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LA FORMAZIONE DELLA CITTADINANZA di Marielisa Muzi
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...Le ragioni della sfida

... Alla base di una qualunque riflessione sulla formazione della cittadinanza, vi sono le sollecitazioni provenienti dalle letture sull argomento svolte in ambito filosofico, storico e giuridico. Ha anche giocato un ruolo decisivo l adesione personale a uno stile di riflessione che ha accomunato e tuttora unisce molteplici studiosi dell educazione degli adulti: uno stile di pensiero caratterizzato dall impegno civile nei confronti della riflessione teorica sulla formazione. E un modo impegnativo di concepire la ricerca educativa sia sul piano intellettuale che su quello operativo; deriva dall assunzione di una formula che induce a misurarsi congiuntamente sia con i problemi politici ed educativi del presente sia con la progettazione utopica del futuro. Tale impegno obbliga la ricerca a incorporare le dimensioni complementari del tempo e dello spazio in un modello educativo capace di farsi carico non soltanto di interpretazioni pertinenti dal punto di vista scientifico, ma anche di soluzioni, sul piano politico, civile e umano, adeguate a produrre non solo l' integrazione ma anche l emancipazione dei soggetti in formazione. Nelle opere degli studiosi che hanno dato vita nel nostro Paese all educazione degli adulti a partire dal secondo dopoguerra ad oggi si coglie un impegno costante, pure se modulato in modo diverso secondo le sollecitazioni che provengono dai differenti contesti politici e culturali di riferimento, volto a misurasi con i problemi del presente e ad offrire una soluzione adeguata ai bisogni degli individui e delle collettività.

In studiosi della statura di Anna Lorenzetto, Filippo M.De Sanctis, Ettore Gelpi, Raffaele Laporta, Giovanni Maria Bertin, nonché in studiosi che appartengono alla giovane generazione dei teorici e degli educatori degli adulti6, mi sembra di poter cogliere una convergenza, nonostante alcune palesi diversità sul piano degli strumenti di analisi e di progettazione, verso le ragioni di fondo che sorreggono e regolano gli interventi diretti agli adulti. Una circostanza che mi sembra significativo segnalare, nella misura in cui sembra restare ai margini di un modello formativo più generale, riguarda la propensione a tenere in conto le politiche educative e le strutture istituzionali e associative (locali, regionali, nazionali e sovranazionali) su cui gli interventi diretti agli adulti debbono necessariamente fondarsi e da cui debbono trarre i necessari supporti di natura politica e culturale.
Enunciate brevemente le premesse del mio intervento, è venuto il momento di passare all elencazione degli argomenti che saranno oggetto del mio discorso:
a) definire la categoria della cittadinanza guidata dai contributi di studiosi che in qualche misura possono agevolarci nel difficile compito di intravederne le conseguenze formative;
b) porre in evidenza i rapporti che legano la definizione della suddetta categoria con le iniziative di educazione degli adulti che di volta in volta sono state avviate sia a livello nazionale che internazionale;

c) tentare di definire, sia pure solo in forma introduttiva (dopo la discussione di alcune premesse filosofiche, pedagogiche e giuridiche che costituiscono l' ineliminabile sfondo della nozione di cittadinanza ) qualche conseguenza operativa che a tali premesse si lega.

La cittadinanza: dall' appartenenza alla comunità alla rivendicazione dei diritti

Il termine cittadinanza da civis, civitas, è concetto squisitamente occidentale e deve la sua forma attuale alle rivoluzioni della fine del Settecento e alle riflessioni che sono state sviluppate a partire da tale periodo sul concetto di soggetto pensato non più e non solo come suddito ma come cittadino a cui sono riconosciuti dignità e diritti inalienabili. Per tracciare l evolversi del concetto o categoria di cittadinanza ho creduto opportuno seguire le tesi di alcuni autori che possono aiutarci a leggerne i cambiamenti da una prospettiva nazionale e sovranazionale e ne sottolineano gli elementi controversi sia sotto il profilo storico e giuridico sia sotto quello politico. Nel breve spazio consentito da una relazione che non ha la pretesa di sviluppare un approccio storico al tema della cittadinanza, se non per gli aspetti necessari a delineare l accezione attribuita alla nozione di soggetto e ai criteri più o meno espliciti che fissano le sue competenze in qualità di cittadino, mi limiterò per cenni a precisare i contorni storici e giuridici della nozione di cittadinanza che fanno da sfondo ai criteri adottati nell ambito della formazione. L'evolversi della cittadinanza descritta per larghi tratti si concreta dapprima come una formula che impegna il cittadino a esercitare i propri diritti e doveri (la partecipazione alla vita pubblica e l amministrazione della giustizia) nell ambito di una comunità dai confini ristretti, la polis greca, fino a sottintendere, nelle società moderne, un complesso intreccio di diritti che vanno da quelli civili di tipo privato, a quelli sociali e politici. Tuttavia, come ha sottolineato Stefano Rodotà attento e vigile difensore dei diritti di privacy, un aspetto resta immutato nel tempo e fino al XIX secolo, nell attribuzione del diritto di cittadinanza: tale conferimento è destinato a gruppi sociali ristretti (secondo un criterio enunciato per la prima volta da Aristotele nel III libro della Politica) ed è regolato dal possesso di un reddito. Nell impossibilità di seguire in modo puntuale le trasformazioni della categoria cittadinanza attraverso i secoli e nelle diverse realtà politiche e culturali, mi atterrò al compito di richiamare i contributi storici e giuridici atti a delineare qualche tratto saliente che pure si prospetta in questa sorta di continuità.
E' stato Arnaldo Momigliano a delineare una profonda differenza tra i cittadini antichi e quelli moderni: i primi godono infatti dei poteri di gestione
collettiva della cosa pubblica, i secondi accampano invece diritti essenzialmente individuali. Osserva in proposito il Momigliano che la libertà del cittadino antico consisteva nel governare lo Stato avendo una parte diretta nella sua amministrazione, anche se l individuo nella vita privata era considerato schiavo delle norme dettate dallo Stato. Su una tale puntualizzazione si fondano le descrizioni successive che mirano a rilevare come la nozione di libertà, in particolare quella politica, sia il presupposto imprescindibile delle libertà individuali. E proprio la diversa nozione di libertà soggettiva che caratterizza l attuale nozione di cittadinanza: l attenzione si appunta infatti sui diritti politici e civili che accomunano i soggetti giuridici, a cui si aggiungono come ultimo elemento di distinzione rispetto al passato, i cosiddetti diritti di terza generazione, vale a dire i diritti sociali, segnalati dal sociologo britannico T.H.Marschall che nel corso degli anni quaranta 11 affronta, in certo senso per la prima volta in modo sistematico, la definizione del termine cittadinanza . Marschall, nel definire i diritti che spettano ai cittadini degli Stati-nazione, ne individua tre: i diritti civili che garantiscono le libertà individuali, i diritti politici che concernono i rapporti con lo Stato, i diritti sociali che riguardano l aspirazione alla sicurezza e al benessere fino a comprendere il diritto di partecipare al retaggio sociale e a vivere la vita da persona civile secondo le condizioni vigenti nella società di appartenenza. Non è qui il caso di analizzare nel dettaglio le critiche rivolte alle tesi di Marschall: sarà sufficiente osservare che queste tesi sottolineano prevalentemente, a parere di alcuni commentatori, i diritti garantiti dagli Stati nazionali fino ad imprimere una versione universalistica dei diritti stessi. Si tratta di tesi che contribuiscono a presentare una versione ottimistica e progressiva del tema della cittadinanza, che tende a vederne essenzialmente gli aspetti di strumento inclusivo ed emancipatorio. Stefano Rodotà è di parere diverso: non si può leggere nell impostazione di Marschall egli afferma unicamente la risonanza del consolidamento del Welfare State o una modalità di neutralizzazione della lotta politica. Occorre riconoscere, invece, che tale ripartizione dei diritti di cittadinanza, originati dall evolversi dello Stato verso forme assistenziali, mette in rilievo un dato incontrovertibile: i diritti sociali hanno assunto carattere irreversibile sia nella Costituzione italiana sia in quelle europee. I diritti all istruzione, all informazione ed il possesso di un reddito minimo divengono precondizioni ineludibili del processo democratico e pertanto anche della cittadinanza. Sarebbe significativo a questo punto descrivere con minuzia di particolari l accezione attribuita alla cittadinanza nell ambito dei documenti sovranazionali ed in particolare nella Costituzione europea. Tuttavia, senza affrontare in maniera dettagliata il radicarsi di nuovi significati di cittadinanza, occorre fare ulteriori puntualizzazioni, a nostri avviso particolarmente pertinenti .

I diritti di terza generazione. Cittadinanza e classe sociale

La cittadinanza nella sua evoluzione più recente non è formulata per riassumere diritti esistenti; essa diviene invece piuttosto un criterio di selezione attraverso i diritti sanciti a livello individuale e collettivo per misurare il deficit di democrazia presente in una determinata società. Gli studiosi riconoscono a tale categoria alcuni aspetti ricorrenti, e fra questi assume valore centrale l individuazione di precondizioni discriminanti per l attribuzione della cittadinanza. Avere svuotato di significato discriminante l uso del censo non significa infatti avere abolito ogni forma di discriminazione del diritto di cittadinanza; significa piuttosto avere trasferito all istruzione, oltre che al possesso di informazioni che peraltro ci sembra strettamente legato all istruzione, l esercizio dei poteri politici. Insomma, nelle comunità moderne si assiste ad un progressivo ampliamento dei diritti che entrano a fare parte della cittadinanza. E cosa evidente che riferirsi a nuove categorie di diritti richieda nuove categorie interpretative: si tratta, infatti, di diritti che stanno a testimoniare la trasformazione della nozione stessa di democrazia, una nuova nozione che non è più accentrata sull istituzione ma si proietta prevalentemente verso la società. Rispetto ai diritti sociali di terza generazione, che conservano uno stretto legame con i diritti politici e civili, subentra un ulteriore elemento per la formulazione della cittadinanza, la condizione di lavoratore. Si tratta di un criterio che obbliga a riformulare ancora una volta l attribuzione del diritto di cittadinanza e pertanto la formazione della cittadinanza. La stratificazione sociale basata sull occupazione impone infatti ripensamenti di non poco conto in materia dei contenuti che servono a definire la cittadinanza, e dunque anche dei criteri per promuoverne la diffusione attraverso gli strumenti formativi. Possiamo leggere in tale senso gli interventi e le esperienze di formazione degli adulti declinata dapprima come una forma di alfabetizzazione e successivamente, peraltro sempre più puntualmente, come formazione permanente orientata però prevalentemente in senso professionale. E proprio la categoria della cittadinanza che fornisce valore e credibilità a diritti estesi alla generalità dei cittadini, diritti peraltro che appartenevano prevalentemente alle élites borghesi. Esempio puntuale in proposito è il diritto di privacy che da diritto borghese viene inserito nello statuto dei lavoratori. Per chiarire ulteriormente la nozione di cittadinanza cogliendone gli sviluppi più attuali, occorre sottolineare che la dispersione della cittadinanza attraverso una molteplicità di statuti richiede una duplice riflessione sia nei confronti degli strumenti teorici e metodologici necessari per distinguere tra diritti e aspettative (aspetto che ci interessa in modo diretto rispetto all argomento di nostra competenza) sia anche nei confronti del diritto alla di cittadinanza. In altri termini oggi diviene ineludibile reperire nella letteratura specializzata sull argomento punti di riferimento centrali per delineare una figura di cittadino meno astratta e nel contempo individuare i criteri a cui si attribuisce il potere di inclusione dei soggetti nel demos. Nel tentativo di avviare un primo confronto in tal senso, con la letteratura specialistica sulla cittadinanza, ci occuperemo di un aspetto fortemente controverso dal punto di vista giuridico eppure di estremo rilievo tanto che dovrebbe entrare nelle competenze del futuro cittadino: ci riferiamo ai cosiddetti diritti fondamentali, diritti che altro non sono che diritti sociali il cui rilievo appare notevole anche a livello internazionale come l avvio di una nuova forma di cittadinanza di carattere universale.
Quali siano tali diritti così come si vanno delineando nella società occidentale e in quella europea in particolare è presto detto: non si tratta solo dei diritti sociali già descritti; si tratta del diritto dei cittadini di usufruire delle risorse offerte dalla società dell informazione ossia del diritto di cercare, ottenere e diffondere l informazione che attribuisce al cittadino un potere effettivo di controllo. In sostanza è implicito nel controllo dell informazione il diritto di ciascuno a determinare le modalità che lo riguardano nella costruzione della propria sfera privata, ambito di esercizio del diritto che, a dire di Stefano Rodotà, rappresenta una delle manifestazioni più significative della garanzia della persona.

Gli Stati nazionali e la nuova nozione di cittadinanza in Europa

Una prospettiva vicina alle questioni che stiamo discutendo si evidenzia nei contributi recenti di J. Habermas, attento osservatore delle peculiarità che va assumendo la transizione da una cittadinanza vissuta a livello strettamente nazionale ad una dimensione inclusiva più ampia. Habermas fornisce una definizione accurata delle diverse matrici storiche che caratterizzano sia lo Stato che la nazione nell ambito della realtà europea. In modo particolare riconosce i presupposti temporali del modello di Stato in Europa, nella Rivoluzione francese e in quella americana. Tuttavia Habermas indica una differenza sostanziale tra Stato e nazione: gli Stati nazionali non si basano su limiti di carattere territoriale ma hanno alla loro origine il nascere di una coscienza nazionale e sono messi in grado di operare in quanto si avvalgono di funzionari esperti di diritto, capaci di fare funzionare la macchina statale; all origine delle nazioni vi è invece l opera degli storici e degli scrittori come è accaduto in Germania e in Italia. Vi sono poi nella classificazione di Habermas gli Stati artificiali nati dalla decolonializzazione avvenuta alla fine della seconda guerra mondiale, ovvero di Stati che solo a posteriori sono stati forniti degli strumenti giuridici necessari a far funzionare la macchina statale. Infine assumono le loro connotazioni peculiari gli Stati nati dalla dissoluzione dell URSS. Se ci si avvale delle indicazioni che scaturiscono dal presente/futuro rappresentato dalla globalizzazione (la quale, secondo Habermas, condurrà gli Stati nazionali a divenire gusci vuoti), si è più fortemente consapevoli che le nuove forme organizzative statali presagite richiederanno di affinare capacità di intervento sul piano sovranazionale. E evidente la rilevanza degli aspetti delineati da Habermas per prevedere il futuro anche di noi cittadini europei. Se ci interessa comprendere il tipo di cittadinanza che abbiamo ereditato dal passato e che implicitamente fa da guida al modo di pensare la formazione nei suoi diversi livelli da quella di base a quella adulta, in modo altrettanto diretto ci interessa sapere a quale futuro andiamo incontro. Senza affrontare in dettaglio i complessi effetti di natura politica e giuridica attribuiti dallo studioso tedesco agli sviluppi dell idea di Stato e di nazione, mi preme soffermare l attenzione sulle caratteristiche che differenziano le idee di cittadinanza operanti nella società occidentale europea contemporanea al fine di fissare in maniera quanto più esplicita possibile gli elementi necessari per vagliare non solo il tipo di cittadinanza alla quale abbiamo diritto in via di principio, ma anche quella più ragionevole e forse più vicina alle condizioni reali che possiamo sperare di conseguire, la cittadinanza alla quale intenzionalmente crediamo e che sarebbe desiderabile realizzare anche attraverso la formazione adulta. Habermas ritiene infatti che l' Europa odierna, ammaestrata da una storia complessa fatta di conflitti e di lacerazioni ha appreso nel dolore come le differenze possano comunicare, i contrasti possano essere istituzionalizzati e le tensioni possano essere stabilizzate .Anche il contrassegno delle differenze il reciproco riconoscimento dell altro nella sua alterità può diventare il contrassegno di una identità comune 13. I cittadini di questo mondo in cui progredisce la secolarizzazione sottolinea Habermas presentano una mentalità politica comune, ossia hanno una fiducia nell organizzazione dello Stato, mostrano un certo scetticismo nei confronti del mercato , possiedono un senso spiccato della dialettica dell Illuminismo, non nutrono verso i progressi tecnici aspettative ottimistiche, preferiscono lo Stato sociale e le garanzie solidaristiche che questo offre, non tollerano la violenza sulla persona, rifiutano la pena di morte. Habermas dice molto altro ancora a proposito dell identità dei cittadini europei e delle insidie che la minacciano, sottolineando tuttavia un aspetto che chiede attenzione da parte di chi, come noi, intende occuparsi di formazione della e alla cittadinanza: Habermas esclude tradizioni politiche che rivendicano una loro naturalità. Lette più attentamente, le modalità ereditate si rivelano invece inventate , costruite; riconosce piena legittimità ai processi ermeneutici di autocomprensione, o più esplicitamente alla capacita di ciascuno di noi di appropriarsi in modo consapevole delle esperienze storiche con le quali intendiamo identificarci, così come alla capacita di respingere, altrettanto consapevolmente, quelle a cui non vogliamo adeguarci. Si delinea attraverso le parole del filosofo tedesco le cui tesi possono da parte dei suoi critici essere considerate la conseguenza di una certo ottimismo morale basato sulla ragionevolezza una tensione filosofica che caratterizza la cultura europea, messa sotto accusa dal neopragmatismo statunitense. Eppure si tratta di una indicazione irrinunciabile per quanto concerne la cittadinanza e la sua formazione secondo parametri più ampi di quelli nazionali, una formazione sorretta dal desiderio di adire un ordine internazionale multilaterale e giuridicamente regolato, legato alla speranza di una politica interna mondiale e di organismi internazionali riformati secondo la logica propria di una cittadinanza universale.

Formazione degli adulti e cittadinanza: considerazioni e proposte

A questo punto del discorso possono essere avviate alcune considerazioni conclusive. Anzitutto occorre osservare che la categoria della cittadinanza serve a definire il campo di tensioni tra i diritti goduti dai soggetti e le politiche adottate in un determinato contesto. Da ciò si evince che la nozione di cittadinanza va costantemente ridefinita. L accettazione di queste conclusioni comporta non poche conseguenze sulle modalità seguite in ambito formativo per quanto concerne la promozione delle conoscenze che attengono alla cittadinanza . In altri termini occorre chiedersi se la formazione imperniata su questo specifico tema possa contare su alcuni elementi stabili e imprescindibili o debba invece misurarsi con l incertezza e conseguentemente offrire ai soggetti in formazione strumenti di riflessività di carattere generale, che consentano loro di misurarsi con la gestione di un cambiamento che, per quanto concerne i rapporti tra il cittadino e il contesto sociale e politico in cui agisce, presenta caratteri permanenti. E ancora occorre interrogarsi sul tipo di contenuti di tale formazione, e sul profilo sociale e culturale di coloro che consideriamo i suoi destinatari più interessati. Soltanto dopo avere risposto a queste domande si possono mettere a punto gli strumenti tecnici e didattici per trasferire concretamente tali contenuti. Non si può dimenticare che nella cultura pedagogica contemporanea il concetto di formazione viene pensato come categoria reggente, centro ideale- regolativo del sapere pedagogico, comporta altresì di pensare la formazione come pratica intenzionale e problematica, mette in luce il soggetto-persona assunto nella sua unicità impegnato a svolgere il suo ruolo dinamico nella società. Occorre, comunque, distinguere la differenza che corre tra i concetti e le pratiche di educazione e di formazione. Se l'educazione, come processo dinamico, mira alla strutturazione complessiva della personalità, al raggiungimento di uno scopo, di una meta finale, la formazione nel suo significato attuale è diretta a soggetti di ogni età e condizione, tende a rispettare il processo di crescita senza obiettivi prestabiliti, mira a farne i protagonisti e gli interpreti di questioni sociali ed umane di tipo generale e non solo dei destinatari di conoscenze professionali. Porre in primo piano la formazione, rispetto all educazione, significa soffermarsi sui processi, sui contesti specifici in cui si dà e si svolge la formazione; significa, in età adulta, riflettere sui processi problematici , sulle esperienze vincenti, sulle motivazioni nascoste, sulla domanda formativa assente di cui la formazione diretta all adulto deve farsi carico. La formazione si presenta dunque come un processo continuo, fatto di tappe, di traguardi, di obiettivi; un processo che ha un inizio ma, non ha fine. Si rivolge a un soggetto che sente l esigenza di essere formato e di formarsi attraverso l esercizio continuo dell apprendimento e della crescita culturale: un soggetto, inoltre, consapevole del percorso di cambiamento e dei propri obiettivi. Occorre ancora aggiungere che la formazione conserva aspetti fondamentali delle sue origini classiche: essa da luogo unitariamente all oggettivazione della cultura ed alla sintesi personale che il soggetto ne elabora. La formazione umana è intesa altresì come capacità di entrare in contatto con una cultura funzionale allo svolgimento dei compiti in qualità di cittadino, adeguata alle funzioni pubbliche e sociali che deve svolgere anche se si fa strada, accanto a questo significato classico di formazione, una nuova consapevolezza: quella che il soggetto debba imparare a riformulare in ogni momento il proprio progetto di vita, insieme con gli altri. Nell ambito dell odierna riflessione pedagogica, il termine formazione va assumendo significati sempre più complessi che a noi interessa segnalare unicamente per gli aspetti che sono inerenti alla formazione della cittadinanza. L espressione formazione degli adulti nella situazione storica attuale richiama una grossa varietà di significati: ci troviamo di fronte, infatti, sia a differenti generi di formazione, sia a diverse condizioni di adulto. La formazione dell adulto sempre più tende a collegarsi all acquisizione di conoscenze utili all inserimento nel mondo del lavoro, della produzione, dell industria, alle iniziative di formazione professionale . E non è un caso che la formazione aziendale si occupi prevalentemente di formazione professionale. Eppure il settore dell educazione adulta ha mutato i propri risvolti teorici, metodologici ed operativi dal momento in cui, a partire dagli anni Sessanta, è entrato a far parte di un più ampio settore di studi e ricerche, quello dell educazione permanente. Formulata nell ambito di quella che Anna Lorenzetto definisce la nuova educazione degli adulti nata dalla lotta contro l analfabetismo, l educazione permanente 37viene alla ribalta grazie al dibattito internazionale promosso dall Unesco attraverso la Conferenza internazionale sul tema: L Educazione degli adulti in un mondo in trasformazione, tenuta a Montreal nel 1960. E convinzione di Anna Lorenzetto 15, che in quella sede, e da quel confronto, a cui parteciparono insieme sia i paesi ricchi, industrializzati con le loro strutture scolastiche e i loro problemi di educazione degli adulti nelle classiche formule del libero perfezionamento culturale, sia i paesi poveri con le economie agro-pastorali e le strutture scolastiche pressoché inesistenti, sia nata una visione universale dei problemi educativi che prese il nome di educazione permanente. Attraverso i documenti prodotti nei primi anni Settanta, il concetto di educazione permanente entra stabilmente nelle linee teoriche e progettuali prodotte nell ambito delle commissioni intergovernative promosse in ambito europeo.

Relazione introduttiva: Educazione e territorio. Apprendre à ètre:Vers une cité educative.

Storicizzare il discorso sull educazione permanente consente di comprendere i cambiamenti circa il modo di intendere la formazione e, quindi, anche il modo di guardare all adulto, come soggetto attivo nel promuovere il proprio processo formativo, e alla stessa formazione come azione che costantemente si rinnova nelle origini e nelle motivazioni politiche e sociali. Non si può affrontare nel dettaglio il determinarsi degli eventi storici che hanno prodotto nuove teorizzazioni e realizzazioni della formazione permanente intesa come lifelong learning, come formazione ricorrente e soprattutto come educazione degli adulti. La formazione emerge come bisogno e come bene, diviene la molla vincente per favorire uno sviluppo complessivo non solo culturale-educativo ma, anche economico, politico e sociale; offre la possibilità alle persone di scegliere e di scegliersi i propri progetti di vita, la propria direzione di marcia e quindi di essere protagonisti individuali ma anche sociali.

Il termine formazione sostituisce in modo sempre più significativo quello di educazione, accentua in modo sempre più tecnico e professionalizzante gli obiettivi a cui tendono i processi educativi diretti agli adulti. L età adulta cambia di senso, si arricchisce di nuovi elementi diventando un ambito specifico di attenzione. La definizione di età adulta conduce ad una riflessione sui termini con cui connotare l intervento formativo diretto a questa fascia di età che solitamente era stata esclusa da ogni forma di intervento. Al processo educativo viene riconosciuto il carattere della continuità, gli si attribuisce uno sviluppo che segna l arco dell intera esistenza umana, se ne studiano le fasi evolutive delicate e complesse, si interpreta la domanda di formazione come esigenza che non ha limiti di età e quindi reclama risposte di formazione adeguate per ciascuna età. L adulto che fino ad un recente passato, anche in rapporto all immagine sociale che aveva di sé, era destinatario di una formazione già definita (quella più o meno ampia conseguita nella scuola) o, al contrario, era visto come un incolto a vita, diviene sempre più un soggetto educativo a cui si riconosce uno sviluppo che attraversa varie tappe, che mostra bisogni differenziati: globali e specifici, cognitivi e relazionali, culturali ed esperenziali, individuali e sociali, professionali e tecnici. Si pensa l età adulta come ad un età ricca di cambiamenti alla cui realizzazione contribuisce l esperienza educativa. La definizione di età adulta, nata in concomitanza con il bisogno di interrogarsi sui motivi che hanno condotto a pensare l adulto come un soggetto in formazione, sbocca in una articolazione complessa di modelli teorici e di progetti di intervento: si parla non di una sola età adulta, ma di molte età adulte, tante quante sono le formulazioni che le diverse culture hanno elaborato per rispondere al loro bisogno di riconoscersi in essa; si viene delineando il profilo di un uomo capace di decidere, sfidare e sfidarsi , un modello di adulto nutrito di complesse suggestioni teoriche; si va alla ricerca di definizioni di adultità che considerino lo sviluppo attraverso la teoria del corso di vita. Che è altra cosa dall arco di vita, una espressione che sottende la tesi che tutto si conclude per sempre; e non è neanche ciclo di vita, che allude invece al fatto che tutto ricomincia. In sintesi, si viene delineando una visione complessiva dello sviluppo che esclude una definizione definitiva di adulto, ne sottolinea gli aspetti ontogenetici ( cioè di sviluppo del soggetto) piuttosto che quelli filogenetici, mette in risalto i caratteri psicosociali dettati dalle ricerche psicologiche e psicoanalitiche sull adulto, e sottolinea altresì il carattere dell età come un costrutto personale. Soprattutto accede all idea del corso di vita come un modo dell adulto non soltanto per accostarsi alla libertà di attribuirsi autonomamente un età ontogenetica, ma anche per operare dei cambiamenti nei suoi confronti; in altri termini si coglie dell individuo adulto la capacità di essere autore della propria biografia, della propria storia personale dotata di senso. Lo studio dell età adulta realizzato sul versante della psicologia sociale, della pedagogia, della sociologia, dell antropologia ha raggiunto risultati scientifici meritevoli di indubbio interesse. Per concludere, occorre osservare che alcuni dei caratteri evidenziati dalla ricerca psicosociale, che occupa un settore assai affermato della attuale ricerca sull identità adulta (cfr. Maslow, ad esempio), possono essere considerati vicini a quanto pensiamo debba appartenere ad un cittadino che sa salvaguardare i propri diritti in modo attivo. Sono caratteri che comportano una percezione della realtà più chiara e più efficace, una maggiore disponibilità all esperienza, una struttura democratica del carattere. Ma non può essere sottovalutato il fatto che i numerosi altri caratteri elencati da Maslow sono considerati caratteri altrettanto basilari per comporre l adultità e completarne l immagine, senza forzature riduttive verso la dimensione pubblica del soggetto. Nella letteratura volta a definire la nozione di adultità si fa strada dunque, in maniera sempre più esplicita, un aspetto importante, quello di incompiutezza: in altri termini diviene convinzione diffusa che non possa esistere un adultità pienamente raggiunta e consapevole. La vera adultità si profila come tensione verso un ideale dell Io e come desiderio di un prolungamento adultistico ben oltre le soglie della maturità biologica e della vecchiaia.

Considerazioni conclusive

Ritengo di avere individuato con sufficiente chiarezza gli elementi per vagliare non solo il tipo di cittadinanza alla quale abbiamo diritto in via di principio, ma anche quella più modesta e forse più vicina alle condizioni reali che possiamo sperare di conseguire, ossia la cittadinanza alla quale intenzionalmente crediamo e che desideriamo realizzare anche attraverso la formazione adulta. In altri termini, l avere compreso le qualità implicite nell idea di cittadinanza che si va facendo strada nella letteratura degli adulti non ci libera dalla considerazione di una ulteriore serie di questioni alle quali non potremo esimerci dal rispondere. Si tratta di accennare una qualche risposta, a chiusura del nostro comune confronto, almeno sui seguenti punti. Innanzitutto, va ricordato che le aspettative crescenti nei confronti della formazione alla cittadinanza in età adulta non possono liberarci dal compito di verificare se tale tipo di formazione sia stata trascurata e sottovalutata nella formazione di base. Si tratta a mio avviso di una verifica di non poco conto dal momento che ci consente di stabilire se la formazione alla cittadinanza deve de-costruire quanto era stato costruito attraverso gli anni della formazione di base, o invece, piuttosto deve costruire su un terreno completamente intatto. Occorre osservare inoltre che la categoria della cittadinanza ci obbliga a riconsiderare una dicotomia che assume i caratteri classici dell opposizione tra una educazione orientata a finalità definite in funzione della crescita culturale ed affettiva del soggetto ed una, invece, diretta pressocché esclusivamente a rafforzare gli strumenti di interpretazione dei discenti nei confronti della realtà politica economica e sociale. Gli aspetti elencati non sembrano di poco conto. Con essi dovrà confrontarsi l educazione degli adulti se vorrà continuare ad assumere in maniera sempre più diretta ed autorevole un duplice onere: arricchire i contenuti della formazione adulta nelle sue diverse accezioni e declinazioni; mettersi in gioco come polo di riflessione e di verifica delle categorie teoriche e pratiche che intersecano la formazione nella sua complessità, indipendentemente dalla storia anagrafica dei soggetti a cui essa è diretta.

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