Che cosa è la
mafia di G.Mosca
Mafia: cinese, americana, nera, turca,
giapponese, libanese, russa
e soprattutto Cosa Nostra.
Non spaghetti, pizza, radio, ma mafia è il vero contributo
lessicale dellItalia del XX secolo alla ridefinizione
multimediale della realtà spirituale delluomo del
duemila. Perché luniversale fortuna del vocabolo?
La radice del fenomeno mafioso è nella politica: questa
la perentoria, illuminante risposta, già agli inizi del
XX secolo, nel sintetico, formidabile scritto Che cosa è
la mafia, di Gaetano Mosca, il grande sociologo che, con la
dottrina delle élite, ha fondato la scienza politica
contemporanea.
MILLELIRE STAMPA ALTERNATIVA - Direzione
editoriale Marcello Baraghini
G. Mosca CHE COSA È LA MAFIA - A cura di Piero Flecchia
- Copertina Laura Viale. I
Cittadini possono scaricare l'intero testo originale da fondo
pagina
Il problema della degenerazione criminale
della politica nel modello delle élite di Gaetano Mosca
|
|
In Gaetano Mosca (1858-1941) culmina quel rinascimento siciliano
che, tra il Michele Amari della Storia dei Musulmani in Sicilia e
il Santo Mazzarino del Pensiero storico classico, ha determinato il
corso delle scienze umane nellItalia dellUnità.
Creazione di una ristretta élite, riuscita a sfruttare magistralmente
i contrasti delle grandi potenze, le debolezze degli stati dinastici,
ma soprattutto il collasso dellorganizzazione clericale cattolica
controriformista, lUnità politica della penisola aveva
acceso speranze immense tra i ceti poveri; alle quali il ceto rivoluzionario
risorgimentale non poteva dare risposta che su tempi tragicamente
lunghi. Ergo, necessità di un governo forte, contro la ripresa
delle forze sconfitte: come trovare la stretta via duscita tra
brigantaggio, reazioni clericali, miseria popolare che imbarcava emigranti
a bastimenti?
Nasce da qui, suo patrimonio spirituale per tutto il paese, la riflessione
della destra liberale postrisorgimentale sui costi della politica,1
nella quale si inscrive quella di Gaetano Mosca, che si impone nel
panorama scientifico nazionale con lo scritto Sulla teorica dei governi
e sul governo parlamentare, del 1884; dove fissa le linee generali
di un pensiero che si articolerà ed evolverà, ma sempre
coerente alle sue premesse iniziali, attraverso gli Elementi di scienza
politica (1986, poi ampliati nelledizione del 1923) e la Storia
delle dottrine politiche (1937).
Libri di capitale valore scientifico, eppure oggi (1994) singolarmente
marginali nel dibattito culturale. E proprio mentre nel paese si fa
gran discorrere di valori della politica liberale, della quale il
Mosca resta in Italia il maggior teorico; nella sua riflessione, per
unanime riconoscimento internazionale, si trova il luogo di fondazione
della scienza politica contemporanea.2 E cè tutta la
forza speculativa del grande studioso politico nellesposizione
che il Mosca fece, cento anni or sono, per il pubblico di una conferenza,
del prepotere mafioso; due gli elementi strutturali della sua riflessione
sui quali ci sembra valga la pena di riflettere:
a) utilizzando quali materiali raggiunse una così esemplare
e universale comprensione del fenomeno mafioso;
b) come egli connetta la sua riflessione sulla mafia alla sua dottrina
politica delle élite.
Il Mosca utilizza i materiali raccolti in trentanni dallamministrazione
dello stato: relazioni di prefetti, questori, commissioni parlamentari.
Questa analisi critica della macchina statale sul fenomeno mafia descrive
una burocrazia attenta e tutto sommato efficiente, eppure sistematicamente
inadeguata a risolvere il problema, che pure ha esattamente individuato;
ma perché la soluzione del problema mafia è politica-sociale
e non burocratica-amministrativa. Conclusione del Mosca ieri, conclusione
attuale oggi, che trascina seco una considerazione: se il problema
mafia è un problema politico, e se il ceto politico unitario
liberaldemocratico seppe così positivamente vederne i termini
reali, perché poi non seppe dargli soluzione? Non solo. Mentre
le acquisizioni scientifiche sulla mafia della cultura dellUnità
agli inizi del secolo saranno poi perdute la mafia conoscerà
cicliche rinascite fino a diventare un contributo lessicale
italiano al gergo mediale internazionale, tanto che oggi si parla
di mafia USA, russa, turca, cinese, nera, portoricana, sudamericana
Che cosa rende universale il fenomeno mafioso? La risposta del Mosca
è perentoria: il fenomeno mafioso è fenomeno politico;
ma perché la sua illuminante analisi non solo è rimasta
inascoltata, ma è stata addirittura rimossa dalla cultura egemone?
Già con il fascismo il Mosca è un esule in patria, per
il suo pensiero fondato sul nesso tra salute nazionale e libertà
politiche, senza godere pienamente delle quali, stando alla sua dottrina,
non è possibile un vigoroso sviluppo della vita civile di una
nazione. Questa posizione intellettuale fece del Mosca un antifascista
obbligato, ma il suo pensiero, lui intanto morto, non sarà
ripreso dalla cultura della Prima Repubblica, ridotto a elemento episodico
di ricerca erudita accademica, essendo inaccettabile tanto allidealismo
crociano che al cattomarxismo già il suo metodo scientifico:
«
conversando con ogni sorta di persone, uomini della
cosiddetta buona società, impiegati, maestri, ufficiali, deputati,
operai, contadini, viaggiando, divertendomi, facendo i miei affari,
sempre ho avuto costantemente di mira un punto. In ogni persona che
ho ascoltato, ho sempre esaminato quale importanza, quale parte avesse
nella vita pubblica; ogni opinione che ho inteso sopra argomenti politici,
fosse quella di un calzolaio come quella di un ministro, ho con pari
cura ascoltato e notato. Tutte le opinioni, tutti i fatti sociali
raccolti ho cercato di coordinare scientificamente, di sintetizzare
ricavandone delle figure generali; e finalmente, quando meno me laspettavo,
ci sono riuscito. Il mio sistema era creato» (La Teorica,
op. cit., p. XXI).
Il positivismo del Mosca risale agli anni di formazione, in una Sicilia
la cui cultura partecipava a pieno titolo al circuito del liberismo
internazionale: la dottrina della classe dirigente dellUnità,
per trarre il paese verso quella modernizzazione borghese europea
alla quale resistono, oggi come allora, vasti ceti del paese, intorno
al cattolicesimo, portatore di
una diversa visione dei destini delluomo e quindi del ruolo
della politica. Una strategia antiliberista, portata avanti dal cristianesimo
cattolico attraverso una politica del doppio binario. In parte accettando
aperture e compromessi: come con il liberalcattolicesimo manzoniano
o la democrazia liberalcristiana dei popolari di don Sturzo, ma a
un tempo imponendo pesanti arresti regressivi e cercando accordi con
tutte quelle forze più dichiaratamente antiborghesi e antiliberali
che si sono di volta in volta affacciate alla vita nazionale: dal
socialismo al fascismo, nel disegno di tenace difesa di un primato
anche mondano della Chiesa; lo stato ridotto a braccio secolare. LAntirisorgimento
è la grande linea di resistenza dellItalia della Controriforma,
il nucleo forte che blocca il processo di modernizzazione del paese
in nome di valori altri, con i quali si scontra e confronta lItalia
dellUnità. E in modo decisivo il pensiero del Mosca,
che dellItalia liberalrisorgimentale è forse la più
complessa e coerente articolazione, portatore di una acquisizione
scientifica universale di portata decisiva per la sopravvivenza della
stessa dottrina liberale classica; e quindi la cui affermazione si
pone come escludente e alternativa al pensiero cristiano sociale.
Il Mosca ha dimostrato che la realtà politica di tutte le società
storiche si articola su duelivelli:
a) una élite dirigente, la minoranza dei governanti;
b) una maggioranza di governati, rispetto ai quali la élite
dirigente politica tende a chiudersi a
oligarchia.
In questo è il contributo originale del Mosca alla ridefinizione
della scienza politica. Egli disloca il fatto politico sotto il permanente
rischio di degenerazione tirannica: ogni classe politica tende a chiudersi
a oligarchia avida e rapinatrice, minoranza organizzata, che persegue
suoi interessi separati, il cui pieno successo soffoca la vita civile,
la irretisce nel settarismo consortile, del quale corruzione e raccomandazioni
sono marcatori. Ma se il Mosca scorge per primo, e con particolare
penetrazione scientifica analizza, non è però il solo
che individua la tendenza alla degenerazione oligarchica di ogni classe
politica. Tanto la teoria della rivoluzione permanente di Trotskij
che il guardiarossismo di Mao altro non sono che abbozzi di strategie
per sottrarre il socialismo a locali situazioni di stallo oligarchico.
Per combattere questa degenerazione il Mosca non vede che una soluzione:
la lotta al potere deve essere progettata dentro il potere stesso.
Elezioni libere e divisione dei poteri sono parte di questa lotta
della società per autocontrollarsi: non cadere preda della
sua classe politica. Qui è il contributo originale del liberalismo
alla civiltà umana e del Mosca entro il liberalismo, alla comprensione
del fenomeno politico: il potere si combatte attraverso il potere,
sia con la separazione liberista classica dei tre poteri, sia ricorrendo
al meccanismo elettorale, sia non sacralizzando mai costituzioni e
istituzioni. Una libertà costruita che ha il suo presidio in
una decisiva separazione: tra politica ed economia. Ma separazione
possibile solo dopo consumata la separazione intorno alla quale si
giocano il senso e i destini di ogni rivoluzione liberale: la laicizzazione
dello stato, attraverso la separazione tra religione e politica, ma
che la logica vaticana non ha mai accettato. Ergo, la cultura cattolica
nazionale italiana non può riconoscere quella necessità
di separazione tra politica ed economia che mette in gioco anche tutti
i princìpi organizzativi: la ragion stessa di esistere delle
dottrine socialiste.
I limiti del socialismo più che dal Mosca saranno individuati
dal Pareto,3 che dal Mosca deriverà la dottrina delle élite,
ma portandola a una maggiore generalizzazione, per la mediazione del
fattore economia. Del Pareto è lenunciazione del teorema
fondamentale per la fondazione della scienza economica: leconomia
resta una, sia in regime di piano (economia socialista) che di mercato
(economia liberista). Non solo: la riflessione del Pareto unificherà
capitalismo degli oligopoli e socialismo, vedendo nel primo un socialismo
in mano a una oligarchia plutocratica e nel secondo un capitalismo
di stato.
Più articolato e flessibile, alla borsa della cultura il pensiero
di Vilfredo Pareto ha cannibalizzato quello del Mosca, sia tra i fautori
della ripresa del liberalismo che tra i suoi antagonisti. La dottrina
delle élite politiche nella versione paretiana ha finito col
diventare tutta la dottrina delle élite; la sociologia del
Pareto, tutta la sociologia del liberalismo, soprattutto in funzione
antisocialista, anche perché la riflessione del Mosca, colpendo
nel profondo limmaginario delluomo politico come salvator
mundi, esige un ripensamento ab imis della realtà politica.
La teoria del Mosca accusa per legittima suspicione il politico: proprio
come individua il senso comune, è in permanenza da sospettare
in lui, nel suo desiderio egotico di dominio, una permanente fonte
di corruzione. Mettere in ombra il pensiero politico di Mosca è
allontanare questo sospetto? Spostare laccento tonico dal Mosca
al Pareto è passare da una semplicità radiografante
a una complessità oscurante?
In ogni caso, con Gaetano Mosca la scienza acquisisce che il crimine
è in apparizione nella politica, in quanto nella classe politica
è in apparizione una tendenza degenerativa cancerogena: loligarchizzazione.
Possiamo quindi leggere nella grande crisi della Prima Repubblica
la riconferma di questa legge di Mosca, il cui corollario recita:
la politica si combatte con la politica.4 Il vero senso della politica
diventa così un processo ininterrotto di lotta antioligarchica,
da realizzare attraverso le leggi, i tribunali, le elezioni, nella
coscienza che nessuna riforma sarà mai definitiva. Ma a questo
punto viene a cadere la grande idea cristiana neobiblica di una legge
trascendentale universale capace di ordinare tutte le società;
come viene a cadere il grande progetto utopico socialista di definitiva
riforma della società.
Molto di più: ogni élite che si ipostatizzi universale,
come appunto si illusero i gruppi di intellettuali marxistizzati,
o continuano a illudersi le gerarchie clericali, diventa una minaccia
per tutta la comunità.
Ma se la politica, quando degenera, tende a comportamenti criminali,
lesplosione della criminalità mafiosa diventa, nel quadro
della dottrina delle élite del Mosca, la miglior cartina di
tornasole per misurare le tendenze degenerative in atto nel ceto politico
italiano. E infatti la correlazione sta esemplarmente davanti ai nostri
occhi di cittadini dellinverno della Prima
Repubblica, ma che non constatiamo un fatto per nulla nuovo. Con la
caduta di Craxi e lemarginazione di una parte della classe politico-affaristica
della Prima Repubblica ritorna lo stesso scenario di dopo la caduta
del Crispi. Come allora si disvela un reticolo di corruzioni, con
al centro la rete delle relazioni bancarie, diventate portato di potere
politico economico: prestiti agevolati alle grandi imprese e sostegno
alle campagne elettorali dei deputati di regime. In questo clima ritroviamo
massiccia la presenza della mafia, ma è il minor pericolo.
Il vero pericolo per il paese è che la classe politica reciti,
come nel dopo Crispi, una autoepurazione opportunistica, dove allora
furono poste le basi del fascismo, il grande scacco alla destra storica
dellUnità. Oggi di nuovo, senza la grande mediazione
dello scandalo bancario, la mafia non sarebbe mai assurta alla tragica
onnipotenza che le ha permesso, sotto la Prima Repubblica, di dominare
tutto il sud e vaste zone del nord, di impiantarsi nelleconomia
del paese, di diventare fenomeno di costume. Una mafia che ha risalito
i vertici dello stato, ha determinato sentenze di tribunali, ha controllato
banche e banchieri: emblematici i casi Calvi e Sindona.
Rileggere Che cosa è la mafia è fare i conti con tutto
questo: constatare che Tangentopoli ha un cuore antico; che se la
storia non si ripete, i problemi sociali non risolti ritornano, segnando
di degenerazione e perversione i costumi del paese, per il quale il
problema capitale resta quello posto allordine del giorno dalla
rivoluzione risorgimentale unitaria: la separazione tra politica e
religione, ovvero la nascita di una coscienza laica, senza la quale
non è possibile realizzare la seconda separazione, non meno
necessaria per una società industriale: la separazione rigorosa
tra politica ed economia; mancata la quale il paese sarà condotto,
magari in difesa dei nobili ideali dello stato sociale, alla più
radicale irreversibile
terzomondizzazione. Una terzomondizzazione sùbito con i tratti
dellAntirisorgimento popolare vittorioso. Vittoria di popolo
che ben presto si muterà nel suo opposto: vittoria sul popolo
di una nuova oligarchia clericale capitalista, irresistibilmente portata
alla degenerazione criminale, in un paese che si proclamerà
allora vincitore della mafia, ma perché la mafia non sarà
più esterna e isolabile rispetto al potere: sarà il
potere. In questo quadro la verità portata dal pensiero
di Mosca diverrà la menzogna da combattere, limpostura
da battere con la nobile censura di spiriti guida superiori per gli
interessi universali popolari, va da sé. Piero
Flecchia
1. M. Minghetti, I partiti politici e la loro ingerenza
nella giustizia e nellamministrazione, Bologna, Zanichelli,
1881.
2. G. Mosca, Il tramonto dello stato liberale (a cura di A. Lombardo),
Catania, Bonanno, 1971; Scritti politici (a cura di G. Sola), 2 vol.,Torino,
UTET, 1982; sul pensiero del Mosca, E. Albertoni, Gaetano Mosca: Storia
di una dottrina politica, Milano, Giuffré, 1978.
3. V. Pareto, I sistemi socialisti, Torino, UTET, 1974; G. Busino,
Guida a Pareto, BUR L 26.
4. Sul punto mi permetto di rimandare a P. Flecchia, Italia
Quale rivoluzione? (Nel codice della politica),
Firenze, Shakespeare & Co., 1994.
|