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TOSSICODIPENDENZE
Di Lorenzo Rampazzo
LAssessorato ai Servizi Sociali della
Regione Veneto ha organizzato l8 e 9 marzo scorsi a Padova un seminario
di studi su Tossicodipendenze: prevenzione AIDS e trattamento
terapeutico in alternativa al carcere, con la partecipazione di alcuni
operatori socio-sanitari dello stato americano dellIllinois, con il
quale la Regione Veneto ha in corso diversi scambi socio-culturali.
Il dibattito si è focalizzato sulle molteplici implicazioni della stretta
connessione che si è realizzata nel nostro paese tra tossicodipendenze e
AIDS. La diffusione dellinfezione del virus HIV tra i tossicodipendenti
è stata riconosciuta come la maggiore fonte di rischio di diffusione alla
popolazione generale; e questo fatto è tanto più cruciale nel nostro paese
data la prevalente diffusione dellinfezione in questa categoria
a rischio, che ci distingue dagli altri paesi occidentali. La realizzazione
di una efficace campagna di prevenzione è ostacolata dallatteggiamento
negativo che molti tossicodipendenti adottano dopo aver scoperto di essere
sieropositivi. Alliniziale smarrimento provocato dalla notizia della
sieropositività, molti reagiscono con un atteggiamento scherzoso ed ilare
sulla loro sorte, per giungere ad un apparente disinteresse per la loro
condizione, che cela una penosa incertezza esistenziale. Agisce qui il meccanismo
della negoziazione, con il quale tentano di affrontare lansia generata
dallinformazione. Il tossicodipendente è un soggetto particolarmente
incapace di accettare le frustrazioni, che tende a negare la depressione
che ne consegue con il passaggio allatto, ovvero allassunzione
della sostanza attraverso la quale ricerca un controllo magico della realtà.
Di conseguenza, i tossicodipendenti sieropositivi spesso eludono le prescrizioni
mediche, non rispettano gli appuntamenti, tendono ad aumentare luso
della sostanza (o a riprenderlo dopo la scoperta della sieropositività)
e soprattutto sembrano disinteressarsi al rischio di contagio a terzi. Nel
corso del seminario sono state inoltre discusse le procedure da adottarsi
per lattuazione degli interventi terapeutici e riabilitativi da parte
dei servizi sociali e delle comunità terapeutiche in alternativa al carcere,
introdotti dalla legge 663/86 di modifica dellordinamento penitenziario.
E infatti previsto laffidamento in prova ai servizi sociali,
in sostituzione della pena carceraria, dei soggetti tossicodipendenti condannati
per qualsiasi tipo di reato, purché la pena non sia superiore ai 3 anni.
Questa norma introduce una alternativa effettiva alla carcerazione, che
spesso determina una escalation irreversibile nel percorso tossicomanico,
ma rappresenta anche una forma di coercizione psicologica del
tossicodipendente, affinché questi accetti di sottoporsi ad un programma
terapeutico di disintossicazione e riabilitazione. Ciò costituisce un allontanamento
significativo dalla filosofia assistenzialistica, di deresponsabilizzazione
del tossicodipendente, propria della legge 685/75. Tuttavia, ben pochi tossicodipendenti
saranno in grado di usufruire di questo beneficio penitenziario, visto che
solitamente sono condannati a pene carcerarie superiori ai 3 anni per la
molteplicità degli atti di microcriminalità in cui tendono ad essere coinvolti.