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Bisogni, servizi, lavoro psicosociale e Valorizzazione delle Competenze (Gippo Contardi)

1. LA SITUAZIONE ATTUALE

L'evidente declino del Welfare State ha fornito agli Enti Pubblici un alibi per disfarsi progressivamente dello scomodo problema dei bisogni immateriali. Questo non sorprende se si considera la natura e la storia degli Enti Pubblici, avvezzi a confrontarsi con mattoni o pandette più che coi Cittadini. E il Welfare è questione di esseri umani, non di norme o piani regolatori e licenze.

Sorprende invece lo stato di torpore e stupore che ha colpito coloro che per scelta culturale, ideologica o professionale hanno intrapreso la via della responsabilità (cioè della risposta) verso questi bisogni non legati alle cose. Psicologi, sociologi, pedagogisti, animatori, educatori, operatori culturali e sociali in genere, persino insegnanti (la categoria di operatori dell'umano che è più solida), vivono da un decennio in stato di trance. Vedono di perdere gradualmente quella grande Nutrice/Mietitrice che è stato l'Ente Pubblico per più di trenta anni, e si abbandonano alla depressione scivolando verso una disoccupazione o sottoccupazione perenne. Non mostrano avidità di danaro, il che è nobile; non danno a vedere neppure una voglia di crescita o successo professionale, il che è triste; ma non sembrano molto interessati nemmeno ad assolvere alla loro principale funzione sociale - aiutare la gente a soddisfare i propri bisogni -, il che è tragico.

2. GLI ALIBI DEGLI OPERATORI

Quando si cerca di far riflettere gli operatori su questa situazione, non la negano ma accampano una serie di pseudo-spiegazioni, la cui natura difensiva è evidente. Le tre affermazioni più frequenti sono:

  1. La maggior parte della gente sta bene, e dunque non ha bisogno di noi: invece quelli che stanno malissimo ci chiedono aiuto e noi glielo diamo
  2. Poiché il Welfare sta finendo, la gente dovrebbe pagare per i servizi immateriali, ma non può o non vuole farlo
  3. I bisogni della gente oggi sono indegni del nostro intervento.
  4. La prima affermazione è molto superficiale. Affermare che il disagio di vivere si misura solo dai casi gravi che arrivano ai Servizi Pubblici, significa non saper leggere sotto il pelo dell'acqua. Basta aprire la televisione, leggere un giornale, o solo fare quattro chiacchiere al bar, per sapere che negli ultimi 10-15 anni il disagio è aumentato a dismisura. La frantumazione sociale, la perdita del futuro, la rioriganizzazione su scala planetaria delle relazioni socio-economiche hanno prodotto nei singoli una voragine di insicurezza, depressione, angoscia in tutto l'Occidente. Questo abisso non ha ancora prodotto disastri su vasta scala (ma la voglia di guerra che circola che cos'è?) solo perché si sono trovati analgesici e anestetici di massa. Aspettare che la gente arrivi sul baratro o l'abbia anche attraversato, e si decida perciò a fruire dei servizi immateriali, ha un enorme costo individuale e sociale, ed inoltre condanna gli operatori e le scienze sociali alla marginalità. Quelli che stanno veramente male sono, per fortuna, una minoranza e gli operatori sociali aumentano in Italia al ritmo di 10/20.000 unità l'anno.

    La seconda affermazione è palesemente falsa: la gente paga un sacco di soldi per cercare soddisfazione ai bisogni immateriali. Solo che non li dà agli operatori sociali. La isterìa della marca (il logo) non è certo legata alle migliori caratteristiche materiali delle cose che vengono comprate. Quando la gente compra un capo di Benetton, una scarpa Nike, un orologio Swatch o un telefonino Nokia non è certo perché questi oggetti hanno una maggiore valore materiale delle analoghe cosa prodotte da anonimi Brambilla. La gente compra oggetti "di marca" perchè in realtà compra il mondo fantastico che questa promette, ed insieme l'integrazione con la massa che fa la stessa scelta. Le imprese vendono sempre più immagini, idee, simboli che oggetti.

    Il turismo di massa, in luoghi sempre più esotici, non è certo legato all'elioterapia di un tempo. Il fenomeno soddisfa evidentemente il bisogno di avventura, di evasione, di identificazione.

    I bisogni educativi trovano una risposta nell'acquisto di giocattoli, nel corsificio pomeridiano per i bambini (danza, chitarra, lingue, judo, ecc.). I bisogni assistenziali e sociali sono aumentati, perché se il Welfare sta morendo, non è ancora morta la pietas della gente. Tutti si prendono assai più cura oggi che un tempo degli anziani, dei disabili, degli immigrati, dei carcerati, dei minori e dei giovani in diffcioltà. La diffusione della New Age, che tocca dalla cucina alla medicina alla musica è una risposta evidente al bisogno di sicurezza e serenità, mistero e fede. La stessa esplosiva della musica pop-rock può essere intesa come una forma di "poesia popolare" che esprime e rappresenta i bisogni emotivi di milioni di giovani.

    La manìa del fitness ha a che fare col corpo, ma poche cose sono immateriali come il corpo: salute, bellezza, tonicità sono dimensioni dello spirito. La gente col fitness soddisfa col fitness il bisogno di adattamento agli ideali sociali, l'adesione ai valori di massa, la sottomissione agli imperativi dei media, la sicurezza di sé. Non ha caso il fitness mobilita più i giovani degli anziani, che ne avrebbero bisogno soprattutto dal punto di vista psichico. Le palestre sono palestre della psiche, prima che del corpo.

    Dello stesso segno, ma in quantità amplificata, è la diffusione dello sport e delle esperienze estreme: dal salto con gli elastici al trekking nella giungla; dai gommoni sulle rapide ai paracadute dai grattacieli. Stessa mutazione ha subito il divertimento. I supertecnologici luna park, sono passati dai dondolii e le paperette alle cadute mozzafiato, i mostri e i mitragliatori. Nessuno va in una sala da ballo: tutti vogliono una simil astronave nella quale dimenarsi. I film che non hanno effetti speciali sono relegati ai tristissimi cineforum. Sport estremi e divertimenti orrifico-high tech sono soddisfattori evidenti del bisogni di emozioni, ed ancora una volta, di identità e appartenenza.

    E che dire di chiromanti, astrologi, fattucchiere, maghi, cartomanti che spuntano su ogni giornale ed ogni canale televisivo? Un fenomeno incomprensibile, se non come ricerca disperata di sicurezza. Come interpretare l'abnorme sviluppo della pornografia sessuale, emotiva, relazionale che ci avviluppa su carta, su video, su Internet, se non come tentativo di tacitare il bisogno di eros in tutte le accezioni ? L'evidente incremento della dedizione verso gli animali cosa è se non un palliativo per una socialità frustrata ?

    La frenesìa dei telefonini è un'evidente risposta al bisogno di "stare in contatto", di essere rassicurati, di essere con e come tutti. Persino Internet che sembra qualcosa di solo tecnologico, cioè materiale, ha un evidente ruolo di soddisfattore di bisogni come la creatività, la socialità, l'autonomìa.

    Poi ci sono le droghe dure e leggere, l'alcol, le corse veloci in stato di ubriachezza, i suicidi veri e propri -efficaci o solo tentati-, il trionfo delle farmacie (farmaco significa etimologicamente sia droga che cura) e delle diete, il doping degli sportivi: eccitanti o anestetici di massa, che servono ad amplificare o tacitare bisogni emozionali.

    La violenza diffusa allo stadio, sulle strade, sui muri degli ambienti, nei concerti soddisfa, sia pure in modo patologico, il bisogno di identità e di gruppo.

    Insomma: i bisogni sono quelli di sempre, anzi, con l'emancipazione dai bisogni materiali, quelli immateriali dilagano. Molti di questi non trovano risposta da parte di nessuno, né gratuita né a pagamento. Moltissimi trovano una risposta discutibile o illusoria o anche dannosa: ma quali alternative offrono i cosiddetti "operatori sociali seri"?

    La terza affermazione si fonda su una discutibile arroganza. Quella per cui qualcuno è delegato a decidere quali sono i bisogni degni da quelli che non meritano soddisfazione. E disvela il carattere sostanzialmente autoritario di ogni cosiddetta professione d'aiuto o di crescita. Quelli che vanno dai cartomanti e leggono l'oroscopo cercano conferme e rassicurazioni. E allora? Cosa non va in questi due bisogni? Forse che gli psicologi, gli insegnanti o i sociologi ne sono immuni? I giovani che si buttano dai grattacieli, cercano i film dell'orrore, o arrivano a drogarsi volgono "solo" emozioni forti……Il che testimonia di un assunto per il quale le emozioni devono essere moderate, algide, pettinate e pronte per andare in onda, …..meglio anzi se non ci sono: è così seccante doversene occupare ! Chi compra oggetti di marca, guarda le telenovelas, corre in palestra vuole soltanto omologarsi e cerca il consenso del gruppo. Senti chi parla: migliaia di operatori dell'immateriale vestiti tutti allo stesso modo, fidelizzati fino alla nequizia a questo o quell'Assessore o a questo o quella ideologia, capaci di precipitare nel più distruttivo burn-out pur di non scontentare l'èquipe, sempre in cerca dell'adorazione di utenti, clienti e partenti di questi ! Gente che non ha problemi a dire pubblicamente di fare un lavoro sociale per avere "relazioni umane soddisfacenti" (per cui ci chiediamo perché non sono loro a pagare gli utenti). Non vorremo fare concorrenza alle droghe ed alla violenza negli stadi, dicono molti. E perché no? Non è questo che giustifica l'esistenza ed il ruolo degli operatori dell'immateriale ? Non è per contrastare con la cultura le idiozie dei mass media, che abbiamo creato le scuole ? Gli psicologi non hanno il compito di far competere la consapevolezza che offrono con l'anestesìa planetaria dei sentimenti e della mente? Gli animatori non sono nati per stimolare la creatività fino a renderla capace di sublimare la violenza? Gli educatori non trovano la loro ragione d'essere nell'aiutare gli utenti a realizzare la parte di destino che può renderli felici, contro quella parte che può fare solo danni a loro ed alla società?

3. SODDISFATTORI CHE FANNO CRESCERE

Il problema non sono dunque i bisogni, che tanti, pressanti e largamente smaterializzati (almeno in Occidente). IL problema sono le risposte, chi lo da e che qualità hanno. Il bisogno di socialità per esempio, può trovare una risposta effimera in discoteca o dannosa nella banda di scippatori; da parte di soggetti che sfruttano la socialità a scopi personali, o che la galoppano per amplificare le proprie pulsioni distruttive. Insomma, la socialità come tutti i bisogni immateriali, può trovare una risposta che si fonda sopra ed alimenta un processo "al ribasso" a anche distruttivo, oppure può trovarla all'interno di un processo accrescitivo "a rendimento crescente" ed a valenza costruttiva/accrescitiva. Lo stare con gli altri può aumentare la nostra qualità umana o ridurne il valore.

Il processo di crescita della qualità umana, in una situazione deterministica e priva di risposte socialmente orientate, ha un andamento casuale e del tutto volontaristico. In assenza di operatori dell'immateriale, il processo avviene per "vicinato sociale" o per parentela o per appartenenza politica, cioè per fattori molto deterministici. Senza la scuola, gli psicologi, gli animatori, i Servizi socio-culturali non è che tutti si suicidano o delinquono. Gli operatori dell'Immateriale hanno l'utopico ruolo di contrastare il destino, la casualità ed il determinismo sociale. Meglio, di aiutare le persone a farlo. Per fare questo, devono essere capaci di competere con potenti fattori come il caso e il determinismo sociale, o come i soddisfattori orientati allo sfruttamento economico (come i consumi) o alla distruttività (come le droghe). Naturalmente i pubblicitari di Benetton, come i cartomanti, o i venditori di idiozie televisive non sono affatto stupidi: semplicemente sono più interessati all'interesse personale che a quello collettivo. Il problema non è tanto di intelligenza quanto di politica ed etica. E la possibile soluzione non sta nel competere "ad armi pari". Gli psicologi non devono trasformarsi in lettori dei tarocchi o in venditori di feste a tema; come gli animatori non devono imitare i dj o le ballerine; gli insegnanti non sono chiamati a imitare i quiz televisivi; gli educatori non devono trasformarsi in istruttori di danza anaerobica. Tutti hanno di fronte lo stesso obiettivo-risultato: il benessere della gente. Anche chi produce oggetti lo fa, attraverso la bellezza, la funzionalità o il far sentire l'acquirente alla moda e partecipe di uno stile di vita "cool". La differenza consiste nelle sfumature di significato e nei modi.

Uno dei bisogni oggi più diffusi è quello di riconoscimento, apprezzamento, accettazione. Un altro è quello della appartenenza-identità. Un altro ancora è quello della sicurezza. Prendiamo il primo, per vedere come sia possibile muoversi.

Intanto non deve sembrare strano il bisogno di approvazione. Viviamo in un'epoca nella quale tutti i messaggi, da ogni parte, indicano la totale insignificanza del soggetto. I Cittadini sono considerati sudditi; i consumatori sono trattati peggio dei dipendenti; questi sono più assimilati agli automi che agli esseri umani; i genitori sono trattati dai figli come scomodi intralci fiori moda; i figli vengono considerati appendici, consolatorie o invidiabili, sgradevoli quanto onerosi. Il motto della post-modernità potrebbe essere: "non vali niente, non esisti, non sei nessuno". Gli esseri umani non vivono a lungo in tale clima, e dunque il bisogno di affermazioni contrarie, sia pure artificiali, effimere, distruttive è spasmodico. Una minoranza riesce a rispondere a questo bisogno con azioni di affermazione di sé sul lavoro, attraverso l'accumulazione di soldi e oggetti. Un'altra minoranza risponde con azioni autodistruttive: "non è vero che non sono nessuno, se drogandomi riesco a farti piangere"; o eterodistruttive "io valgo perché allo stadio faccio tremare tutti quelli che mi incontrano". E la maggioranza ? Cerca e trova palliativi: cose alla moda, divertimenti rischiosi, viaggi misteriosi, contatti col mondo di quelli "che contano" (lo showbusiness non è mai stato tanto attrattivo), visite ai cartomanti che garantiscono un futuro radioso solo per te, frequentazioni di palestre che consentono di dirsi "che fisico!".

E' così difficile per gli operatori dell'Immateriale fornire la stessa approvazione, lo stesso apprezzamento, ala stessa accettazione di questi altri soddisfattori in competizione? Slittando nel significato, ed usando modalità professionali, basterebbe fornire sostegno e approvazione non al corpo, all'immagine, alle cose o alle mode, ma alle risorse, le competenze, i valori che ogni soggetto possiede. Perché non organizzare palestre della mente; sfilate degli abiti mentali; trasmissioni sulla bellezza interiore; esperienze relative ad emozioni "quotidiane"; viaggi mentali e psichici; tornei di "cooperazione"? Gli operatori dell'Immateriale insomma potrebbero rispondere al bisogno di approvazione , valorizzando le competenze psichiche, sociali, intellettuali che milioni di essere umani ogni giorno mettono in campo per vivere, senza saperlo perché nessuno gli dice "bravo, stai facendo un'ottima scultura di te". Non si tratta di ripristinare la "pacca sulla spalla" o peggio di estendere al settore immateriale il sorriso ebete dei venditori di profumi e degli imbonitori televisivi. Parliamo di diagnostica. Gli psicologi fanno spesso diagnosi su quello non va bene, ma potrebbero farne milioni su quello che c'è di bello nelle persone e che nessuno riconosce. Parliamo di intervento. Gli operatori dell'immateriale sono familiari con gli interventi punitivi, colpevolizzanti, moralistici, normativi, angoscianti molto di più che con gli interventi gioiosi, valorizzanti, liberatori, motivanti. I programmi psico-socio-educativi sono noiosi e super-egoici: per questo in pochi sono disposti a pagarli. Gli operatori dell'immateriale scavano nel passato: anamnesi, storie di vita, ricerche sul contesto familiare, ricordi dell'infanzia, rivisitazioni dei traumi. Perché non dedicano altrettante attenzioni al futuro? Sogni, desideri, progetti, attese, auspici, presentimenti, profezie governano la nostra vita quotidiana non meno del passato. Gli operatori dell'Immateriale si credono tanto depositari dell'etica da trascurare del tutto l'estetica: basta vedere come si pettinano e come si vestono; come sono i loro uffici o i luoghi scelti per gli incontri. In venditori di cose materiali, si preoccupano sempre che nel comprare il cliente senta di godere di benefici aggiuntivi: premi, tessere di appartenenza, lettere di auguri, bonus, sconti, o almeno inserimento "nel gruppo di coloro che fanno lo stesso acquisto". Chi propone servizi immateriali punta sull'espiazione: costi, oneri aggiuntivi, umiliazioni, sottomissione, e magari lo stigma della immissione "nel gruppo di coloro che sono anche più sfortunati di te".

4. CONCLUSIONI

Se gli operatori dell'Immateriale vogliono davvero essere utili, e trovare lavoro, oltre che diffondere una cultura che valorizza le variabili immateriali, accrescitive, etiche degli essere umani, devono imparare a fornire risposte alternative ai bisogni della gente. Senza negare cittadinanza a molti di questi bisogni, ma trovando significati diversi ad essi e modalità competitive di soddisfazione. Deve diventare naturale per un individuo dover decidere se spendere 300.000 lire per un paio di scarpe firmate, che soddisfano bisogni come la bellezza, l'appartenenza, l'accettazione sociale e l'immaginario (magari senza benefici di crescita) o spendere gli stessi soldi per un servizio immateriale che soddisfa gli stessi bisogni, magari anche con una qualche prospettiva di crescita.