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L A B I R I N T I  DEL  PENSIERO (II)

Giorgio Carboni, marzo 2002. Revisione del giugno 2005.

I N D I C E

INTRODUZIONE
PRESENTAZIONE
COME E' NATA QUESTA INDAGINE
LABIRINTI
PER UNA TEORIA DELLA CONOSCENZA QUOTIDIANA
LA CONDIZIONE SUBORDINATA
LA CULTURA VERTICALE (l'asservimento razionale)
   RIDUZIONISMO
   MILITANZA
   SUBCULTURE, SUBSOCIETA'
   CONCLUSIONE, LE SCATOLE CHIUSE
UOMO O CELLULA SOCIALE? (l'asservimento sistemico)
   IL MALESSERE DELL'UOMO CONTEMPORANEO
   CELLULA SOCIALE
   ETERONOMIA
   CULTURA URBANA
   CONCLUSIONE
IDEOLOGIA, UTOPIA, CULTURA (l'asservimento emotivo e politico)
   INTRODUZIONE
   UTOPIA E IDEOLOGIA, VECCHIE E NUOVE CONCEZIONI
   L'IDEOLOGIA, ORIGINE E ATTUALITA'
   L'UTOPIA, MIRAGGIO ED INCANTESIMO
   UTOPIA E GUERRA
   MITO E METAFISICA NELLE SOCIETÀ INDUSTRIALIZZATE
   CRISI DELL'IDEOLOGIA E DELL'UTOPIA
   CONCLUSIONE
LA CONDIZIONE LIBERA
DISINCANTO
DISORIENTAMENTO
METAMORFOSI
NUOVE FORME
    IL DISAGIO DELLA LIBERTA'
    UNA CONOSCENZA ORIZZONTALE
       IL QUADRO DEL SAPERE
       SUDDIVISIONE DEL SAPERE
       UNIVERSALISMI
       DAL SEMPLICE AL COMPLESSO
       I PIANI DELLA REALTA'
       INTERDISCIPLINARITA'
       DIAGRAMMA DELLE CONOSCENZE INDIVIDUALI
       RIEQUILIBRIO DELLE CONOSCENZE
       LA GESTIONE DELLE CONOSCENZE
       LA VALUTAZIONE DELLE IDEE
       LA POSIZIONE COMPARATIVA
       IL PANTHEON
    RESPONSABILITA' MORALE
    RAGIONE PRATICA
    RAZIONALISMO CRITICO
    AUTENTICITA'
CONOSCI TE STESSO!
   INTRODUZIONE
   CHI E CHE COSA SIAMO?
 
  INTELLIGENZA, LINGUAGGIO, COSCIENZA
   VALORI NATURALI
   VALORI ACQUISITI
   DETERMINA LE TUE MODALITA' DI ESSERE
   L'ALTERNARSI DELLE ATTIVITA'
   CONOSCI TE STESSO! CONCLUSIONE
ATTIVITA' LIBERE
CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA


LA CONDIZIONE LIBERA
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La condizione libera è quella nella quale finalmente siamo in grado di ritrovare noi stessi, nella quale possiamo compiere le nostre scelte in modo consapevole e senza essere manovrati da altri. Per raggiungere questa condizione è però necessario possedere una nuova forma di pensiero. Detto così, sembra tutto semplice, ma non lo è. Non basta sapere che le forme di pensiero che ho descritto vengono usate per il nostro controllo per liberarcene. Transitare da una forma di pensiero forte ad una forma debole richiede una serie di passaggi che non sono sempre evidenti ed implicano una trasformazione del proprio modo di pensare e la modifica radicale di abitudini consolidate. In questa transizione, c'è sempre il pericolo di cadere in un'altra subordinazione. Infine, bisogna considerare che il passaggio alla condizione libera segna anche l'ingresso in un immenso spazio potenziale che bisogna imparare a gestire.


DISINCANTO
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Il disincanto è il primo passo per il ritorno alla condizione libera. Per mezzo del disincanto ci ridestiamo da un sonno mortale, ci guardiamo intorno e ci chiediamo cos'è successo. In qualche modo, il disincanto è il momento in cui qualcosa si rompe nel nostro animo. E' il momento in cui perdiamo la fiducia in ciò a cui avevamo creduto fino a quel momento.

Ma come avviene il disincanto? E' difficile dirlo perchè è qualcosa che avviene nel nostro profondo e spesso non lo capiamo neppure noi. A volte esso è dovuto ad una lenta maturazione, ad un sommarsi di perplessità che confliggono con quello che ci avevano raccontato. All'improvviso, emerge un quadro diverso, tutto diventa chiaro e ci rendiamo finalmente conto di essere vissuti in un mondo parallelo, inesistente. Altre volte il disincanto può essere provocato da un evento traumatico e inaccettabile, come per alcuni fu l'invasione sovietica dell'Ungheria. In altri casi ancora, può essere provocato dal crollo delle organizzazioni nelle quali si militava e a quel punto ci si trova orfani senza volerlo. Spesso, il disincanto è un atto creativo, l'apparire di un'idea che capovolge l'immagine del mondo, come avviene in seguito ad una scoperta.

Anche se in certi casi esso avviene per motivi razionali ed è avvertito coscientemente, la maggior parte delle volte il disincanto resta un momento magico, impenetrabile. Non è neppure un trapasso piacevole. Spesso ci si sente ingannati, storditi, altre volte ci si sente come liberati da un peso. Comunque sia, una volta avvenuto questo disincanto molte cose sono destinate a cambiare profondamente. Si esce come da una favola, magari anche incazzati per esserci stati e per esserci lasciati prendere in giro per tanto tempo. Il disincanto è anche un fatto rivoluzionario, nel senso che il nostro modo di vedere le cose subisce una radicale trasformazione, una di quelle rivoluzioni che vengono definite copernicane, dopo le quali il mondo non è e non sarà mai più lo stesso, neanche se ci sforziamo di tornare indietro.

Che silenzio! Eppure la radio è accesa ed il volume è normale. Quel tizio parla, ma non lo sentiamo più. Politicanti, predicatori ed esperti ora li sentiamo lontani, come un rumore di fondo. In realtà, non è che non sentiamo quello che quel tizio dice, lo sentiamo, ma le sue parole non ci interessano più. Allora cos'è successo? Si è rotto qualcosa dentro di noi. Una fiducia ha lasciato il posto ad un sospetto, anzi no, ad una certezza opposta, alla certezza che quello che ci avevano raccontato erano tutte balle. Se ci si pensa bene, spesso le ideologie sono costruzioni estremamente semplici, addirittura infantili. A volte, la semplice maturazione dell'individuo e la maggiore complessità del suo pensiero spiegano il fatto che egli ad un certo punto non si riconosca più in un quadro divenuto troppo stretto. Il disincanto è dunque la perdita della fiducia nei riferimenti precedenti.

Anche se dal punto di vista intellettuale è superiore, da quello politico il disincanto è più debole delle visioni salvifiche e certe del mondo. Parecchi secoli or sono, molti pensatori greci avevano chiara la consapevolezza del carattere mitico delle proprie credenze religiose. Le posizioni filosofiche del tardo impero romano non erano così primitive come sostengono certi storici, possedevano invece numerosi elementi che oggi vengono considerati di grande attualità. Per esempio c'era la ricerca di una morale universale, svincolata dalla fede in divinità. La sua modernità non fu però sufficiente al mondo pagano per fronteggiare validamente il messianesimo cristiano. La civiltà classica, vista come nemica e disprezzata, venne deliberatamente abbattuta distruggendo anche statue, templi e la sua visione del mondo. In questa maniera, lo sviluppo della nostra civiltà venne spezzato. Da parte sua, il cristianesimo ci ha portato elementi importanti, ma sarebbe stato meglio se questo arricchimento fosse avvenuto in modo più graduale. Fortunatamente, con l'umanesimo, il rinascimento e l'illuminismo le nostre società si sono ricollegate alle antiche radici e si sono liberate dalla soffocante tutela religiosa aprendo nuove prospettive.

Oggi, dopo la caduta delle ideologie siamo tornati a nuove forme di disincanto, simili a quelle antiche. Ancora una volta la debolezza, sul piano politico, di queste posizioni è dimostrata dalla rinnovata aggressività di un vecchio messianesimo religioso che vede nelle nostre terre nuove occasioni di conquista. Purtroppo, mentre le religioni e le ideologie sono attivamente propagandate, altrettanto non avviene per il pensiero libero. Questo è frutto di una conquista individuale e può essere perso in ogni momento se non è sostenuto da una adeguata cultura e determinazione. E' necessaria una nuova consapevolezza a sostegno delle società secolarizzate per evitare che nuovi fanatismi conquistino le coscienze appena liberate.


DISORIENTAMENTO
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L'abbandono del mondo abituale, la caduta delle figure che ci ispiravano fiducia, ci porta ad una condizione di disorientamento. Possedere un'immagine del mondo certa, ordinata, nella quale avere un ruolo, soddisfa fondamentali esigenze psicologiche. Una visione del mondo unitaria e coerente è rassicurante e stabilizza l'equilibrio emotivo. Con il disincanto perdiamo tutto questo. Perdiamo i riferimenti che prima ci sostenevano e ci rassicuravano. Il risveglio ci porta un mondo strano che fatichiamo a riconoscere. Un mondo diverso da quello che abbiamo lasciato. Le cose sono sempre le stesse, ma il nostro modo di vederle cambia totalmente. Abbiamo perso i vecchi riferimenti, ma non abbiamo ancora acquisito quelli nuovi. Non siamo ancora in grado di rapportarci con la realtà. Con la caduta delle sfere celesti, il mondo torna ad essere caotico, privo di senso, preda di forze mostruose.

Anzichè gradevole, la nostra ritrovata libertà si rivela presto uno spazio sconfinato, dalle dimensioni disumane, che ci dà vertigine e ci paralizza. Molti intellettuali anche di formazione secolare provano nostalgia delle antiche certezze. M. Horkheimer, in "Eclisse della ragione" (6), rimpiange la perdita della ragione oggettiva, verità certa e riconosciuta da tutti, fondamento nei tempi passati di ogni etica. Essa fu distrutta dall'avvento della borghesia e del capitalismo. Egli rimpiange la verità religiosa, quella "verità" sulla quale è però stato costruito il castello di carte che ci ha tenuto prigionieri per millenni.

Come buttati fuori dal nido, si è attoniti, disorientati, si avverte come un pericolo incombente dal quale è necessario proteggersi, ma non si sa come. Di fronte a questa situazione, alcuni si rivoltano contro quelli che li avevano ingannati, altri finiscono in uno scetticismo sistematico, altri ancora sviluppano una credulità massima. Essi hanno perso il senso delle cose e sentono forte la necessità di trovarne un altro, soffrono del "problema del senso". Essi hanno un tale bisogno di una nuova Verità che si attaccano al primo appiglio che trovano, con grande soddisfazione di guru, psichiatri, profeti e maghi.

Per descrivere questa situazione, si usa anche il termine di nichilismo, con il quale si intende la condizione di chi non crede più in nulla, non possiede alcuna certezza, nessuna verità, nessun valore. La maggior parte della gente non si trova affatto bene in questa condizione, anzi ne soffre così intensamente che cerca in tutti i modi di fuggirla. Nelle nostre società, orfane delle certezze ed abbandonate dagli dèi, il nichilismo è molto diffuso e viene considerato da molti un vero e proprio flagello.

Purtroppo, la gente non è stata educata a gestire questa situazione e tende ad adottare una nuova verità al più presto possibile, una nuova certezza che sostituisca quella perduta, ma basta pensarci un po' che si capisce bene come la sostituzione di un'ideologia con un'altra non risolva proprio niente e ci lasci esattamente al punto di partenza. Un'altra soluzione consiste nell'uso di psicofarmaci o stupefacenti per controllare l'ansia da perdita di senso. Non occorre spendere altre parole per far capire come entrambe queste soluzioni non portino da nessuna parte.

In questi tempi, diversi esponenti islamici sostengono che l'Europa soffrirebbe di un "vuoto spirituale" e che i suoi abitanti sarebbero ormai maturi per abbracciare l'islam, il quale neanche a dirlo darebbe risposta ad ogni esigenza umana. Essi insistono sulla capacità di quella religione di regolare non solo le faccende dello Stato, ma anche ogni momento della vita quotidiana. Questo viene gradito da parte di tante anime smarrite e a volte il richiamo di questi leader viene purtroppo ascoltato. Ecco dunque il nichilismo costituire il punto debole dell'Occidente, la breccia attraverso cui penetra un rinnovato pensiero forte, ovviamente totalitario. 

Il nichilismo non può essere dunque la soluzione, ma può e deve essere un momento del passaggio ad una nuova forma di pensiero che sarà in grado di difenderci dal nuovo incubo totalitario. Più avanti vedremo quale tipo di risposta sia possibile dare al nichilismo.


METAMORFOSI
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Il problema fondamentale dopo il disincanto è che non si può sostituire l'ideologia caduta con un'altra. Non si può mantenere la stessa forma di pensiero, limitandoci a sostituirne i contenuti. E' proprio la forma che non va più bene. Il pensiero unico, la cultura verticale, le chiavi di spiegazione universale non funzionano più, occorre aprirsi al pluralismo al confronto delle prospettive. Si tratta quindi di attuare una vera e propria metamorfosi. Questa operazione non può essere compiuta nel giro di pochi giorni da parte di adulti che possiedono già modalità consolidate di rapportarsi con il mondo, ma occorre del tempo. Il passaggio alla nuova forma di pensiero richiede dunque una trasformazione della propria organizzazione simbolica e culturale. Si tratta di un'autentica metamorfosi il cui esito non è conosciuto in anticipo. Come si può operare questo delicato passaggio? Bisogna procedere per gradi.

 

NUOVE FORME
IL DISAGIO DELLA LIBERTA'
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Come abbiamo visto, la libertà ritrovata non è affatto qualcosa di rassicurante e neppure di piacevole, ma è uno spazio vastissimo ed inquietante. La quantità di possibilità che ora ci si aprono di fronte è tale darci vertigine. Mentre prima eravamo prigionieri dell'unica soluzione ammessa, ora rischiamo di restare paralizzati davanti alla molteplicità delle possibilità che abbiamo a disposizione. La sicurezza si accompagna alle visioni certe del mondo, ma queste non ci piacciono più. Al contrario la libertà si accompagna all'incertezza, ma l'incertezza dà angoscia, quindi anche questa situazione ci piace poco.  Si tratta di una situazione apparentemente senza via d'uscita.

Che cosa deve dunque fare il nostro amico disincantato e smarrito? Deve trovare un'altra tutela ideologica che sostituisca quella di prima, ma che riproporrebbe gli stessi problemi che abbiamo visto, oppure deve rassegnarsi a vivere per sempre nell'incertezza e nell'angoscia? E' possibile trovare una soluzione diversa?

La risposta è si, è possibile, ma non è una soluzione immediata, occorre conquistarla un po' alla volta. Intanto, quello che si può fare è rafforzare la propria personalità, perchè impari ad affrontare con coraggio questa situazione, perchè si abitui a vivere in un mondo privo di senso, nel quale gli oggetti ci appaiono multiformi e misteriosi. Più importante ancora è l'educazione a gestire questa situazione, imparare a compiere delle scelte. Come ho detto, quello che all'inizio preoccupa di più è la difficoltà di operare delle scelte di fronte al grande numero delle alternative possibili. In realtà, è possibile scegliere e lo faremo in base ad un confronto delle principali alternative ed in base al nostro modo di essere.

Un po' alla volta, dopo avere compiuto le proprie scelte fondamentali nei vari campi del sapere e delle attività umane, la libertà non sarà più quella assoluta, che assomiglia tanto alle precedenti forme autoritarie, ma diventerà una libertà più circoscritta e gestibile. Mentre prima erano altri a conferire senso al mondo, adesso è compito nostro farlo e lo faremo nell'ambito di una forma di conoscenza orizzontale, nella quale si prende conoscenza dei principali sistemi di pensiero e si osserva il mondo da una pluralità di punti di vista. Come vedremo, questa forma di cultura ci darà anche modo di conoscere noi stessi e di compiere le nostre scelte nel modo migliore. Nella rimanente parte di questa analisi, affronteremo questi temi più da vicino.

Alla fine di questo processo, quando avremo imparato ad usarla, la libertà che ci spaventava diventerà un bene prezioso e l'incertezza che ci angosciava diventerà un valore perchè è il presupposto della libertà e perchè impareremo che il pluralismo dei punti di vista ci darà un nuovo modo, più completo e di gran lunga più affascinante di vedere le cose.


UNA CONOSCENZA ORIZZONTALE
IL QUADRO DEL SAPERE

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Come primo passo nell'acquisizione della nuova forma di pensiero, tracciamo un quadro generale del sapere umano, più o meno un mappamondo che ci permetterà di osservare le diverse regioni del sapere. Ciascuna di queste regioni corrisponde ad un punto di vista diverso dal quale osservare la realtà. Per esempio, il punto di vista psicologico è diverso da quello economico. All'interno dei punti di vista disciplinari, si possono individuare altri punti di vista più circoscritti, chiamati scuole, etc. Esiste una propensione di queste discipline a sconfinare nel campo di altre discipline nel tentativo di proporsi come spiegazioni universali. La nostra carta geografica serve a definire il territorio di ciascuna disciplina, per avere un'idea dei diversi punti di vista e per evitare sconfinamenti.

E' difficile comporre un quadro del sapere umano senza che qualcuno, passando per di lì, non trovi qualcosa da ridire e guastandovi il divertimento. Normalmente questo è avvenuto perchè ciascuno aveva in mente dei quadri gerarchici, dove ogni disciplina ruotava intorno ad un principio fondamentale: ecco i quadri teologici della conoscenza, quelli materialistici, etc. Questi modi di organizzare il sapere si sono riflettuti anche a livello bibliotecario dove, al posto della filosofia, nelle biblioteche di certi stati c'era la teologia, in altre il marxismo (figura14), etc. Anche là dove si ammetteva l'esistenza di numerose discipline della conoscenza, ad esse non veniva riconosciuta alcuna autonomia, ma venivano subordinate a quella sapienza che era considerata superiore e che fondava tutte le altre. E' stata per esempio esperienza comune constatare come il marxista riconducesse invariabilmente ogni evento storico e perfino culturale a fattori economici, in altri casi la disciplina fondamentale era considerata la religione.

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Noi cercheremo invece di evitare di dare il primato ad un sapere ed assegneremo a ciascuno il posto che gli è proprio, ben sapendo anche che tali saperi non intendono conservare i limiti che avremo individuato, ma vogliono conquistare tutto l'universo e spiegare ogni cosa dal loro esclusivo punto di vista. Questo è importante anche per ridurre quel conflitto di competenze che deriva appunto dal continuo sconfinamento di determinati saperi nel campo degli altri. E' importante anche per sapere giudicare quale sia il punto di vista da cui vengono fatte determinate affermazioni o provengono determinate notizie. Un esempio di sconfinamento è quello della religione nel campo della biologia quando sostiene la creazione divina degli animali, ne nega l'evoluzione e vede nei fossili niente altro che delle prove di creazione compiute da Dio.

Questo nuovo modo di utilizzare le conoscenze ci permetterà di valutare le cose in un modo più complessivo. Ma come si fa a guardare una cosa in modo complessivo? Come vedremo meglio più avanti, occorre esaminarla secondo i diversi piani della natura, che corrispondono abbastanza bene con le diverse discipline del sapere umano. Queste discipline sono quelle che l'umanità ha elaborato nel corso dei secoli: arte, religione, filosofia, scienza (nella sua complessa articolazione in discipline distinte), etc. Nei prossimi paragrafi, vedremo come dall'una si passi all'altra, e come si progredisca verso gradi di organizzazione crescenti.

Oggi, alcune di queste discipline sono superate, altre invece si mantengono attuali. Il problema è che non si è sempre d'accordo su quali siano da annoverare fra le une e quali fra le altre. Un mio collega, ingegnere, sosteneva che la filosofia sarebbe ormai da tempo tramontata, sostituita in tutto e per tutto dalle differenti discipline scientifiche. Altrettanto poteva dirsi della religione, etc. Praticamente si salvava solo la scienza. Non ho mai potuto condividere un simile punto di vista scientista. Vedremo più avanti come invece la filosofia, e non solo, sia da considerarsi tutt'altro che superata. Le discipline del sapere hanno ciascuna un modo particolare di vedere le cose ed è proprio in virtù di questa loro diversità che possiamo scorgere gli oggetti della nostra attenzione nella loro complessità.

Evidentemente non basta semplicemente sapere quali siano queste discipline, bisogna anche conoscere i fondamenti epistemologici di ciascuna, vale a dire come le principali discipline del sapere siano nate e si siano sviluppate, di cosa si occupano, che metodi usano, etc. In certi casi, possono bastare le descrizioni fornite da enciclopedie, dizionari specializzati, testi introduttivi. L'importante è confrontare quello che dicono diverse fonti. Un autore è spesso parziale, quindi il confronto continuo di ciò che dicono autori diversi sullo stesso argomento è essenziale per capire veramente il problema.

Ogni disciplina corrisponde ad una articolazione della realtà. Ogni disciplina è anche un punto di vista per osservare la realtà. Soltanto conoscendo quale sia l'oggetto specifico ed i metodi di conoscenza di cui si vale ciascuna disciplina se ne può assumere in modo corretto il punto di vista. Lo scopo di questa analisi non è quello di giungere a una sistemazione unitaria e definitiva delle scienze. Si tratta piuttosto di ottenere, come si è detto, una base di partenza per tracciare collegamenti tra i vari punti di vista, per effettuare confronti che ci permettano di uscire dall'organizzazione specialistica ed ideologica della conoscenza.

Questo quadro della conoscenza ci deve permettere di coordinare le varie discipline, evitando impropri ordini gerarchici. Nel tracciarlo, per le discipline scientifiche ho adottato sostanzialmente lo schema di Rudolph Carnap, mentre per quelle non scientifiche ho seguito un criterio cronologico di apparizione.


SUDDIVISIONE DEL SAPERE
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REALTA' E CONOSCENZA
Distinguiamo per prima cosa la realtà dalle immagini che ci facciamo di lei e che costituiscono appunto la conoscenza. Infine distinguiamo la conoscenza dalle attività non conoscitive.

SCIENZA E NON-SCIENZA
Dalle meditazioni con le quali l'uomo nel corso della storia ha cercato di comprendere il mondo, sono sorte numerose descrizioni. Possiamo suddividere l'insieme di queste rappresentazioni, o conoscenza, in: miti, religioni, filosofie, ideologie, scienza moderna.

In considerazione dei successi e dell'importanza della scienza moderna, in questa mappa della conoscenza le conferiamo uno spazio importante, per quanto non esclusivo. Suddividiamo dunque l'insieme delle descrizioni del mondo in scienza e ciò che non è scienza (fig. 15).

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Caratteristico della scienza è di cercare nella realtà gli indizi per spiegarla più di quanto facciano le discipline non scientifiche. Infatti, il mito spiega i vari fenomeni naturali per mezzo di racconti, la religione facendo ricorso ai poteri soprannaturali degli dèi, la filosofia per mezzo della ragione. La scienza, invece, si basa sull'osservazione diretta della realtà, su esperimenti e cerca cause naturali (e non sovrannaturali) per descrivere ciò che avviene nel mondo che ci circonda.

Possiamo descrivere schematicamente la scienza come un metodo di conoscenza basato sull'esperienza e guidato dalla ragione. Nel corso di questi esperimenti, si eliminano i fattori che confondono il fenomeno che si cerca di capire, ci si sforza di individuare gli eventuali rapporti di causa-effetto e si misura la dipendenza di certe grandezze da altre. Nel metodo scientifico, trovano un ruolo tanto le attività pratico-sperimentali, quanto l'inventiva (nella formulazione di ipotesi da sottoporre a prova), quanto la matematica (nella messa a punto di modelli quantitativi). Una caratteristica importante del metodo scientifico è il suo carattere pubblico, in virtù del quale ogni ipotesi o teoria può essere liberamente discussa.

Come possiamo distinguere fra ciò che è scientifico e ciò che non lo è? Per potere essere considerata scientifica, una legge deve poter essere controllata anche da altri scienziati. Deve quindi essere formulata in modo tale, da poter essere verificata da altri ricercatori, riproducendo le stesse condizioni sperimentali di colui che l'ha enunciata per primo, oppure anche per mezzo di altri sistemi.

Il termine "verificata" non è però quello più adatto. Infatti, è facile trovare conferme ad una affermazione, ma nessuna di loro può confermarla in modo conclusivo. Per illustrare questo principio, Karl Popper fa un esempio: uno scienziato che veda dieci cigni bianchi, potrebbe sentirsi autorizzato ad affermare che tutti i cigni del mondo sono bianchi. Tuttavia, se anche l'undicesimo cigno che egli vedesse fosse bianco, la sua legge non verrebbe per questo provata in modo conclusivo. Al contrario, se l'undicesimo cigno fosse nero, la sua legge sarebbe falsificata in modo conclusivo. Egli dovrà riformulare la sua legge in modo da considerare anche i cigni neri.

La falsificabilità è attualmente ritenuto il criterio di demarcazione fra scienza e non-scienza, nel senso che vengono ritenute scientifiche solo affermazioni che possano essere sottoposte a prova sperimentale e che siano formulate in modo tale da poter essere falsificate.

La caratteristica delle affermazioni scientifiche è dunque quella di poter essere falsificata da ulteriori osservazioni. Invece, affermazioni come quelle che vengono fatte spesso nel campo religioso, nel paranormale, nell'astrologia, nella psicanalisi e in altri campi, non sono falsificabili quindi non possono essere ritenute scientifiche. Queste affermazioni potrebbero anche corrispondere al vero, ma non essendo confutabili con prove sperimentali non possono rientrare nel campo della scienza. Le affermazioni che non si prestano ad essere sottoposte al metodo sperimentale si prestano invece molto bene a discussioni senza fine. Chi vuole avere maggiori chiarimenti su questo argomento, può fare riferimento alle opere di K. Popper.

Facciamo dunque rientrare nel gruppo non-scientifico (figura 16) la magia (basata sulla credenza animistica che ogni cosa sia dotata di uno spirito, buono o cattivo) e il paranormale (basato sulla credenza che l'uomo possieda poteri particolari che in qualche modo infrangono leggi fisiche conosciute), il mito (racconti più o meno fantastici), la religione (credenza nell'esistenza di dèi e della loro influenza sul mondo), l'arte (interpretazione soggettiva della realtà), la filosofia (indagine razionale sull'uomo e sulla natura), infine l'ideologia (sistema teorico per il controllo sociale) e la psicanalisi (teorie per la spiegazione del comportamento umano). Ci sono molte altre discipline che per semplicità non ho considerato. Per esempio l'astrologia (basata sulla credenza di legami fra gli astri, gli eventi terreni e il destino degli uomini) e l'alchimia (pratiche tra il magico e il chimico per ottenere determinati risultati).

La scienza conta al proprio interno numerose discipline (figura 17). Esse possono essere ripartite in formali e reali. La suddivisione in astratte ed empiriche è equivalente.

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SCIENZE FORMALI
Hanno come oggetto determinate costruzioni del pensiero all'interno delle quali è possibile produrre affermazioni dimostrabili sulla base dei postulati e delle regole convenzionali che ci si è dati. Esempi sono la logica, la matematica, i giochi.

SCIENZE REALI
Contrariamente alle precedenti, si rivolgono alla realtà sensibile. Producono affermazioni che possono essere messe alla prova dell'esperienza.

SCIENZE FISICHE E BIOLOGICHE
Le scienze reali si suddividono in fisiche, che hanno per oggetto la natura inanimata, e biologiche, che studiano la natura vivente.

BIOLOGIA E SCIENZE DEL COMPORTAMENTO
La biologia si occupa dei processi che producono la vita, della descrizione e classificazione degli esseri viventi, del loro comportamento, dell'evoluzione.

SCIENZE DEL COMPORTAMENTO
Questo settore della biologia si può suddividere nello studio del comportamento animale (etologia) e del comportamento umano (scienze dell'uomo).

SCIENZE DELLA NATURA E SCIENZE DELL'UOMO
Abbiamo inserito lo studio dell'agire umano nella biologia, e va bene. Spesso però si trascura questa appartenenza e si distingue fra scienze della natura (dalla matematica all'etologia) e scienze dell'uomo (storia, economia, arte, etnologia, etc.). Questa distinzione si affianca alla precedente. Tuttavia, lo studio filogenetico della nostra specie ha evidentemente larghe sovrapposizioni con le scienze naturali. La suddivisione fra scienze della natura e scienze dell'uomo viene spesso percepita come qualcosa che riflette la stessa realtà, mentre non è altro che il frutto della nostra classificazione delle discipline della conoscenza. In questo modo purtroppo, il mondo animale viene nettamente distinto da quello umano, i nostri profondi legami con il mondo animale vengono recisi e si finisce per dimenticare che anche noi siamo animali.

CULTURA UMANISTICA E CULTURA SCIENTIFICA
Un'altra profonda divisione che attraversa la nostra cultura come una faglia geologica è quella fra la cultura umanistica e quella scientifica. Anche questa contrapposizione non riflette nulla di reale, ma soltanto una caratteristica del nostro sistema educativo che vede tradizionalmente separati i percorsi scolastici di tipo umanistico da quelli di tipo tecnico-scientifico. A causa dell'insegnamento per compartimenti stagni e a causa della divisione sociale del lavoro, che vede gli studiosi prigionieri della propria specializzazione, questi due schieramenti si mantengono sostanzialmente separati, comunicano poco fra di loro e spesso mostrano divergenze di opinioni. Alla fine, anche questa separazione finisce per apparire una caratteristica della stessa realtà, mentre una formazione di base più equilibrata consentirebbe di superare questo problema. Nel nostro approccio orizzontale della realtà, questa divisione è totalmente priva di senso, tuttavia, essendo una realtà sociale, ne dovremo tenere conto.

SCIENZE PURE ED APPLICATE
Nella figura 17 sono riassunte le principali suddivisioni della scienza. Queste suddivisioni sono estremamente generali. Ciascuna di queste è a sua volta ripartita in una molteplicità di discipline minori, ma ancora di grandissima estensione. Ricordiamo infine che le singole discipline possono essere pure o applicate, si incontrano con le tecniche e le arti e danno luogo alle attività produttive.

Alla fine di questo paragrafo, è necessario ricordare l'esistenza di numerosi "sistemi di conoscenza", ciascuno dei quali ha propri postulati ed i propri metodi di lavoro. Questi sistemi producono conoscenze o affermazioni spesso discordanti e che bisogna imparare a gestire.


UNIVERSALISMI
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Dopo avere esaminato la conoscenza, è necessario dare una rapida occhiata anche alle necessità umane, essendo queste due sfere intimamente legate l'una all'altra.

Secondo un punto di vista conoscivista, l'azione sarebbe sempre subordinata alla teoria. Quindi da una parte vi sarebbe una serie di scienze volte alla conoscenza dei vari aspetti della realtà, dall'altra una serie di attività pratiche, intese come mera conseguenza delle prime. Eppure una semplice puntata nel passato ci consente di osservare che nello sviluppo della nostra specie l'azione è giunta ben prima del pensiero. Alcune centinaia di milioni di anni fa, i nostri progenitori erano simili a dei vermetti. Erano chiamati anfiossi. Non si può certo sostenere che l'azione di un verme sia subordinata alla teoria. Ecco quindi che il pensiero, che secondo alcuni dovrebbe precedere l'azione, è giunto invece per ultimo. In tutto il mondo animale, l'azione è guidata per gran parte dagli istinti, dall'esperienza non verbalizzata e da immagini, quindi è largamente indipendente dalla conoscenza, specialmente da quella astratta. Anche il comportamento umano è suggerito per una parte assai più ampia di quanto non sospettiamo dagli istinti ed in una parte assai minore dalla conoscenza e dalla ragione. Gli istinti hanno soprattutto un ruolo propositivo, la ragione e la cultura un ruolo regolatore.

In realtà, nelle società umane la cultura condiziona fortemente il comportamento individuale e spesso si sostituisce al ruolo degli istinti, imponendo finalità e ruoli. Poichè molto spesso istinti e cultura premono in direzioni diverse, ne derivano situazioni di conflitto nelle quali i singoli individui si possono trovare in difficoltà, non sapendo decidere se dare retta agli uni o agli altri. Per risolvere questo conflitto e chiarire le rispettive funzioni, dobbiamo distinguere le necessità, bisogni e desideri dai sistemi che hanno cercato di soddisfarli. Se osserviamo questa faccenda da un punto di vista storico, possiamo indicare i seguenti sistemi:

- istinti
- esperienza/esempio
- tradizione
- mito
- magia/religione
- filosofia
- scienza moderna
- ideologia.

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La figura 19 vuole indicare come ciascuno di questi sistemi abbia inteso soddisfare ogni necessità umana e si sia proposto in qualità di scienza-totale. Da questa pretesa di controllare ogni aspetto della vita umana, nasce il totalitarismo che caratterizza talune organizzazioni. La lotta per il potere fra queste visioni del mondo continua ancora oggi e la si può facilmente rintracciare nel gioco delle informazioni che ci arrivano. Sono soprattutto religioni ed ideologie a contendersi il ruolo di guida del comportamento umano. Nelle società più sviluppate, la scienza e la filosofia svolgono funzioni analoghe, senza però cercare di subordinare gli uomini. Siamo tornati per un'altra via al tema del riduzionismo per mezzo del quale determinati sistemi si propongono di spiegare ogni cosa e di controllare il comportamento umano.

In realtà, non bisogna pensare che a muoversi siano soltanto questi sistemi, perchè spesso sono le stesse persone che, di fronte alla complessità della realtà che le circonda e alla difficoltà di capirla, vanno alla ricerca di qualcosa che dia loro tutta una serie di risposte. Esse non si accontentano di risposte semplici, ma vogliono sapere com'è fatto il mondo intero, non solo, ma questa immagine dev'essere anche rassicurante, coerente, quindi esse cercano risposte più ampie e sistematiche. Dunque, spesso è proprio la gente che va alla ricerca di una religione o un'ideologia per ottenere un sistema coerente di spiegazione del mondo, ma anche una tutela. Questi sistemi poi, per legare più saldamente a sè questi naufraghi, spesso offrono loro una comunità nella quale trovare amicizia, aiuto, la propria identità e a volte anche un lavoro. E' chiaro che in questo modo si creano comunità chiuse che rischiano di contrapporsi fra di loro anche con violenza, com'è già successo nel passato e come sta avvenendo ancora oggi. Una delle sfide che dobbiamo vincere è quella di offrire soluzioni diverse a questo tipo di problemi.

Se i principali sistemi di conoscenza non si vogliono limitare ad una categoria di problemi, ma vogliono invece occuparsi di tutto, lo fanno nel tentativo di controllare interamente l'animo umano e di togliere di mezzo i saperi concorrenti. Queste sapienze non accettano dunque di essere disposte ordinatamente nel quadro della conoscenza, non accettano di essere rinchiuse in un recinto, ma vogliono controllare l'intero universo. Questo è quanto avviene normalmente, infatti molte discipline invadono il campo delle altre e numerosi quadri della conoscenza sono fondati su di una disciplina che esercita un primato su tutte le altre. Noi invece abbiamo costretto ciascun sapere in uno spazio limitato, quello che corrisponde al proprio dominio di competenza. Ora dobbiamo tenere ben presente che quello che abbiamo fatto è un importante atto di organizzazione del sapere, ma questi saperi non hanno nessuna intenzione di rispettare i confini che abbiamo assegnato loro, quindi dovremo lottare continuamente per farceli restare.

Il quadro della conoscenza è uno strumento importante per muoverci all'interno del sapere, per evitare sconfinamenti delle discipline e per difenderci da loro. La descrizione delle suddivisioni della conoscenza è stata compiuta in modo estremamente semplificato. Occorre che ciascuno in modo autonomo definisca per ogni disciplina le sue origini storiche, l'oggetto a cui si rivolge, i metodi di conoscenza che impiega, il valore del suo studio per noi. In pratica i rispettivi fondamenti epistemologici. Questa operazione deve essere fatta almeno al riguardo delle principali discipline che compongono il quadro della conoscenza. Questa ricerca, compiuta direttamente costa un certo impegno, ma fornisce conoscenze di impiego continuo. Non si possono fornire a questo riguardo tante brevi formule. E' invece necessario che siano un frutto sudato.

Concludo ripetendo l'importanza di considerare l'esistenza di una molteplicità di discipline della conoscenza, ciascuna delle quali in grado di portare contributi conoscitivi dal proprio punto di vista, nessuna delle quali in grado di esaurire l'essenza di un oggetto, nessuna delle quali è autorizzata ad assumere una funzione gerarchizzante. Si comincia a intravedere l'importanza dell'osservare ciascuna cosa da una pluralità di punti di vista, ma svilupperò meglio questo tema più avanti. Per capire meglio come gestire le proprie conoscenze in modo corretto ed evitando manipolazioni è necessario compiere una serie di passi che ne chiariscono gli aspetti principali.


DAL SEMPLICE AL COMPLESSO
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La matematica viene usata per descrivere fenomeni naturali, ma non risente dei fattori fisici. Leggi fisiche stanno alla base della chimica, ma queste leggi non sono influenzate dalla chimica. La biologia è il prodotto di leggi fisiche e chimiche, ma la fisica e la chimica non sono prodotte da leggi biologiche. A sua volta la psicologia può trovare nella biologia importanti spiegazioni, mentre la biologia non dipende direttamente da fattori psicologici. Come si vede, c'è una direzione precisa della causalità, che va dal semplice al complesso, ovvero da realtà fondamentali ad altre derivate in questo ordine: matematica → fisica → chimica → biologia → psicologia → sociologia → storia. Di conseguenza, sul piano delle conoscenze, ci sono delle materie che precedono altre. Con questo criterio sono state ordinate le scienze nello schema descritto in figura 17. Questo criterio indica una direzione precisa nell'organizzazione della natura in una gerarchia di sistemi.


I PIANI DELLA REALTA'
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Gli esseri viventi hanno un comportamento che non è interamente riconducibile alla matematica, alla fisica, alla chimica delle cui leggi sono il prodotto. Il cervello umano è formato da neuroni, ma il suo prodotto non sono altri neuroni, è il pensiero, qualcosa di completamente diverso.

Per analizzare questo tipo di problemi si usano spesso i termini di sistema e di elemento. Un atomo è un sistema i cui elementi sono le particelle elementari. Una molecola è un sistema i cui elementi sono gli atomi. Una cellula è un sistema i cui elementi sono le molecole. E così via secondo un processo nel quale i sistemi precedenti diventano gli elementi del sistema successivo. In questo modo, si forma una gerarchia di sistemi che ci porta verso gradi di organizzazione sempre maggiori.

Quello che però succede, quando si passa dagli elementi al sistema, è la comparsa di fenomeni e proprietà nuove non più riconducibili direttamente agli elementi che lo costituiscono. Con la sua formazione, il sistema conquista qualità nuove ed un grado di autonomia rispetto agli elementi che lo costituiscono. Per esempio, una cellula è composta da migliaia di molecole, ma la vita di cui tale cellula è caratterizzata non è in alcun modo presente nelle singole molecole che la compongono. La vita è dunque un prodotto dell'organizzazione del sistema. Si può ben dire che la cellula, come sistema, ha conquistato delle proprietà che non sono presenti negli elementi di cui è composta ed ha anche conquistato un grado di autonomia nei loro confronti. L'osservazione dei protozoi al microscopio rende molto chiaro questo concetto. Quando vedete un protozoo che nuota veloce, si ferma per roteare intorno a dei detriti, poi torna indietro, ha una reazione di fuga nei confronti di un organismo più grande, vedete qualcosa di più di un ammasso di molecole inerti; notate un comportamento, una sensibilità, delle preferenze. Proprietà che non hanno niente a che fare con le singole molecole di cui è formato quel microrganismo.

La mente è il prodotto dell'organizzazione di miliardi di neuroni, nessuno dei quali, preso isolatamente, dispone di pensiero e di coscienza. Infatti, i neuroni si limitano a ricevere e ad inviare impulsi elettrici. Ancora una volta, passando dai componenti al sistema, appare qualcosa di nuovo, in questo caso il pensiero, le emozioni, la coscienza. Qui siamo di fronte a qualcosa di stupefacente. Si direbbe che l'organizzazione di elementi in un sistema provochi l'apparizione di nuove qualità come per un atto genuinamente creativo. Qualcuno potrebbe vedere in questo la mano creatrice di Dio, altri potrebbero invece vedervi una stupefacente capacità autorganizzatrice della materia. In ogni caso, in questo modo compaiono autentici piani della realtà che prima non esistevano. Per esempio: la vita, il pensiero, la coscienza.

Procedendo dal semplice al complesso, dalle particelle elementari passiamo agli atomi, dagli atomi alle molecole, dalle molecole alle cellule, dalle cellule ai tessuti, dai tessuti agli organi, dagli organi alle funzioni. Alla fine il pensiero umano, pur essendo anch'esso prodotto da sistemi che rispettano le leggi matematiche, fisiche, chimiche, etc. non è più interamente riconducibile a questi fattori, ma possiede una propria autonomia. Quando Eratostene concepisce l'idea che la Terra sia sferica e ne determina il diametro con sorprendente precisione, mostra di possedere davvero una grande autonomia nei confronti dei fattori biologici che pure ne rendono possibile la vita ed il pensiero. Non solo, ma dimostra anche di sapere andare al di là delle semplici apparenze per cogliere la struttura dell'ambiente in cui vive. Il cervello umano, con il proprio pensiero, dà prova di una autonomia e creatività che inutilmente si potrebbero cercare nei singoli neuroni o addirittura nelle molecole che li compongono. Quindi l'apparire di funzioni nuove interrompe, almeno in parte, il legame causale fra gli elementi ed il sistema. 

Organizzandosi secondo una gerarchia di sistemi, la materia ha dunque conquistato la vita, il pensiero, le emozioni, la coscienza. Si tratta di gradi di autonomia, autentiche dimensioni del reale che prima non esistevano. E' in questo modo che si sono determinati i differenti piani della realtà. Il piano della coscienza è uno dei più complessi.

Emile Boutroux e Nicolai Hartmann sono fra i primi a sostenere il determinarsi di ordini distinti di fenomeni passando da uno strato della realtà all'altro. Essi hanno anche sostenuto l'autonomia dei sistemi rispetto agli elementi sui quali pure si fondano e, con questo, la perdita della continuità del principio di causalità. E' peraltro questo processo che ha permesso alle diverse forme viventi di affrancarsi sempre di più dalle leggi fisiche, pur rispettandole. Un pesce è in grado di nuotare contro corrente, mentre un bastone non lo è.

Le singole materie quali la matematica, la fisica, la chimica, la biologia, la psicologia, la sociologia, la storia, rappresentano dunque lo studio di piani della realtà diversi fra loro e largamente irriducibili gli uni agli altri.

L'atto di spiegare un fenomeno per mezzo di una disciplina "antecedente", viene definito riduzionismo. Il riduzionismo può essere un momento dell'analisi e dell'indagine scientifica al quale deve però seguire l'analisi del fenomeno compiuta sul suo stesso piano. In ogni caso, al termine della ricerca, occorre ricomporre l'oggetto analizzato dai diversi punti di vista.

Non si può spiegare la nascita di un'idea a partire dalla struttura dei neuroni, tanto meno lo si può fare a partire dall'analisi degli atomi che compongono le molecole di quegli stessi neuroni. E' vero che lo studio dei neuroni e dei neurotrasmettitori può dirci qualcosa, ma non può spiegare interamente il pensiero. L'analisi del pensiero deve essere compiuto anche e soprattutto sul piano delle stesse idee, coinvolgendo discipline quali la psicologia, l'etnologia, la sociologia della conoscenza, lo studio del contesto culturale, etc.

Esiste una forma di riduzionismo che non è provvisoria e che potremmo chiamare acritica o forte. Il riduzionismo forte nega l'autonomia dei sistemi e afferma il completo determinismo verso il basso. Quindi, quando in quella visione meccanicistica, viene preso in considerazione un sistema, si dà per scontato la sua completa dipendenza causale dai propri elementi. Secondo questo punto di vista, ogni evento che si produce in un sistema sarebbe interamente spiegabile in base alle proprietà degli elementi che lo compongono e non ci sarebbero comportamenti nuovi del sistema che non appartengano in qualche modo agli elementi. Non è raro trovare specialisti che incappano in questo tremendo errore, convinti che la loro disciplina, sia in grado di spiegare qualsiasi evento.

Secondo questo punto di vista, quello che avviene ad un determinato livello sarebbe interamente traducibile nei termini di una disciplina gerarchicamente sottostante e in essa si risolverebbe interamente. Per esempio, gli eventi psicologici sarebbero spiegabili interamente nei termini della neurofisiologia. Non si considerano le leggi proprie al pensiero in quanto tale, le leggi del sistema studiato. Eppure le esperienze, la memoria, le idee, hanno un'influenza sul comportamento dell'individuo almeno pari a quella dei fattori biologici.

Sappiamo tutti che determinate patologie del comportamento possono essere dovute a scompensi nei neurotrasmettitori. La ricerca di questo scompenso può servire a chiarire il perchè di quelle patologie e può servire a curarle, ma non si può spiegare il pensiero nei soli termini dell'organizzazione del cervello.

Per quanto possa sembrare strano, questo modo di affrontare le cose è molto diffuso, anche se è destinato ad una fondamentale e sistematica incomprensione di ciò che vuole spiegare. Il riduzionismo acritico è in qualche modo inerente alla organizzazione verticale e specialistica del sapere. Questo è lo stesso errore compiuto dall'ideologia.

Al termine di questo paragrafo, dove abbiamo visto come ogni piano della realtà, pur interagendo con gli altri, possieda una propria autonomia, diventa evidente come sia destinata al fallimento la pretesa delle ideologie di spiegare qualsiasi cosa sulla base di un solo principio e come quindi una chiave universale sia semplicemente impossibile.

Riconoscere la multidimensionalità della natura e la relativa autonomia di ciascun livello, è dunque importante non solo per la ricerca delle cause, ma anche e direi soprattutto per acquisire un modo di pensare non più riduzionista. Infatti, questa posizione ci fa comprendere il fondamentale errore del riduzionismo, ci orienta verso la ricostruzione dell'oggetto analizzato in un modo che ne rispetti la fondamentale autonomia e completezza. La comprensione dell'intima pluralità dei piani nei quali si articola la natura, dovrebbe porci al riparo dalle spiegazioni che pretendono di rinchiudere l'universo in un bicchiere e dovrebbe orientarci verso un modo di pensare appunto pluralista, consapevole della pluralità delle cause, dei piani della realtà e dei punti di vista.


INTERDISCIPLINARITA'
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Per definizione, uno specialista lavora all'interno di una determinata disciplina. Quando studia un oggetto, lo fa da un solo punto di vista che è quello disciplinare. Ma, come abbiamo visto, ogni oggetto costituisce la sintesi di numerose componenti naturali e in più raggiunge una propria autonomia. L'esame monodisciplinare riduce l'oggetto del proprio studio ad una sola componente, ne nega l'autonomia ed enfatizza il potere esplicativo dei propri principi. Il riduzionismo costituisce un atto di subordinazione dell'oggetto alla disciplina che lo studia, di un vero e proprio atto politico. Un punto di vista che persegua una conoscenza più autentica si deve invece sforzare di recuperare la pluralità dei punti di vista, l'integralità di ciascun oggetto e la sua indipendenza.

Le discipline di carattere applicativo vertono su di un problema da risolvere od un prodotto da realizzare e a tale scopo fanno convergere specializzazioni fra loro lontane. La cibernetica e le biotecnologie si dispongono in senso trasversale rispetto agli specialismi. Quando, dunque, ci si concentra su di un oggetto complesso o su di un problema produttivo, tende a stabilirsi una convergenza di discipline. Nel mondo produttivo, coloro che svolgono questo tipo di azione vengono chiamati integratori.

Nel campo della ricerca scientifica, determinati problemi sono molto complessi e per il loro studio è necessario prendere in considerazione fattori di natura diversa. Questo è il caso degli studi sul clima della Terra. Per poter prevedere l'andamento del clima nel futuro, occorre rivolgerci anche al passato con numerose discipline, fra le quali astronomia, geofisica, geologia, glaciologia, paleontologia, paleobotanica. Una conoscenza tendenzialmente integrale porta ad un diverso rapporto con la realtà: dalla vecchia corrispondenza fra ambiti disciplinari e ambiti reali, a una distribuzione orizzontale, a strati, delle discipline sulla realtà. Insomma, un piatto di lasagne!

Anzichè limitarci a compiere analisi riduzioniste, occorre invece esaminare le cose da un punto di vista interdisciplinare (pluralità di punti di vista), riconoscendo l'oggetto di conoscenza come il prodotto della confluenza di più piani della realtà.

Normalmente le analisi riduzioniste procedono in senso verticale e scavano nel profondo. Proviamo invece a muoverci in senso orizzontale, un po' come gli antichi esploratori e navigatori. Questo è proprio quello che faremo e non sarà un viaggio banale. Il cammino orizzontale è molto fecondo: si provi a confrontare l'idea dell'uomo che si ottiene con lo studio della sola anatomia con quello che si acquista con lo studio insieme dell'anatomia, dell'antropologia, dell'arte, della filosofia, della storia, della sociologia, della politica, della psicologia, etc. Ma l'uomo non è che uno fra gli innumerevoli temi possibili di questo approccio orizzontale perchè può esserlo ogni oggetto che ci circonda.


IL DIAGRAMMA DELLE CONOSCENZE INDIVIDUALI
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Che cos'è una conoscenza orizzontale? Mentre una conoscenza specialistica si riferisce ad un campo ristretto del sapere e si sviluppa in profondità (direzione verticale), una conoscenza orizzontale si sviluppa poco in profondità, ma si estende per un vasto campo del sapere. Per sapere quale tipo di conoscenza disponiamo, possiamo esaminare la distribuzione delle nostre conoscenze. A tale scopo, tracciamo un diagramma: in orizzontale mettiamo gli argomenti, in verticale la quantità di conoscenze di cui disponiamo. Nella figura 20-A, gli argomenti seguono la successione già descritta a proposito della suddivisione del sapere. Il livello di approfondimento è diviso in tre gradini: 1° conoscenze introduttive (alcune centinaia di pagine), 2° conoscenze di base (alcune migliaia di pagine), 3° conoscenze specializzate (in linea di principio: tutto ciò che si sa al mondo su un certo argomento).

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Proviamo ora a tracciare su questo diagramma la distribuzione delle nostre conoscenze. Per ogni materia indichiamo con una colonna più o meno alta il livello con cui la conosciamo. Molto probabilmente otterremo una distribuzione simile a quella della figura 20-B.

L'osservazione di questo diagramma mostra una distribuzione piuttosto irregolare delle nostre conoscenze, rappresentata da colonne di altezza diversa. Queste colonne sono disposte in corrispondenza di materie scolastiche, qualcosa al riguardo della religione (oratorio) o ideologia; un picco, neppure tanto alto, in relazione al nostro mestiere, un altro riguardante un eventuale hobby, voragini per tutto il resto. Quello che è caratteristico di questa distribuzione delle conoscenze è l'esistenza di vasti spazi vuoti fra le colonne, che indicano la mancanza di collegamento fra le conoscenze.

Divertente, no? Purtroppo non altrettanto confortante! Il diagramma della figura 20-B è il ritratto di un'organizzazione specialistica della conoscenza, il frutto di una gestione a livello sociale del sapere, dove ciascun individuo dispone di un frammento di conoscenza che viene poi ricomposto a livello di sistema. La mancanza nell'individuo delle informazioni di collegamento fra le diverse "colonne" rende difficile, se non impossibile, mettere in relazione un sapere con l'altro e soprattutto capirne il senso, lo mantengono in condizioni di insicurezza, di minore consapevolezza e di maggiore manovrabilità. Un uomo libero dovrebbe invece poter ricomporre anche dentro di sè il senso delle proprie conoscenze ed azioni. Per raggiungere questo scopo, occorre modificare la distribuzione delle conoscenze nel diagramma.


RIEQUILIBRIO DELLE CONOSCENZE
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Fra le conseguenze negative dell'organizzazione sistemica, specialistica ed ideologica della conoscenza ci sono la chiusura in confini ristretti, la difficoltà nel comprendere il senso delle cose e delle nostre azioni. Infatti, chi si limita a svolgere il proprio lavoro senza interessarsi di ciò che sta fuori dal proprio campo, può non sapere neppure da chi verrà utilizzato il prodotto delle sue attività, nè avere un'idea della sua utilità sociale. Per superare la divisione specialistica del sapere, occorre gettare dei ponti fra le diverse discipline, studiando le materie intermedie.

Per esempio, al riguardo della religione, si acquista maggiore capacità di analisi se si esce dalla propria dottrina studiando le religioni del passato e quelle delle popolazioni "primitive". Ci si rende meglio conto del significato del politeismo, dei culti legati alla fertilità, degli animismi e della magia. Anzichè considerare "pagani" i seguaci di altri credi, si percepirebbe una unità di percorsi e di interrogativi, le cui risposte sono legate alle condizioni di vita dei popoli e alle loro antiche tradizioni.

Purtroppo, essere d'accordo sul punto di vista orizzontale non significa averlo raggiunto. Dobbiamo colmare quei vuoti che si stendono fra i picchi del nostro diagramma. Dobbiamo montare in groppa al cammello e avventurarci in quegli spazi deserti. E' proprio una distribuzione continua delle conoscenze che ci permette di tracciare relazioni fra ciascuna parte e le altre, e che ci rende possibile l'esame multidimensionale delle cose. Questo potrà essere fatto tanto più efficacemente quanto più estese saranno le nostre conoscenze e quanto più elevato sarà il loro livello generale.

In questo diagramma non si possono spostare le colonne in qua e in là, si può solo aggiungere qualcosa, e con fatica. Il modello ideale consisterebbe nell'ottenere una conoscenza di livello introduttivo su tutta l'estensione orizzontale del diagramma. Sarebbe inoltre necessario sostituire la colonna "ideologia" con la storia della filosofia, cosa che corrisponde ad osservare il panorama storico dei sistemi di pensiero umani. La storia della filosofia costituisce probabilmente il migliore esempio di cultura comparativa (vedremo più avanti). Di questa disciplina occorre raggiungere una conoscenza di base. Ancora una conoscenza di base, più o meno specializzata, dovrebbe esistere in corrispondenza della propria professione. La stessa cosa può essere fatta al riguardo di un argomento di libera scelta. La figura 20-C mostra questo schema ideale.

Osservando questo diagramma, si potrebbe pensare che le attività di ricerca richiedano uno sforzo limitato perchè occupano una piccola superficie (linea punteggiata). In realtà questo diagramma ha l'asse verticale in scala logaritmica. Quindi, tanto per semplificare possiamo ritenere quasi equivalente lo sforzo per ottenere una conoscenza introduttiva su tutto l'arco delle discipline, oppure di base su di un solo argomento, oppure specializzata su di un tema limitato, oppure frutto di una campagna di ricerca. Questo tenendo conto dell'età e delle capacità via via superiori del soggetto conoscente.

Gli argomenti con i quali compiere l'operazione di riequilibrio dovrebbero essere almeno i seguenti: astronomia-geologia, geografia , biologia, storia, storia della filosofia, storia dell'arte e dell'architettura, psicologia, sociologia e politica, religione, letteratura. La storia della filosofia è molto adatta a questo viaggio orizzontale, proprio per il suo prendere in esame una grande quantità di modelli di pensiero. Chi, per mancanza di tempo, non può impegnarsi ad affrontare tutti gli argomenti indicati prima, si legga almeno un testo di questo tipo (1, 2) . Poiché i testi dei licei si interessano del pensiero occidentale, bisogna anche leggere un testo sulle filosofie-religioni orientali (per es. 3). Durante questo percorso orizzontale bisogna estrarre il profilo epistemologico di ciascuna disciplina (storia, oggetto, metodi di conoscenza). 

Fortunatamente in molti casi queste materie sono già state studiate a scuola. I testi utilizzati nelle scuole medie superiori vanno bene. Non si può definire quanto occorra imparare per riempire un buco. In questo completamento orizzontale, ognuno può raggiungere il livello che vuole. In ogni caso, la capacità di osservazione orizzontale dipende dalla quantità di conoscenze possedute. Per persone di elevata scolarizzazione, l'acquisizione delle conoscenze necessarie si potrebbe limitare alla lettura, per alcune discipline, di una storia della disciplina e alcuni testi dei principali autori. Per uno studio più efficace e sistematico di queste materie, è utile farsi seguire da un professore di liceo, mediante lezioni private.

L'utilità di possedere una conoscenza orizzontale consiste nella possibilità di tracciare collegamenti fra ambiti differenti. Per esempio, il nostro comportamento di fronte a un certo stimolo o una certa situazione può essere spiegato dalla psicologia, ma se utilizziamo anche lo studio del nostro passato evolutivo, possiamo ottenere indicazioni che la psicologia da sola non ci avrebbe mai potuto fornire. Anche l'esame dello sviluppo storico di certe tecnologie che usiamo oggi (archeologia) ci fornisce preziose indicazioni, aggiungendo profondità inaspettate al nostro agire quotidiano. Per esempio, se quando scriviamo ritorniamo con la mente al lungo processo di invenzione della scrittura, all'evoluzione dei supporti utilizzati e all'evoluzione dei simboli, il nostro scrivere acquisterà una profondità che prima non aveva. Se quando usiamo un accendino, pensiamo ai metodi che gli uomini primitivi usavano per accendere il fuoco, ci rendiamo conto della comodità di quell'attrezzo, delle abilità che dovevano avere i nostri predecessori per sopravvivere nei tempi passati, di quanti sforzi sia costato all'umanità la conquista di quel attrezzo così banale, ma anche di come stiamo perdendo le abilità manuali per il ricorso a strumenti già fatti e semplici da usare. A questo punto, si capisce anche che più è approfondita la nostra conoscenza della storia di queste invenzioni maggiore è la profondità che il nostro attuale agire acquista. Se, appunto quando scriviamo ci ricordiamo che la A deriva dal disegno del capo di un bue, la B da quello della pianta di una casa, la M da quello dell'acqua, la N da quello di un serpente, il nostro scrivere anche al computer perde in banalità e riacquista un po' dell'antica magia.

La conoscenza anche introduttiva delle principali discipline della conoscenza ci offre dunque la capacità di tracciare importanti collegamenti fra ambiti diversi del nostro agire, ne arricchisce il significato e ne conferisce profondità.


LA GESTIONE DELLE CONOSCENZE
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Dall'età di Gutenberg ad oggi, la quantità di informazioni è cresciuta rapidamente. Ai giorni nostri, la TV e i giornali ci forniscono grandi quantità di informazioni. Chi va alla ricerca di informazioni specifiche e si reca in una biblioteca o in una libreria viene sepolto dai libri, per non parlare di quello che succede a chi si rivolge a Banche Dati o naviga sui cyberflutti. Si tratta di notizie che provengono da ambiti diversi, come quello politico, religioso, scientifico, artistico, commerciale, etc.

Queste notizie sono spesso in contraddizione fra loro e versano in uno stato incoerente, nel quale ogni notizia vive per conto suo, separata da tutte le altre. Molti giovani d’oggi che vivono gran parte del loro tempo libero davanti alla televisione mancano di qualsiasi riferimento e la loro cultura è formata da programmi di intrattenimento, immagini, spot pubblicitari, film. Una montagna di informazioni, ma nessuna cultura, una discarica di notizie che giacciono alla rinfusa, senza nulla che sia in grado di collegare le une alle altre, nessuno strumento per mettere ordine in tale caos.

Questa situazione produce disagio psicologico ed è difficile da sostenere a lungo termine. Purtroppo, chi cerca di utilizzare le conoscenze e le informazioni di cui dispone per costruire un modello coerente della realtà, si trova alle prese con notizie contraddittorie, senza legami fra loro. Quindi il tentativo di mettere insieme le tessere di questo grande puzzle è si risolve spesso in un fallimento.

Esistono però anche rappresentazioni già pronte, capaci di rendere conto dell'intera realtà. Ecco che ritornano quei sistemi di conoscenze di cui abbiamo già parlato, che sostengono di conoscere la natura ultima delle cose e di essere in grado di spiegare il mondo intero, all’interno di una visione coerente e basata sulla Verità. Non solo, ma queste sapienze non si limitano a rendere conto della realtà e si propongono anche come soluzione di tutti i nostri problemi. Quindi, esse non soddisferanno soltanto il bisogno di mettere in ordine le nostre conoscenze in un quadro unitario, ma ci parleranno anche dell’aldilà, di ciò che è bene e male, degli scopi della vita, ci daranno conforto quando avremo paura, etc.

Tutto andrebbe nel migliore dei modi se non fosse per il fatto che nel mettere ordine nella nostra mente queste sapienze fanno anche passare la loro visione del mondo. Esse non si mostrano affatto neutrali, ma ci rendono prigionieri. Chi accetta un punto di vista preconfezionato viene normalmente trasformato in militante della sapienza che lo ha “parassitato” e viene spesso mobilitato a propagare l’infezione. I sistemi di organizzazione delle conoscenze non sono quindi neutrali, ma portano con sè la loro visione del mondo.

Per evitare gli inconvenienti dell’organizzazione ideologica delle conoscenze, si potrebbe fare riferimento alla scienza, che almeno è più aderente alla realtà. La scienza è un mezzo di conoscenza che studia la natura con il metodo sperimentale. Il metodo sperimentale consiste nello studiare le cause degli eventi riproducendoli in laboratorio o isolandone i fattori. Mentre con la mitologia i greci spiegavano gli eventi con l'intervento degli dèi, più avanti gli stessi greci fondarono la scienza come un procedimento che cercava di spiegare la natura con fattori naturali e per mezzo della ragione. Questo ebbe l’importante funzione di emarginare il sovrannaturale dalla fisica, ma confinò la scienza nella natura. Come conseguenza, la scienza non può indagare l’aldilà, dal momento che per definizione esso è al di fuori della natura e non è raggiungibile nè coi sensi nè con strumenti. Per motivi simili, la scienza è scarsamente o per nulla competente anche nei campi della soggettività umana e della morale, quindi anche le emozioni, gli affetti, l’arte, il gusto, il giudizio delle cose e l'etica si sottraggono alla scienza. Di conseguenza, chi si affida alla scienza non avrà da questa risposte al riguardo di un’importante settore di problemi.

Questa situazione non è sfuggita ai religiosi i quali hanno rivendicato una complementarità fra scienza e religione. Se infatti consideriamo la scienza bravissima nel descrivere come le cose sono e come si deve fare per intervenire sulla natura per ottenere certi risultati (Come Fare), la religione rivendica la sua capacità di intervenire proprio nei campi in cui la scienza si dichiara incompetente, quindi nel definire i fini dell'esistenza umana, che cosa è bene e male, come guadagnarsi il paradiso, come comportarsi nella vita di tutti i giorni, etc. (Cosa Fare). La religione vuole anche giudicare il valore delle cose per l'uomo, intervenire nel giudizio artistico, etc.

A questo punto, dovrebbe essere chiara la ripartizione dei compiti: la religione si occupa delle cose trascendenti, la scienza di quelle immanenti. La religione si occupa dei fini, la scienza dei metodi. Un incastro perfetto… se il disegno sottostante non fosse anche troppo scoperto. Infatti, in questo modo, la religione subordinerebbe a sè la scienza. La religione si approprierebbe del prestigio della scienza e il suo potere aumenterebbe enormemente e nulla potrebbe più ostacolare il suo progetto di guidare l'intera umanità. Purtroppo per la religione, qui molti non ci stanno e non si tratta solo degli scienziati. Non ci stanno tutti coloro i quali hanno a cuore la loro libertà intellettuale e politica.

In ogni caso, la religione cristiana si trova ad operare all'interno di società pluralistiche e non può quindi banalmente subordinare la scienza. Infatti, in società dove esiste una pluralità di punti di vista religiosi e non, a ciascun punto di vista, quindi anche alla scienza, viene riconosciuta una propria autonomia. Ciascuno di questi soggetti cerca di ottenere il maggior seguito, cerca di influenzare i comportamenti della gente e le leggi dello Stato, operando all'interno di un vasto dibattito. Comunque, finchè la società resterà pluralistica la subordinazione della scienza alla fede sarà difficile da ottenere e solo alcuni ci crederanno.

A proposito dei rapporti tra fede e scienza, l'islam radicale sembra vedere le cose in modo alquanto differente. Infatti, alcune autorità islamiche hanno sostenuto che le società occidentali sono prive di spiritualità e preda del materialismo scientifico e dovrebbero essere sottoposte alla guida morale della loro religione. Altri hanno argomentato la necessità di islamizzare la scienza e più in generale la conoscenza. http://web.mit.edu/mitmsa/www/NewSite/libstuff/nasr/nasrspeech1.html

Molti saperi rivendicano la loro competenza a gestire ciò che la scienza non può e non vuole gestire. In virtù delle loro pretese universalistiche, religioni ed ideologie si sono sempre volute occupare di tutti i problemi dell'uomo e questo è il fondamento del loro totalitarismo.

Ma esiste un modo di organizzare le conoscenze che non sia tendenzioso? La prima misura consiste nel ricondurre le singole conoscenze o notizie ai sistemi conoscitivi da cui provengono, alle fonti che le hanno prodotte. Per esempio, se si tratta di una notizia nata in un ambito artistico, non si deve ricondurla ad un punto di vista diverso come per esempio quello economico, ma va mantenuta nel sistema artistico ed occorre ordinare le notizie così com'è suggerito dall'organizzazione disciplinare di tale sistema. In parole povere, bisogna sempre tener presente l'origine dell'informazione. Quindi, nel momento della loro raccolta le informazioni devono essere riposte in modo ordinato, senza entrare nel merito proprio come farebbe un bibliotecario. Solo in un momento successivo esse possono esser giudicate. In conclusione, non basta possedere delle conoscenze, bisogna anche saperle organizzare, altrimenti altri le organizzeranno per noi! Ora abbiamo visto come raccoglierle ed organizzarle secondo un sistema il meno ideologico possibile; nel prossimo paragrafo affronteremo il problema della valutazione delle conoscenze, del loro giudizio e della loro scelta.


LA VALUTAZIONE DELLE IDEE
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Una prima grossolana valutazione delle conoscenze viene fatta fin dal primo contatto. In questo momento, scartiamo quelle irrilevanti e quelle palesemente false. Abbiamo raccolto le conoscenze meritevoli di attenzione e le abbiamo organizzate secondo uno schema enciclopedico. Prima o poi arriva il momento in cui è necessario utilizzarle. Si può trattare di problemi quotidiani, oppure di questioni più complesse riguardanti il nostro futuro. In ogni caso, non bisogna considerare problemi solo quelli di ordine pratico, ve ne sono anche di natura filosofica, che contribuiscono alla creazione della nostra visione delle cose, che ci aprono nuove prospettive, etc.

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Cominciamo con il classificare le conoscenze secondo livelli di integrazione crescente (figura 21). Al primo livello mettiamo le singole percezioni, o conoscenze elementari. Con la loro integrazione, passiamo al secondo livello, dove incontriamo le conoscenze semplici: le immagini sensoriali degli oggetti osservati, ma anche le idee, le leggi scientifiche, le notizie giornalistiche. L'integrazione delle conoscenze di secondo grado in un sistema coerente, ci porta al terzo livello, quello dei sistemi di pensiero. Abbiamo già accennato a come questi sistemi siano abili nell'organizzare le conoscenze, ma sappiamo anche come essi utilizzino la loro capacità organizzatrice per esportare la propria visione del mondo e quindi per condizionarci politicamente. Con il terzo livello, siamo arrivati all'ultimo gradino generalmente conosciuto e praticato della scala dell' integrazione delle conoscenze.

Abbiamo già visto che le notizie prodotte da ambiti religiosi non riguardano solo temi religiosi, ma anche temi che non competerebbero loro. Nello stesso modo, un'ideologia si occupa di tutto: valuta le religioni (oppio dei popoli), la scienza (al servizio dell'imperialismo), etc. Ogni evento, dai più grandi ai più minuti viene valutato dalle differenti religioni ed ideologie. Questo non avviene per caso, ma per la necessità di ciascuno di questi sistemi di fornire un'interpretazione degli eventi ad uso interno e per proselitismo.

Mentre fino a poco tempo fa imperavano l'organizzazione medievale e quella verticale della conoscenza, nelle quali ognuno deteneva l'unica idea di fondo che lo avrebbe guidato per tutta la vita, con lo sviluppo delle comunicazioni, a partire dall'invenzione della stampa, l'uomo comune ha cominciato a sperimentare la molteplicità delle idee e conseguentemente il loro disaccordo.

Abbiamo però visto anche come questo disaccordo, anzichè favorire la rottura dei recinti e il dissolvimento dei sistemi di pensiero chiusi, abbia invece favorito spesso proprio la ricerca del sistema "Vero". Infatti nella mente di chi lo cerca, trovare il sistema "Vero" significa riuscire a distinguere le notizie vere da quelle false e poter finalmente conoscere come le cose sono nella realtà. Trovare questo sistema significa eliminare il disaccordo delle notizie e la grande confusione che ne deriva, perchè da quel momento in avanti si sarebbe in grado di interpretarle correttamente. Purtroppo questa persona non si accorge minimamente di essere caduta in una trappola.

Quindi, niente paura se al fedele di una particolare confessione arrivano idee eterogenee, perchè egli è già ben attrezzato per metabolizzare convenientemente tali notizie riportandole all'interno del proprio sistema senza che esse possano combinare dei guai. Egli sa già di non prestare fede alle fonti di informazioni "non autorizzate", ne conosce già le principali critiche e, in caso di dubbio, chiederà delucidazioni ai quadri della propria organizzazione. Non ci sono grandi pericoli che tale individuo venga trascinato su di un'altra sponda e poi, se anche ciò avvenisse, dal nostro punto di vista il problema non cambierebbe dal momento che egli sostituirebbe il suo codice con un altro, ma non smetterebbe di tradurre le notizie con un codice e solo quello.

Data la presenza di numerose religioni ed ideologie, e di un efficientissimo sistema di comunicazioni che raccoglie le notizie ovunque nascano e le sparge ovunque in giro per il mondo, la confusione dei giudizi è massima. Tuttavia, arrivati al terzo livello, non c'è niente di meglio da fare che scegliere un sistema fra i tanti. Questo è già preferibile dall'essere scelti fin da bambini com'è avvenuto finora, ma non è ancora una soluzione soddisfacente.

Neppure l'assunzione di un punto di vista scientifico per la valutazione delle conoscenze, rappresenta una soluzione. Infatti, tale punto di vista, pur essendo migliore di tanti altri sotto tanti aspetti,  non è competente al riguardo della scelta degli scopi. Il problema della definizione dei fini dell'azione umana, ma anche il più semplice stabilire cosa fare domani non sono di competenza della scienza. Le notizie che riguardano il nostro destino una volta morti, il significato della vita e della nostra esistenza, la valutazione di un'opera d'arte e di un concerto non sono di competenza della scienza. Ma chi è pertinente al riguardo dei fini dell'azione umana e del valore delle cose per l'uomo, se non le religioni, la filosofia, le ideologie? Allora tutta quella bella raccolta acentrica delle informazioni a cosa serve se alla fine dobbiamo consegnarla ad una ideologia per la sua valutazione? E' qui che bisogna fare un altro passo avanti.


LA POSIZIONE COMPARATIVA
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Nella scala di cui parlavo poc'anzi, provate ad aggiungere un altro gradino. Dopo dopo i primi tre livelli: -conoscenze elementari, -conoscenze semplici, -sistemi di conoscenze, il quarto livello è quello nel quale operiamo un confronto fra i sistemi teorici del terzo livello (v. figura 21). Questo confronto si attua studiando la storia della filosofia, che ci descrive i principali sistemi di pensiero (ideologie comprese), studiando le principali religioni, sistemi politici, movimenti artistici, etc.

Consideriamo per esempio la religione. Quali sono le principali assunzioni delle religioni testamentarie, quali le reciproche differenze? Il buddismo, l'induismo, il taoismo, lo shintoismo, come concepivano il mondo? Quali erano le credenze delle popolazioni primitive (p. es. degli indiani d'America), cosa sono gli animismi e la magia? Cosa dire poi delle antiche religioni dei popoli mediterranei. A che punto erano arrivate le religioni greca e romana prima dell'arrivo del cristianesimo? In cosa si differenziano politeismo e monoteismo? Cosa ha significato per l'Occidente l'invasione cristiana? L'umanesimo e il rinascimento che novità hanno portato? Quali erano le tesi religiose degli illuministi? Che cosa significa deismo, ateismo, agnosticismo? Che cosa sono invece i millenarismi ed i profetismi? Ecco alcune idee per cercare testi per essere poi in grado di operare comparazioni fra i principali sistemi nel campo religioso. Queste domande e questi confronti sono cosa ben diversa dal conoscere (si fa per dire) una singola religione, considerata l'unica vera, e trattare tutte le altre come spazzatura. L'immagine che otterremo del sacro sarà molto più articolata e ricca, come molto più fruttuosa sarà anche la nostra capacità di valutare idee, affermazioni e informazioni religiose.

Ma che cosa dire della filosofia? Nel corso della storia si sono succeduti centinaia di filosofi e scuole di pensiero di una ricchezza incredibile. Essi sono purtroppo ignorati dalla larga maggioranza della gente. Lo studio della storia della filosofia è sicuramente il passo più importante per assumere un punto di vista comparativo e questo per gli incessanti confronti che in quella disciplina vengono effettuati fra autori diversi, teorie diverse, periodi storici diversi, etc. E' all'interno della storia della filosofia che si studiano le diverse concezioni del mondo, i fondamenti delle principali ideologie, si prendono in considerazione religioni, si esaminano sistemi politici, si studiano punti di vista diversi a proposito dell'etica, si prendono in esame i metodi della conoscenza scientifica, etc.

Anche nello sviluppo del pensiero politico e sociologico è presente una grande articolazione di sistemi politici, di organizzazioni economiche e sociali. Un testo di sociologia ed uno di storia dei sistemi politici sono utili per operare confronti fra i diversi modi di organizzare le società.

Che dire poi dell'arte, nella quale ciascuna sua ripartizione: la letteratura, la musica, la pittura, la scultura, l'architettura, ha prodotto a più riprese profonde rivoluzioni nel modo di percepire il mondo? Per esempio, il Rinascimento si è espresso principalmente sul piano artistico, ma ha rivoluzionato il modo di vedere le cose.

E dal confronto fra scienza, religione, filosofia, ideologia, arte, cosa possiamo ottenere? Possiamo sapere quali sono i metodi di conoscenza di ciascuno di questi sistemi. Quali i vantaggi e limiti reciproci. Che differenze ci sono fra scienza e religione, fra scienza e filosofia, fra filosofia e religione, fra scienza ed arte, etc.

Con una sola teoria non ci sono alternative e si finisce in una gabbia. La seconda teoria pregiudica la credibilità della prima e viceversa, ci  restituisce il dubbio e l'autonomia di giudizio. Ognuna possiede una parte di verità e si valorizza nel confronto con le altre, inoltre ognuna delegittima l'altra a governare in modo assoluto. In questo modo si crea uno stimolante spazio di discussione e di ricerca della verità nel quale possono confrontarsi tante teorie ed interpretazioni, fra le quali possiamo scegliere quella che ci sembra più vera o più adatta al nostro modo di essere. Si crea soprattutto una sana incertezza di fondo, una problematicità, il senso della complessità delle cose, un atteggiamento di collezionista di alternative che ci libera dal potere condizionante dell'unica teoria che non ammette contraddizioni. Anche qualora ci fosse fra queste un'ipotesi più verosimile delle altre, essa vivrebbe rispecchiandosi nelle altre, sia nella propria validità che nei propri limiti. Essa non ci possiederebbe più: al contrario saremmo noi a possederla.

Assumere una posizione comparativa non è cosa immediata. Bisogna conoscere i contenuti fondamentali dei principali sistemi di conoscenze e per fare questo bisogna studiare. Per questo motivo, e se non sarà favorita dal sistema educativo, tale posizione resterà privilegio di pochi. In ogni caso, la posizione comparativa è troppo vantaggiosa e divertente sul piano intellettuale per essere ignorata. La posizione comparativa è una delle principali componenti della conoscenza orizzontale, ma vediamo un po' più da vicino alcuni dei privilegi che ci offre:


IL PANTHEON,
conclusione sulla conoscenza orizzontale

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Che cosa dobbiamo concludere dalla lettura di questo capitolo? La descrizione del quadro del sapere umano è servita anche ad assegnare spazi delimitati alle principali discipline della conoscenza ed a fornire le basi di un sistema di organizzazione del sapere che abbiamo definito bibliotecario o enciclopedico. Possiamo definire questo sistema acentrico, perchè è basato sul riconoscimento di numerosi saperi, nessuno dei quali sovraordinato agli altri.

Ho messo in evidenza il carattere multidimensionale della natura, che ci permette di riconoscere la complessità dell'oggetto che stiamo osservando, un'integralità che viene invece violata dalle prospettive riduzionistiche.

Al termine di questo capitolo, dovreste aver recuperato la sfericità degli oggetti reali, il loro essere formati da numerose componenti. Noi stessi siamo soggetti e oggetti di conoscenza. Ciascuno di noi si trova in un punto-cerniera, dove confluiscono tutti i piani della natura, da quello fisico a quello della coscienza e forse anche del soprannaturale. Questo modo di osservare le cose restituisce loro l'intima complessità.

La struttura specialistica del sapere individuale, l'ignoranza delle culture diverse dalla propria, la certezza ideologica, sono il presupposto della chiusura e dell'intolleranza. L'importanza della posizione comparativa sta nella sua apertura ad ogni prospettiva, nella possibilità di confrontare le diverse posizioni su ogni argomento, nella possibilità di cercare la verità senza pericoli di sudditanza.

La posizione comparativa ha anche altri effetti: da ora in poi, non ci accontenteremo più di una sola tesi, di un solo punto di vista, di un solo piano della realtà, ma andremo a cercare anche gli altri, che sappiamo esistere. Mentre prima ci affannavamo ad individuare la Teoria Vera, d'ora in poi godremo del dispiegarsi della natura nella sua fantasiosa ed irriducibile ricchezza e della molteplicità delle ragioni umane che cercano di descriverla, ricavando complesse architetture del pensiero. E' come passare dal canto monodico alla polifonia: sono entrambi belli, ma chi tornerebbe indietro? Chi rinuncerebbe al rincorrersi delle voci fra i colonnati delle cattedrali tipici della polifonia? Alla fine, sarà anche difficile staccarsi da questo grandioso quadro per compiere una scelta, ma che fine avrà fatto la primitiva chiusura? Eccola laggiù a mille miglia di distanza.

Tornando alle religioni, osserviamo i sacerdoti delle differenti confessioni spennarsi l'un l'altro mentre pretendono ciascuno la verità delle proprie rivelazioni. Sì perchè, pur essendo il Dio delle tre religioni testamentarie lo stesso, risultano tre rivelazioni differenti: ...è una faccenda davvero imbarazzante, ma che nessuno è riuscito a risolvere! E ora, quale gruppo di sacerdoti stringe in pugno l'eterea sostanza? Essa non è piuttosto come il vento che soffia fra un tempio e l'altro, fra una scrittura e l'altra, fra una religione e l'altra: sostanza libera, non prigioniera di alcun profeta, non raggiungibile con formule magiche o rituali esteriori, disponibile solo a chi vi riflette liberamente come a un Grande Mistero, sul quale le diverse religioni inviano solo un barlume di luce?

Uno dei passi più importanti per assumere le nuove forme di pensiero, consiste dunque nel dotarci di un modo di conoscere orizzontale. Come abbiamo visto, un'analisi convenzionale è verticale. Viene compiuta in un determinato ambito specialistico e le relazioni esplicative vengono tracciate all'interno di uno spazio disciplinare definito, nell'intento e nella convinzione di trovarvi tutto quanto è necessario. Purtroppo le analisi specialistiche, mentre si affannano a spiegare tutto con un'unica chiave, trascurano sempre qualcosa. Quello che perdono per strada non è di poco conto, è la complessità, la multidimensionalità degli oggetti e degli eventi, la loro autenticità, infine perdono il rapporto di ciascun piano del reale con gli altri.

All'analisi specialistica si può contrapporre un'osservazione delle cose da tanti punti di vista disciplinari, secondo i differenti piani della realtà. Questo significa per esempio esaminare una cosa sotto il profilo matematico, fisico, chimico, biologico, ..., storico, artistico, filosofico, etc. La scelta dei piani della realtà dai quali effettuare di volta in volta queste analisi dipende dall'estensione dimensionale dell'oggetto da esaminare. Per questo bisogna cercare di capire su quali piani esso si dispone in prevalenza.

Un'analisi orizzontale è più adatta a cogliere relazioni fra elementi distanti e limita le operazioni riduzionistiche. Per fare questo, occorrerebbe anche possedere le conoscenze e le capacità di lavorare in questo senso, in mancanza delle quali si resta inevitabilmente alla superficie delle cose. Questo è però un modo di procedere che tiene conto anche della complessità e dell'unitarietà del nostro essere e della nostra situazione esistenziale. Quindi tiene conto della molteplicità dei piani sui quali si estendono sia l'oggetto che l'osservatore. In ogni caso, gli strumenti umani di intervento sulla natura sono oggi talmente potenti ed hanno ripercussioni così vaste, che una tale prospettiva è divenuta ormai anche obbligatoria, anche se i limiti umani rendono inevitabilmente imperfetta questa operazione.

Il disincanto ci aveva gettati in una condizione di disorientamento che era anche instabile e pericolosa dal momento che predisponeva alla ricerca di una nuova subordinazione. L'acquisizione di una conoscenza orizzontale, ed in particolare il punto di vista comparativo, ci dispone in una condizione di libertà intellettuale altrimenti difficile da ottenere e da mantenere. Questo è un importante passo in avanti nella nostra metamorfosi intellettuale.

Dal nostro passato storico, possiamo raccogliere un importante elemento, il Pantheon. Esso ha rappresentato un luminoso esempio di pluralismo religioso e di pensiero della Roma antica. Da tempio universale, oggi il Pantheon può assumere un ruolo più ampio di biblioteca e di mitologia universale, nei cui scaffali poniamo tutte le ideologie, religioni e filosofie una accanto all'altra. Il Pantheon ci può aiutare a superare le culture verticali, esclusive ed intolleranti che hanno condizionato gli uomini per almeno venti secoli. Il superamento di queste culture non viene compiuto con la loro negazione, ma al contrario con l'acquisizione di ogni loro contributo positivo. Il pluralismo non deve esistere soltanto a livello sociale, dove ciascun individuo potrebbe essere portatore di una cultura chiusa, ma deve esistere anche e soprattutto a livello individuale, in cui ciascuno deve conoscere una pluralità di manifestazioni di ogni cosa e una pluralità di punti di vista.

Questa collezione è importante, perchè sta alla base della nostra posizione comparativa, ma sarebbe sbagliato pensare che tutto si esaurisca in una contemplazione relativistica di tutte le tradizioni. Ho già detto che la posizione comparativa è da intendere come premessa per scegliere. Con il Pantheon ci ricolleghiamo alle antiche tradizioni ed affermiamo la laicità delle nostre istituzioni. Nell'ambito di tutte le tradizioni ed in particolare nelle nostre radici antiche, cerchiamo gli elementi per l'invenzione del futuro. Nel nostro cammino verso il futuro, dobbiamo compiere delle scelte, quindi la nostra posizione è valutativa. Una posizione nella quale lo Stato sia l'organizzatore ed il guardiano della convivenza civile, ma nella quale ciascuno di noi, forte della posizione comparativa, possa compiere le proprie scelte.

Secondo questa analisi, è dunque necessario fare riferimento a sistemi di conoscenza pubblici e aperti come la scienza, la filosofia e la letteratura. Anche nella religione si può assumere una posizione aperta. Dal momento che come abbiamo visto la scienza non è competente nel definire i fini dell'uomo, nè il giudizio morale e quello artistico, per affrontare questi problemi possiamo fare riferimento alla filosofia. Questa disciplina non si limita allo studio della natura, ma attraverso la ragione, si occupa anche dei problemi morali, del valore delle cose per l'uomo, dei fini dell'esistenza, del modo migliore di vivere e degli stessi sistemi religiosi. All'interno della filosofia, è possibile trovare la raccolta dei più importanti punti di vista formulati dall'uomo ed è dunque possibile assumere un punto di vista comparativo che ci permetta di evitare ogni subordinazione e di riconoscere l'autonomia della scienza e degli altri saperi. Mentre ideologie e religioni tendono a produrre forme di pensiero totalitarie, la scienza, la filosofia e la letteratura insieme possono dar vita a forme di pensiero libere ed aperte. Ecco come è possibile far convivere sistemi di pensiero diversi, evitando che uno prevalga sull'altro e riesca ad ottenere il controllo del nostro animo che è e deve rimanere libero.


RESPONSABILITA' MORALE
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Eravamo abituati a compiere le nostre scelte sulla base di valori e di principi "superiori". Le nostre scelte discendevano razionalmente da presupposti ideologici, quindi non eravamo noi a compiere realmente queste scelte, in realtà le fuggivamo comodamente. Ora, in mancanza di tali riferimenti, le scelte tornano ad essere affare nostro. Torniamo ad esserne responsabili e non c'è scampo.


RAGIONE PRATICA
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Si definisce ragione teoretica quella che si occupa dell'indagine conoscitiva della realtà. Con ragione pratica ci si riferisce invece alle nostre attività concrete, per esempio stabilire cosa fare e come farlo, quindi ci si riferisce ai fini, ai  programmi ed ai metodi per realizzarli. A tale proposito abbiamo già parlato dei vantaggi che la posizione comparativa ci offre nel compiere tali scelte.

Una volta cadute le finalità e i ruoli superiori, i problemi programmatici sono fra i primi a riproporsi. Si tratta di riorientarci, di darci nuove prospettive. Questo spiega il rinnovato interesse per la filosofia dopo la caduta delle ideologie. Infatti questo genere di problemi può essere affrontato con il contributo della filosofia, ma anche della letteratura, dell'esempio delle persone che ci circondano e della religione. Il tutto, come si è detto, nell'ambito di una prospettiva comparativa.

Il problema delle scelte consiste principalmente in un concretissimo definire la nostra libertà, dandole dei contenuti. Altrimenti essa rimarrebbe uno spazio potenziale dalle dimensioni sconfinate. Cosa sono questi contenuti? Sono dei programmi, delle attività per vivere in un modo più compiuto, per esprimerci meglio, per realizzarci meglio, per divertirci o al contrario per aiutare il prossimo (vedi il capitolo sulle Attività Libere). Tutto questo deve passare attraverso il nostro personale giudizio, il nostro modo di essere. Per questo è necessario conoscerci meglio.

Per coloro che possiedono predisposizioni evidenti questo problema non si pone. Per esempio, per un piccolo Mozart non sarebbe difficile scoprire che cosa gli piacerebbe fare nella vita dal momento che si orienterebbe in modo spontaneo verso la musica e in essa troverebbe la propria realizzazione. Per chi invece non possiede vocazioni così evidenti, l'individuazione delle proprie predisposizioni risulta meno semplice, ma presenta quasi sempre delle soluzioni perchè la larga maggioranza delle persone possiede qualche bernoccolo che le caratterizza e il mondo stesso offre una quantità di stimoli di grande interesse.

Dietro alla posizione comparativa potrebbe esserci il pericolo di finire in un atteggiamento da spettatore, oppure in un nichilismo dovuto alla trasformazione della critica delle ideologie in atteggiamento sistematico, in una metafisica. Si finirebbe in questo modo per credere che non esista nessuna verità di nessun tipo. Mi vengono in mente quegli asceti che vivevano appollaiati sulla cima di alte colonne di marmo. Bisogna evitare di cadere in questa trappola che è l'esatto opposto della Ragione Oggettiva, ed altrettanto autoritaria. La posizione comparativa non è da intendersi come fine a se stessa, ma come una premessa per compiere le nostre scelte, per poter giudicare meglio le diverse alternative, per comprendere meglio i limiti e il valore delle nostre scelte, per poterle intendere sempre come ipotesi.

Nella realtà quotidiana siamo spesso anche costretti a scegliere fra alternative diverse, mentre preferiremmo non farlo, oppure dobbiamo giudicare affermazioni ed eventi e pure questa è una scelta. Anche il non scegliere è un modo di scegliere, perchè a scegliere sarà la realtà al posto nostro. A volte, neppure volendo ci si può sottrarre a questo difficile compito. L'aver abbandonato i riferimenti autoritari, non significa che non si sia più in grado di scegliere o di giudicare, significa che adesso tocca a noi farlo, con la nostra coscienza e non più con il comodo e deresponsabilizzante ricorso a principi superiori. I nuovi riferimenti saranno il nostro modo di essere, esperienza, valori, buon senso, e riflessioni che terranno conto anche del pensiero umano precedente.

Quindi i sistemi di conoscenze non vengono abbandonati, ma cambia il modo con il quale li impieghiamo. Mentre prima ciascuno di essi assumeva una posizione isolata e di contrapposizione verso tutti gli altri, ora li confrontiamo e scegliamo quelli, o quelle loro parti, che ci sembrano più ragionevoli. Prima ogni sistema-isola era in guerra contro tutti gli altri e insegnava ai propri abitanti ad odiare gli stranieri, ora che siamo diventati geografi, tracciamo la mappa delle isole e navighiamo sui mari che le separano. Le reti che gettiamo ci riportano pesci strani e meravigliosi e non odiamo più nessuno.

Alla base di questo atteggiamento di scelta di ciò che nei vari sistemi ci è più congeniale e dei principi che ci sembrano più adatti al nostro modo di essere c'è la convinzione che non esistano verità assolute nella conoscenza o principi immutabili e validi per tutti in campo morale, ma che al contrario ci sia un generale pluralismo dei giudizi che si fonda su una irriducibile diversità degli esseri umani. Torna attuale l'affermazione di Protagora secondo cui l'uomo è la misura delle cose. Chiaramente anche questa forma di relativismo deve essere considerata con cautela, evitando di portarla alle estreme conseguenze. Essa deve essere una posizione di principio perchè nella pratica per ciascuno di noi alcune cose valgono più di altre. Non solo, ma alcuni valori o metodi sono proprio da combattere. Inoltre, le nostre scelte devono avvenire all'interno di ciò che è legale, tenendo conto anche dei costumi e del sentire generale della società, evitando comunque di danneggiare il prossimo, animali e l'ambiente.


RAZIONALISMO CRITICO
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Secondo il pragmatismo, la validità di una teoria viene giudicata in base alle sue conseguenze pratiche. La gestione della posizione comparativa da un punto di vista pragmatico, obbliga all'esame delle conseguenze di un'idea o proposta d'azione. A proposito di questo si veda il concetto di "razionalismo critico" di K.R. Popper (7, cap 24).

La perdita, ormai irreparabile, della Ragione Oggettiva che fondava le morali certe dalle quali si potevano derivare tutte le scelte, insieme con la libertà e l'autonomia di giudizio, ci riporta una scomoda responsabilità. Le nostre scelte, proposte e programmi devono essere sottoposte ad un esame critico. Lo studio della filosofia è molto utile in questo perchè fornisce numerosi strumenti per affinare le capacità di giudizio.

Il razionalismo critico di K. Popper nasce dalla confluenza dell'epistemologia e del pragmatismo sul pensiero etico. Questo pensatore deriva dal metodo scientifico la necessità di sottoporre alla prova sperimentale anche le teorie morali. Questo non solo per evitare inconcludenti discussioni, quanto anche per tenere conto del fatto che molto spesso l'applicazione alla realtà delle teorie ottiene un effetto diverso o perfino contrario a quello desiderato. La maniera per applicare il metodo sperimentale alle teorie morali è suggerita dal pragmatismo.

Questo termine non deve essere confuso con l'amoralità e neppure con un rude atteggiamento di praticoni senza scrupoli. Al contrario, consiste in un importante metodo per la verifica della bontà delle teorie. Secondo il pragmatismo, infatti, la validità di un'idea non deve essere giudicata tanto sul piano teoretico, quanto piuttosto in base alle sue conseguenze pratiche. Buona non è l'idea bella ed elegante, ma quella che dà i migliori risultati. Alla fine, il pragmatismo risulta assai più morale di tanti moralismi astratti. Popper applica dunque questo atteggiamento non solo alle teorie scientifiche, ma anche a quelle morali. Mentre per il cristianesimo l'intenzione è sufficiente, con il pragmatismo nasce l'etica delle conseguenze.

La moralità o amoralità di un individuo è poi una sua scelta personale che non ha niente a che vedere con i metodi che impiega per valutare le proprie teorie morali. Una persona morale e pragmatica non si accontenta di un buon principio come fa una persona morale e basta (chiudendo poi gli occhi sugli eventuali effetti negativi), ma si preoccupa anche e soprattutto del buon risultato, e questo, oltre ad essere più impegnativo, è assai più utile.

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In base a questo atteggiamento, anche le ideologie devono essere sottoposte all'esame critico. Esiste un metodo abbastanza efficace per valutarle preventivamente. Si tratta di storicizzarle, riportandole nelle condizioni storiche nelle quali hanno operato, o in quelle più vicine. Per esempio, il marxismo sembrava la soluzione di tanti problemi fondamentali e prometteva la giustizia sociale, ma una volta messo in pratica in numerosi paesi non ha risolto quei problemi nè ha mantenuto la promessa della giustizia sociale perchè si è formata una classe di privilegiati, la Nomenclatura. Questa storicizzazione consente di superare tante inutili diatribe per valutare invece le conseguenze reali della loro applicazione. In tale modo ci si può interrogare sulle disfunzioni e cercare di correggerle. Un simile esame è sicuramente più produttivo di quello compiuto da chi invece, nutrendo verso di esse aspettative esagerate, finisce per vederne solo gli aspetti positivi. Come mai tante utopie di destra o di sinistra, una volta scese nella storia, hanno avuto bisogno di costringere tanta gente fra i reticolati? Come mai certe religioni hanno avuto bisogno di combattere gli eretici e gli infedeli? Un maggiore pragmatismo permetterebbe di migliorare grandemente la capacità di progettazione da parte dei movimenti politici, evitando tante dolorose esperienze sociali. Imparare a distinguere fra teorie e promesse dai fatti, è quanto mai importante perchè i movimenti politici raggiungano la maturità.


AUTENTICITA'
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Nei capitoli precedenti, abbiamo visto come proprio la cultura sia spesso occasione di falsa conoscenza e di deviazione del nostro agire rispetto agli obiettivi naturali o almeno scelti liberamente. Abbiamo visto come sia possibile liberarci da questo asservimento, come si possa acquisire un modo non condizionante di gestire le conoscenze, quali metodi si possano adottare per valutare le idee, sia da un punto di vista razionale che morale. Ora è necessario esaminare ciò che sta alla base del nostro agire, vale a dire le motivazioni. Mentre nelle prospettive ideologiche e religiose la felicità era contenuta nell'utopia, noi cercheremo di avvicinarci alla felicità attraverso l'espressione della nostra natura e di ciò che siamo anche in base alla nostra educazione, cercando di contribuire al bene pubblico, comunque senza nuocere ad altri. L'attenzione alle motivazioni non significa abbracciare una prospettiva edonistica, perchè fra i nostri valori c'è anche il piacere di aiutare il prossimo e partecipare al bene comune. Dal punto di vista politico è però importante rivalutare le istanze particolari a fronte di quelle collettive, tipiche delle società autoritarie. Una prospettiva più collegata al nostro modo di essere ci permette anche di interpretare la realtà in un modo più proprio.

E' chiaro che la realizzazione di noi stessi non può essere altro che il risultato dell'incontro fra le nostre modalità di essere e la realtà nella quale viviamo. Perchè questa espressione sia possibile, è dunque necessario conoscere come siamo fatti e quali siano le opportunità offerte dal mondo. 

Uno dei passi necessari per ottenere quelle nuove forme di pensiero di cui ho parlato consiste nel cercare di conoscerci meglio. Infatti, per poter compiere delle scelte e per saper fornire dei contenuti alla nostra ritrovata libertà, è necessario conoscere meglio da cosa siamo attratti, quali sono le nostre motivazioni, qual è il nostro modo di essere. Nel prossimo capitolo, andremo alla ricerca di ciò che siamo. Daremo un'occhiata alle componenti comuni che condividiamo con il resto della specie e vedremo alcuni metodi da seguire per scoprire le componenti particolari che invece ci caratterizzano come individui.

Autenticità è cercare le strade che ci riportano a casa. Autenticità significa scoprire finalmente chi siamo, che cosa ci circonda e stabilire un rapporto consapevole e libero con il nostro ambiente sociale e naturale.

Il rapporto fra bisogni e loro soddisfazione è stato terribilmente complicato, per cui ora crediamo di agire per uno scopo, mentre in realtà facciamo tutta un'altra cosa. Il senso reale, storico, oggettivo, delle nostre azioni ci sfugge. Lo stato di natura è quello di equilibrio fra le nostre componenti e la loro espressione. Autenticità vuol dire ritrovare la nostra dimensione, un modo più naturale e semplice di vivere, ma poi non solo questo perchè siamo anche persone moderne e complesse. Va bene anche questa complessità, purché non serva solo per ingannarci. Va bene anche la ricchezza di opportunità offerta dalle società moderne, ma devono essere disinnescati tanti meccanismi perversi, tante trappole che servono solo a farci girare a vuoto. Possiamo anche partecipare coscientemente al sistema, ma è proprio indispensabile regalargli l'anima? Insomma, bisogna che riprendiamo controllo della nostra vita. Questo non vuole dire che torneremo a fare i primitivi o a coltivare la terra, ma che intendiamo vivere la nostra esistenza, anche urbana e industriale, con chiarezza di rapporti e spazi per la nostra libertà. Mano a mano che il nostro vivere sociale progredirà, raggiungeremo gradi di integrazione sempre più alti. E' possibile che questi siano chiari o deve essere tutto nascosto? Conferire alla società forme meno autoritarie è necessario per recuperare il rapporto naturale con noi stessi, per evitare di dovere vivere tutta la vita con tensioni e senza riuscire a capire niente di tutto quello che ci circola intorno, in una costante schizofrenia fra il nostro animo e il mondo esterno. Anche una società formalmente democratica può sviluppare forme autoritarie e forme nascoste di asservimento. Spesso la sensazione è quella di muoverci perennemente dentro ad un labirinto, senza mai riuscire a trovare l'uscita. 


CONOSCI TE STESSO!
INTRODUZIONE
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L'esortazione: Conosci te stesso! è vecchia di oltre 2400 anni. Essa risale a Socrate e fu ripresa da Platone. Ma se ci pensiamo bene, questi antichi filosofi invitavano la gente a percorrere una strada molto difficile se non impossibile per quei tempi. Infatti, i greci antichi mancavano di fondamentali conoscenze come quelle dell'evoluzione della nostra specie, dell'antropologia, della psicologia, della biologia, etc. Senza queste conoscenze, ben difficilmente si sarebbe potuto capire a cosa si riferisse esattamente quell'esortazione e come si potesse metterla in pratica. Inoltre, la loro impostazione era abbastanza razionalistica. Platone ebbe comunque il merito di riconoscere l'esistenza di una pluralità di componenti della nostra anima e di sostenere la necessità di ottenere un'armonia delle parti, nella quale nessuna doveva diventare egemone sul tutto. Nel medioevo cristiano, anche l'esortazione ad una migliore conoscenza di sè venne usata come mezzo per giungere a Dio. In questo modo, se ne capovolse il senso. Per Cartesio, essa conduceva alla coscienza di sé e ai processi razionali che si svolgono nella nostra mente. Per Hegel, questo motto portava alla conoscenza dello Spirito (quello con la S maiuscola, ovviamente). Ogni periodo, ogni pensatore ha dunque inteso questa esortazione a modo proprio, molto spesso allontanando l'individuo da una autentica conoscenza di sé. Infatti, coloro che vengono indotti alla trascendenza, vengono allontanati dalla conoscenza del mondo e di se stessi. Solo oggi, sulla scorta delle conoscenze conquistate e armati di un atteggiamento più concreto, possiamo dare delle risposte più soddisfacenti al tentativo di conoscere che cosa siamo e come siamo fatti.

La nostra civiltà ha rivolto la propria attenzione principalmente verso la natura esterna e ha trascurato il cosiddetto "irrazionale": quello che abbiamo nel nostro animo, che pure è di grande importanza per la nostra esistenza. Il termine "irrazionale" non rende l'idea di quello che comprende e rischia di essere sottovalutato. Invece dobbiamo considerarlo come qualcosa di grandioso, qualcosa capace di rispecchiare l'intero universo, pure se in modalità diverse a seconda del nostro modo di essere. Il problema è che, mentre conosciamo la composizione chimica di milioni di sostanze, mentre sappiamo descrivere matematicamente numerosi eventi fisici, sappiamo invece troppo poco di noi stessi. Questo capitolo cerca di indicare alcune vie per rintracciare le nostre modalità di essere e per iniziare una esplorazione di noi stessi. Conosci te stesso, come premessa per trovare finalmente un modo di vivere in migliore accordo con il nostro animo.


CHI E CHE COSA SIAMO?
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Alla domanda: "Chi sei?", in genere rispondiamo con il nome e cognome. Se insistono, aggiungiamo la città e l'indirizzo. Se non si accontentano, ecco il titolo di studio ed il mestiere. Andare oltre ci è difficile, ma anche il nostro interlocutore a questo punto si ritiene soddisfatto. Eppure chiunque altro potrebbe avere il nostro nome, abitare nella nostra via o fare il nostro mestiere. Quindi, che cosa c'entrano questi dati con quello che siamo veramente? Questi dati descrivono quello che siamo socialmente, quello che ci hanno fatto diventare, ma non dicono nulla sui nostri desideri, su ciò che ci piace o meno, sulle nostre predisposizioni, quindi su quello che siamo veramente. Allora come possiamo fare per saperlo?

Le nostre modalità di essere fondamentali, quelle che condividiamo con tutti gli altri esseri umani, sono prima di tutto il frutto dello sviluppo filogenetico della nostra specie. Questo è vero tanto sul piano fisico che su quello psicologico, degli istinti, propensioni, sensibilità. Allora diamo un'occhiata al passato. Già che ci siamo, perché dovremmo accontentarci di risalire il tempo solo per alcuni milioni di anni, quando con lo stesso biglietto possiamo andare fino all'inizio stesso del tempo?

I materiali del nostro corpo
Subito dopo il Big Bang, il materiale presente nello spazio era quasi esclusivamente composto da idrogeno (74%) ed elio (26%). Questi sono gli elementi più semplici, essendo il loro nucleo costituito soltanto da uno e due protoni rispettivamente. Da dove provengono allora tutti gli altri elementi che costituiscono il nostro pianeta e che compongono il nostro corpo? La condensazione delle nubi primordiali di idrogeno ed elio ha fatto nascere miliardi di stelle. Al loro interno, per fusione nucleare, si formano gli elementi di peso atomico basso. Le stelle di massa assai superiore a quella del Sole, hanno una breve ma intensa vita al termine della quale esplodono liberando fantastiche quantità di energia e di materiali. A queste stelle è stato dato il nome di supernove. Nel breve tempo dell'esplosione di una supernova, si producono i rimanenti elementi del sistema periodico, inoltre i materiali della parte esterna della supernova vengono proiettati nello spazio e lo arricchiscono di tutti gli elementi chimici.

Alcuni miliardi di anni fa, vicino ad una nube di idrogeno ed elio dalla quale sarebbe nato il sistema solare, esplose una supernova. Una parte delle polveri provenienti da questa stella, viaggiando nello spazio, incontrarono la nube di gas interstellare, si mescolarono ad essa e la compressero. In questo modo, iniziò un processo di condensazione gravitazionale della nube intorno ad un nucleo centrale, il protosole, e ad alcuni nuclei periferici, i protopianeti. Dopo alcune decine di milioni di anni, la densità e la temperatura del protosole raggiunsero valori tali da innescare la reazione di fusione nucleare che vediamo ancora oggi. Però, in quel primo momento, la reazione fu talmente violenta che spazzò via tutti i gas residui dal sistema solare. I pianeti "terrestri", quindi: Mercurio, Venere, Terra e Marte, rimasero privi di atmosfera. In seguito, la Terra formò per degasamento un'altra atmosfera, aiutata in questo dall'attività vulcanica. Mentre l'atmosfera primordiale era composta da idrogeno ed elio, quella successiva era composta principalmente da azoto, ossidi di azoto, anidride carbonica, monossido di carbonio, metano e vapor acqueo. Non era presente ossigeno.

All'infuori dell'idrogeno e dell'elio, i materiali di cui sono composti i pianeti terrestri derivano quindi da quell'antica supernova. Se non ci fosse stata l'esplosione della supernova, i pianeti terrestri non avrebbero avuto quel importante nucleo roccioso, ma sarebbero stati essenzialmente composti da gas e la vita non sarebbe potuta comparire. Il nostro stesso corpo è dunque formato quasi interamente dalla polvere di quell'antica stella.

L'origine della vita cellulare, basata su composti di carbonio
Quando, circa 4,6 miliardi di anni fa, il Sole accendendosi spazzò via dal sistema solare il residuo di polveri e gas, sulla Terra stava terminando il processo di caduta dei meteoriti. Ogni volta che cadeva un meteorite di grosse dimensioni, l'acqua degli oceani si riscaldava fino a bollire. Quindi, sembra che la vita sia nata più volte sul nostro pianeta. La caduta di meteoriti terminò sostanzialmente circa 3,8 miliardi di anni fa, benchè continuassero a caderne sporadicamente anche successivamente.

Secondo alcuni scienziati, sembrerebbe che i nostri più antichi progenitori fossero dei batteri termofili, organismi capaci di vivere anche a temperature superiori ai 100°C. Se questo fosse vero, la vita potrebbe avere cominciato a organizzarsi fin da quando l'acqua riuscì a rimanere permanentemente sulla superficie terrestre, senza più evaporare per il calore delle rocce sottostanti.

Sembra che le scariche elettriche dell'atmosfera primitiva, abbiano favorito il prodursi nell'acqua dei mari primordiali di numerosi composti organici precursori della vita, quali amminoacidi, basi azotate, zuccheri, fosfolipidi, etc. In breve tempo, da queste molecole organiche si originarono cellule estremamente primitive, ma capaci di riprodursi. Purtroppo, i primi organismi viventi non hanno lasciato traccia della loro esistenza e non è possibile stabilire quando la vita apparve sulla Terra. Le più antiche testimonianze di vita che sono state trovate, risalgono a 3,8 miliardi di anni fa. Si tratta di stromatoliti, depositi calcarei marini dovuti ad organismi fotosintetici.

La ricerca e la produzione di cibo
Prima di arrivare alle alghe e ai vegetali, organismi capaci di produrre da sè il nutrimento di cui hanno bisogno, le cellule primordiali si nutrivano di amminoacidi e di altre sostanze assorbite dall'acqua dell'oceano. Tuttavia, aumentando il numero di organismi presenti nelle acque, queste molecole divennero sempre più rare. Alcune cellule cominciarono a nutrirsi di altre cellule, ma anche questo metodo aveva dei limiti. La comparsa, in alcuni batteri primitivi, della funzione clorofilliana risolse il problema del nutrimento. Infatti, la clorofilla utilizza acqua, anidride carbonica e un raggio di luce per produrre zuccheri. La cellula è poi in grado di trasformare gli zuccheri in altre sostanze, come grassi e proteine. Accanto alle alghe azzurre, batteri capaci di procurarsi il nutrimento per mezzo della fotosintesi, si svilupparono altri microrganismi che si cibavano di loro. Da allora, la spinta verso la ricerca del cibo e il desiderio di mangiare non si sono più perduti, ma sono passati da una specie all'altra in forme spesso diverse.

L'antico progenitore eucariotico
Dagli archeobatteri (di cui fanno parte anche i batteri termofili), si passò ai batteri, la cui cellula è definita procariotica. I procarioti primitivi non erano molto efficaci nel digerire il cibo, quindi avveniva spesso che le loro prede rimanessero a lungo vive. In questo modo, tra alcuni procarioti primitivi ed alcuni batteri ingeriti si stabilì un rapporto di simbiosi che li arricchì di nuove importanti capacità. Per esempio, i mitocondri, organelli che producono energia nella cellula, sono dotati di una propria membrana e di un proprio DNA, separato da quello dalla cellula che lo ospita. I biologi sostengono che essi derivino da batteri molto efficienti nel produrre energia, fagocitati dalla cellula primitiva, ma che anzichè essere digeriti stabilirono un rapporto di simbiosi con l'ospite. Altrettanto vale per i cloroplasti, che deriverebbero da antichi batteri fotosintetici.

Con alcune acquisizioni di questo tipo ed altri perfezionamenti,  si formò la cellula eucariotica le cui varie parti sono racchiuse da membrane: una cellula moderna e complessa di cui sono formati i protisti, lieviti, funghi, piante ed animali, uomo compreso. Poichè gli esseri pluricellulari sono comparsi circa 800 milioni di anni fa, per tre lunghi miliardi di anni la cellula si è evoluta e perfezionata. In quel periodo, il nostro tris-tris-nonno era dunque un protista flagellato fotosintetico e per vederlo, ci voleva un microscopio.

L'organizzazione pluricellulare
Cosa ci resta di questo lungo periodo in cui eravamo unicellulari? Ci resta la struttura del DNA, il suo codice, i meccanismi di produzione proteica, di duplicazione cellulare, in pratica tutti i fondamentali meccanismi cellulari che condividiamo con tutti gli animali, piante e perfino con i lieviti ed i funghi. Quello che è stato aggiunto in seguito sono le informazioni genetiche necessarie per fare vivere le cellule in forme associate, cioè per trasformare questi esseri da unicellulari a pluricellulari. Circa 800 milioni di anni fa è cominciata l'evoluzione degli strumenti cellulari necessari a fare vivere queste cellule in "società" complesse come sono gli organismi vegetali e soprattutto animali.

Un'altra traccia del lungo periodo in cui siamo stati protisti, è il sapore delle lacrime. Esse hanno la stessa concentrazione salina dell'oceano di circa 600 milioni di anni fa. Infatti, nelle cellule primitive, per evitare problemi di osmosi, la concentrazione salina interna, era pari a quella esterna. Le cellule degli animali e quelle del nostro corpo, che derivano da quei lontani progenitori unicellulari, hanno ancora questa antica concentrazione salina.

L'origine della sessualità
La sessualità, che conosciamo bene per essere una delle forze più profonde che influenza il nostro comportamento, fu inventata dai batteri miliardi di anni fa. Essa consisteva in congiunzioni cellulari durante le quali veniva scambiato una parte del genoma. Questo permetteva una più rapida diffusione delle acquisizioni positive dell'evoluzione. Nonostante noi siamo cambiati molto rispetto a quei lontani progenitori, le nostre congiunzioni consistono ancora in uno scambio di materiale genetico.

L'avvento della respirazione
L'atmosfera primitiva era priva di ossigeno, tuttavia, oltre 3,8 miliardi di anni fa era iniziato il processo di fotosintesi clorofilliana, il quale come scarto produce ossigeno (CO2 + H20 ---> CH2O + O2). L'ossigeno liberato nell'atmosfera veniva catturato dalle rocce per numerosi processi ossidativi. Ciò nonostante, la quantità di ossigeno prodotto dalle alghe primitive continuava a crescere fino a superare la quantità di quello sottratto dalle ossidazioni. Circa 1,2 miliardi di anni fa, nell'atmosfera c'era abbastanza ossigeno per produrre grandi quantità di ossidi di ferro che si depositarono in formazioni chiamate: red beds, letti rossi. Circa 800 milioni di anni fa, l'ossigeno atmosferico raggiunse il tenore di circa 1%, abbastanza per diffondere all'interno di primitivi organismi pluricellulari, piccoli e sprovvisti di un sistema di trasporto di ossigeno come il sangue. Fino ad allora, l'ossigeno era un prodotto tossico per le cellule primitive. Poi, esse impararono ad utilizzarlo nel loro metabolismo per trasformare zuccheri e grassi in energia. Per gli organismi animali di maggiori dimensioni, l'introduzione di ossigeno nell'organismo avviene con la respirazione e la circolazione sanguigna si incarica di diffonderlo a tutti i tessuti.

La colonizzazione delle terre emerse
L'ossigeno atmosferico è stato importante anche per la formazione dell'ozono, che fa da schermo alla radiazione ultravioletta del Sole. Quando l'ossigeno raggiunse il tenore del 2 %, la quantità di ultravioletti che raggiungevano il suolo divenne abbastanza bassa da permettere agli organismi di vivere sulle terre emerse. I primi organismi ad uscire dall'acqua e a colonizzare le terre furono delle piante, circa 420 milioni di anni fa. Successivamente fu la volta degli artropodi (insetti, aracnidi, crostacei). Per via del contributo delle piante terrestri, la produzione di ossigeno aumentò ulteriormente. Nel carbonifero, circa 300 milioni di anni fa, il tenore di ossigeno nell'atmosfera raggiunse il suo massimo valore, pari al 35%. In seguito calò, ed oggi ne abbiamo circa il 21%.

Il ciclo del carbonio
L'alto valore di ossigeno del carbonifero fu dovuto alla grande quantità di foreste allora presenti, favorita da un elevato tenore di anidride carbonica disponibile nell'atmosfera. In seguito l'anidride carbonica, essenziale per la fotosintesi clorofilliana, calò progressivamente. Infatti essa veniva assorbita dagli oceani dove formava composti calcarei che si depositarono sul fondo. Un'altra parte di anidride carbonica sottratta all'atmosfera è quella che è entrata nella composizione di piante ed animali e che ha in seguito formato depositi di carbone e di petrolio.

In seguito a questi processi sottrattivi, l'anidride carbonica stava rapidamente esaurendosi. Venendo a mancare la riserva di carbonio, essenziale alla biosfera, con essa si sarebbe estinta la vita sulla Terra. Per fortuna, i depositi fossili di carbonio e le rocce carbonatiche sono stati trasportati sotto la crosta terrestre dai moti convettivi del mantello sottostante. Nel mantello, a causa delle elevate temperature, molti composti vengono dissociati e grandi quantità di anidride carbonica vengono restituite all'atmosfera dai vulcani. Questo ciclo ha permesso di mantenere nell'atmosfera un tenore minimo vitale di anidride carbonica dello 0,24%, mentre al di sotto dello 0,18% la fotosintesi clorofilliana non riuscirebbe più a funzionare!

L'origine dei vertebrati
Come abbiamo visto, appena il tenore di ossigeno atmosferico lo permise, dagli esseri unicellulari derivarono forme pluricellulari sempre più complesse. Uno di questi animaletti, aveva la forma di un vermetto. La sua caratteristica principale era quella di aver sviluppato una lamina elastica, di cartilagine, lungo il proprio corpo. Questo gli permise di nuotare più rapidamente. In circa 200 milioni di anni, da questo animaletto, si originarono i pesci, dai pesci gli anfibi, dagli anfibi i rettili. I pesci deponevano le uova in acqua. Anche gli anfibi deponevano le uova in acqua, ma vivevano sulla terra. I vertebrati terrestri, quindi anche noi, hanno ereditato dagli anfibi la struttura a capo, tronco, coda, quattro arti con le estremità a 5 dita, infine la respirazione polmonare.

I vertebrati alla conquista delle terre emerse
Inventando l'uovo, che racchiude acqua e nutrimento per l'embrione, i rettili si emanciparono dall'ambiente acquatico e divennero animali interamente terrestri. Dai rettili derivarono i dinosauri ed i mammiferi primordiali, alcuni dei quali erano provvisti di una alta cresta membranosa sul dorso. I mammiferi placentati, sono più recenti. In ogni caso, mentre i rettili riproducono l'ambiente marino nell'uovo, i mammiferi lo riproducono nel corpo della madre, prova evidente di come le nostre origini marine continuano ad essere presenti in noi. Tutti gli animali terrestri, vivendo in un ambiente asciutto, hanno bisogno di bere per riequilibrare il necessario tenore d'acqua dei propri tessuti.

Il senso dell'olfatto
Sembra che i mammiferi primitivi nostri progenitori fossero dei roditori o degli insettivori. Erano ancora animali il cui senso più sviluppato era l'olfatto. Negli animali, questo senso è direttamente collegato con le aree della memoria ed anche a noi un odore è in grado di evocare ricordi e lo fa direttamente, senza passare per le aree del linguaggio.

Vita arboricola, la vista stereoscopica, la visione dei colori
Decine di milioni di anni fa, da questi insettivori si svilupparono animali simili ai lemuri che divennero arboricoli. Con il loro adattamento alla vita arboricola, queste proscimmie cominciarono a sviluppare maggiormente il senso della vista, una più acuta visione stereoscopica per individuare meglio la distanza dei rami, una buona discriminazione dei colori necessaria a distinguere i frutti maturi in mezzo alle foglie. Si ridusse però la capacità olfattiva.

Dai quadrupedi ai quadrumani
All'inizio, le proscimmie erano quadrupedi. Camminavano sugli alberi come camminavano per terra: si arrampicavano sul tronco con le unghie e poi si tenevano in equilibrio camminando sopra i rami. Con il passare del tempo, le zampe di quadrupede (animale che cammina sulla punta delle dita), si trasformarono in arti prensili con cui l'animale si afferrava ai rami. Le scimmie che vivono sugli alberi sono generalmente quadrumani. Cioè possiedono mani alle estremità delle quattro zampe. Le mani non sono altro che strumenti di presa sviluppati per afferrarsi ai rami e per questo motivo hanno il pollice opponibile alle altre dita.

Dai quadrumani ai bipedi
Dalle scimmie, che in modo simile ai lemuri camminano sui rami ed hanno la coda, derivarono le scimmie antropomorfe, che sono prive di coda e si muovono penzolando dai rami. La stazione appesa determinò nelle scimmie antropomorfe una sistemazione ed un sostegno dei visceri differenti da quelli dei quadrupedi. Anche il senso dell'equilibrio si modificò. Quando nel miocene, a partire da circa 20 milioni di anni fa, le foreste africane si diradarono, in vaste aree popolazioni di primati furono sospinte a terra. Fra queste, alcune scimmie antropomorfe, cercando mantenere la stazione verticale alla quale erano abituate, si alzarono sulle zampe posteriori.

Quello che determinò la stazione eretta fu probabilmente il senso dell'equilibrio acquisito durante la vita arboricola e non tanto la necessità di scorgere i predatori, come è stato detto. In ogni caso, i predatori presenti sul suolo determinarono un rapido perfezionamento della bipedia. Questo richiese un adattamento dello scheletro ed un rafforzamento dei muscoli dei glutei. Se non ci fosse stata la pressione dei predatori, verosimilmente i nostri progenitori sarebbero tornati alla quadrupedia. Questa forte pressione fece rapidamente perfezionare la stazione eretta ai nostri antenati australopitechi, tanto che già circa 5 milioni di anni fa il loro corpo era praticamente identico a quello attuale degli uomini. Quello che rimaneva ancora primitiva era la testa.

I nostri arti sono dunque quelli di un quadrumane che si è riabituato a camminare sul terreno, ma questa volta da bipede. Di conseguenza, le mani degli arti inferiori si sono trasformati nuovamente in piedi. Se però confrontate la zampa umana con quella di un quadrupede, vedete che il tallone del quadrupede è a mezza altezza, mentre quello umano tocca terra. La trasformazione da quadrupedi a quadrumani e poi a bipedi ci ha fatto perdere la spinta della schiena e l'uso degli arti anteriori durante la corsa. Il galoppo, proprio dei quadrupedi, ci è diventato impossibile e corriamo usando le sole gambe. Anche i nostri piedi corti ci penalizzano nella corsa. Di conseguenza siamo molto meno veloci nella corsa dei quadrupedi, in compenso gli arti anteriori hanno trovato nuove ed importanti funzioni.

La mano
Le scimmie antropomorfe non utilizzavano le mani solo per attaccarsi ai rami, ma anche per manipolare oggetti. Negli australopitechi prima e soprattutto negli ominidi poi, la mano diventò uno strumento di grande importanza nella fabbricazione di strumenti, nel trasporto e nella preparazione di alimenti. Sembra che gli australopitechi usassero sassi e bastoni così com'erano, senza particolari lavorazioni, mentre gli ominidi avviarono la scheggiatura di sassi e di altri materiali per ottenere strumenti sempre più perfezionati. Di quei tempi remoti, conserviamo una spiccata propensione per le attività manuali.

Lo sviluppo del cervello
La nostra dentatura ed il nostro sistema digestivo sono quelli di animali principalmente frugivori, come le scimmie. Mangiando cibi sempre più teneri, perchè selezionati e più recentemente cotti, il muso diventò meno prominente e poi piatto. Probabilmente, l'alleggerimento della presa dei muscoli masticatori può avere liberato lo sviluppo della scatola cranica e quindi del cervello dei nostri progenitori.

La scimmia antropomorfa non ha la feroce dentatura del predatore, non ha la capacità di inseguire prede, si difende dai predatori salendo sugli alberi. Gli australopitechi ereditarono tutte queste debolezze, in più mancavano del rifugio costituito dalla foresta. Essi erano predati da numerosi animali, fra i quali la tigre dai denti di sciabola e i leopardi. Le popolazioni degli australopitechi e dei primi ominidi del genere Homo erano falcidiate dai grossi carnivori e rischiarono l'estinzione. La capacità di difendersi per mezzo di strumenti acquisita progressivamente dall'Homo habilis ha probabilmente salvato la specie, minacciata com'era dal grave handicap nella corsa che non permetteva una rapida fuga davanti ai predatori. La quantità di resti ominidi nei pasti dei predatori diminuì fino a scomparire quasi. Durante questo lungo periodo, come anche nei successivi, nella nostra specie si costituirono importanti strutture fisiche e forme comportamentali.

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