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COSTA UN OCCHIO
Alla
fiera del paese vicino a quello che gentilmente l'ospitava da un po' di
anni, il signor Giovanni andava tutte le settimane tornandosene, ogni volta,
con qualche pezzo strano che aveva pagato un patrimonio. Il signor Giovanni
si divertiva a girare tra le bancarelle, curiosare tra vecchie stoffe,
vecchi mobili, vecchie bambole con cappelli e pizzi miseramente ingialliti,
ora lì in bella mostra a ricordare che ormai i giochi erano una cosa seria
e i bambini avevano sempre meno da imparare dai grandi. Ecco ritornare alla
mente la cuginetta Mariella, sempre intenta a confezionare abitini alla
sua bambola dai lunghi capelli biondi di sera; ecco la grande casa paterna
ritornare coi suoi odori, la sua luce e le finestre spalancate, d'estate,
come a rubare sempre più cielo e più odori di frutta e fiori a quella campagna
così piena di verde, di spazi e di cinguettii di passeri in volo.
Cambiata la bancarella ecco
cambiare istantaneamente i pensieri, i ricordi ed anche il passo. Il signor
Giovanni procedeva immerso tra le voci, i risolini, i pianti dei bimbi e
le cantilene dei commercianti.
C'era il sole finalmente, quella mattina. La primavera sarebbe arrivata
il giorno dopo e tutto doveva essere pronto. L'erba era già verde, il sole
scioglieva più nuvole del solito e il vento dolce spazzava dal cielo l'ultima
impurità invernale. Qualche lucertola già si svegliava col primo calore
e i gatti tornavano come sempre sui tetti ad inseguirsi e cantare l'amore.
Quella mattina il signor Giovanni
si era svegliato prima del solito e una strana forza lo spingeva fuori dal
letto. La moglie, sempre più mattiniera di lui, era già in cucina a preparare
il caffè recitando a memoria, con un sommesso brusio cantilenante, le lunghe
preghiere del mattino. Tra uno sbadiglio e una ciabatta smarrita il signor
Giovanni si fece avanti in cucina. Subito la moglie cominciò con le sue
lamentale ed i rimproveri di rito: e quel giorno non tornasse dalla fiera
con altre cianfrusaglie, e che non sapeva più dove metterle, e che era una
fatica tenerle pulite, e che la casa ormai era diventata troppo stretta,
e che bisognava disfarsi di qualcosa orma inutile, e che lei era troppo
vecchia e piena di acciacchi e via di seguito.
Il signor Giovanni ascoltava disattento sapendo ormai quale sarebbe stata
la lamentazione successiva.
Dopo l'ultimo sorso di caffè prese cappello e bastone ed uscì per
strada. Arrivò alla fiera che c'era più gente del solito, le strade sembravano
più strette e tutti si affannavano a comprare, contrattare, pagare, impacchettare,
trasportare. Un gran via vai, voci alte e nervose, qualcuno non sapeva aspettare,
qualcun altro spingeva, qualcuno litigava col vicino affermando di essere
arrivato per primo. I commercianti erano già stanchi e ormai svendevano
la merce, tutto andava a ruba, tutto sembrava utile, poter servire in qualunque
momento anzi, non era nemmeno il caso di trattare il prezzo che, comunque,
data la preziosità della merce, sarebbe risultato troppo basso.
Affari d'ora si stavano concludendo quel giorno e il signor Giovanni ancora
non riusciva a capire, ancora non riusciva a vedere di che natura fosse
la merce così ambita. Dopo un attimo di smarrimento si fece forza, dimenticò
di essere una persona gentile e bene educata e cominciò a spingere anche
lui, a farsi avanti e aprirsi un varco fra la folla. Si fermò alla prima
bancarella che pareva offrirgli qualche centimetro visuale, vide disposti
ordinatamente braccia nude di donne abbronzate, visi ovali e tondi di adolescenti,
capelli biondi o neri e ricci di gente mediterranea, gambe lunghe ed esili
o ben tornite, toraci maschi e fianchi larghi, dita inanellate o di mano
gentile e affusolata, occhi verdi e marroni, labbra esili e labbra carnose,
denti d'argento e denti di porcellana, nasi aquilini e nasi a campana,
pelle olivastra e pelle di latte.
Le signore compravano capelli
biondi e labbra a cuore, i signori gambe forti e fronti spaziose. La gente
si voleva rifare per la bella stagione e trovava lì i suoi pezzi di ricambio.
Il signor Giovanni rese felice la moglie quel giorno, tornò a casa con qualcosa
in meno: aveva venduto all'asta le sue orecchie pelose per una cifra veramente
astronomica.
Daniela Liviello