Il modello Venezia. La comunicazione nell’era post accademica della scienza
di Pietro Greco

 

A Venezia, tra il 1465 e il 1600, viene stampata la metà dei libri pubblicati in tutta Italia. E la stampa avviene in piena libertà, senza timore di sfidare le ire e persino gli interdetti del Papa di Roma.
A Venezia, il 13 marzo 1610, Galileo Galilei lancia il suo Sidereus Nuncius e pubblica, presso la modesta tipografia di Tommaso Baglioni, con una tiratura di 550 copie, il prototipo “di un genere letterario nuovo che in seguito avrebbe goduto di una fortuna ininterrotta, il rendiconto scientifico con cui si comunicava (trasparente il significato di Nuncius) il riassunto di fenomeni fino allora ignoti, esposti con quella prosa incisiva, agile nel ragionamento ed economica nell’argomentazione, che tanto è piaciuta al Calvino delle Lezioni americane” (Battistini, 1993).
È, infine, a Venezia, con questo annuncio sidereo, che Galileo dà corpo alla sua pericolosa idea e, come rileva Lewis S. Feuer, osa “spostare il foro, per così dire, competente alla discussione (scientifica, nda), dagli intellettuali direttivi clericali al pubblico istruito al di fuori della cerchia clericale il cui senso comune era relativamente incontaminato dalla teologia o da interessi particolari”. Insomma, Galileo porta “il suo caso scientifico in mezzo alla gente, come Lutero aveva fatto con le sue tesi religiose” (Feuer, 1969).
È, dunque, a Venezia che nasce, nella forma e nello spirito, la comunicazione scientifica moderna. Gelosa della propria autonomia. Costituita da rendiconti che riassumono fenomeni fino al momento della pubblicazione ignoti, esposti con prosa incisiva, agile nel ragionamento ed economica nell’argomentazione. E rivolta non a caste intellettuali chiuse, clericali o laiche che siano. E neppure, solamente, a comunità di esperti. Ma, de mocraticamente, a tutti. Ed è quindi a Venezia che vogliamo dedicare non l’introduzione, ma l’interpretazione dei primi due convegni sulla comunicazione della scienza organizzati a Forlì dal Master della Sissa. Un’interpretazione che, naturalmente, non coinvolge in alcun modo gli autori delle relazioni che pubblichiamo qui di seguito. Ma che cerca di comprendere, nel senso di capire e nel senso di tenere insieme, la grande ricchezza e diversità di interessi, studi, idee, stimoli, proposte, iniziative, buone pratiche emerse nei due convegni e che sono un, anzi “il”, carattere distintivo della comunicazione della scienza oggi. La tesi centrale di questa nostra interpretazione è costituita, nella sua essenza, da tre affermazioni che sono, ancora, oggetto di verifica e che, tuttavia, ci sembrano sufficiente-mente corroborate da prove di fatto per poter assurgere alla dimensione di ipotesi scienti-fiche.

1. Siamo entrati in una nuova era dell’organizzazione del lavoro degli uomini di scienza, un’era che è stata definita post-accademica (Ziman, 2002). Questa era è caratterizzata dal fatto che decisioni rilevanti per lo sviluppo della conoscenza scientifica vengono prese sempre più dalla comunità scientifica (o dalle comunità scientifiche) in compartecipazione con una serie variegata e variabile di altri gruppi sociali.
2. Questa nuova era del modo di lavorare degli scienziati comporta una redefinizione del ruolo che la comunicazione della scienza ai pubblici di non esperti (d’ora in poi la chiameremo per semplicità comunicazione pubblica della scienza) ha per lo sviluppo della scienza stessa, oltre che per la crescita culturale e civile della società nel suo complesso. L’ipotesi, dunque, è che la comunicazione pubblica della scienza assume un ruolo rilevante per lo sviluppo della scienza stessa (Greco, 1999).
3. Il sistema di comunicazione pubblica della scienza è un sistema, dinamico, formato da mille diversi canali significativi (o, se si vuole, flussi rilevanti) di comunicazione bidirezionale tra una costellazione di gruppi sociali diversi chiamati a loro volta ad assumere, in compartecipazione, decisioni rilevanti per lo sviluppo della scienza.

L’insieme di questi tre ipotesi definisce una tesi piuttosto forte: c’è una nuova comunicazione
scientifica rilevante nell’era post-accademica della scienza, che va studiata (e praticata) con strumenti nuovi. Chiameremo “modello Venezia” lo strumento di analisi che ci sembra più pertinente per questo studio. Ma, prima di addentrarci nella descrizione del “modello Venezia di comunicazione della scienza” occorre definire, con maggior rigore, cosa intendiamo per comunicazione della scienza, cosa intendiamo per era post-accademica della scienza e, in primo luogo, cosa intendiamo per scienza. Continua >>>>>