Crudelia Delor il 28/11/2002, alle ore 0 ha scritto:
Sorpresa
Non dubitavo delle Vs. afferazioni, ma la lettura della prefazione
del libro mi ha lasciato "di sale" e con molta voglia di
approfondire la conoscenza. Dunque leggerò il libro. In parte
mi pare si tratti di "fantapolitica" Ma è pur vero
che niente è impossibile e che lo scopo giustifica i mezzi,
come diceva il buon Machiavelli. Ero affezionata al WTC, c'ero anche
salita e NY mi è familiare quasi più della città
dove abito! Ma non mi paiono impossibili le ipotesi del libro, visto
quello che posso vedere direttamente in Italia. Dunque leggerò
il libro e vi farò sapere. (x Mirco: ho letto i tuoi interventi
qua e là. Ma parli sempre della stessa cosa? Mi piacerebbe
discutere anche con te di "politica")
E.Georgiakis il 27/11/2002, alle ore 20 ha scritto:
Ecco il problema
"Il fatto è che nessuno può dimostrare che senza
il nostro intervento, la persona sarebbe ugualmente rimasta stabile
nel cammino evolutivo del disorientamento." Tu che sei coscienzioso
scrivi cosi'....figurati quelli poco seri! Se avessimo degli obiettivi
dovremmo avere anche paradigmi clinici, sistemi di misura, livelli
di soglia condivisi almeno dai tecnici. Se non riusciamo a fare questo
come dimostriamo che noi operatori sociali (psico) siamo utili a qualcosa
di piu' che il lavoro delle suore?
Mirco Marchetti il 20/11/2002, alle ore 20 ha scritto:
obiettivi e verifiche nel mio caso
Prima di tutto, nel momento in cui ci si appresta a svolgere una professione
come l'Animazione, ci si prefigge degli obiettivi. Questo perchè,
un buon animatore deve partire da un progetto. Parlo di animatori,
ma potrei scegliermi gli insegnanti o gli educatori. Ogni progetto
che si rispetti parte da un presupposto, cioè, l'operatore
deve innanzi tutto, operare un attenta analisi dei bisogni dell'utenza
a cui l'intervento è volto. Ora se nello specifico io opero
in una Casa di Riposo, dopo un ragionevole periodo di osservazione
mi renderò conto che, depressione, melanconia, ansia, disistima,
aggressività, paura, etc...sono costanti nell'anziano. Possiamo
ancora aggiungere che, generalmente con l'internamento, l'anziano
regredisce nel disorientamento fino ad arrivare ad uno stadio di estrema
inattività, mi riferisco alla vita vegetativa. Nel mio caso,
il mantenimento dopo anni di internamento da parte di un anziano ad
uno stadio del disorientamento, può essere considerato già
un successo. Il fatto è che nessuno può dimostrare che
senza il nostro intervento, la persona sarebbe ugualmente rimasta
stabile nel cammino evolutivo del disorientamento. Allora renderemo
ancor più credibile l'efficacia del nostro lavoro se, nelle
strutture in cui adoperiamo una certa metodologia di intervento, la
stabilizzazione, se non il miglioramento, si verificano in una percentuale
apprezzabile di casi tali da andare a sconfermare la casistica medica
che ci dice che la maggior parte delle persone internate ha una visibile
regressione da un punto di vista cognitivo e una de-motivazione da
un punto di vista intellettuale o fattivo. Assecondare i bisogni,
anche non manifestamente espressi di un anziano dis-orientato, significa
com-prenderlo, significa entrare in uno stadio fiduciario con esso,
significa spesso adottare il suo punto di vista. Dopo, ma solo dopo,
saremo in grado di offrire all'anziano, nuove prospettive, nuovi orizzonti
che possano ri-donargli autostima e la dignità che, un sistema
iper-produttivo gli aveva tolto. Vedere l'anziano tornare a sorridere
tra i suoi muscoli contratti, vedere l'anziano in attesa di fare,
di dialogare, di ri progettare, di tornare a vivere sotto una nuova
luce. Vedere l'anziano meno ansioso senza aver preso psicofarmaci,
meno aggressivo, propositivo, è quanto io mi sono posto come
obiettivo. Mostrare ad altri, nel mio caso i familiari, visto che
dalle mie parti, mi viene detto, non vi sono verificatori competenti,
significa mostrare i risultati cui siamo arrivati dietro un progetto,
un'analisi, una programmazione (sicuramente non statica). Nel momento
in cui, saremo riusciti a restituire dignità di persona a questi
anziani, credo che noi si abbia vinto la battaglia con la Storia.
Badate, scrivo Animazione, ma scrivo animatori volutamente, in quanto
spesso l'animatore può aver la malsana voglia di protagonismo
o di primeggiare. Gli attori e protagonisti, sia chiaro sono, e devono
essere sempre loro. Mirco
Crudelia Delor il 20/11/2002, alle ore 0 ha scritto:
Interessante
Mi paiono interessanti i discorsi in qs forum e per primo mi incuriosisce
il libro per cui leggerò la prefazione e poi lo richiederò
in biblioteca (perchè comprarlo direttamente?) poi tornerò
a parlarne. Sull'argomento "evaluation" sono d'accordo con
le tesi di chi mi ha preceduto e sono convinto che in realtà
anche tutte le varie certificazioni di qualità sono delle bufale
-basti vedere le scuole che crollano. Rendono però un "servizio"
a qualcuno nel senso che producono reddito a chi svolge le "procedure"
in modo del tutto indipendente rispetto alla realtà dei fatti.
E -aberrante- lo Stato che ha originato le leggi NON le rispetta!
E.Georgiakis il 18/11/2002, alle ore 16 ha scritto:
Ancora valutazione
Scusa Mirco, appena ho tempo vada ad Akkademia, ma tu non hai risposto
a quello che ho detto sulla "evaluation" (sarebbe meglio
chiamarla cosi', senno' si fa come a scuola dove si valuta l'allievo
ma mai il docente, il preside, la scuola nel suo insieme). Si può
verificare -operazione tecnica- un obiettivo concreto, per poi valutarne
- operazione"politica"- il livello di discrepanza con quello
previsto all'inizio. Ma mi sai dire quale sarebbe il tuo obiettivo,
per esempio? O quello della tua CdR?
Mirco Marchetti il 17/11/2002, alle ore 11 ha scritto:
Svalutation!
Scusa, caro Georiakis, ma davo risposta al quesito posto dall'inizio
da Eva Zenit sulla valutazione. Certo puoi rispondere pure tu! Siamo
in un forum e ci si rivolge un po a tutti. Hho chiesto di essere valutato,
non perchè sono maso, ma perchè volevo provocare. Sai,
dove lavoro, le AdB, vengono valutate spesso e loro si arrabbiano.
Chiamano i valutatori "rompicoglioni", è per questo,
e con intento provocatorio, che davanti a loro ho chiesto di essere
valutato. Tra l'altro, se il mio principale obiettivo è volto
al benessere dell'utente, nel caso la persona anziana, credo che le
valutazioni, se fatte bene, non possano che accrescere le mire obiettivistiche.
Vai su akkademia e dimmi cosa ne pensi della mia proposta fatta in
risposta a Bellizzi. Un abbraccio, Mirco
E.Georgiakis il 15/11/2002, alle ore 1 ha scritto:
ma è chiaro!
Caro Mirco, non so perche' parli ad Eva ma ti rispondo anch'io. Il
tuo racconto è carino, ed illuminante. Tu sei una vittima un
po' maso: perche' vuoi farti valutare tu, quando nessun altro nel
sociale e dunque nel tuo luogo di lavoro (credo) lo fa? Ed è
chiaro perche' nessuno lo fa. Non è questione di valutatori
(la valutaione è fatto politico e collettivo-v.www.psicopolis.com/evaluation/index.htm)
ma semmai di verificatori (e ci sono, ci sono. Il fatto è che
la verifica presuppone un obiettivo. E siccome l'obiettivo dei nostri
servizi è la segregazione (intesa come emarginazione integrata
e contenimento)l'unica verifica è che nessuno scappi e non
si creino casini (incidenti, polemiche, critiche). Il resto è
sogno....
Mirco Marchetti il 14/11/2002, alle ore 20 ha scritto:
...cara Eva.....parlo ancora della mia esperienza personale...
..cara Eva hai proprio ragione, manca quella cultura. La cultura del
valutare. Da noi, nelle Marche intendo, mancano persino i valutatori.
Ho chiesto di essere valutato nel mio lavoro, inizialmente non sono
stato preso sul serio, poi, insistendo, mi hanno detto che non hanno
"valutatori" adatti. L'ammissione mi pare sottendere comunque
una certa onestà intellettuale. Mi hanno detto poi, verrai
verificato quando farai un progetto tutto tuo, e qui avrei bisogno
di chiarimenti. Io faccio progetti, come potrei lavorare altrimenti?
Se non dietro un progetto, su quale linea l'operatore muove una programmazione?
Certo, un giorno venne un giornalista locale de "Il Resto del
Carlino", perchè aveva sentito dire dalla popolazione
circostante che..un certo operatore..faceva belle cose con gli anziani.
Mi meravigliai quando venne, e mi disse che dei familiari avevano
riscontrato dei risultati nei loro anziani, alcuni erano sorprendenti.
Dissi che avevo ottenuto effettivamente tre o quattro risultati che
avevano stupito pure me, ma su 40 casi. Chiesi di venire a verificare
di persona, e lui mi disse che si "fidava" di quello che
dicevo io. Il giorno dopo usci un articolo cosi titolato, "Rivivere
la sintonia col mondo", sotto il titolo virgolettato, l'eccezione
di cui parlavo, "La soddisfazione di vedere un'ospite di 88 anni
costretta a stare a letto, inappetente e chiusa nel silenzio rialzarsi
e tornare a vivere". Capisci che questo, se da un lato mi fece
felice, dall'altro mi provocò un certo imbarazzo, anche perchè,
dopo aver spiegato al giornalista il modo in cui operavo, spiegavo
che, quei casi non erano la regola, e che, ovviamente non ero Padre
Pio o Vanna Marchi. Bene, dopo l'articolo sai chi venne a verificare?
Il capogruppo all'opposizione, è innegabile che i vantaggi
del mio operare oltre che andare agli anziani ed ai familiari vanno
pure agli amministratori del comune. Il problema è che, il
capogruppo all'opposizione fa il consulente del lavoro, quale verifica
può farmi? Allo scopo quindi mi autoverificai andando a prendermi
all'Università di Urbino un docente di Psicogerontologia, ma...pure
lui, a parte la teoria.... Ciao, Mirco Marchetti
E.Georgiakis il 9/11/2002, alle ore 16 ha scritto:
Poetico, ma...
Poetico l'intervento di Mirco. Tuttavia, anche dopo Firenze, resta
forte l'impressione che tutti gli operatori sociali sono ceti conservatori,
e che i no global siano addirittura un movimento reazionario.
Mirco Marchetti il 7/11/2002, alle ore 0 ha scritto:
Dal Particolare all'universale.
Come si può impedire ad una goccia d'acqua d'asciugarsi? Già....come!?
La prima sembrerebbe una domanda retorica, fino a che, nell'andare
oltre, nel chiederci comunque ..come!, avremmo ampliato un'alternativa
conoscitiva, seppur non necessariamente percorribile. Eppure la domanda,
nella sua semplice formulazione, ci da l'idea di un rimando tautologico
che racchiude l'amore, l'amore per la conoscenza delle cose, quello
stesso amore che spinge l'infante a distruggere le cose per portarle
dentro i propri orizzonti conoscitivi, per avere chiari in mente i
meccanismi che governano le cose. In questa ottica, creare e distruggere
sono sinonimi. Siamo tentati spesso di discutere di alta politica,
di massimi sistemi, sovente il nostro sguardo insegue l'orizzonte,
ne elabora i contorni, nella recondita speranza di scorgere una luce,
un alone di certezze che possano trascenderci. Spesso però,
assorti in questo esercizio, non ci accorgiamo delle gocce d'acqua
che, lucenti, ci bagnano il viso. Troppo vicine, troppo tangibili,
talmente ovvie che...a tratti...ci appaiono quasi fossero un tutt'uno
con noi stessi. Dimentichi quindi delle nostre quotidianità,
cerchiamo i soprusi in larghi scenari, siamo combattivi se si tratta
di trovare le ragioni dei vari contendenti nel conflitto israelo-palestinese,
per poi ri-divenire amorfi in uno scenario più stretto, che
ci identifica quali protagonisti ed attanti di tante piccole mancanze
e prevaricazioni. Solitamente chiusi in quelle gabbie concettuali
che, per convenzione oggi definiamo, destra e sinistra, noi operatori
ci lasciamo trasportare dagli eventi in corso, muovendoci sul "già
detto" ed andando ad operare sul "già fatto".
Il lavoro, per la maggior parte dei casi, lo si accetta cosi come
ci viene proposto, senza cambiare nulla, con contiguità. Eppure
lo si sa, per conoscere veramente è d'uopo apportare un cambiamento,
è d'obbligo comprendere anche, come...!?..come si può
impedire ad una goccia d'acqua d'asciugarsi? Se fossimo degli autori
della nostra professione chiederemmo allora "autor-evolezza",
e nel chiedere, prima o poi essa ci verrebbe data. Purtroppo gli operatori
non chiedono mai se non un generico lavoro. L'universale diventa quindi
lontano abbastanza da non chiederci il gravoso impegno sull'immediato,
diventa il luogo delle nostre ipocrisie presbiti, spingendoci ad urlare
per i soprusi lontani, ma mantenendoci statici nei riguardi di ciò
che stiamo calpestando con i nostri piedi. E' per questo che, in qualità
di "primo akkademico" ho chiesto di parlare delle nostre
personali esperienze quotidiane. Partiamo dunque da una visione sul
particolare immediato, magari su un nostro vissuto, per poi procedere
verso un globale universale fatto di moltiplicati particolarismi.
Eracle ci mostrò l'impegno e la forza, dunque...operatori dell'immateriale....
....che la forza risieda in noi... un abbraccio, mirco marchetti
Ekt.Georgiakis il 7/11/2002, alle ore 0 ha scritto:
Come mai?
C'è qualche errore nel database oppure questi interventi sono
stati messi qui volutamente? Sembrerebbero piu' adatti al Senato.
Comunque l'intervento di Mirco Marchetti mi stimola a chiedermi due
cose: 1. se non sia vero quello che sentiamo da piu' parti, che gli
operatori immateriali sono solo i "guardiani del consenso"
2. come mai i cosiddetti "alternativi" (v. noglobal) sono
tanto interessati a quello che avviene nella Filippine quanto freddi
verso quello che avviene nelle nostre "Case di Riposo",
nelle nostre periferie urbane, nelle nostre fabbriche, ecc.
Mirko Marchetti il 6/11/2002, alle ore 23 ha scritto:
In risposta a PSICOL..........
Proprio in questi giorni, trovandomi a discutere con un certo Jean
Santilli, il quale si occupa di rieducazione e formazione attraverso
l'arte della ceramica, trovammo nel nostro argomentare un comune nemico,
la burocratizzazione. Da parte mia, visto che mi occupo di strategie
e sistemi di comunicazione con l'anziano disorientato, lamentavo l'inadeguatezza
a cominciare dalle strutture che ospitano gli anziani e che con molta
immaginazione chiamiamo Case di Riposo, quando sappiamo che in una
Casa che si rispetti dovrebbero abitare in principal modo gli affetti.
Quelle fredde strutture quindi, simili a nosocomi e a scanso di ipocrisie,
sono freddi istituti. Il problema è che, l'apparato burocratico,
nel momento in cui partorisce l'idea di un ambiente che possa assistere
questo tipo di utenza, non ha in testa un progetto di "qualità
dell'assistenza", quindi il burocrate di turno delegherà
l'architetto di turno, che spesso non ha chiaro il senso dei bisogni
reali dell'utenza a cui si rivolge l'edificio, e scopiazzando da altre
strutture, ridisegna l'istituto. L'operatore, quello, lo si chiama
sempre a pappa fatta, e dovrà essere contiguo con la struttura
messa in essere, dovrà in pratica adattarsi. Il politico in
seguito farà la sua bella foto davanti alla struttura, celebrando
l'impero dell'ipocrisia. Ho chiesto ad esempio un camino a legna,
gli anziani dicono sempre che, "..il fuoco tiene compagnia..",
e, riuscirei ad alimentare pure due piccioni con la stessa fava, il
camino renderebbe la struttura più familiare, e la collettività
potrebbe di tanto in tanto venire nella "Casa" a cuocere
le castagne. "Abbiamo cose più importanti a cui pensare".
Questa è stata la risposta di coloro che, nel fare poco creativo,
ripercorrono la stessa strada delle "buone intenzioni" che
non può che dirigerli verso l'inferno delle ipocrisie. L'anziano
quindi non ha più dignità. L'operatore, quello, o si
fa venire l'ulcera, o muore nel mare della burocratizzazione. Saluti,
Mirco Marchetti
PSIPOL il 6/11/2002, alle ore 23 ha scritto:
Una riflessione sul lavoro Immateriale
Vorremmo stimolare gli Arbitri di PSICOPOLIS ad una riflessione che
ci sembra importante. E' ancora possibile, nella situazione attuale,
svolgere un lavoro immateriale autonomo che sia di "vera"
utilità per gli utenti? O piuttosto oggi noi non riusciamo
ad essere altro che "agenti del controllo sociale" e fiore
all'occhiello di un ceto dominante burocratico?
Temistocle il 6/11/2002, alle ore 23 ha scritto:
Rapporti tra Stati.
Ho letto la prefazione al libro da lei citato, e devo dire che mi
ha lasciato delle curiosità, quindi...mi comprerò il
libro. Bisogna dire, tra l'altro che già il Massud a Bruxell
aveva avuto modo di dire che i talebani stavano preparando un grave
attentato terroristico, ed eravamo a gennaio del 2001, nessuno lo
ascoltò. Certo, Freud rispondendo un giorno ad un genitore
di un suo piccolo paziente il quale chiedeva come avrebbe potuto allevare
suo figlio al meglio, questi rispose, "..lo faccia cittadino
di uno stato con buone leggi..", tanto a sottolineare che dal
frame normativo sociale, si sviluppano le regole e comunicative e
sociali. Purtroppo oggi vi è un'usurpazione del Potere da parte
di un unico Stato, gli USA per intenderci, che reclamano il diritto
di un potere decisionale, scavalcando la normale dialettica tra tutte
le parti in causa. E' certo che, questo diritto dovrebbere semmai
essere di competenza dell'ONU, che però appare debole e spersonalizzato.
Saluti, Temistocle
Eva Zenit il 6/11/2002, alle ore 23 ha scritto:
Una lettura sconvolgente e 3 questioni da discutere
Nafeez Mosaddeq Ahmed è un inglese, direttore dellInstitute
for Policy Research and Development di Brighton. Il suo libro , per
i tipi del coraggioso Fazi Editore ha come titolo GUERRA ALLA LIBERTA
e come sottotitolo Il ruolo dellamministrazione Bush nellattacco
dell11 settembre. Il libro dovrebbe essere letto da tutti,
gridato in televisione e usato come testo nelle scuole. Chi non vuole
comprarlo, può trovare una presentazione succinta in http://www.psicopolis.com/psipol/nafeez.htm
. Le questioni che desidero sottoporre ai Cittadini della Corte di
Equità sono la seguenti: 1. Esiste ed è mai esistito
un diritto internazionale? O i rapporti fra gli Stati
sono regolati dalla mera sopraffazione? 2. Come si spiegano il silenzio,
la complicità, le omissioni e le parzialità di intellettuali,
oppositori, uomini della Chiesa e dei mass media? 3. Come è
possibile regolare legalmente i rapporti fra Cittadini, se quelli
fra gli Stati sono estranei ad ogni legalità?
eva zenith il 6/11/2002, alle ore 23 ha scritto:
Cultura della valutazione
Si fa un gran parlare nel lavoro sociale, della cultura della valutazione.
Mi piacerebbe che discutessimo, fra operatori, su cosa effettivamemte
viene valutato oggi in un progetto o servizio. L'impressione è
che i "risultati" siano l'ultimo dei fattori di valutazione.
Che ne dite?
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