Contributi sul lavoro di strada come lavoro di comunità
L’ESPERIENZA NICARAGUENSE
(Carlos Gonzalez Alvarez, coordinatore INPRHU)

 

Nel caso del Nicaragua, quando ci poniamo l’obiettivo di sviluppare la comunità nel suo complesso, ci scontriamo con la necessità di lavorare su due aspetti:

  • come garantire uno sviluppo comunitario che possa incidere sulla condizione di povertà dell’infanzia, povertà intesa non solo in termini economici ma anche culturali;
  • come incidere e trasformare la condizione di subordinazione dell’infanzia rispetto al mondo degli adulti.

Probabilmente il livello di povertà in Nicaragua non coincide con quello che si vive nei paesi europei, ma il secondo livello, quello della subordinazione agli adulti, è un problema mondiale. Nel nostro lavoro lo affrontiamo prendendo in considerazione principalmente tre aspetti:

  • la subordinazione per condizione di genere, cioè per il fatto di essere maschio o femmina;
  • la subordinazione in base all’età, quindi per il fatto di essere bambino e bambina rispetto agli adulti;
  • la condizione di appartenenza ad un settore sociale, cioè essere bambini poveri lavoratori rispetto al resto della società.

Ci troviamo quindi di fronte a tre condizioni che nella storia dell’umanità hanno generato situazioni di dominazione e di subordinazione. Non stiamo parlando di fenomeni di origine recente, solo di questo secolo o legati alla globalizzazione, ma che hanno caratterizzato la storia mondiale nel suo complesso.

Approfondendo l’analisi ci rendiamo conto che tutto ciò si riassume in tre questioni fondamentali: come si raggiunge, come si usa e come si cede il potere. Ricordiamoci che da quando eravamo bambini e bambine abbiamo desiderato diventare adulti il più rapidamente possibile per poter fare cose che non ci erano permesse.

Fin da bambini impariamo che essere nel mondo degli adulti significa avere potere. Nel caso delle bambine ci accorgiamo che l’accesso a molti spazi di potere è condizionato dall’appartenenza di genere. Se si è poveri non si aspira neanche ad avere spazi di potere, si spera sempre che compaia un leader, un caudillo o un partito politico che permettano di accedere al potere per mezzo loro.

In questo senso l’obiettivo di dare spazi di partecipazione all’infanzia nello sviluppo della comunità ha significato per noi darci l’obiettivo di incidere sull’origine stessa del potere. Stiamo influendo sul potere a livello familiare e a livello scolastico, ma poter incidere sul contesto generale del potere nel complesso della comunità significa dover incidere sul potere politico.

Per poter realizzare ciò ci siamo proposti di seguire cinque linee di lavoro:

  • rendere visibile la problematica relativa all’infanzia, ossia che tutti ci si renda conto da dove si origina il problema dell’infanzia, evidente nelle strade ma non nell’individuazione del perché i bambini sono finiti sulla strada;
  • elaborare collettivamente analisi critiche e proposte alternative di miglioramento della loro vita;
  • creare reti sociali organizzate, che si basino sul coordinamento interistituzionale, sia tra le istituzioni governative che tra quelle non governative;
  • sviluppare la mobilitazione sociale a favore dell’infanzia, lavorando soprattutto sulla partecipazione dei genitori e delle maestre;
  • lavorare per sviluppare il protagonismo infantile, soprattutto diretto a incidere sui processi di potere, che è la linea di lavoro fondamentale.

Voglio presentare tre esempi significativi su come sia stato possibile fare questo.

a) Pochi giorni fa si è commemorato come sempre il 1° maggio, giorno internazionale dei lavoratori, ed in questa occasione i bambini e bambine lavoratori di Estelì sono riusciti a festeggiarlo insieme agli adulti ed alle istituzioni, con scambi di esperienze in quanto lavoratori e lavoratrici.

I bambini e le bambine hanno spiegato agli adulti perché lavorano sulla strada, ed i loro problemi. Allo stesso modo gli adulti hanno parlato ai bambini dei propri problemi di lavoro, e questo ha creato una comunicazione tra settori sociali che in genere non hanno rapporti tra loro.

b) Il secondo esempio, di cui ho già parlato in altre occasioni perché lo ritengo molto significativo, riguarda le elezioni che si sono tenute in Nicaragua nel 1996, alle quali ha partecipato l’infanzia sia rurale che urbana. Infatti, più di 15.000 bambini e bambine hanno elaborato un’autodiagnosi delle proprie condizioni di vita ed hanno definito proposte per la soluzione dei propri problemi.

In una manifestazione di massa hanno presentato questi risultati a tutti i candidati a sindaco e a deputato di Estelì, obbligandoli a firmare tre impegni: 1) chiunque avesse vinto le elezioni si sarebbe impegnato a lavorare in favore dell’infanzia; 2) qualunque iniziativa fosse proposta dall’infanzia sarebbe stata presa in considerazione dal governo municipale per svilupparla; 3) al più tardi ad un mese dall’insediamento del nuovo sindaco e dei nuovi deputati si sarebbero formate commissioni di lavoro congiunte per cominciare a mettere in atto le proposte avanzate. Da un anno e mezzo ad Estelì queste commissioni stanno lavorando.

Ho già detto che l’obiettivo principale di questo tipo di processo è di mostrare come ci si può rapportare con il potere politico in modo diverso.

In generale quando gli uomini politici incontrano i bambini e le bambine è per farsi fotografare, invece in questo caso i bambini e le bambine hanno imposto ai politici di ascoltarli. Inoltre questi esempi dimostrano che si può influire su un processo elettorale non necessariamente e non unicamente con il voto, e che non è indispensabile appartenere ad un partito politico per avere accesso al potere politico.

c) Il terzo esempio riguarda il fatto che nuovamente quest’anno i bambini e le bambine hanno imposto alle autorità municipali, ed in particolare a quelle che si occupano di educazione, l’impegno a garantire il diritto allo studio. Questi impegni, proposti dai bambini e dalle bambine alle autorità municipali, sono stati firmati dalle due parti.

Questi sono solo alcuni tra i molti altri esempi che si possono ricavare dal lavoro di questi ultimi tre anni e che mi permettono di approfondire le strategie che si sono utilizzate, come risultato di un processo concreto di azione sociale.

La prima condizione per sviluppare questi processi è il coordinamento con altre istituzioni, che è uno dei nostri grandi problemi come organismi governativi e non governativi. C’è una grande invidia reciproca su chi appare in pubblico, firma gli impegni e partecipa alle iniziative. La difficoltà degli adulti nel riuscire a coordinarsi è un aspetto del comportamento civico che dobbiamo trasformare per presentare un modello alternativo ai bambini.

La seconda condizione è mettere in atto processi comuni di azione e riflessione, in cui i bambini e le bambine agiscano soprattutto per se stessi, e non solo che gli adulti o le autorità facciano qualcosa per loro. Attualmente a livello planetario c’è un’attenzione particolare delle istituzioni nei confronti dell’infanzia, ma un conto è parlare di consigli municipali per i bambini e per le bambine, un’altra cosa è parlare di consigli municipali dei bambini e delle bambine e con i bambini e con le bambine.

Per poter arrivare a questo livello abbiamo dovuto lavorare su tre direttrici fondamentali con l’infanzia e con il resto della popolazione:

1) lo sviluppo dell’identità: bisogna lavorare sull’identità in quanto i bambini e le bambine rappresentano un settore sociale in relazione al mondo degli adulti e in relazione all’apporto dell’infanzia nello sviluppo della propria comunità. Difficilmente una persona, un gruppo o un settore può accedere al potere se non ha sviluppato un processo identitario.

2) lo sviluppo dell’autostima: non si può accedere al potere se non si valorizzano le proprie capacità, se non si è coscienti dei propri limiti e se non si cerca di superarli.

3) i meccanismi di partecipazione per poter creare un senso di appartenenza a un progetto collettivo: partecipazione significa essere parte di qualcosa, appartenere a qualcosa. Questo qualcosa è stato il prodotto degli interessi e delle necessità dei bambini e delle bambine, risultante da un processo di dialogo con gli adulti.

Questo lavoro sull’identità, sull’autostima e sulla partecipazione ci ha portato ad intervenire su quello che noi definiamo protagonismo.

Protagonismo per l’INPRHU in Nicaragua significa lo sviluppo delle seguenti capacità: di conoscere, di sentire, di pensare criticamente, di decidere e di agire.

Anche i bambini hanno queste cinque capacità, solo che il mondo adulto le stimola molto poco e ancora meno permette loro di svilupparle e di metterci in questione in quanto adulti. Una delle principali critiche che i bambini e le bambine ci fanno riguarda il fatto che tra gli adulti e tra i politici ci sono tanti problemi e tante dispute, che non riescano a mettersi d’accordo su questioni tanto elementari come il rispetto dei diritti. Questo porta a dar voce ai bambini e alle bambine e non a parlare al loro posto.

In altre parole il protagonismo genera la costruzione di potere personale, e per sviluppare questo potere personale a vari livelli INPRHU lavora sul piano individuale, di gruppo e comunitario, a livello della famiglia, della scuola e della strada, che sono i tre spazi fondamentali di socializzazione dell’infanzia.

Fondamentalmente la sfida di superare il LDS per coinvolgere tutta la comunità obbliga gli educatori e le educatrici di strada e gli organismi con cui lavoriamo a ridiscutere il nostro ruolo, non solo in rapporto all’infanzia ma anche al potere politico, allo stesso potere che noi abbiamo nei confronti dei bambini. Ciò porta soprattutto a programmare quando occorra dover scomparire, farci da parte, in modo che siano loro ad avanzare in modo autonomo.

Riassumendo, la nostra è una strategia suicida, perché sosteniamo la necessità di sviluppare le capacità dell’infanzia per abbandonare il nostro ruolo di educatori e di educatrici, non perché noi pensiamo di scomparire fisicamente, ma perché pensiamo di tornare ad agire in un’entità collettiva che raggruppi più educatori ed educatrici, però con un’altra visione.

In conclusione, quindi, ad Estelì pensiamo che il LDS sia fondamentale per lo sviluppo della comunità in cui agiamo e di cui facciamo parte.