schiavi di una follia simile. E ora il vostro cuore è guarito,
perché voi fate il paragone con la loro follia e ne provate
pietà e insieme dolore. Non però dolore e insieme disperazione.
Se infatti è potuto succedere a te di non amare oggi quello
che ieri amavi, può succedere anche a lui. Se d'altra parte
può succedere anche a lui, finché rimane tale e provi
dolore per lui, prega per lui.
E perché la preghiera sia esaudita, digiuna per lui e offri
elemosine e consuma la tua giornata facendo questo, per colui che
tu ami - e lui, che non ama se stesso, consumi pure la sua giornata
in occupazioni contrarie, perché chi ama l'iniquità
odia la propria anima. Così, prima o poi, anche lui odierà
l'iniquità e amerà la propria anima e, ormai dentro
la Chiesa, proverà dolore insieme a te per altre persone e
pregherà e digiunerà per loro. Infatti, fratelli, benché
anche gli altri giorni i Pagani siano presi da stupidi interessi,
tuttavia soprattutto nelle loro feste una licenza ancora più
grande nel compiere sciocchezze li incita ad un amore ancora più
grande del mondo e alla rovina dei piaceri [...].
Quando dunque i Pagani compiono queste cose con più ardore
e con un più largo concorso di folla, se loro si incitano al
male verso di sè, allora voi siate incitati alla pietà
verso di loro. Certo, vanno sempre commiserati, finché sono
Pagani, finché inseguono le vanità, finché sono
schiavi dei demoni. Finché vogliono adorare ciò che
loro hanno creato, dimenticando da chi sono stati creati, sono sempre
da compiangere. Ma, nel corso delle loro feste, suscitano un dolore
tutto nuovo. Quando li vedi perdersi in mezzo a stupidaggini di ogni
sorta, ai piaceri della lussuria, alle ubriachezze smodate, al gioco
d'azzardo e alle varie forme della loro follia, il loro agitarsi insolito
crei in te un insolito dolore, se sei un Cristiano, se provi pietà;
perché, anche quando non eri ciò che sei, la Chiesa
provava pietà di te, pur essendo ancora in minoranza. E ora
che è diventata grande e si è diffusa abbondantemente
nel nome di Cristo per ogni dove, non si deve provare un dolore ancor
più grande per loro, che continuano ancora a essere duri di
cuore, ad amare la vanità e a cercare la bugia? Comunque nei
confronti di chi, già separato dal genere umano in ragione
di non so che tenacissima pervicacia, è rimasto minoranza si
deve un dolore più grande perché più grande è
la malattia che li fa vaneggiare e non permette loro di guarire con
la medicina di una autorità cos+ potente.
(traduzione di B. Pieri)
da: Centro Studi "La permanenza del classico" Elogio della
politica, libri Arena, Bologna, 2008 pp. 107-111
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