Sul valore e l’importanza della motivazione a
scuola sono state scritte centinaia di pagine e non
è questa la sede per ribadirlo di nuovo.
Piuttosto si intende proporre un caso specifico che
testimonia come questa motivazione sia sollecitabile in modi
diversi. L’interesse e il coinvolgimento degli studenti hanno infatti molte
sfaccettature, che inevitabilmente incontrano una prima e immediata verifica
nella "materialità" dei luoghi d’apprendimento. Paradossalmente, l’esplodere
delle risorse digitali sta trasformando questi luoghi d’apprendimento,
pur molto refrattari, specie in un Paese come l’Italia, al cambiamento.
Intanto l’aula scolastica, attrezzata con banchi, sedie, lavagne e
cattedra non rappresenta più nell’immaginario di docenti e studenti
il luogo esclusivo, fisso e immutabile, dove si insegna e si impara.
Non tanto perché si sono aggiunti e si aggiungono continuamente nuovi
strumenti didattici, ma soprattutto perché questo accumulo ha causato
una diversa percezione dei tempi e degli spazi di
apprendimento. Si pensi all'emblematico esempio del "podcasting",
che permette di ascoltare la lezione a casa propria quando si
vuole e con chi si vuole.
Ma per tornare alla scuola, all’ambiente scuola, il passaggio al digitale,
o meglio il tentativo di integrazione del digitale a ciò che
costituisce prima di tutto fisicamente l’aula tradizionale,
implica un complessivo ripensamento dell’organizzazione scolastica,
almeno nei casi più riusciti. L’introduzione di strumenti che per
funzionare necessitano di un uso proprio, cui corrisponde una specifica
disposizione mentale, ha spinto anche a interrogarsi sull’ambiente
scuola.
Si prenda ad esempio il caso del "cooperative learning", tipico della
Rete: l’accentuazione della collaborazione fra studenti, di scambio
di conoscenze, di reciproco aiuto - pur con tutte le mancanze, i vuoti,
le delusioni, che l’apprendimento in rete può incontrare - ha invogliato
a progettare una scuola che tenesse nel dovuto conto la vita
sociale degli studenti a scuola: un bisogno di incontro, di vita
e di apprendimento non limitato entro mura dell’aula, assecondato
dagli spazi stessi.
Le parole che seguono sono di Susan Stuebing, tratte dal suo intervento
al Convegno Re-mediare
la scuola, Lo spazio e il tempo futuri dell'apprendimento.
Cosa vi posso dire sulla tecnologia che già non sappiate? Naturalmente
sapete che la nostra ricerca non è su uno schermo, su un i-Pod, su
un telefono cellulare. Non è sulla vera tecnologia. È su di noi,
sul lavorare insieme, sulla comunità, sull’accelerare l’entusiasmo
per l’apprendimento. È un vero processo di cambiamento sistematico
in cui tutti ci siamo impegnati ed in cui tutti abbiamo un ruolo essenziale.
[...] A voi insegnanti vorrei cominciare dicendo: non abbiate
paura. La paura è il nostro peggiore ostacolo. Voi, gli insegnanti
siete gli esperti: non abbiate paura a chiedere in modo che l’ambiente
in cui operate vi aiuti in questa nuova sfida. Si tratta di un processo
che ci permetterà di dare un nuovo ordine a quello che sappiamo già.
L’ambiente fisico è importante. La forma invia un messaggio ai giovani,
che hanno davvero necessità di sentirlo. Sono aperto nei tuoi confronti,
sei interessante, sei il vero centro dei miei pensieri, sei la luce.
Ed è anche un messaggio che noi come persone adulte vogliamo condividere.
Ecco il modo in cui potete pensare ad una vecchia idea. E anche il
modo con cui poter avere una nuova idea. Ora il luogo in cui pensare
non deve necessariamente essere una scuola. Può essere ovunque, dove
si possa pensare, incontrare gli altri, divertirsi, esplorando nuove
idee.
Non ci possiamo più limitare a inserire un computer in una classe.
Deve trattarsi di un rinnovamento del sistema totale. Ritengo che
il design, il processo di design possa essere utile ma non perché
gli architetti devono dirvi che cosa fare. Progettare per voi stessi,
progettare partendo dalle idee che avete, progettazione a favore e
sulla base di quelle che riteniate siano le vostre necessità. Ed esplorare
con gli altri queste necessità è un vero e proprio processo di mediazione.
E’ un processo di condivisione, scendere a compromessi, capire e tradurre
poi l’idea in qualcosa di concreto. Vi mostrerò la scuola che abbiamo
sviluppato in Islanda. Abbiamo implementato quest’idea di designer
come mediatori per unire insieme comunità che non avevamo mai lavorato
insieme prima, ma che addirittura erano in concorrenza l’una contro
l’altra per realizzare una scuola, una scuola importante per la loro
sostenibilità. [...] Attenzione però che indipendentemente dall’offerta
della scuola gli studenti si sono sempre detti a favore del trasferimento
verso la grande città dove avrebbero potuto avere una più intensa
vita sociale.
Abbiamo chiesto la collaborazione dei ragazzi. Abbiamo organizzato
un workshop di quattro giorni in cui i ragazzi hanno lavorato insieme
per tutto il giorno, per 16 ore al giorno ed alla fine hanno presentato
i loro risultati ai sindaci delle tre città. E’ stata un’esperienza
eccezionale. Anche gli adulti hanno lavorato insieme, per diversi
mesi, condividendo le idee, avvicinandosi sempre più ma insieme a
questa nuova idea di creare una scuola aperta, una scuola senza classi,
una scuola che dipendesse dall’apprendimento distribuito. L’apprendimento
distribuito è molto importante soprattutto per l’Islanda con uno dei
sistemi informativi più evoluti al mondo, con un sistema in rete esistente
in tutto il paese che permette alla diversità educativa di poter essere
implementata in diverse scuole.
I tipi di studenti che esistono in Islanda sono due: i ragazzi che
non sono solo teenager ma che sono già adulti. La scuola deve soddisfare
le necessità educative di tutti i membri della comunità. Per cui l’educazione
continua, l’educazione e la formazione continuata per tutta la vita
fanno proprio parte di questo tipo di funzione chiesta alla scuola.
Abbiamo definito come potrebbe essere la giornata di questi ragazzi.
La giornata è lunga, addirittura fino a 16 ore. E per questo abbiamo
creato opportunità diverse, design diversi che si adattassero alle
loro necessità. Idee interessanti ed anche idee che all’inizio ci
sembravano azzardate, quali l’igloo ed invece alla fine si sono rivelate
ottimali. Si tratta di luoghi in cui i ragazzi possono riposarsi,
rilassarsi, dormire.
Il risultato è stata un’organizzazione
speciale della scuola che speriamo di riuscire ad ottenere attraverso
accorgimenti architettonici. [...] Uno spazio aperto dove l’apprendimento
è multi-disciplinare così come l’apprendimento distribuito. Ci sono
locali per le lezioni, ma pochi. In realtà la nostra decisione è stata
3 locali per le lezioni rispetto ad una scuola di 170 studenti.
E’ bene che vi rendiate conto come questa decisione sia stata radicale
anche per uno stato piccolo come l’Islanda. Un posto dove gli studenti
possano vivere. Un centro informativo che possa anche essere utilizzato
dall’intera comunità. Inoltre c’è Internet café, per socializzare.
Un’area per praticare sport.
Al centro della piantina, il centro di apprendimento aperto con le
tre classi accostate anche ad aree di apprendimento di dimensioni
più piccole. Anche la parte della scuola utilizzata per il ristorante
e la caffetteria è prevista come spazio di apprendimento ed insegnamento.
Il flusso di persone tra le aree sarà continuo ed è previsto proprio
come tale.
La programmazione dei corsi è individuale e personalizzata perché
ogni studente è un individuo a sé. Al centro dell’intero progetto
c’è lo studente. Il programma individualizzato e personalizzato non
significa certo che gli studenti rimangono in un locale da soli. Lavorano
insieme perché questo fa direttamente parte del loro programma formativo:
la comunicazione e la condivisione. Anche l’insegnante impara. Quasi
mai è possibile capire quale sia l’insegnante in una classe, perché
fa parte della classe ed impara insieme agli studenti. Fa parte della
scena. Gli insegnanti hanno uno spazio, dove imparano e trascorrono
tempo con i loro colleghi.
Ho ancora qualche immagine dell’Olanda... Vorrei farvi vedere le immagini
di uno dei più famosi architetti olandesi che si occupano della progettazione
di scuole. La prima e per ora unica scuola secondaria che ha progettato è
aperta da due anni fa. La cosa interessante che ha detto della
scuola è che ha cercato di realizzare spazi che siano così intesi
da poter accettare e adattarsi perfettamente alla vita sociale ed
alla comunicazione tra studenti. Utilizza la stessa idea che vi ha
fatto vedere il collega prima di me per sfruttare le scale come spazio
sociale. Una caffetteria, un ristorante, spazi aperti per comunicare
ma al tempo stesso uno spazio di formazione ed istruzione condiviso.
Si devono fare delle scelte. Ci sono classi certo...ma c’è un atrio
aperto dove la tecnologia circonda gli studenti ed a cui tutti possono
avere accesso. Gli insegnanti possono decidere dove insegnare, se
nello spazio aperto, nelle classi, nell’atrio. E’ uno spazio trasparente
e molto complesso, che permette di creare il processo formativo. Crea
rapporti e collegamenti tra studenti, tra insegnanti. Il messaggio
più importante che ha dato il direttore è che tutti sono a scuola
per imparare, gli studenti e gli insegnanti. Gli insegnanti per mezza
giornata la settimana non fanno lezione ma lavorano con altri professionisti
per imparare, il mercoledì mattina. Ma è chiaro che il sistema deve
cambiare per riuscire ad adattarsi ad un’organizzazione di questo
tipo».
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