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L’INNOVAZIONE POSSIBILE*** di G.Contessa
Ricerca sulla comunicazione tra scuola e famiglia e sulla partecipazione in tre scuole materne di Bolzano

Premessa

L’intervento descritto in questa relazione è stato richiesto dall’ispettorato Scuole Materne in lingua Italiana di Bolzano. L’ispettorato aveva organizzato, nell’estate ‘78, quattro seminari residenziali della durata di una settimana ciascuno. I seminari videro la partecipazione di circa trenta persone ciascuno, avvicinando nel complesso il 25% del totale degli operatori delle scuole materne italiane di Bolzano. Essi erano focalizzati su quattro tematiche precise: animazione e creatività, osservazione del bambino, programmazione educativa, funzione dirigente e partecipazione. Questa prima fase formativa era stata progettata come inizio di un processo di innovazione, che nell’arco di un triennio avrebbe dovuto toccare la totalità delle scuole materne in lingua italiana di Bolzano.

L’innovazione era motivata essenzialmente da due fattori: la attuazione e la sperimentazione della legge n. 36 approvata nel 1976; la necessità di omogeneizzare gli operatori provenienti da enti diversi, di recente inglobati nel sistema della Provincia.

L’intervento realizzato ha avuto un avvio molto travagliato a causa di lentezza burocratiche e politiche, ma anche a seguito di divergenze interne all’équipe inizialmente incaricata di collaborare con l’ispettore. Questo spiega la ragione di un inizio (marzo) piuttosto tardivo dell’intervento. Esso è stato avviato, dopo non poche difficoltà, sotto la responsabilità del prof. Luciano Corradini, incaricato di Pedagogia presso l’Università Statale di Milano, e del dott. Guido Contessa, psicologo ricercatore presso 1’ARIPS di Brescia. Esso inoltre si è svolto parallelamente ad altre dueiniziative di formazione (attività di animazione con i burattini; incontri di approfondimento per genitori) con le quali si sono stabilite delle intese nei momenti di interstaff.

1. Impostazione teorica

L’impostazione teorica dell’intervento si è ispirata a quel complesso di studi e ricerche che viene definito, nella letteratura scientifica, come OD (organizational development). i maggiori autori di riferimento per questa teoria sono: W. G. Bennis (1974), W. L. French e D. H. Beh (1973), P. R. Lawrence e J. W. Lorsch (1972), R. A. Schmuck e M. B. Miles (1971).

L’OD è un insieme di teorie e strategie finalizzate all’obiettivo di rendere i sistemi organizzativi coscienti dei propri problemi, capaci di auto-correggersi e auto-innovarsi. L’OD si basa su numerosi assunti, il principale dei quali è che i problemi che ostacolano un cambiamento derivano in larga misura dalle caratteristiche della struttura, del funzionamento e delle relazioni interne al sistema nel quale il cambiamento è richiesto.

Naturalmente l’OD non ignora che alcuni cambiamenti sono legati a problemi culturali di grande scala, a problemi politico-economici, o a problemi legislativi e burocratici. Tutti i cambiamenti che dipendono da questi fattori, rispondono a dinamiche di carattere strutturale o macro-culturale, incidere sulle quali è compito delle organizzazioni di massa (politiche, sindacali, culturali) o dei singoli in quanto cittadini elettori.

Solitamente, però, in una scuola, solo una parte dei problemi ha una matrice strutturale e macrosociale. Un’altra parte di essi nasce dalla scuola o dal plesso, cioè da un microsistema fatto di adulti e bambini, ruoli, metodi di lavoro, rapporti interpersonali, metodi e tecniche educative. L’OD si propone anzitutto di aiutare il microsistema a distinguere con chiarezza l’insieme dei problemi che sorgono da esso e sui quali può agire, dall’insieme dei problemi che nascono fuori o sopra di esso e sui quali ha scarse possibilità di influenza. In secondo luogo l’OD si propone di aiutare il microsistema a gestire in autonomia la soluzione dei propri problemi.

I temi della " distinzione" e della " auto-innovazione "nelle organizzazioni, sono paralleli a quelli che si ricercano nell’individuo sano e adulto. Costui sarebbe capace di distinguere fra reale e immaginario, e di svilupparsi. Analogamente una scuola sana e adulta è quella capace di distinguere fra le cause reali e quelle immaginarie dei propri problemi; e quella capace di svilupparsi, cioè di migliorare continuamente. Ma una scuola non è un individuo, bensì un insieme di individui.

Un altro degli assunti dell’OD è che un sistema può essere mutato solo da un altro sistema, anche se le dimensioni dei due sono diverse. L’unità di misura di un sistema è un subsistema, non un individuo. Le risorse individuali, elevate o scarse che siano, hanno poca rilevanza nei confronti di un sistema complesso. Inoltre, secondo la teoria di K. Lewin (1935), il comportamento individuale è " funzione " nel campo di forze circostanti, cioè del sistema in cui è inserito. Oggetto e, come vedremo più avanti, soggetto dell’OD è dunque sempre un insieme, un sistema, un gruppo, una pluralità di individui. L’OD ha sempre a che fare con la pluralità, con il principio di realtà e con il cambiamento. Ciascuna di queste tre dimensioni mobilita negli individui e nei sistemi tre diverse sfere: quella cognitiva, quella strumentale e quella psichica. Un sistema adulto, come un uomo adulto, deve saper capire, saper fare e saper essere. L’OD lavora quindi sulle conoscenze sulle capacità e sugli atteggiamenti.

La cultura,’ la conoscenza, il sapere, l’area cognitiva sono importanti nell’OD, ma non costituiscono il problema centrale. Un gruppo di insegnanti di intelligenza e di preparazione media, comprende con facilità i problemi; in carenza di informazioni, se ne procura; sa trovare, in teoria, molte soluzioni ai problemi. Anche le capacità, le tecniche, cioè l’area strumentale, sono importanti per l’OD, ma neanch’esse sono cruciali. Letture, corsi di aggiornamento, consulenti, superiori, possibilità di sperimentare quotidianamente, oggi non mancano in quasi nessuna scuola. Il problema principale per l’OD è quello degli atteggiamenti. Si contano a migliaia, nelle scuole, le soluzioni ai problemi note a tutti, a portata delle capacità di ciascuno, che tuttavia nessuno applica.

Abbiamo detto sopra che la maturità di un sistema consiste nella sua capacità di distinguere realtà da immaginario, e di svilupparsi. Perché ciò avvenga, occorre però che il sistema sia disponibile a guardare in faccia la realtà e desideri svilupparsi. Disponibilità e desiderio non sono elementi psichici fra i più rari nei nostri sistemi sociali? L’OD si occupa appunto di aumentare nei sistemi la disponibilità a misurarsi con la realtà, e la speranza progettuale nel futuro.

Qui entrano in gioco due concetti cardine della psicologia e dell’OD, che con questa deve fare i conti. Il primo è il concetto di ambivalenza. Essa pervade tutti i comportamenti dell’individuo, dei gruppi e dei sistemi. La realtà circostante l’individuo, come l’individuo stesso, comprende bene e male, gratificazioni e frustrazioni, bisogni e paure. Il futuro anch’esso è vissuto con ambivalenza: via via desiderato come mitico o temuto come morte. Di fronte a questa armbivalenza che genera ansietà, incertezza, insicurezza, l’individuo, i gruppi ed i sistemi tendono a difendersi. Il meccanismo di difesa più diffuso è la scissione dell’arnbivalenza: di qui tutto il bene, di là tutto il male. Ecco allora che alcune scuole denegano i loro problemi interni, attribuendo tutte le cause dei loro disagi al Potere, al Sistema, all’Assessore. In perpetua lotta contro fantasmi, esse rifiutano di guardarsi dentro e misurarsi con la realtà. Oppure, caso meno frequente, non riescono a vedere che molti dei loro problemi non dipendono da esse, e vivono dunque in uno stato di perenne depressione e colpevolizzazione.

Intere scuole negano il futuro, il progetto, la speranza, per timore di non riuscire a possederli; oppure lo rnitizzano, allontanandolo nell’utopia. Una gran parte del lavoro dell’OD concerne dunque il trattamento delle resistenze e delle difese. Questo trattamento si traduce in una serie di metodologie e tecniche, ormai largamente codificate nei circa 50 anni di storia dell’OD, che portano il consulente ad allearsi con quelle parti del cliente che accettano la realtà e desiderano lo sviluppo, contro quelle parti del cliente che rifiutano sia l’una che l’altro.

2. La metodologia

La metodologia usata ha essenzialmente due cardini. Il primo consiste nella precisa identificazione dei vari sistemi in rapporto fra loro nel corso dell’intervento; il secondo è l’assunto che nessun cambiamento (o superamento delle difese) è possibile senza la partecipazione del sistema che si pensa di cambiare.

Durante l’intervento abbiamo considerato in interazione due sistemi distinti ed un subsisterna.

Il primo sistema è il cliente: l’organizzazione che cornmissiona l’intervento, lo imposta, lo retribuisce. In questo caso l’Assessorato P.l. in lingua italiana di Bolzano comprendente i funzionari e gli insegnanti, più i bambini ed i genitori: cioè il sistema scolastico nel suo complesso. Questo è stato considerato il cliente, rappresentato dalle tre scuole prescelte, che fungevano da campione esemplare. All’interno di questo medio sistema, abbiamo identificato il sistema utente. Il sistema che avrebbe fatto uso in linea prioritaria dell’intervento, è stato definito nell’insieme di insegnanti, assistenti; dirigenti, direttrice e genitori delle tre scuole in esame. Questo subsistema, iscritto nel sistema scolastico più vasto, è stato considerato il nostro primo utente nel senso che era il soggetto-oggetto dell’intervento.

Il secondo sistema in gioco era la nostra coppia di consulenti. Un sistema che ha cercato di agire in modo integrato, e che si è mosso come " terzo " equidistante fra sistema cliente e subsistema utente.

Questa distinzione ha permesso di effettuare l’intervento col massimo della chiarezza possibile, facendo diminuire i rischi di diffidenza o captazione, che abitualmente clienti ed utenti mettono in atto verso i consulenti.

Il secondo cardine della metodologia si basa su assunti derivabihi da una concezione umanistica dell’uomo e delle organizzazioni. Questi assunti, e tali sono perché in parte indimostrabili, sono:

I) tutti i cambiamenti coercitivi o eterodiretti, oltreché eticamente inaccettabili, sono nella sostanza inefficaci; al massimo essi si limitano a funzionare nelle forme esterne e rituali;

2) se adeguatamente aiutati, ogni uomo e ogni sistema riescono ad aumentare il loro contatto con la realtà, e distinguere come vere o false, primarie o secondarie, le cause dei loro problemi;

3) ogni uomo e ogni sistema hanno in sé il bisogno, la vocazione, a svilupparsi, nel senso di migliorarsi in qualche direzione;

4) ogni uomo o sistema deve essere libero di scegliere i modi ed i tempi del proprio sviluppo, in base alle esigenze percepite ed alla situazione di fatto;

5) i consulenti non hanno il compito di scegliere " per "il cliente e l’utente, ma quello di metterli in condizione di scegliere.

Questi assunti fanno discendere direttamente il secondo cardine della nostra metodologia: il sistema utente è soggetto e oggetto dell’intervento, che si delinea come un intervento del sistema consulente " con " e non " su " l’utente. Questi deve insomma partecipare al massimo livello in ciascuna fase dell’intervento.

Questo non significa affermare che i consulenti sono neutrali, privi di una visione del mondo. Significa che l’intenzionalità dei consulenti è espressa con chiarezza e contrattata con l’utente. Il problema principale di questa intenzionalità riguarda il concetto di sviluppo o miglioramento.

Al punto 3) dell’elenco precedente, abbiamo affermato che ogni sistema ha una vocazione a migliorarsi in qualche direzione, ma non abbiamo indicato la direzione. Un sistema può considerare sviluppo l’aumento della capacità a sfuggir le responsabilità, così come un ladro considera miglioramento l’aumento della destrezza.

L’intenzionalità dichiarata dal sistema scolastico è espressa nella legislazione; l’intenzionalità dei vari subsisterni scuole o plessi dovrebbe essere dichiarata dagli organi collegiali; in realtà questo è uno dei nodi problernatici più ardui di ogni scuola. La intenzionalità di sviluppo dei consulenti può riassumersi in questo modo: un sistema è sviluppato quando è alta la soddisfazione di tutti i subsistemi (lavoratori, genitori, bambini, amministrazione); quando è alta la sua efficienza nel raggiungimento degli obiettivi prefissati; quando è alta la sua capacità auto innovativa.

Queste basi metodologiche hanno resa naturale una fase iniziale di contratto fra sistema consulente e sistema cliente. La contrattazione si è svolta in due tappe: una prima con quella parte del cliente che era il committente dell’intervento (Ispettorato e Assessorato); una seconda con quella parte del cliente che avevamo identificato come utente (gli operatori della scuola). Il committente si è avocato la scelta delle tre scuole in cui effettuare l’intervento, mentre è stata comune la scelta (fra consulenti e committenti) del tipo di intervento che ‘è stato definito " di sostegno all’innovazione ". Le caratteristiche specifiche e la metodologia dell’intervento sono state invece contrattate fra consulenti e operatori nel corso di una assemblea in cui emerse tra l’altro:

1) richiesta ai consulenti di aiuto per mettere a fuoco in situazione operativa, alcuni temi emersi nei seminari di Bressanone (in particolare la programmazione e la partecipazione), per superare differenze di interpretazione e difficoltà fra chi aveva partecipato e chi no;

2) richiesta ai consulenti di non effettuare osservazioni sistematiche nelle classi;

3) richiesta ai consulenti di non chiedere riunioni o lavori eccedenti quelli già in calendario, sovraccaricando un periodo di lavoro già intenso.

I consulenti accolsero queste richieste e focalizzarono, come aree principali dell’intervento le due seguenti:

1) i problemi di relazione fra insegnanti e fra insegnanti e dirigenti in merito alla programmazione e all’organizzazione scolastica;

2) problemi relativi alla partecipazione dei genitori e al funzionamento delle assemblee e dei comitati.

L’area della relazione fra insegnanti e bambini restò così esclusa, perché ritenuta meno problematica delle altre.

3. Le tecniche

Va premesso che gli accordi col committente prevedevano in tutto un impegno di venti giornate di lavoro, il che ha costituito una ulteriore limitazione rispetto a quella costituita dai tempi disponibili, che si sono ridotti a tre mesi.

L’intervento è stato basato su due tecniche: la consulenza ai gruppi di lavoro e il " data feed-back ".

— Per la prima tecnica i riferimenti scientifici sono: E. Schein (1972) e R. A. Schmuck, P. J. Runkel, J. H. Arends e R. I. Arends (1977).

Obiettivo principale della tecnica della consulenza è quello di rendere i membri del gruppo consapevoli delle loro relazioni, del loro metodo di lavoro. A rigore, il consulente dovrebbe limitarsi ad osservare i processi ed i metodi del gruppo, ed offrire al gruppo le proprie osservazioni, senza entrare nel merito dei contenuti.

Questo stile si scontra tuttavia con molte carenze oggi esistenti nelle scuole in genere. Una di queste è la dipendenza degli operatori scolastici verso ogni persona che rappresenti un’autorità, burocratica o scientifica che sia.

E' fin troppo evidente che tale dipendenza è un meccanismo di difesa dei gruppi dalla propria autonomia e dalla propria responsabilità. D’altra parte il trattamento approfondito di questa difesa richiede tempi assai lunghi e costi psicologici molto elevati. Spesso dunque i consulenti hanno dovuto colludere con le istanze di dipendenza dei gruppi, assumendo un ruolo di consulenza anche per quanto riguardava i contenuti. La partecipazione dei consulenti ha riguardato tre tipi di gruppi: le assemblee degli operatori (dirigente, insegnanti, assistenti); le assemblee scuola-famiglia; i comitati di gestione.

Complessivamente i consulenti sono stati presenti a n. 40 gruppi di lavoro, secondo la distribuzione qui indicata:

incontri nelle scuole
operatori
famiglia
comitato
Sc. Mat. di via Aosta
7
1
4
Sc. Mat. 5. M. Goretti
7
3
3
Sc.Mat.diS.PioX
7
5
3

La durata media di ogni riunione è stata di circa due ore; l’o.d.g. era prestabilito dal normale calendario scolastico, nel senso che nessuna riunione è stata promossa in modo speciale a causa dell’intervento. Possiamo distinguere due tipi di riunione: quelle prevalentemente orientate alla

discussione e allo scambio di informazioni, e quelle finalizzate a qualche decisione. In ciascuna di queste il consulente ha avuto un ruolo oscillante fra la consulenza sui processi e la consulenza sui contenuti, anche in base alle inclinazioni personali, in parte diverse, dei due consulenti. Questo si può vedere dalle due relazioni, che assumono come cardini i risultati dei questionari proposti alle operatrici sull’organizzazione interna e sulle percezioni reciproche (Contessa), e ai genitori, ai membri dei comitati e alle operatrici sui comitati scuola-famiglia (Corradini).

Obiettivo principale della tecnica nota col nome di < data feed-back " è la raccolta di informazioni sul sistema, restituite poi ad esso, perché servano da base per diagnosticare la situazione, risolvere i problemi identificati e pianificare il futuro. Data la brevità e la complessità dell’intervento, si è deciso di usare questa tecnica verso la fine dello stesso: da una parte perché la impostazione dei sistemi di rilevazione richiedeva un preventivo lavoro di osservazione nei gruppi e nella organizzazione; dall’altra per lasciare alle scuole del materiale informativo da utilizzare all’inizio del prossimo anno scolastico.

Le tecniche utilizzate per la raccolta dei dati sono state essenzialmente due:

Ad integrazione di queste tecniche è stata condotta una analisi approfondita della legge n. 36 istitutiva della scuola materna provinciale; ed una lettura casuale di alcuni piani di lavoro di singole insegnanti, e di alcuni verbali di riunione.

Sono stati somministrati cinque questionari, di cui uno ai genitori, sui rapporti scuola-famiglia; uno ai membri dei comitati, sul loro funzionamento; e tre alle operatrici, di cui uno sull’organizzazione interna, uno sulle percezioni reciproche e uno sui rapporti scuola-famiglia.

La somministrazione dei questionari non ha registrato alcuna difficoltà, grazie alla collaborazione prestata da tutti gli operatori. Anche quello per i genitori, che presentava difficoltà organizzative, ha fruttato ben 504 risposte.

I dati emersi dalle rilevazioni sono stati restituiti agli operatori al termine dell’intervento e potrebbero fornire numerosi spunti di riflessione per la progettazione del prossimo anno scolastico. Crediamo infatti che questo intervento, come ogni altro, possa rendere vantaggi significativi solo se continuato nel tempo. Mentre i contributi offerti dai consulenti durante le riunioni possono essere finiti e consumati nel momento in cui sono espressi, i dati raccolti coi questionari ed offerti in questa relazione, parzialmente elaborati, possono costituire una buona base di partenza per riorientare l’attività, le relazioni interpersonali e la organizzazione delle tre scuole. Alcuni dati addirittura possono essere utilmente presi in considerazione per modificare o perfezionare la Legge n. 36/1976, almeno in quelle parti che questo intervento ha evidenziato come imprecise o insufficienti. Se così accadesse, l’intervento sarebbe di qualche utilità per tutto il sistema cliente (committente ed utenti).

1. ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DELLA SCUOLA

Questo questionario (all. n. 1) è stato somministrato a tutti gli operatori delle tre scuole prese in esame, in modo che esso fosse compilato individualmente e riconsegnato dopo circa 30 minuti. Come si può vedere dall’allegato, il questionario prendeva in esame numerose variabili, che considereremo in altrettanti paragrafi dell’esposizione seguente.

Il questionario prendeva in esame percezioni, atteggiamenti, giudizi. I risultati ottenuti non garantiscono certo della oggettività, cioè della esatta corrispondenza fra dichiarazioni e realtà. D’altronde come in tutte le indagini di carattere psicologico, l’oggettività non è rilevante. Ciò che conta è l’intersoggettività e la sua realtà, che possono a non avere alcun legame con la verità oggettiva. Per intenderci, se tutti gli insegnanti di una scuola pensano che l’anno scolastico sia andato male, questa valutazione è reale e merita attenzione, a prescindere che essa sia o no oggettiva.

Valutazione dell’anno scolastico

Alla domanda 1) si chiedeva una valutazione generale dell’anno scolastico. La scala di risposte possibili: ottimo-buono-non so-mediocre-scadente. In questo caso, nella codifica, le risposte " non so " sono state assimilate ad un giudizio non positivo sull’anno scolastico. Ne risulta che il 55% degli operatori di via Aosta danno una valutazione positiva (fra ottimo e buono); gli operatori della 5. Pio X arrivano all’800ì6 coi giudizi positivi; mentre quelli della Maria Goretti solo al 45%.

Questo denota una prima differenza fra le scuole, anche se queste percentuali sono state arrotondate: gli operatori della 5. Pio X danno una valutazione largamente più positiva delle altre due scuole. Questo significa che 5. Pio X è stata la scuola che effettivamente è andata meglio, oppure significa che gli operatori della 5. Pio X sono i più ottimisti? Non possiamo rispondere a questa domanda. Possiamo però affermare che la soddisfazione percepita nella

5. Pio X è largamente maggiore, e indurre da ciò che il " clima " di quella scuola a fine anno è molto più euforico che nelle altre.

Percezione dell’importanza dei problemi

La domanda 2) interrogava sull’importanza dei problemi. In via Aosta fra i problemi considerati più importanti, troviamo: 1) ci sono troppi bambini nelle sezioni; 2) gli spazi sono poco adeguati; 3) i rapporti coi superiori sono difficili; 4) le attrezzature ed i materiali sono scarsi; 5) arrivano sempre ordini dall’alto.

Fra i problemi indicati come poco o quasi niente importanti, troviamo: a) i bambini non sono accettati e capiti; b) il rapporto fra educatori e assistenti non è soddisfacente.

Come si vede, gli operatori di via Aosta indicano fra i loro principali problemi quelli derivanti da elementi strutturali (affollamento, inadeguatezza di spazi e attrezzature), o da elementi gerarchici (rapporti coi superiori).

Alla 5. Pio X fra i problemi più importanti, troviamo:

1) gli spazi sono poco adeguati; 2) ci sono troppi bambini nelle sezioni; 3) i rapporti con l’amministrazione sono insoddisfacenti; 4) le attrezzature ed i materiali sono scarsi;5) arrivano sempre ordini dall’alto.

Fra i problemi poco o nulla rilevanti: a) i rapporti fra educatrici sono difficili; b) i bambini non sono accettati e capiti.

Alla 5. Maria Goretti costituiscono problemi: 1) ci sono troppi bambini nelle sezioni; 2) è difficile programmare il lavoro; 3) i rapporti fra educatrici sono difficili; 4) i genitori partecipano poco e 4) non si verifica l’efficacia del lavoro; 5) gli spazi sono poco adeguati. Mentre non costituiscono o quasi dei problemi: a) i bambini non sono accettati e capiti; b) i rapporti con l’amministrazione sono insoddisfacenti.

Ad un primo sguardo c’è una grande somiglianza fra la scala dei problemi indicati in via Aosta e quelli indicati alla 5. Pio X. Analizzando invece tutte le risposte, si nota una maggiore vicinanza fra via Aosta e 5. Maria Goretti, in quanto in entrambe sono molti i problemi percepiti come importanti, pur con intensità diversa, mentre alla 5. Pio X sono molti i problemi considerati irrilevanti. Questa scuola insomma considera alcuni problemi importanti ed altri no; le altre due scuole considerano importanti quasi tutti i problemi indicati, solo con una diversa intensità.

Fra via Aosta e 5. Maria Goretti c’è però una differenza; mentre la prima privilegia i problemi strutturali e burocratici, la seconda definisce come importanti anche problemi interni come la programmazione del lavoro, i rapporti fra insegnanti, la scarsa partecipazione dei genitori e l’assenza di verifiche sul lavoro svolto.

In tutte e tre le scuole c’è uniformità nel considerare importanti l’affollamento dei bambini, l’inadeguatezza degli spazi. I rapporti con l’autorità e con l’amministrazione sono considerati fonte di problemi solo per via Aosta e 5. Pio X.

Percezione dei compiti effettivamente svolti dalla dirigente

La domanda 3) riguardava i compiti effettivamente svolti dalla dirigente. Questa domanda è stata inserita in quanto nella Legge 36 questo ruolo è descritto in modo molto generico. Si voleva vedere come il ruolo dirigente è gestito nella pratica. Poiché ci interessa il ruolo e non la singola persona che lo occupa, analizziamo i dati emersi dalle tre scuole, nel loro complesso.

Su 56 operatrici che hanno risposto a questa domanda (cioè sull’universo degli operatori): l’82% attribuisce alla dirigente il compito della conduzione delle riunioni di gruppo; il 730v le attribuisce un ruolo di aiuto organizzativo alle insegnanti; il 70% un ruolo di raccordo con l’amministrazione; il 66% il compito di amministrare il personale; il 45% il compito di tenere rapporti con le famiglie; il 32~o il compito di verificare il lavoro didattico; il 21% un ruolo di consulente delle educatrici.

Da questi compiti indicati dalle operatrici come effettivamente svolti dalla dirigente, emerge l’importanza del suo ruolo, secondo un taglio eminentemente organizzativo e amministrativo. La verifica del lavoro didattico e la consulenza sono compiti svolti in modo limitato, e questo porta a domandarci se questi compiti vengano svolti e in tal caso da chi. La domanda risulta tanto più pertinente, se si analizza l’identikit della direttrice così come emerge dalle risposte alla domanda 4).

Percezione dei compiti effettivamente svolti dalla direttrice

L’84% delle operatrici dichiara che la direttrice svolge concretamente compiti di promozione e coordinamento delle attività didattiche; il 73% le accredita un ruolo di collegamento con l’amministrazione; il 6700 dice che la direzione svolge il compito di tenere rapporti con gli specialisti; il 53% che svolge assistenza tecnico-didattica; il 52% che conduce riunioni di gruppo; il 46% che svolge il compito di verificare il lavoro didattico; il 20% le attribuisce il compito di adottare provvedimenti nei casi di inadeguatezza del personale; il 21% la consulenza pedagogica; il 12% il compito di raccordo con le famiglie.

Anche in questo caso siamo di fronte ad un ruolo molto importante. Tuttavia notiamo almeno due punti che possono diventare " critici " nel confronto fra dirigente e direttrice: sia i rapporti con l’amministrazione, sia la conduzione delle riunioni sono compiti che le operatrici attribuiscono ad entrambe le figure. Possiamo intendere questa sovrapposizione di ruoli sia come la prova di una stretta collaborazione, sia come un rischio di conflitto e di inefficienza.

Meno della metà delle operatrici attribuisce alla direzione il compito di verificare il lavoro didattico (46%), mentre il 32% attribuisce questo compito alla dirigente. Poiché è difficile pensare ad una stretta integrazione su questo ruolo, fra dirigente e direttrice, viene fatto di pensare che il lavoro di più della metà delle operatrici non viene verificata da alcuna autorità; mentre circa un terzo delle operatrici viene verificato da ben due livelli gerarchici. il 21% delle operatrici indica un ruolo di consulenza della dirigente, e la stessa percentuale lo indica nella direttrice. Anche qui viene il dubbio che un quinto delle operatrici goda di due figure di consulenza; mentre i restanti quattro quinti non hanno figure di riferimento per ottenere supporti e consigli.

Percezione dei compiti effettivamente svolti dall’ispettore

Alla domanda 5) si chiedeva di indicare i compiti effettivamente svolti dall’ispettore. Circa I’80% gli attribuiscono compiti di aggiornamento; il 44% compiti di collegamento con l’amministrazione; il 25% il compito di formulare pareri su programmi e sussidi didattici; il 14% compiti di consulenza pedagogica; l’l 1% compiti di ispezione tecnico-didattica. Come si vede, anche qui i compiti di consulenza e di verifica sono quelli i cui ambiti risultano più oscuri. Il dato più sorprendente è la bassa attribuzione di compiti ispettivi, che forse testimonia di una volontà di defiscalizzazione del ruolo ispettivo. Anche nei rapporti con l’amministrazione, l’ispettore si aggiunge alla dirigente e alla direttrice. Questo dato può forse spiegare la percezione quasi ovunque negativa o dei rapporti con l’amministrazione o dei rapporti con l’autorità in genere. Data la infrequenza di compiti svolti per le verifiche o l’ispezione, la percezione negativa dell’autorità o dell’amministrazione non può essere imputata ad atteggiamenti repressivi di questa, ma semmai ad una latitanza in parte agevolata dalla sovrapposizione delle figure con le quali è in rapporto.

Percezione del ruolo delle assistenti

La domanda intendeva esplorare il ruolo giocato dalle assistenti e ne ipotizzava tre; uno meramente organizzativo ed esecutivo, uno più ricco, che includesse anche un coinvolgimento nelle decisioni, ed infine uno di collaborazione attiva al lavoro pedagogico. In via Aosta il 75% dichiara che le assistenti collaborano attivamente, e solo il 5% attribuisce loro un ruolo meramente esecutivo. Alla 5. Pio X il 65% considera le assistenti collaboratrici, mentre il 15% le colloca solò nell’area esecutiva. Alla 5. Maria Goretti il 70% le considera collaboratrici attive e solo il 13% esecutive. Come si vede, essendo i questionari compilati da tutto il personale delle scuole, assistenti comprese, queste ultime risultano inserite largamente come partecipanti attive al processo educativo.

Soddisfazione circa il lavoro svolto nell’anno da ciascun compilatore

La domanda richiedeva una valutazione della soddisfazione personale raggiunta da ciascun operatore nell’anno scolastico. Le risposte possibili erano su una scala: moltissimo-molto-abbastanza-poco-pochissimo.

In via Aosta abbiamo un tasso di soddisfazione personale del 90% (fra moltissimo-molto-abbastanza); lo stesso tasso riscontrato alla 5. Pio X; la 5. Maria Goretti registra l’81 % di soddisfazione individuale. Come si può indurre da questi dati, sembra confermata la nostra ipotesi iniziale che i problemi maggiori delle tre scuole in esame fossero riconducibili a cause organizzative o relazionali, non agli individui o al rapporto adulto-bambino.

Valutazioni relative al lavoro di gruppo nella scuola (efficacia, soddisfazione, tecniche)

Le domande dalla 8 alla 12 riguardano il lavoro di gruppo: valutazione teorica dello strumento (n. 8), efficacia delle riunioni svolte (n. 9), soddisfazione nelle riunioni svolte (n. 10), uso del gruppo come spazio di consulenza (n. 11), ostacoli concreti al lavoro di gruppo (n, 12).

Il lavoro di gruppo raccoglie consensi teorici molto vasti in tutte e tre le scuole: è considerato utile o utilissimo dal 95% degli operatori di via Aosta, dal 100% degli operatori di 5. Pio X e dal 95% degli operatori di 5. Maria Goretti.

La cosa muta quando si passa da una adesione teorica all’osservazione della vita quotidiana. In via Aosta solo il 60% considera molto o abbastanza efficienti le riunioni effettuate durante l’anno; alla 5. Pio X il 90%; alla 5. Maria Goretti il 70%.

Circa la soddisfazione nelle riunioni: in via Aosta il 60 per cento è molto o abbastanza soddisfatto; alla 5. Pio X troviamo il 90% soddisfatto; alla 5. Maria Goretti solo il 35%. Come si vede l’ottimismo della 5. Pio X sul lavoro di gruppo collima con l’ottimismo dichiarato alla domanda 1) (valutazione anno scolastico).

Circa l’uso del gruppo come spazio di consulenza fra insegnanti (dom. 2), in via Aosta e nella 5. Pio X con poche varianti il 60% fa ricorso al gruppo per risolvere un problema di carattere pedagogico o didattico (mentre il 70 per cento fa ricorso anche a singoli colleghi, ed il 35% cerca soluzioni individuali); alla 5. Maria Goretti ricorre al gruppo il 25% (ai colleghi si rivolge il 75%). Queste risposte suggeriscono l’ipotesi che una parte della consulenza non svolta da dirigente, direttrice o ispettore, venga soddisfatta da colleghi o da gruppi di lavoro.

Più in dettaglio notiamo come il basso dato della 5. Maria Goretti corrisponda al basso dato da questa espresso circa la soddisfazione nel lavoro di gruppo (35%) ed ai " rapporti difficili fra educatrici " indicati alla domanda 2) come causa di problemi. La 5. Maria Goretti appare finora la scuola più conflittuale delle tre.

Molte sono le cause che rendono difficile il lavoro di gruppo.

In via Aosta il 70% mette al primo posto l’esistenza di una leadership inibente (" parlano sempre solo alcuni "), il 45% attribuisce le difficoltà alla scarsa comunicazione dei partecipanti, il 35% alla bassa autenticità (< i partecipanti non dicono quello che pensano ").

Alla 5. Pio X il 65% mette al primo posto la presenza di una leadership inibente, il 50% l’inautenticità, il 30% attribuisce le difficoltà alla non conoscenza delle regole tecniche del lavoro di gruppo.

Alla 5. Maria Goretti si indica come prima disfunzione una leadership inibente (75%), al secondo posto l’inautenticità col 60%, al terzo la scarsa comunicazione fra i partecipanti (50%), al quarto posto il 40% indica la scarsa conoscenza di tecniche del lavoro di gruppo e una leadership emarginante (" il gruppo discute ma poi decidono i soliti ").

Come si può notare esiste una larga uniformità nelle disfunzioni riconosciute al lavoro di gruppo: fenomeni di leadership inibente o emarginante, bassa comunicazione e inautenticità, ignoranza tecnica. Queste disfunzioni spiegano in parte i bassi livelli di efficacia e di soddisfazione nelle riunioni tenute durante l’anno, e riportano l’attenzione sullo stile di conduzione dei gruppi espresso da dirigenti e direttrici, oltre che sui rapporti orizzontali fra operatori.

Atteggiamenti verso il cambiamento

La domanda 13) tendeva ad esplorare la percezione degli operatori in ordine ai cambiamenti intercorsi nell’ultimo anno. Si chiedeva di valutare l’anno scolastico ‘78-’79, paragonandolo col precedente, su una scala del tipo: molto peggiore - peggiore - uguale - migliore - molto migliore. In via Aosta solo il 25% intravede un miglioramento, un altro 25% trova la situazione invariata e ben il 50% la considera peggiorata. La cosa è molto diversa per quanto riguarda la 5. Pio X e abbastanza diversa nella 5. Maria Goretti.

Alla 5. Pio X nessuno considera peggiore l’anno in corso, nessuno lo considera uguale, e ben il 95% lo considera migliore. Alla 5. Maria Goretti solo il 6% considera quest’anno come peggiore, il 25% lo considera uguale, il 65% lo considera migliore. Questi atteggiamenti rispetto al cambiamento passato si ripercuotono sull’ottimismo e sulla speranza verso il futuro anno scolastico. In via Aosta il 10% prevede ancora un peggioramento, il 50% nessun miglioramento, e solo il 30% è il tasso di speranza nel miglioramento. Alla 5. Pio X solo il 15% non ha speranze, mentre l’80% conta su un miglioramento. Alla 5. Maria Goretti il 50% prevede che il prossimo anno sarà uguale, mentre il 45% spera in un miglioramento. Anche in questo caso si conferma il generale ottimismo della 5. Pio X, in contrasto con un maggiore problematicismo (o pessimismo) delle altre due scuole.

Percezione complessiva della scuola

La domanda 15) offriva la possibilità di una valutazione sintetica della scuola attraverso la scelta di un paragone fra questa e: una famiglia, un parcheggio, un campo giochi, una fabbrica, un collegio. Naturalmente nella decodifica abbiamo considerato " positivo " il paragone con una famiglia e un campo giochi, e " negativo " il paragone con le altre entità. Le risposte confermano il quadro già delineato nelle due domande precedenti. In via Aosta il 40% non ha risposto a questa domanda; il che è strano, considerata la completezza delle risposte alle domande precedenti. Senza tentare estrapolazioni, a stretto rigore metodologico poco giustificante con un universo così piccolo, solo il 40% ha l’immagine positiva della scuola, mentre il 20% ne ha una negativa. Proiettando questo dato sull’universo, risulta che ben il 33% avrebbe una percezione negativa della scuola. Alla 5. Pio X rispondo quasi tutte e solo il 10% ha una percezione negativa, mentre il 75% ne ha una positiva. Alla 5. Maria Goretti il 25% ha una percezione negativa, mentre il 55O/~ ne ha una positiva.

Distribuzione della responsabilità fra i diversi ruoli presenti

La domanda 16) è particolarmente interessante per le informazioni che offre, anche se, forse, una sua non chiara formulazione ha fatto ottenere dati incompleti o imprecisi. In ogni caso emergono notizie molto interessanti. La domanda, volutamente ambigua, chiedeva di quantificare il tasso di responsabilità di ciascuno dei principali " attori " della scuola: bambini, insegnanti, assistenti, genitori, cucina, dirigente, direttrice, ispettore, amministrazione. Nella richiesta di valutare la responsabilità era implicita una doppia risposta: una che identificava la responsabilità con la colpa, ed una che la assimilava al potere. Solo con questa ambivalenza del termine si spiegano alcune valutazioni altrimenti non spiegabili. Per esempio in via Aosta i bambini sono al IX posto come responsabilità. Se non pensassimo che i compilatori hanno privilegiato il significato di colpa per questo termine, dovremmo dedurre che in quella scuola i bambini non hanno alcun potere di influire (nel bene o nel male) sulla qualità dell’anno scolastico. E d4 questo dato dovremmo definire il metodo di quella scuola come estremamente rigido e autoritario. Poiché ciò non consta, arriviamo alla conclusione di ipotizzare che in via Aosta gli operatori hanno inteso la responsabilità come c6lpa. Questa logica interpretativa è a doppio taglio perché scopriamo che in tale scala al primo posto come responsabilità ci sono le assistenti, seguite a poca distanza dalle insegnanti. Il che significa che queste sono disposte a riconoscersi come le maggiori responsabili di una situazione definibile, in base alle altre risposte, come non del tutto gratificante. Al terzo, quarto e quinto posto troviamo, nell’ordine, la dirigente, l’ispettore e la direttrice. 11 che proverebbe l’importanza che questa scuola dà alle figure d’autorità. Strano invece è che l’amministrazione sia al settimo posto, dopo che nelle prime domande, via Aosta aveva individuato i suoi maggiori problemi in cause di ordine strutturale e burocratico. Interessante notare che i genitori sono al sesto posto, quindi a livelli di responsabilità (colpa o potere che sia) piuttosto bassi. La cucina è collocata all’ottavo posto, solo in un gradino più responsabile dei bambini.

Alla 5. Pio X la scala di responsabilità cambia sensibilmente. Sembra che la generalità dei compilatori abbia interpretato il termine come potere di influenzare l’anno scolastico. Al primo posto troviamo le insegnanti, al secondo le assistenti, al terzo la direttrice, al quarto la dirigente, al quinto i bambini, al sesto i genitori, al settimo l’amministrazione, all’ottavo l’ispettore ed al nono posto la cucina. Da notare che anche in questa scuola i genitori sono al sesto posto, preceduti da direttrice e dirigente: il che forse dimostra che in queste due scuole l’interno conta assai più dell’esterno.

Per quanto riguarda la 5.. Maria Goretti nessuna novità per il primo e secondo posto, dove troviamo le insegnanti e le assistenti; mentre vediamo i genitori al terzo posto ed i bambini al quarto, al quinto la dirigente, al sesto la direttrice, al settimo l’ispettore, all’ottavo l’amministrazione ed al nono posto la cucina. Analizzando queste risposte in modo

da fare un quadro sintetico delle tre scuole, possiamo notare: il comune riconoscimento della responsabilità principale a insegnanti e assistenti, la scarsa importanza attribuita alla cucina (ottavo e nono posto) ed all’amministrazione (settimo e ottavo posto).

Fra i punti divergenti, notiamo che i genitori hanno responsabilità medio-bassa (sesto posto) in via Aosta e alla 5. Pio X, ed alta (terzo posto) alla 5. Maria Goretti. Si nota una responsabilità media in quest’ultima scuola ed alla 5. Pio X per quanto riguarda i bambini, che hanno invece una posizione bassissima (nono posto) in via Aosta; una grande responsabilità attribuita alla dirigente (terzo) ed all’ispettore (quarto) in via Aosta, ed ai genitori nella 5. Maria Goretti (terzo). Possiamo lanciare l’ipotesi che via Aosta sia centrata sulla gerarchia, nel senso che nei primi cinque posti di attribuzione della responsabilità ci sono tutte e tre le figure gerarchiche (dirigente, direttrice, ispettore). Ragionando allo stesso modo, possiamo definire la 5. Maria Goretti come " centrata sull’utente ", visto che mette nei primi cinque posti di responsabilità sia i bambini (quarto) che i genitori (terzo). La terza ipotesi è che la 5. Pio X è centrata in modo equilibrato sulla gerarchia e sull’utenza:

nei primi cinque posti troviamo infatti sia dirigente che direttrice (quarto e terzo posto), sia i bambini (quinto posto).

Pur sottolineando che si tratta di mere ipotesi da discutere, a questo punto possiamo tentare un abbozzo di diagnosi delle tre scuole; tale diagnosi è suffragata in parte da queste informazioni, in parte dalle osservazioni nei gruppi.

Il cambiamento, come abbiamo affermato nella premessa, crea ansietà e difficoltà. A queste, i sistemi rispondono con atteggiamenti e comportamenti difensivi di vario tipo.

Via Aosta sembra reagire con un meccanismo di " esportazione del conflitto ", cioè di attribuzione degli aspetti negativi in toto all’autorità ed alla burocrazia. 5. Maria Goretti sembra reagire con un meccanismo inverso, cioè diimportazione del conflitto ", di attribuzione di tutte le difficoltà al proprio interno e di eccessiva bonificazione dell’utente. 5. Pio X sembra reagire con un meccanismo di " de-negazione del contlitto " e di fuga nell’ottimismo, che sfocia in un soddisfacente equilibrio fra i ruoli del sistema.

Mentre via Aosta ipervaluta, anche se negativamente, la gerarchia; e 5. Maria Goretti ipervaluta, anche se positivamente, l’utente; 5. Pio X sembra equivalutare tutte le forze in campo. Si noti che queste ipotesi non hanno alcuna intenzione giudicante, e lo scopo di queste riflessioni non è certo quello di cercare la scuola migliore. Tutti questi meccanismi di difesa non sono affatto il frutto di fantasie infantili degli operatori, ma amplificazioni di una realtà concreta. Amplificazioni giustificate da un sano e legittimo istinto difensivo degli operatori, dalle ansie del cambiamento.

Obiettivo di questa diagnosi è quello di disoccultare i dispositivi difensivi agli occhi di coloro che li mettono in atto, affinché essi stessi decidano se riconoscerli e superarli. Una volta presa questa decisione, è importante distinguere fra i diversi meccanismi, perché ciascuno richiede strategie di superamento differenti.

Scala d’importanza dei problemi percepiti e scala di speranza per la soluzione dei problemi

Le domande 17) e 18) servivano da controllo alle domande 2) e 14), oltre che per precisare le percezioni e gli atteggiamenti di fronte ai principali problemi. Le risposte dovevano offrire una graduatoria di importanza (dom. 17) e di speranza di soluzione (dom. 18).

Purtroppo poche delle operatrici hanno interpretato le domande nel senso previsto, ed hanno dato graduatorie imprecise o incomplete. Tuttavia alcuni dati sono interessanti.

In via Aosta i problemi più importanti (ai primi tre posti) sono: problemi politici che l’amministrazione non risolve; relazioni fra personale e superiori; problemi di spazi, attrezzature, materiali. Considerati meno importanti i problemi di rapporti fra operatrici (quarto), quelli legati alla competenza personale (quinto), i problemi derivanti dalle famiglie (settimo) e quelli derivanti dai bambini (ottavo). Il quadro si esplicita con le risposte alla domanda 18), che richiedeva una graduatoria circa la speranza di soluzione.

L’unico problema, fra i primi tre considerati importanti, per il quale si intravede una soluzione, è quello degli spazi, dei materiali e delle attrezzature. Risultano facilmente risolvibili i problemi derivanti dai bambini e quelli relativi alle competenze e alle capacità delle operatrici, che sono indicati nelle domande 17) come poco rilevanti. Mentre al sesto e settimo posto nella scala di speranza troviamo i problemi politici e quelli in rapporto coi superiori, che erano indicati come i principali. Questo è coerente col basso tasso di speranza nel miglioramento già espresso in via Aosta a proposito della domanda 14).

Alla 5. Pio X sono considerati importanti: i problemi di strutture e di attrezzature, della competenza degli operatori e quelli derivanti dai bambini. Questa sarebbe una prova della equi distribuzione operante alla 5. Pio X, che vede i problemi derivanti in egual misura dall’interno, dall’esterno e dall’alto (operatori, utenti, burocrazia). Circa la speranza di soluzione, al primo posto troviamo i problemi derivanti dai bambini. Al secondo ed al terzo posto vediamo i rapporti fra operatrici e quelli con le famiglie, considerati poco rilevanti. A distanza ravvicinatissima (un decimo di punto) 5. Pio X mette la speranza nella soluzione dei problemi di competenza delle operatrici e di quelli relativi agli spazi e alle attrezzature. Insomma 5. Pio X conferma le sue risposte alla domanda 14) attribuendo molta speranza nella soluzione dei problemi.

Gli operatori della 5. Maria Goretti confermano la propria problematicità, indicando come importanti, ben sei problemi su sette, che risultano distanziati l’un dall’altro per decimi o centesimi di unità. Infatti tra un livello 1,4 e un livello 1,8 troviamo: problemi di competenza degli operatori, di rapporti coi superiori e coi bambini, di spazi e attrezzature e di rapporti fra operatori, di rapporto con le famiglie. All’ultimo posto i problemi politici. Questo mettere al primo posto i problemi derivanti dalla propria incompetenza, conferma l’ipotesi di una ipervalutazione dell’utente e di una conseguente colpevolizzazione. La graduatoria della speranza sembra positiva, in quanto i problemi considerati più importanti sono anche quelli che compaiono come i più risolvibili. Una sola difficoltà sembra riguardare i problemi derivanti dai rapporto con le famiglie; problemi, la speranza di soluzione dei quali, è piuttosto bassa.

Giudizio sull’attività formativa passata e futura

Le domande 19), 20), 21) riguardano iniziative di formazione passate e future.

Nella scuola di via Aosta coloro che hanno partecipato alle iniziative di Bressanone rappresentano il 70%; il 65% le ha considerate utilissime o abbastanza utili, e solo il 10% poco utili.

Alla 5. Pio X i partecipanti ai corsi sono il 60%; il 65% di questi operatori considera utili queste attività, e solo il 15% poco utili.

Alla 5. Maria Goretti la minoranza ha partecipato (solo il 31%; il 55% le valuta come utili, a fronte di un 6% che le trova inutili).

Le domande 21), 22), 23) erano domande " aperte ", nel senso che non prevedevano una precisa gamma di risposte. Le compilazioni ottenute sono state assai poche, quindi non misurabili né significative.

2. DIFFERENZIALE SEMANTICO (all. n. 2)

Questo strumento era allegato al primo questionario. Esso aveva lo scopo di indagare sugli atteggiamenti e sulle percezioni generali degli osservatori verso tre variabili: se stessi, i bambini, la direttrice.

Questa tecnica prevede una scelta fra molte coppie antagoniste di aggettivi qualificativi, tendenti a focalizzare nell’insieme la credibilità, la fiducia, la stima, la disponibilità. Il quadro offerto dalla decodifica riguarda insomma un atteggiamento generalmente " positivo " o " negativo " verso l’oggetto delle scelte.

Fra i molti sistemi di decodifica abbiamo scelto quello più semplice ed immediatamente comprensibile. Poiché i due aggettivi sono separati da una scala da 1 a 5, abbiamo considerato 3 0; 2 e 4 1; 1 e 5 = 2. Abbiamo poi dato un valore positivo al numero più vicino all’aggettivo positivo. Da questa impostazione deriva che ciascun compilatore poteva scegliere per ciascun aggettivo da + 2 (molto positivo) a -2 (molto negativo). Essendo 10 gli aggettivi, ogni operatore poteva scegliere di esprimere il suo atteggiamento complessivo su una scala da + 20 a -20. In base ai diversi universi (20; 20; 16), le scuole hanno espresso i loro atteggiamenti in questo modo: Via Aosta max +400 // min. -400; 5. Pio X max +400 // min-400 // S. Maria Goretti max + 320Il min. -320. Infine abbiamo proporzionato a 100 i valori emersi su una scala a 400 ed a 320.

Sarebbe stato interessante chiedere valutazione su tutti i " soggetti " oltre i tre sopraddetti, ma abbiamo temuto di appesantire troppo lo sforzo delle operatrici. Comunque i dati sono stimolanti. In via Aosta il soggetto meno credibile, meno stimato, meno percepito positivamente, è il bambino, come presso 5. Maria Goretti (38% in via Aosta, 31,6% alla 5. Maria Goretti). Sul versante opposto, quello positivo, col 41,5% le operatrici mettono se stesse al secondo posto, collocando al primo posto, col 50,25% la direttrice.

Questo dato è sorprendete, se si pensa che in tutte e tre le scuole la direttrice ha ottenuto il primo posto in quanto a credibilità, fiducia, stima, percezione positiva! Presso la 8. Pio X la direttrice ha ottenuto il 45,25%, di fronte ad un 30,5% dato ai bambini e ad un 26,25% dato alle operatrici. Presso la 5. Maria Goretti alla direttrice è stato assegnato un punteggio del 50%, con un 45% alle operatrici e un 31,6% ai bambini. La sorpresa è tanto più grande, se si considera che alla domanda 16) (responsabilità), tutte e tre le scuole assegnano alle operatrici il primo posto, mentre alla direttrice è assegnato il terzo posto (5. Pio X) o il quinto (Via Aosta e 5. Maria Goretti).

Se si considera che nella domanda 2), ad eccezione della 5. Maria Goretti, i problemi di rapporto con l’autorità vengono classificati fra i più importanti, il riferimento più probabile non sembra alla direttrice. Il differenziale semantico indica poi un’altra riflessione importante. Al di là delle consunte dichiarazioni di " amore " per i bambini, in genere dati dalle insegnanti della scuola italiana, salta fuori, pur in questo piccolo campione, che questi bambini godono di percezioni e di atteggiamenti positivi assai ridotti. Il 38% in via Aosta, il 30,5% alla 5. Pio X ed il 31,6% alla 5. Maria Gorettj, sono dati che collocano i bambini in una considerazione inferiore rispetto agli operatori ed alla autorità scolastica. I bambini cioè sono oggetto di una forte ambivalenza da parte degli operatori scolastici, i quali, malgrado le dichiarazioni, continuano a percepirli in modo abbastanza negativo.

3. IPOTESI INTERPRETATIVE

Tentiamo ora di riassumere una serie di ipotesi d’interpretazione dei dati emersi. \‘ale prima la pena di rimarcare che si tratta di ipotesi di lavoro, da discutere all’interno del microcosmo scolastico, affinché prima siano verificate e poi si trasformino in basi per un cambiamento intenzionale.Il primo dato che emerge da questo intervento è la contradditorietà e la complessità di una realtà scolastica, che male si adatta a certe definizioni semplici e squadrate, che gli operatori e gli " esperti " spesso offrono.Una contradditorietà ed una complessità che implicano per conseguenza interventi specifici, scuola per scuola. Affinché si realizzi un cambiamento effettivo, occorrono teorie e strategie a medio e breve raggio, ed occorre rifuggire dai mega progetti astratti e generalizzati. Iniziative per la scuola italiana o per la scuola materna, hanno una rilevanza infima, perché non rispettano la peculiarità dei singoli microsistemi e non agiscono su disfunzioni specifiche, col concorso dei soggetti implicati in specifiche situazioni. Possiamo tentare qualche generalizzazione fra queste tre scuole, ma è chiaro che ciascuna di esse rappresenta un’isola, in cui molti problemi sono del tutto originali, prodotti dall’insieme delle risorse in interazione reciproca.La prima considerazione generale è che le tre scuole vivono un momento di cambiamento sia a livello strutturale (nuova legge), sia a livello psico-pedagogico (iniziative formative estive e azione di sostegno qui richiamata). Questi cambiamenti mettono in moto risorse e speranze, ma anche turbamenti e difese. D’altro canto queste innovazioni si innestano su un tessuto professionale (le operatrici) ancora lontano da un modello scientificamente e psicologicamente maturo.Il differenziale semantico, se non altro, dimostra che le operatrici vivono ancora uno stato di forte dipendenza dall’autorità, percepita come buona. A volte questa dipendenza prende le forme di una contro dipendenza, cioè di una ipervalutazione dell’autorità, percepita come cattiva. La collocazione dell’autorità, sia nella scala di importanza dei problemi (dom. 2), sia nella scala di responsabilità, esprime con chiarezza questa dipendenza/contro dipendenza delle operatrici, ancora non affrancate psicologicamente come gruppo-categoria autonoma.D’altra parte il ruolo d’autorità di queste scuole è suddiviso almeno in quattro figure (dirigente, direttrice, amministrazione, ispettore) delle quali spazi, ruoli e competenze sono molto confusi e sovrapposti. Questo problema emerge con chiarezza dai dati raccolti. Molti compiti sono svolti da più di una figura, ed altri compiti cruciali (come la verifica e la consulenza) sono svolti solo in parte modesta.Di fronte all’ansietà del cambiamento e alla non chiarezza dei ruoli e dei compiti di autorità, i sistemi scolastici reagiscono con difese di vario tipo: dallo scaricamento verso l’alto di ogni responsabilità, all’auto colpevolizzazione unita all’ipervalutazione dell’utente, alla degenerazione delle varie difficoltà.Naturalmente queste difese non sono prive di ambivalenza e contraddizioni. Per cui una scuola, dopo che accusa il vertice di autoritaritarismo e di ingerenza, assegna alla direttrice il massimo delle percezioni positive; un’altra, dopo aver dichiarato che quasi non ci sono problemi, assegna alle operatrici il minimo di credibilità e di fiducia; e una terza scuola, dopo aver valutato tutto il suo lavoro in modo ipercritico, assegna alle operatrici maggiore credibilità e stima che ai bambini. In conclusione sembra che la confusione fra i ruoli di autorità favorisca, da parte delle operatrici, scissioni diverse tra figure autoritarie alleate e figure autoritarie estranee o ostili.Tutte e tre prese in esame le scuole indicano nell’affollamento e negli spazi poco’ adeguati una delle maggiori fonti di problemi, e questo dato non dovrebbe lasciare insensibile la amministrazione. La collaborazione fra insegnanti ed assistenti sembra un dato acquisito in tutte e tre le scuole: una media del 70% dichiara che le assistenti partecipano alle decisioni ed all’attività pedagogica. Questo sembra un dato positivo, che indica un tentativo di integrazione o di superamento dei ruoli, che va supportato con ogni mezzo. Altro dato generale e positivo è che la soddisfazione personale raggiunta dalle operatrici quest’anno è molto alta (media 87%):questo può forse significare che il lavoro individuale ha raggiunto standards compatibili con le esigenze degli operatori. Oppure può significare che la carenza di ruoli e di sistemi di verifica codificati, lascia agli operatori uno spazio individuale, privato, di soddisfazione; che questo spazio " privato " è l’estrema difesa dalle ansie del cambiamento, e che pertanto va bene valutato, se non altro per compensazione alla " minaccia " del sistema scuola.Le domande sul gruppo offrono anch’esse il destro per osservazioni generali. La prima è che nella cultura scolastica è ormai acquisito, a livello teorico, lo strumento collegiale come irrinunciabile. Non foss’altro perché è accertato che la collegialità può essere sostituita solo dalla gerarchia; soluzione, questa, tanto aborrita quanto inefficiente. Il 97% delle operatrici considera il lavoro di gruppo come utile o utilissimo (dom. 8). Purtroppo esiste uno scarto tra la necessità di uno strumento e le sue modalità d’uso. Una tecnica, quella del gruppo, entrata nella scuola timidamente, mediante la legge 477, ma ancora mai supportata da vere strategie di applicazione. Si è pensato che una legge potesse cambiare i costumi scolastici vecchi di un secolo, e non si è proceduto in alcun ‘modo a " preparare" gli operatori a lavorare in gruppo.Il questionario indica intorno al 36% la percentuale degli operatori che giudicano poco efficace questa modalità di lavoro. L’insoddisfazione media raggiunge il 46%. Questi due dati risultano corretti dall’ottimismo della 5. Pio X, senza il quale sarebbero stati molto inferiori. Solo il 47% fa ricorso al gruppo in caso di problemi pedagogici e didattici. Purtroppo questo dato non ci dice il tasso di risposte che il gruppo dà a questi problemi. Le osservazioni hanno mostrato che l’uso maggiore del gruppo è di carattere organizzativo e programmatorio, mentre un suo uso per la consulenza, il confronto reciproco, la supervisione collettiva è largamente minoritario.Le cause di disfunzione del lavoro di gruppo sono abbastanza omogenee nelle percezioni delle tre scuole: leaders troppo verbosi o elitari, basso tasso di scambio e di autenticità fra i partecipanti, scarsa dimestichezza con le regole tecniche del lavoro di gruppo. Queste ammissioni devono far riflettere sulla tendenza degli operatori a dichiarare come non costituenti problema i rapporti reciproci (orizzontali). Simili fenomeni di gruppo si verificano infatti in presenza di climi ostili e di relazioni valutative e competitive.Le domande 13 e 14 offrono ipotesi importanti. A prescindere dalle differenze pure significative, per cui via Aosta è la più pessimista, seguita dalla 5. Maria Goretti, mentre la 5. Pio X è la più ottimista, resta il fatto che esiste sia la percezione del miglioramento, sia la speranza di esso. Facendo la media delle percentuali di ogni scuola, troviamo che il 62% considera quest’anno migliore del passato, ed il 52% prevede che il prossimo sarà migliore di questo. Circa la metà delle operatrici è fiduciosa nel futuro e si considera immersa in un processo di miglioramento. ~ questa metà che può spingere avanti un processo innovativo, intenzionale e consensuale. Il fatto che sia una metà, rappresenta realisticamente la classica ambivalenza di ogni sistema verso il cambiamento, in parte desiderato e in parte temuto.La domanda 16) offre un altro dato unitario: al di là delle contraddizioni, le operatrici riconoscono che insegnanti ed assistenti sono le prime responsabili del successo o dell’insuccesso dell’anno scolastico. Superando fantasmi o tentativi di abdicazione dal ruolo, ogni tanto presenti, gli operatori si assumono la parte preponderante di responsabilità: merito, colpa o potere che sia. Semmai deve far pensare il dato che assegna ai genitori (con esclusione di 5. Maria Goretti spiegabile con un episodio accaduto durante l’intervento) una parte di responsabilità assai secondaria. Questo può significare che il processo di coinvolgimento e partecipazione delle famiglie è ancora il più difficile da attuare nella scuola.

4. PROPOSTE Dl INTERVENTO

Come ho già detto all’inizio di questa relazione, ogni intervento porta dei risultati solo se è organico, articolato e prolungato nel tempo.La fase di consulenza nei gruppi ha già offerto, seppure in termini ridotti, alcuni contributi alle tre scuole. La fase di raccolta dei dati ha consentito alle operatrici di riflettere sul lavoro e sulla organizzazione. Entrambe le fasi tuttavia, unitamente alle iniziative formative di Bressanone, sono state vissute dalle operatrici come la parte di un processo di cambiamento di lunga durata. Hanno innescato aspettative o rafforzato speranze di cambiamento, la cui frustrazione rischierebbe di produrre aggressività e regressione.Gli interventi possibili sono di tre tipi: legislazione e burocrazia, formazione e consulenza, micro organizzazione scolastica.Nel campo legislativo, burocratico e amministrativo possono essere presi provvedimenti atti a diminuire i disagi derivanti dall’affollamento delle sezioni e dalla inadeguatezza degli spazi e delle attrezzature. Non si tratta certo di accettare acriticamente tutte le richieste delle operatrici, ma semmai di esaminare, caso per caso, gli interventi realmente motivati e possibili.Un altro compito che riguarda questo livello è la specificazione dei ruoli e delle funzioni dei diversi gradi di autorità. Definire meglio le competenze delle dirigenti, delle di-rettrici e dell’ispettore, significa sia consentire una migliore gestione di questi ruoli, sia rendere più difficili meccanismi di proiezione e di scissione che gli operatori mettono sempre in atto davanti ad un’autorità non precisata.Un terzo compito dell’amministrazione è la revisione dei meccanismi di partecipazione delle famiglie (su questo punto vedere le proposte di Corradini).Nel campo della formazione e della consulenza, si aprono prospettive riguardanti, a titolo diverso, tutti gli operatori della scuola. Come emerge dai dati avanti analizzati, le esigenze delle operatrici di avere una consulenza sui problemi didattici e pedagogici sono soddisfatte solo in parte dalla dirigente e dalla direttrice. In parte esse sono soddisfatte dalle colleghe e dai gruppi, ma forse questo non è sufficiente.Mi sembra importante che le figure di autorità, se non vogliono limitare i propri compiti a quelli fiscali, estendano la loro funzione consulenziale. Inoltre, poiché proprio la dirigente e la direttrice sono indicate come " animatrici " delle riunioni, è importante che esse siano attrezzate per svolgere al meglio questo ruolo.Infine, sempre dirigente e direttrice, dovrebbero disporre di metodiche per la verifica del lavoro svolto nelle classi. Eventualmente queste metodiche potrebbero essere lentamente affidate ai gruppi di operatrici, in modo che esse arrivino ad un’autoverifica permanente e collettiva. In attesa che ciò avvenga, sarebbe auspicabile che dirigente e direttrice svolgessero questo compito, non in termini fiscali e punitivi, ma come un modo di svolgimento della consulenza.In conclusione per l’autorità si prospetta una formazione (o un aggiornamento):— alla consulenza pedagogica e didattica— alla conduzione delle riunioni— alle tecniche di verifica.Per le operatrici sembrano essere importanti due aree di formazione: il lavoro di gruppo e la programmazione-verifica dell’attività.Dalle domande 9), 10), 11), 12) emerge chiaramente la centralità del gruppo come causa di disfunzione e di insoddisfazioni. Fenomeno ovvio e prevedibile, se si considera che la formazione degli operatori scolastici in Italia, a fronte di una legislazione che privilegia jl collegiale, è stata e continua ad essere di tipo individualistico.Una serie di iniziative formative di base al lavoro di gruppi (per la maggioranza delle operatrici) ed alcuni interventi di formazione specifica in scuole campione, potrebbero essere una soluzione a questa carenza.Circa l’attività di programmazione e verifica, essa è emersa come esigenza e tendenza in tutte le scuole, ma non si può dire che gli strumenti usati offrano le certezze e la sistematicità che questa impostazione richiederebbe. Mettere le operatrici in grado di programmare e verificare il proprio lavoro, significa aumentare sia la loro autonomia che il prodotto educativo. Anche qui si possono prevedere iniziative di formazione di base generalizzate ed interventi specifici in qualche scuola.Un terzo utente di attività formativa possono essere i genitori. Da una parte sarebbero utili iniziative permanenti di formazione alle famiglie sui problemi dell’infanzia, in modo che esse possano partecipare " alla pari " con la scuola al lavoro educativo. La partecipazione riesce ad essere più che un rito, solo se coloro che partecipano hanno almeno alcuni strumenti in comune. Da un’altra parte sarebbe utile provvedere ad una formazione specifica per i membri degli organi collegiali, ai quali ancor più che agli altri genitori, si richiede un contributo attivo.Al livello della micro organizzazione scolastica gli accorgimenti variano da scuola a scuola.In tutte e tre le scuole è opportuno procedere ad una regolamentazione delle riunioni, che aumenti la loro efficacia e la soddisfazione. Questo problema sarebbe meno sentito se fossero migliorate la formazione alla conduzione delle dirigenti, e la formazione al lavoro di gruppo delle operatrici.me:In ogni caso sarebbe utile fissare alcune procedure, come:
l) distinguere le riunioni di discussione da quelle decisorie;
2) preannunciare l’o.d.g.;
3) fornire in precedenza alle partecipanti il materiale utile per la riunione (documenti, progetti, preventivi, ecc.);
4) fare precedere le riunioni su temi importanti da pre riunioni in sottogruppi;
5) stimolare gli interventi di tutti i presenti;
6) limitare la durata di certi interventi;
7) invitare i partecipanti a venire alla riunione con proposte o idee almeno in parte già elaborate;

8) limitare la durata di ogni riunione a 90-120 minuti;
9) evitare di prendere decisioni nel caso in cui gli assenti siano numerosi.

Le proposte abbozzate sono naturalmente parziali e necessitano di precisazioni che possono avvenire solo tramite il dibattito fra tutte le componenti del sistema scolastico.

***Inserto redazionale del fascicolo n. 12 di (Scuola Materna)) del 25 marzo 1980 - EDITRICE LA SCUOLA - BRESCIA

Pubblichiamo, col gentile consenso dell‘Assessorato alla Pubblica Istruzione in lingua italiana della Provincia autonoma di Bolzano, parte dei risultati della ricerca svolta per incarico della medesima Provincia, dal pro!. Luciano Corradini e dal doti. Guido Contessa, al termine di un intervento di " sostegno e approfondimento ", tenutosi in tre scuole materne di Bolzano, in prosecuzione dei seminari di aggiornamento che si sono svolti a Bressanone nell’estate 1978, per le educatrici e le dirigenti altoatesine di lingua italiana.Il testo seguente, che inquadra e commenta i risultati di due questionari (se ne veda il testo in appendice) in tre scuole materne, è stato steso dal dott. Guido Contessa, psicologo ricercatore presso l’ARIPS di Brescia,è relativo alla parte di ricerca da lui condotta.

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