Il regime senza memoria - 1 (Mircea Meti)

Mass media, politici, opinionisti, conduttori di talk shows, di fronte ai fatti tragici della cronaca hanno l'atteggiamento stupefatto e indignato di chi sembra venire sorpreso. In genere, lo stupore e l'indignazione rigurdano fatti causati dagli "altri", cioè dai nemici del momento. Tutti diventano psicologi, economisti, politologi ma dimenticano totalmente la storia. Tutti sembrano nati ieri. Sembra che non fossero vivi dieci, venti, trenta anni fa e che non abbiano mai letto un libro o visto un film. Sembra che siano del tutto all'oscuro di quello che noi (l'Occidente) abbiamo fatto nel corso della storia. Cercano di vendere al "popolo bue" una visione perbenista per la quale i nemici scandalizzano l'anima immacolata della nostra civiltà.
Ecco allora qualche memorandum, che dovrebbe farci capire che l'orrore, i genocidi, gli stupri di massa, i crimini di guerra, i massacri di civili, le distruzioni di opere d'arte, non sono un'invenzione contemporanea e non sono (purtroppo) un'invenzione di criminali in abiti simil-ninja.

1. Combattenti stranieri: dov'è la novità?
2. Distruzione delle opere d'arte: dov'è la novità?
3. Donne rapite e violentate dai soldati: dov'è la novità?
4. Uccisione di civili: dov'è la novità?
5. Mutilazioni genitale femminili: dov'è la novità ?
6. Armi chimiche: dov'è la novità ? prossimamente

1. Combattenti stranieri: dov'è la novità?

Si fa un gran parlare dei "combattenti stranieri" che militano nell'ISIS, combattono in Siria contro Assad o in Ucraina per l'una o l'altra parte. I media mostrano stupore e indignazione, come se il fenomeno fosse una novità. Nella sua storia, più di sessantamila italiani hanno combattuto nella Legione straniera francese. E migliaia hanno combattuto nelle Brigate Internazionali durante la guerra civile spagnola. Migliaia sono anche i mercenari che, come lavoro, combattono per un Paese che non è il loro. Ci sono anche i mercenari che combattono al soldo del loro Paese, per mero danaro: i "contractors" statunitensi.

Possiamo discutere sul fatto che alcune scelte siano accettabili ed altre molto meno. Che certi "foreign fighters" combattano per cause che condividiamo ed altri no. Naturalmente i primi li arrestiamo, gli altri no. Ma resta il fattore comune che lega tutti coloro che dedicato la vita alla guerra, per il proprio o per altri Paesi, senza essere obbligati da coscrizioni forzate.

La povertà e la mancanza di prospettive di lavoro è stata per decenni la prima motivazione della scelta militare. Alcuni sceglievano la carriera ecclesiastica, altri quella del "guerriero". Accanto a questa motivazione c'era quella dell'avventura, del mito eroico, del machismo.

Non a caso i bambini maschi hanno sempre giocato coi "soldatini" e non con le miniature di medici, filosofi o scienziati. D'altronde, la storia spacciata agli alunni fin dalle elementari, non è la storia della scienza, della tecnologia o del costume alimentare, ma la storia dei re, dei generali, delle battaglie. Fucili e pistole giocattolo sono regali di Natale molto più frequenti dei libri e del "piccolo chimico". La maggioranza dei video games alla moda propone scenari bellici cruenti: sviluppati dall'esercito americano come strumenti di addestramento.

In ogni epoca non sono mai mancati giovani senza futuro, disadattati ed esaltati da qualche "eroe guerriero", o da qualche ideale romantico e ineluttabile. Oggi, queste figure sono diffuse a dismisura a causa dell'evidente stato di liquefazione della società, della progressiva insignificanza degli individui, e della totale sottrazione del futuro.
Come a dismisura è diffuso il senso di morte. E' ormai pratica abituale fra gli adolescenti e i giovani l' iper-consumo di alcool e droghe, la ricerca ossessiva di attività estreme e pericolose, il culto dilagante per le modificazioni corporee. E' in continuo aumento il tasso di adolescenti che si suicidano. Tutti sintomi di un disperato disprezzo per il corpo e per la vita.
Come a dismisura è diffuso il senso di apocalisse planetaria, alimentato dai disastri ambientali, dalla proliferazioni di epidemie e malattie simili alla peste, dalla moltiplicazione di guerre e stragi ad ogni latitudine.

Ci sono sempre stati e sempre ci saranno giovani che preferiscono la morte alla vita, il mito dell'eroe guerriero e l'ideologia del martirio. Giovani che scelgono l'avventura e il rischio, anche della vita, al posto di una conformistica e quieta esistenza che si consuma nel quotidiano. Per giovani menti confuse e incapaci di vivere speranze e progetti, diventa una soluzione combattere e fare un'esperienza bellica, non importa dove e per chi. Imparare a morire è più facile che imparare a vivere.