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        RILASSAMENTO PSICOANALITICO

Il giorno 16 aprile 1988 presso la sede dell’Istituto di Formazione dell’AIPAC G. Groddeck di Genova, il dr. Michel Sapir e la dr.ssa Simone Cohen-Leon dell’Association de Recherche ed d’Etude pour la Formation à al Fonction Soignante (AREFFS), hanno tenuto una breve conferenza introduttiva sul “Rilassamento psicoanalitico”.
Il dr. Sapir ha ricordato che il suo metodo trae origine dal Training Autogeno di Schultz ma che ormai se ne discosta sostanzialmente. Mentre il pur sempre valido metodo di Schultz si caratterizza per le “induzioni prescrittive” e stadi standardizzati a sua volta il Rilassamento psicoanalitico si caratterizza per “induzioni multiple” e percorso fluttuante tipico del filone psicoanalitico. Questa modalità, ha precisato la dr.ssa Cohen, presuppone da parte dello psicoterapeuta analitico una grande consapevolezza del suo controtransfert nel momento dell’induzione ed è per questo che diventa indispensabile una formazione analitica approfondita.
Il metodo Sapiriano è debitore altresì nei confronti di altri metodi diversi da quello “globale” di Schultz quali per es. dell’americano Jacobson per quegli aspetti del “rilassamento progressivo” e dei “movimenti passivi” di Wintrebert. Infatti il rilassamento psicoanalitico utilizza la manipolazione del corpo del soggetto in rilassamento. Ma anche in questo caso se ne discosta decisamente in quanto non si pone l’obiettivo di una verifica oggettiva del tono e delle contrazioni muscolari finalizzate all’apprendimento del rilassamento ottimale bensì si pone l’obiettivo di far “evocare” per il tramite del “tocco” i fantasmi del corpo del soggetto in rilassamento. Lo psicoterapeuta analitico a mediazione corporea e verbale può scegliere di toccare questa o quella parte del corpo arbitrariamente a seconda di quel che il corpo dell’altro in rilassamento gli suscita. E il “paziente” reagisce con trasalimento, sorpresa, turbamento, sensazione di benessere o di malessere a diversi livelli di regressione. È anche la pratica decisamente più trasgressiva rispetto alla neutralità della procedura psicanalitica del trattamento.
I relatori hanno ammesso con assoluta franchezza che trattasi proprio di modalità intenzionalmente “seduttiva” da parte del manipolatore rispetto al manipolato. Tuttavia questa piana consapevolezza permette di gestire proficuamente la relazione che si viene ad instaurare e che è anch’essa tipica del metodo. Per gestire questa particolare relazione transferale il metodo si avvale di un setting speciale.
Sono infatti presenti dei co-terapeuti, un uomo e una donna, che evidentemente rivestono il ruolo delle figure genitoriali materna e paterna. Oltre alle due figure terapeutiche c’è anche una terza figura, quella dell’osservatore. Presenza silenziosa “ombra” polarizzante di specifiche proiezioni dei “pazienti”.
Nel rapporto psicoterapeutico duale è invece previsto un unico psicoterapeuta.
Tanto il dr. Sapir che la dr.ssa Cohen hanno più volte precisato che il metodo non è sostitutivo dell’analisi. Secondo l’opinione dei relatori le due modalità psicoterapeutiche vanno intese come alternative e all’occorrenza complementari. In certi casi il Rilassamento psicoanalitico può essere l’avvio di un trattamento psicanalitico in senso stretto, mentre in altre occasioni può rivelarsi decisivo per sbloccare una analisi cristallizata. Il dr. Sapir ha portato l’esempio di soggetti con difficoltà a verbalizzare in cui il silenzio analitico era diventato troppo oppressivo e “persecutorio” e allora, per il tramite del Rilassamento Psicoanalitico, il corpo “provocato” ha permesso il riemergere del verbo e successivamente la ripresa del percorso analitico.
Alla relazione introduttiva ha fatto seguito un ampio e approfondito dibattito.
Erano presenti: psicomotricisti e psicoterapeuti in formazione ed alcuni professionisti pubblici e privati.
Le domande e gli interventi anche critici sono stati numerosi. I relatori hanno fatto seguito con ulteriori delucidazioni e puntualizzazioni.
Il dibattito ha permesso di chiarire alcune questioni attinenti la formazione al metodo che, collocandosi tra l’acquisizione di una tecnica e l’acquisizione di un ruolo di psicoterapeuta analitico a mediazione corporea e verbale, prevede necessariamente tempi lunghi occorrendo seguire sedute settimanali e quindi l’impossibilità di concentrare l’esperienza in stages estivi.
Per chi volesse saperne di più sul metodo a livello conoscitivo si rimanda alla lettura del libro di Sapir e Cohen edito da Astrolabio. Per quanto riguarda la formazione personale gli Istituti di Formazione dell’AIPAC di Genova, Torino e Padova sono a disposizione.

LUIGI FASCE