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Il Welfare State come ingiustizia (Eva Zenith)

Il Welfare State, malgrado l'italica lettura di Stato della beneficienza, è nato come sistema di redistribuzione dei redditi e di tutela delle maggioranze meno privilegiate. Il sistema occidentale del dopoguerra era costituito da maggioranze di "proletari" e da minoranze benestanti, agiate o ricche. Mediante forti tassazioni lo Stato socialdemocratico degli Anni Sessanta prendeva a tutti (ma più dai ceti privilegiati) e restituiva a tutti, mediante Servizi (soprattutto ai meno abbienti, perchè i ricchi continuarono a fruire di servizi a pagamento).

Questo traferimento ebbe come risultato positivo di contribure alla emancipazione ed allo sviluppo materiale del proletariato. In sè dunque, il Welfare State va giudicato positivamente. Il risultato negativo fu di produrre una burocrazia di intermediazione, parassitaria ed onnivora, che nel tempo è diventata ceto dominante. Il quale ceto riesce a mantenere il potere da quasi mezzo secolo semplicemenete controllando il Welfare State, e utilzzandolo per foraggiare altri ceti e corporazioni inglobati nl sistema per affiliazione, cooptazione e corruzione.

All'inizio del XXI secolo, il quadro dell'Occidente industrialmente avanzato è assai diverso da quello della metà del XX secolo, quando il Welfare State ebbe inizio. Il sistema socio-economico oggi è costituito da una maggioranza di garantiti, benestanti, abbienti o ricchi. Il 70% degli italiani possiede una casa. Una vasta maggioranza è rappresentata e difesa da forti burocrazie corporative, che si spartiscono con l'èlite il bottino del Welfare. Un bottino che per i meno potenti si limita a gratuità, esoneri, sconti; mentre per i più potenti si esprime in finanziamenti veri e propri. Il livello dei consumi secondari è fra i più alti dell'Occidente. Il proletariato, cioè i semplici possessori del loro mero lavoro dipendente precario, è ridotto ad una percentuale di un terzo della popolazione o anche meno.

In questo quadro mutato, il Welfare State è diventato una mera redistribuzione del reddito dai più poveri ai più ricchi. In altre parole, è un meccanismo che tende all'azzeramento della proporzionalità fiscale. Questo principio risale alla notte dei tempi. Da sempre il "dominus" ha prelevato porzioni di reddito diverse da contribuenti diversi: minore dai più poveri e maggiore dai più ricchi. Il primo colpo a questo principio è stato dato in epoca moderna dal sistema delle tasse indirette. Per esempio, le accise sulla benzina colpiscono in egual misura il miliardario che gira con una delle sue otto vetture ed il manovale che usa una vecchia uilitaria. Questo fenomeno è oggi abnorme, dal momento che non esiste quasi consumo o pratica sociale che non sia soggetto a tassazione. Il secondo colpo è stato dato con la proliferazione del sistema di licenze, patenti, autorizzazioni che sono tassazioni anticipate e slegate dal reddito. Il terzo colpo è dato col Welfare State.

Il fenomeno non riguarda solo il rapporto fra poverissimi e ricchissimi, ma realizza una evidente ingiustizia anche fra tutti i ceti intermedi. Facciamo un esempio semplice. Dieci persone pagano in tasse sul reddito da mille a diecimila lire, con un salto di mille lire a testa. Poi ci sono le tasse indirette e le licenze, uguali per tutti (il che fa sì che nessun cittadino sia esentasse, nemmeno i derelitti), con le quali lo Stato e gli altri Enti esattori, ricavano una cifra che nessuno conosce, e che per semplicità, non teniamo in conto in quest'esempio. In un sistema di vera redistribuzione, questa somma dovrebbe essere impiegata per servizi ai contribuenti più bisognosi: quelli che pagano 1.000, 2.000 o al massimo 3.000 lire di tasse. Oppure dovrebbero essere impiegati per servizi forniti in proporzione inversa alla fasce di tassazione.

Il Welfare State non fa tutto questo. Semplicemente distribuisce servizi uguali per tutti. In altre parole, il Welfare fa "parti uguali fra diseguali". Chi ha un reddito di dieci milioni al mese ha la sanità gratuita, la scuola gratuita, i trasporti e molti servizi locali sotto-costo, esattamente come chi ha un reddito di un milione al mese o nessun reddito. Ma anche chi ha un reddito di cinque milioni al mese ha gli stessi servizi di chi ha un reddito di cinquanta milioni. L'ingiustizia non è solo fra poverissimi e ricchissimi, ma relativa anche a fasce limitrofe di reddito. E i soldi per pagare questi servizi da dove vengono? Dalle tasse dirette di tutti (sia pure versate proporzionalmente), e dal sistema di tasse indirette e di licenze, alimentato da tutti in egual modo.

Se il Welfare è così ingiusto, come mai continua ad essere mitizzato da una vasta maggioranza? Il primo motivo è ideologico. Il potere dominante, il ceto buro-corporativo, che si spartisce più della metà del "bottino", controlla tutte le agenzie culturali del sistema (mass media, ma anche istruzione, cultura ecc.) e riesce a far passare l'idea di uno Stato benevolo. Il secondo motivo è materiale. Il Welfare offre benefici diretti o indiretti a una larga maggioranza della popolazione, sia pure in misura molto diseguale. Il terzo motivo è meramente statistico. Quelli da cui il Welfare preleva e spartendo equamente, tratta disegualmente, sono una minoranza che non conta politicamente niente.

 

 

 

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