La folla come sciame fusionale (Ektor Georgiakis, 2010)
Già da Gustave le Bon, in Psicologia delle folle (1895), sappiamo che la folla è un mostro. La folla è uno sciame fusionale in cui l'individuo annulla ogni freno e perde ogni responsabilità. Le individualità si fondono in una massa indistinta governata dagli istinti allo stato brado. La folla può impunemente uccidere, devastare, incendiare come un qualsiasi evento naturale. La folla può produrre linciaggi. La folla non ragiona, agisce. Non c'è dittatura che non sia nutrita dai bagni di folla. Hitler, Mussolini, Stalin e Castro erano adorati dalle "folle oceaniche". Lo stato regressivo offerto dalla folla è l'ideale per l'identificazione collettiva in un soggetto dotato di doti carismatiche. Gli esempi di distruttività della folla sono continui e noti a tutti, dallo stadio Haysel alla recente Love Parade di Duisburg. Nella folla l'Io si annulla e l'Es si scatena. L'Io è insieme insignificante e potente in quanto può sfogare le pulsioni impunemente. La folla fagogita la sovranità degli individui che la compongono, diventando la sovrana totalitaria.

D. Riesman scrisse con altri nel 1950 "La folla solitaria" indicando come la società moderna sia costruita da individui etero-diretti piuttosto che auto-diretti. Contrariamente al dichiarato per cui la democrazia garantirebbe l'autonomia, la visione di Riesman sembra confermare l'ipotesi di Alexis de Toqueville, per cui la democrazia, attraverso la delega e la sottomissione del potere dei corpi sociali intermedi, avrebbe potuto diventare "totalitaria".

Possiamo dunque fare un'associazione fra società e folla. Nella società democratica prevale il piccolo gruppo, in quella totalitaria prevale la massa, la folla, il grande gruppo. La prima è caratterizzata dalla sovranità e dalla responsabilità dell'individuo; la seconda si caratterizza per il depotenziamento e l'irresponsabilità individuale. Nella prima il potere è concreto e diffuso; nella seconda è astratto e concentrato.

L'attuale predilezione dell'Occidente per le manifestazioni di massa è una delle prove più evidenti dello scivolamento della società verso una diffusa ideologia totalitaria. Eventi sportivi e musicali, adunate politiche e sindacali, addirittura processi penali e funerali hanno progressivamente preferito la forma "di massa" a quella del piccolo gruppo. La famosa iconografia del "bagno di folla" un tempo riservata ai dittatori, oggi è pane quotidiano di Papi, Presidenti della Repubblica, capi di Stati democratici. Questa predilezione per la folla appartiene allo stesso ordine dell'uso di droghe e dell'abuso di alcol, dello stordimento sonoro e dei passatempi da "vertigine" dei luna parks. Il fattore comune è l'estasi, intesa come l'esperienza dello "star fuori di sè" e dell'uscir di senno, cioè della dis-individuazione, della fusione nell'indistinto, e della liberazione dalla responsabilità.

La storia dei valori e la iattura della quantità (Adamus)

In tutti i regimi totalitari il valore della quantità prevale sugli altri. La forza del fascismo, del nazismo e del comunismo risiedeva nel consenso entusiastico delle masse.

L'argomento odierno più diffuso ed accettato è quello per cui ogni cosa fatta da tanti è buona. Un programma televisivo basato sullo sfruttamento minorile o sul pettegolezzo da ballatoio è buono perchè visto da molti. Il calcio è buono perchè entusiasma larghe masse di tifosi. Un partito che vince le elezioni ha sempre ragione. Una manifestazione canora è fantastica perchè seguita da milioni di persone. La grandezza di una leadership è acclarata da bagni di folla e raduni oceanici. Dal momento che la Sindone e Medjogurie sono visitati da milioni di persone il loro valore diventa indiscutibile. La quantità come valore principe è il sovvertimento dell'assiologia, cioè dell'insieme dei valori che per secoli ha ispirato l'umanità nel giudicare i fatti della vita.

L'etica e l'estetica, hanno tradizionalmente regolato le scelte e i giudizi. Valutare secondo l'etica significa mettere il "bene" in cima alla scala dei valori. Il concetto di "bene" si identifica con quello di "azione buona", come nell'espressione "fare del bene", equivalente a "compiere buone azioni", cioè azioni che rispondano a regole morali. Mettere l'estetica in cima alla scala dei valori significa usare la bellezza come pietra di paragone del giudizio. La bellezza comporta una certa armonia che suscita nell'osservatore un senso di attrazione, affezione, piacere, benessere. L'antico pensiero greco affidava alla bontà ed alla bellezza il ruolo di valori principali.

Nel Medioevo e più ancora nel Rinascimento si è aggiunta la logica ai valori fondamentali. La logica è lo studio del ragionamento e dell'argomentazione, rivolto a chiarire quali procedimenti di pensiero siano validi e quali non validi. Il mondo e gli avvenimenti venivano affrontati con la chiave della razionalità logica, invece che con la fede o le emozioni.

Nel Settecento si è imposto il valore dell'utilità. L'utilitarismo riceve una formulazione compiuta nel XVIII secolo ad opera di Jeremy Bentham, il quale definì l'utilità come ciò che produce vantaggio e che rende minimo il dolore e massimo il piacere. Egli fa dell'etica una scienza quantificabile introducendo il concetto di algebra morale. Da qui nasce la legittimità del criterio della quantità. Che ha consentito la naturale evoluzione dell'utilitarismo verso l'economicismo (è buono ciò che produce più vantaggi concreti) ed il funzionalismo (è buono ciò che funziona meglio).

In epoca moderna tutti questi valori hanno mostrato il loro lato debole: la soggettività. Bene, bello, logico, utile, economico e funzionale sono valori che non riescono a sottrarsi alla soggettività della interpretazione. La soggettività è il nemico mortale del totalitarismo e della massificazione, quindi i regimi moderni hanno preferito combattere la soggettività, con un nuovo valore: la quantità. La quale a volte si presenta direttamente come valore assoluto, a volte si manifesta sotto le spoglie della legalità, che non è altro che la forma cristallizzata della quantità. Ciò che è fatto, pensato, detto o legiferato da moltitudini è buono, bello, logico, utile, economico e funzionale.

La contraddizione di questa concezione del mondo è che regimi che si dichiarano democratici, civili, legalitari, benevoli e moderni, fondano i propri valori sullo stesso concetto di quantità che ha giusitificato i peggiori totalitarismi della storia. Lo stesso criterio della quantità che può giustificare ogni cosa: dalla droga (consumata da moltissimi) alla violenza praticata da un numero di individui più alto dei tifosi del calcio. Lo stesso criterio di quantità che spinge i giovani a seguire il branco, secondo lo slogan:"se lo fanno tutti" significa che è OK !

Quando radio e tv erano chiamate "libere"(Wildwest)

Le reti Mediaset sono un patetico specchio del peggio della società italiana. Le tv e le radio locali sono il carnevale della cialtroneria. Però nessuno può dimenticare che quando sono nate queste tv e radio non di Stato, erano chiamate "libere" anche da molta parte della sinistra.

Erano chiamate libere perchè creavano un mercato dove prima c'era solo il monopolio soffocante ed umiliante della RAI, che fino alla fine degli anni Settanta era stata l'amplificatore del regime e il monumento della raccomandazione e dello spreco. Da allora la RAI non ha cambiato nulla di ciò che la rendeva deprecabile, semmai è peggiorata: aumentando le spese e le raccomandazioni, peggiorando il suo servilismo al regime dominante, e invadendo (nonostante il canone) il mercato pubblicitario.

Non è chiaro cosa ha cambiato l'opinione pubblica dominante, forse solo la distribuzione di qualche poltrona con relativa ricca prebenda ai critici militanti. Ma è un fatto che dalla metà degli anni Ottanta la RAI è diventata il baluardo della democrazia, un bene pubblico da difendere, un costo sociale irrinunciabile e da finanziare a piè di lista.

E' vero che le tv e le radio ex-libere, hanno presto mostrato di essere più al servizio degli investitori che della libertà. Ma il fatto strano è che ciò avviene anche per la stampa e nessuno ha mai proposto di creare giornali e riviste di Stato, per la difesa della libertà.

La libertà di stampa viene difesa, a detta della corporazione dei giornalisti, col finanziamento da parte dello Stato di decine di testate, rigorosamente private, a suon di milioni di euro. Se si facesse un ragionamento per analogia, la RAI dovrebbe essere venduta ai privati, e questi dovrebbero ricevere un adeguato sostegno statale.

Dunque, le radio e tv ex-libere sono al servizio dei loro proprietari. La RAI è al servizio del partiti dominanti. La stampa è al servizio di chi la possiede, ma non disdegna di succhiare miliardi allo Stato, con la benedizione dei partiti. I giornalisti sono al servizio di chiunque li paghi. Tutto ciò non è nuovo, ma la corporazione dell'informazione potrebbe almeno risparmiarci le tirate retoriche sull'autonomia e la deontologia professionale, o sulla libertà e la democrazia del Paese.

L'informazione stampata e televisiva è un business e insieme un sistema di controllo del consenso gestito dal potere dominante. La sola informazione semi-libera oggi è quella su Internet, dove il giornalismo viene dal basso, senza preventive censure. L'informazione di regime accusa quella in rete di imprecisione, mistificazione, mancanza di etica, il che è spesso vero. Purtroppo queste accuse sono le stesse che possono essere dirette agli accusatori, con l'aggravante che gli orrori dell'informazione di regime sono perpetrati a nostre spese, mentre quelli del web sono gratuiti.

La iattura degli ex (Martina Colangeli)

La televisione educativa e pietistica, due termini per indicare il totalitarismo materno in cui siamo affogati, continua ad ammorbarci con parate di ex. Non c'è quasi trasmissione che non ospiti fra lustrini ed applausi l'ex tossico, l'ex anoressica, l'ex prostituta, l'ex alcolista, l'ex bambino soldato, l'ex carcerato. L'ex è ospite e insieme modello, indicato al popolo allo scopo dichiarato di spingere all'ottimismo ed all'impegno per uscire dal "tunnel".

Nessuno sembra rendersi conto che ogni parata di ex è un invito a minimizzare, è un segnale che si può scendere all'inferno ed uscirne, diventando anche un ospite pagato ed applaudito, un esempio di vita. L'ex sembra testimoniare infatti che qualsiasi sciocchezza tu faccia, te la puoi cavare diventando anche un modello da imitare. Se qualcuno si droga per dieci anni poi si pente, sta bene e viene elogiato in televisione, perchè non dovrei drogarmi anch'io? Se una donna fa marchette e film porno, poi si pente e magari scopre Dio (oppure nemmeno si pente) e diventa una presenza quotidiana in tv, con applausi, popolarità, danaro, perchè una ragazza non dovrebbe farsi pagare le prestazioni sessuali? Perchè continuate a dire che l'anoressia e la bulimia sono pericolose, se poi fate sfilare in tv decine di ragazze che se la sono cavata, stanno bene, scrivono libri e fanno tournèe di ospitate su tutte le reti? Anche l'ex carcerato, meglio se per gravi reati, è un bell'esempio: ottiene un lavoro che non viene dato a chi riga dritto, scrive libri e articoli, si laurea a spese dello Stato, riceve proposte di matrimonio, e finisce come ospite in tv.

La iattura dell'ex è una forma mascherata di invito al degrado peggiore della più esplicita forma di esaltazione del non ex. peggiore perchè ricorre al pietismo. La televisione è piena di gente che dichiara di drogarsi, bere, prostituirsi, mentre sorride, balla e sembra stare benissimo. Naturalmente non manca mai il medico o il benpensante di turno che fa da "foglia di fico" dicendo che la droga o l'alcol "bruciano i neuroni cerebrali" o che la prostituzione è una "svalutazione del corpo". Il fatto che queste parole siano contraddette dalle più convincenti immagini di benessere, allegria quando non addirittura carriera che droga, alcol e prostituzione sembrano fornire, non preoccupa nessuno.

Raramente, perchè non è "glamour", vengono presentate le vite spezzate di tossicodipendenti, anoressiche, prostitute, alcolisti, bambini soldato o carcerati che riempiono i cimiteri o gli ospedali di tutto il mondo. Non è bello presentare in tv tombe o lettini di malati terminali: quando l'ha fatto Oliviero Toscani è stato lapidato.