Parte 1 - Cronaca di una vita
Martina Montorsi è una donna di 36 anni, dai grandi occhi
scuri e il corpo da adolescente. E' nata nel 1963 ed aveva 14 anni
nel mitico 77, l'ultimo anno nel quale ancora si credeva nella rivoluzione.
Viene da una famiglia molto unita e molto cattolica, con un padre
funzionario di assicurazioni, una madre casalinga, un fratello pubblicitario.
Ragazza inquieta, Martina, fa volontariato in Parrocchia e manifesta
in piazza contro quasi tutto. A 18 anni progetta di vivere in una
Comunità di ispirazione cattolica e si diploma come assistente
sociale. Inizia a lavorare a tempo pieno come educatrice e intanto
studia per laurearsi. Ha una vita sentimentale normale, con fidanzato
ed amici numerosi. A 29 anni si laurea ed inizia quasi subito a
insegnare. Ha imparato a credere nell'impegno educativo, nel lavoro
serio, nel cambiamento dell'istituzione. E' sposata con un dirigente,
ma ancora senza figli.
Parte 2 - Cronaca di una giornata.
EccoVi alcuni brani dal suo diario quotidiano, del giorno 10 maggio
1999.
Ore 7,30
Sveglia. Lui dorme ancora ed io ho fretta. Di andare o di scappare?
Quando gli dir? che sono stufa del grigiore, delle abitudini, del
sabato sera con gli amici, della domenica alla partita ? Mi trucco
e vedo i segni del tempo. Perché nessuno vuole parlare dell'invecchiare
e condividere la paura, attenuandola?
Ore 8,15
Ho attraversato l'atrio e il cortile della nostra casa, e poi un
pezzo di Quartiere. Nessun saluto. L'estraneità è
la condizione di tutti; la distanza la regola. Ho preso il bus,
in una calca di corpi sudati, silenziosi, quasi torvi, insofferenti
della moltitudine cui nessuno sa rinunciare.
Ore 8,45
Sono arrivata a scuola e in sala riunioni trova la Bardazzi, il
Settimini, e la Rincato. La discussione è il rinnovo del
contratto, come sempre. Un po' di pettegolezzo sulla Gusmini e il
Meriggi, che sembrano fidanzati, pur essendo sposati con altri.
Qualche insulto ai politici sembra fare da viatico alla giornata,
ma poi l'umore si rallegra al pensiero delle vacanze imminenti.
Ore 9,00
In aula i 20 faccini sembrano già stanchi. Faccio leggere
un brano dell'antologia. Rumori. Sguardi all'estate che arriva nel
giardino. Minghi è sempre irritante, col suo sguardo critico.
Perotti non la smette mai di torturare Bianchini. Rispondo a una
domanda con la solita formula rassicurante. Per la prossima volta
studiate da pagina 106 a pagina 120. Campana.
Ore 10
Un'ora buca. Non voglio passarla nell'aula docenti per non sentire
di nuovo dibattiti sul contratto, pettegolezzi sugli amori del Collegio,
o magari il Preside che mi chiede per la quinta volta di firmare
il Modulo 32 bis. Faccio 2 passi e non vedo che estranei, tesi e
senza sorriso. In fondo alla strada due ragazzini, certo in fuga
da scuola, si baciano. Tre o quattro adolescenti hanno imbastito
nei giardinetti un piccolo torneo di calcio. Da una finestra aperta
arriva il suono di una tv accesa. Fumo nervosamente, come se il
tabacco giungesse a riempire una mancanza.
Ore 11
Riunione del Comitato per non ricordo più quale obiettivo
scolastico. Tutti i Comitati sono uguali, qualsiasi sia il loro
nome e compito. Tutti arrivano in ritardo e nell'attesa del plenum
si parla del contratto, e degli amori scolastici. Qualcuno azzarda
una divagazione sulla cronaca, ma un coro si alza -non parliamo
di cose noiose, brutte, tristi- parliamo di tv: cosa guardate stasera?
Dal muro occhieggiano manifesti su ogni tipo di campagna, raccolta
di fondi, festa di qualcosa. Si inizia. Lunga prolusione del coordinatore,
mentre i più pensano al pranzo, all'auto in sosta vietata,
alla visita dal dentista fissata per le 15. Attacca il De Beni,
che pone squisite questioni di forma e procedura; segue a ruota
la Filippi che demolisce l'impostazione del coordinatore con un
raffinato distinguo ideologico. Sulla mediazione del Bitti - ripensiamoci
sopra- la riunione si scioglie.
Ore 12
Incontro coi genitori. La madre del Bitti è separata, e si
sente sempre in colpa. Il padre di Forti invece è preoccupato
per la carriera del figlio: non mi ascolta, mi arringa. Suo figlio
non riesce quasi a parlare e lui mi domanda se anch'io lo vedo come
possibile operatore di Borsa. Filippetti è una donna appariscente:
in dieci minuti mi racconta tutti i problemi suoi e del vicinato,
oltre che di quanto è brava la figlia maggiore che forse
ha ottenuto un'audizione alla tv locale. Il figlio minore sarà
bocciato e lei dice solo che se lo merita.
Ore 13
Ritorno verso casa. Scorsa al giornale. La Borsa sale, gli immigrati
sono stati fermati, il Ministro propone una soluzione definitiva
al problema, la nota attrice si è rifatta il seno, la squadra
di calcio locale va in B. Un libro? Un disco? Meglio dare una pulitina
al pollo per stasera. Telefonare? A chi? Non alla mamma, che mi
chiede solo come va con lui. Non all'amica, che mi parla solo dei
suoi due figli o del parrucchiere. No, nemmeno al Terzi, che potrebbe
pensare che accetto il suo invito a fare sesso.
Ore 16
La casa ora è silenziosa. Affollata solo di una moltitudine
di attese, rimpianti, nostalgie, silenzi. Lui arriverà alle
18 puntuale e gentile. Mi chiederà com'è andata oggi.
Mi chiederà cosa si mangia stasera. Mi chiederà cosa
c'è in tv. Mi racconterà del rinnovo del contratto.
Degli amori aziendali di primavera
Forse
.forse
.
IL DIARIO S'INTERROMPE QUI PERCHE' MARTINA SI
E' SUICIDATA PRESUMIBILMENTE ALLE ORE 17 DEL 10 APRILE 1999. IL
MARITO L'HA TROVATA SUL LETTO IN UN BAGNO DI SANGUE, MORTA, ALLE
ORE 18.
Parte 3 - I perché
Possiamo considerare Martina una diversa o piuttosto dobbiamo vederla
come una di noi, una qualunque, una anonima qualsiasi cittadina
italiana giunta a metà della sua vita? Come si spiega la
storia di Martina ? Vediamo qualche ipotesi.
" Ipotesi 1 - Martina è una psicolabile, incapace di
adattarsi al quotidiano
" Ipotesi 2 - Martina non ha relazioni solidali, una famiglia
castrante e un marito freddo
" Ipotesi 3 - Martina è una vittima della condizione
alienante metropolitana
Tutte queste ipotesi, abitualmente leggibili sui quotidiani, sono
verisimili, ma non superano il vaglio logico.
La prima è la più subdola, perché presenta
un imperativo (adattarsi al quotidiano) come assiomatico e poi deduce
la psicolabilità dal mancato adattamento all'imperativo.
Resta da dimostrare che l'adattamento al quotidiano, descritto nella
storia, sia prova di forza psichica. Se non si riuscisse a farlo,
potremmo rovesciare l'ipotesi e affermare semmai che il suicidio
è attribuibile al basso livello di labilità, plasmabilità,
sudditanza di Martina verso un quotidiano che solo gli psicolabili
accettano. La seconda è insostenibile perché nega
l'evidenza di milioni di soggetti con scarse o nulle relazioni solidali,
famiglie castranti o assenti o fusionali, partners distanti, freddi,
o anche ostili, che purtuttavia non si suicidano. La seconda ipotesi
presuppone che, siccome milioni di soggetti non si suicidano, ci?
significa che dispongono di reti di relazioni nutritive, famiglie
supportive e partners affettivamente caldissimi: il che non appare
tanto comune. La terza ipotesi è dello stesso segno della
seconda. Non spiega come mai milioni di soggetti che vivono la stessa
alienazione metropolitana non si suicidano, e ipotizza condizioni
non metropolitane (dove?) che non sarebbero alienanti.
Parte 4 - La quarta ipotesi: emozioni, commozione e compassione.
La quarta ipotesi che facciamo qui, attiene al senso e alle emozioni.
Senso è termine polisemico. Sta per significato (che senso
ha questa frase?), ma anche per valore (che senso aveva la vita
per Martina?). Ma senso contiene anche elementi di futuro, come
direzione, progetto, senso di marcia, senso unico (verso dove andava
Martina?). E per? senso indica anche i sensi fisici, le sensazioni,
i sentimenti, il sentire: i serpenti mi fanno senso, sento che mi
ami, ho un senso di appartenenza, provo un senso di rimorso, avere
buon senso o senso comune, ecc.. Significato, valore, futuro e sentire
sono le parole chiave per capire Martina. E quale elemento di questa
costellazione semantica viene prima? Quale è la radice, l'origine,
il causante degli altri ? Il senso come sentire, come emozione,
cioè come movimento dell'anima è il motore del significato,
del valore e del futuro.
Noi attribuiamo significato alle cose, decodifichiamo i segni, attraverso
il filtro della nostra soggettività: per cui nulla significa
qualcosa se non per noi, dal nostro punto di vista, come eco del
nostro groviglio intimo, o come risultante dal tumulto della nostra
assemblea interna. Noi assegniamo valore, in conseguenza degli effetti
che le cose hanno sulla nostra soggettività: valutiamo molto
ci? che soddisfa i nostri bisogni e poco ci? che è estraneo
ad essi. Noi pensiamo al futuro, accogliamo i sogni, facciamo progetti
quando la nostra soggettività è libera, plurale, aperta
e desiderante: il futuro è ci? che sentiamo di volere per
il nostro domani. La radice del senso è l'emozione. E l'emozione
è rivoluzionaria perché presiede appunto alla costruzione
individuale, autonoma, soggettiva del significato, del valore e
del futuro.
Una cultura reazionaria come quella che oggi pervade l'Occidente
ha nelle emozioni il primo nemico. Per cui la repressione delle
emozioni, la loro espulsione dal Soggetto, la loro inibizione sociale,
la loro ritualizzazione in forme sublimate è il lavoro centrale
della modernità declinante. E non parliamo qui delle sole
"buone" emozioni: amore, dolcezza, nostalgia. Entrano
nel discorso anche le emozioni del negativo: l'odio, l'invidia,
la gelosia, il bisogno di vendetta. Il mondo emozionale è
uno solo, e la repressione di alcune emozioni genera lo svuotamento
sostanziale anche delle altre. I "buoni" sentimenti di
cui si chiacchiera a gran voce ogni giorno sulle gazzette e nei
comizi, non sono che stereotipiche ipocrisie, galateo sociale, ideologia
farisaica.
Martina è morta perché ha accettato di essere privata
delle emozioni e quindi ha perso il significato, il valore ed il
futuro della sua vita. Forse è anche stata incapace o non
ha voluto fare come molti di noi, che per emozionarci ci buttiamo
dai ponti con gli elastici, ci riempiamo di ecstasy, ci arrampichiamo
in montagna senza corde, ci identifichiamo con le emozioni di Schumaker
e di Ronaldo, di Beautiful e di Novella 4000.
Martina è morta perché ha rinunciato senza alternative
alla politica ed alla comunità cattolica che pure a 20 anni
la riempivano di emozioni.
E' morta perché dava senso all'educazione ed ha scoperto
che non poteva condividere questo sentimento né coi suoi
allievi, né coi colleghi, né coi genitori.
E' morta perché ha avuto il pudore di chiedere al marito
un "Ti amo" sussurrato con passione, e forse perché,
verso di lui, non ha avuto lei stessa capacità di com-passione
e di com-mozione, cioè di condividere emozioni.
E' morta perché non ha saputo esprimere il rancore per una
Scuola che tradiva il suo bisogno di emozioni; perché non
ha voluto urlare ai cento Comitati scolastici cui presenziava, che
o la scuola è un'avventura emozionante o non è scuola.
E' morta perché sentiva che l'Istituzione era la solidificazione
di un desiderio, e non urlava quando la vedeva ridursi ad una fabbrica
di moduli e regolamenti.
E' morta non sapendo parlare in famiglia della invidia provata per
il fratello e della gelosia repressa per il padre.
E' morta per paura della solitudine, che ha inibito le sue emozioni
aggressive verso amiche già passate senza dubbi nel regno
dell'anestesia.
E' morta per non sapersi vedere come una statua bellissima da levigare,
rifinire, lucidare fino a farla diventare un motore di emozioni
allo sguardo, al tatto, al gusto.
E' morta per avere accettato il tabù della modernità:
mai parlare del senso, mai esprimere le emozioni, mai commuoversi,
se non per interposta immagine massmediologica.
E' morta perché la sua aridità emozionale le ha messo
un muro davanti agli occhi, al posto di un lungo viaggio solare
nel cosmo, o di un' impresa epica come la costruzione di una cattedrale,
o di un impegno testardo nel rendere la città un luogo di
emozioni, compassione e commozione.
TU CHIAMALE, SE VUOI
EMOZIONI! IO LA CHIAMO VITA.
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