Editoriale
Il costume sta cambiando. Per lo meno latteggiamento
generale nei confronti della psicologia: articoli sui giornali spettacoli
in televisione con psicologi come ospiti o come presenze fisse, dibattiti
per radio su problemi sociali con la presenza di uno psicologo esperto del
settore e così via. Certo non tutto quanto viene proposto è degno
di nota e fortifica limmagine del la psicologia ed il suo ruolo. Però
forse -lo sosteneva Spaltro in occasione della sua prima esperienza televisivaquesto
é lo scotto da pagare per dìffondere questa disciplina.
Nonostante dellAlbo si stia discutendo in Parlamento
da numerosi anni, la psicologia è entrata nella vita quotidiana molto
più recentemente,e ha ancora non poche difficoltà a trovare uno spazio adeguato
alle sue competenze e possibilità.Può essere che in alcune occa sioni i
mass-media evidenzino più laspetto ludico della psicologia e che questo
le tolga status.Ma veicola anche il messaggio che questa disciplina non
trova una sua applicazione solo nelle situazioni patologiche,attraverso
la psicoterapia. Il nuovo look che viene sottolineato è anche
quello di una scienza che si occupa della salute,del divertimento,della
normalità e della qualità della vita.In pratica, i sani anziché dei malati.
Se i mass media evidenziano più marcatamente le tendenze omode
che dir si voglia già presenti nella gente, tutto questo può significare
che lo spazio disponibile per i futuri operatori di questo settore è più
ampio nel settore della salute piuttosto che in quello della patologia.
Probabilmente più nel settore delleducazione,in senso ampio che nel
settore della terapia. Ciò forse ci porterà a concludere più facilmente
il duello con il gruppo dei medici, ma forse aprirà
altri fronti altrettanto pericolosi .Forse anche questi conflitti sono in
realtà il risultato della fragilità degli psicologi e della loro difficoltà
ad entrare in contatto alla pari con altri professionisti in
settori limitrofi. Di certo parla anche-dallaltra parte-di difficoltà
ad accettare le novità e le differenze, percependole come limiti al proprio
potere anziché come arricchimento delle proprie potenzialità.