indice generale

TOSSICODIPENDENZE
Di Lorenzo Rampazzo

L’Assessorato ai Servizi Sociali della Regione Veneto ha organizzato l’8 e 9 marzo scorsi a Padova un seminario di studi su “Tossicodipendenze: prevenzione AIDS e trattamento  … terapeutico in alternativa al carcere”, con la partecipazione di alcuni operatori socio-sanitari dello stato americano dell’Illinois, con il quale la Regione Veneto ha in corso diversi scambi socio-culturali.
Il dibattito si è focalizzato sulle molteplici implicazioni della stretta connessione che si è realizzata nel nostro paese tra tossicodipendenze e AIDS. La diffusione dell’infezione del virus HIV tra i tossicodipendenti è stata riconosciuta come la maggiore fonte di rischio di diffusione alla popolazione generale; e questo fatto è tanto più cruciale nel nostro paese data la prevalente diffusione dell’infezione in questa “categoria a rischio”, che ci distingue dagli altri paesi occidentali. La realizzazione di una efficace campagna di prevenzione è ostacolata dall’atteggiamento negativo che molti tossicodipendenti adottano dopo aver scoperto di essere sieropositivi. All’iniziale smarrimento provocato dalla notizia della sieropositività, molti reagiscono con un atteggiamento scherzoso ed ilare sulla loro sorte, per giungere ad un apparente disinteresse per la loro condizione, che cela una penosa incertezza esistenziale. Agisce qui il meccanismo della negoziazione, con il quale tentano di affrontare l’ansia generata dall’informazione. Il tossicodipendente è un soggetto particolarmente incapace di accettare le frustrazioni, che tende a negare la depressione che ne consegue con il passaggio all’atto, ovvero all’assunzione della sostanza attraverso la quale ricerca un controllo magico della realtà. Di conseguenza, i tossicodipendenti sieropositivi spesso eludono le prescrizioni mediche, non rispettano gli appuntamenti, tendono ad aumentare l’uso della sostanza (o a riprenderlo dopo la scoperta della sieropositività) e soprattutto sembrano disinteressarsi al rischio di contagio a terzi. Nel corso del seminario sono state inoltre discusse le procedure da adottarsi per l’attuazione degli interventi terapeutici e riabilitativi  da parte dei servizi sociali e delle comunità terapeutiche in alternativa  al carcere, introdotti dalla legge  663/86 di modifica dell’ordinamento penitenziario. E’ infatti previsto l’affidamento in prova ai servizi sociali, in sostituzione della pena carceraria, dei soggetti tossicodipendenti condannati per qualsiasi tipo di reato, purché la pena non sia superiore ai 3 anni. Questa norma introduce una alternativa effettiva alla carcerazione, che spesso determina una escalation irreversibile nel percorso tossicomanico, ma rappresenta anche una forma di “coercizione” psicologica del tossicodipendente, affinché questi accetti di sottoporsi ad un programma terapeutico di disintossicazione e riabilitazione. Ciò costituisce un allontanamento significativo dalla filosofia assistenzialistica, di deresponsabilizzazione del tossicodipendente, propria della legge 685/75. Tuttavia, ben pochi tossicodipendenti saranno in grado di usufruire di questo beneficio penitenziario, visto che solitamente sono condannati a pene carcerarie superiori ai 3 anni  per la molteplicità degli atti di microcriminalità in cui tendono ad essere coinvolti.