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ANALISI TRANSAZIONALE

L’analisi transazionale è da considerarsi una corrente della psicoanalisi, e come tale è classificata nel recente manuale della Associazione Psichiatrica Americana. È nata negli anni ’50  dall’opera di Eric Berne (1919-1970), psichiatra americano fortemente influenzato dalla sua formazione nella scuola psicoanalitica della psicologia dell’Io, che dalla cibernetica. Dopo una lunga fase di elaborazione teorico-clinica caratterizzata da un approccio prevalentemente cognitivo-comportamentale , l’analisi transazionale è entrata in un periodo di confronto con principi e tecniche provenienti da altre scuole psicoterapeutiche (Gestalt, Bioenergetica, ipnosi, terapia comportamentale). Tale complesso di lavoro di completamento e arricchimento della teoria berniana originaria ha permesso un notevole allargamento della sfera clinica di intervento alle dimensioni emotive e somatiche della persona. È possibile individuare oggi tre filoni terapeutici principali all’interno dell’analisi transazionale. Il primo è rappresentato dall’insieme di quegli autori che si sono dedicati alla cura di disturbi prevalentemente di tipo nevrotico e psicosomatico; in questo ambito ci sembra importante ricordare i notevoli successi ottenuti dall’approccio metodologico dei Gouldings, il cui lavoro è risultato essere il più efficace in un importante studio comparativo svolto da Jalom sull’efficacia di gruppi di psicoterapia condotti dai terapeuti di differenti scuole psicoterapeutiche. Il secondo filone è individuabile nella scuola di Jacqui Lee Schiff, che si dedica all’applicazione dell’analisi transazionale alla cura delle sindromi schizofreniche e delle caratteropatie, con risultati paratici eccezionalmente incoraggianti. Il terzo e più recente filone è quello ad “orientamento psicodinamico”, la cui metodologia clinica è stata sviluppata prevalentemente con le ricerche svolte nel I.A.T. di Roma, e che si indirizza al trattamento dei disturbi maggiori di personalità. Sottolineiamo una serie di concetti fondamentali per inquadrare l’AT nell’odierno mondo delle psicoterapie. Il primo è che se Berne riconosce e sottolinea le basi psicoanalitiche del suo lavoro, d’altro canto valorizza l’aspetto “gruppale” del lavoro svolto dall’analista transazionale. Questo ultimo si avvale di una serie di operazioni metodologiche sintetiche e analitiche proprie dell’AT che danno luogo a un piano terapeutico complesso e articolato. Il secondo concetto è che Berne individua la guarigione del paziente non nel solo rafforzamento della struttura neopsichica (adulto), bensì nel suo superamento attraverso una risoluzione del conflitto intrapsichico (deconfusione). Mentre nell’opera scientifica precedente aveva già ipotizzato nell’analisi regressiva una possibile modalità di superamento della fase di decontaminazione, in “Principle of group treatment” (’66) Berne individua nell’interpretazione l’atto terapeutico fondamentale di analisi e possibile superamento del conflitto. Quest’aspetto sarebbe da solo sufficiente a legittimare l’inserimento teorico-clinico dell’AT nel filone post-freudiano. Se l’analisi regressiva, la cui metodologia non fu mai pienamente sviluppata da Berne, ha tracciato il solco per i vari approcci transazionali (Goulding, Erskine, Mellor, ecc.) che negli anni ’70 sono stati tesi alla deconfusione tramite metodiche regressivo-ridecisionali, il concetto di interpretazione è stato negli ultimi anni pienamente rivalutato dal fiore degli studi di quegli analisti transazionali che partono dalle radici freudiane del pensiero berniano. Questo è verosimilmente il filone più rappresentativo della ricerca transazionale in Italia. Conviene a questo punto rilevare come ciò che Berne ha impostato come metodologia nel 1966 è oggi naturalmente rivisto e aggiornato. Partendo saldamente dalla teoria berniana (stati dell’Io, transazioni, giochi, copione) e dalla sua metodologia (contratto, decontaminazione, operazioni terapeutiche) è oggi individuabile nel lavoro degli analisti transazionali una sequenza coerente di tattiche e strategie. Il piano terapeutico proprio dell’analisi transazionale consta di quattro fasi strategiche (Moisoo e Novellino, 1985): 1) Alleanza, 2) Decontaminazione, 3) Deconfusione, 4) Riapprendimento, che vanno intese non in senso lineare ma spirale: il lavoro in quanto analisi conduce ad un successivo approfondimento di consapevolezza del problema. In letteratura AT si trovano nominalizzazioni diverse delle varie fasi metodologiche che ci sembrano tutte presentare i concetti qui innanzi esposti.
Nel 1977 è stato fondato l’Istituto di Analisi Transazionale di Roma, da cui sono usciti i primi analisti transazionali clinici e didattici, riconosciuti dall’I.T.A.A. e dall’E.A.T.A.
Oggi esistono centri di formazione e terapia a Bari, Bologna, Carrara, Napoli, Milano, Roma, Torino, Palermo, Treviso, mentre aumenta continuamente il numero di operatori sanitari che stanno introducendo la pratica dell’analisi transazionale, oltre che come strumento di intervento psicoterapeutico possa essere usata come un efficace strumento di formazione del personale sanitario, per le possibilità che offre di acquisire coscienza delle dinamiche intrapsichiche e, soprattutto, relazionali all’interno di una istituzione.

MOISO- NOVELLINO