Anarco-capitalisti
d'America
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Per
una serie di pensatori radicali, tuttavia, lo Stato, in quanto entità
astratta, non può avere giurisdizione nemmeno nella sfera minima assegnatagli
dai liberali. Secondo alcuni di loro, esso deve addirittura estinguersi,
scomparire. L'insieme delle posizioni espresse da questi filosofi radicali
possono essere a buon diritto definite libertarie. E libertari possono
dirsi loro stessi.
Certo,
il concetto di libertarismo si sovrappone e spesso si confonde con quello,
più tradizionale, di anarchia. Che però ha il torto di essere appesantito
da una lunga storia in cui spesso si è intrecciato con le vicende del
movimento anarchico organizzato (che, fra l'altro, ha giocato un ruolo
importante in determinati frangenti storici: ad esempio negli anni della
Prima Internazionale, dal 1864 fino al 1872, data in cui gli anarchici
furono espulsi dopo avere ingaggiato una furiosa lotta con i marxisti;
oppure durante la guerra civile spagnola, dal 1936 al 1939, ove essi
dettero un contributo notevole alle forze di resistenza e dovettero
subire anche la forte ostilità dei comunisti). In ambito statunitense,
ove più viva è l'influenza (anche speculativa) dei libertari, si parla
di "socialismo anarchico" o "comunismo libertario" per indicare buona
parte di quel classico filone di pensiero libertario che individua nella
gestione collettiva dei mezzi e dei prodotti della produzione, nonché
nella loro distribuzione egualiaria, il modello economico più avanzato.
Ad esso possono essere in vario modo ascritti i padri classici dell'anarchismo:
da Godwin
a Proudhon, da Warren a Bakunin, da Kropotkin al nostro
Malatesta ai contemporanei
Castoriadis e,
in qualche misura, Chomsky.
Questi
illustri "padri" vanno tenuti ben distinti dalla corrente oggi in America
più attiva, e predominante, che viene generalmente definita "anarco-capitalista".
Gli anarco-capitalisti segnano un momento di rottura rispetto alla tradizione
del pensiero libertario, in quanto si schierano apertamente a destra,
vicino alle frange estreme del conservatorismo politico. Essi ritengono
che tutto debba essere affidato alla competizione fra i privati: difesa
esterna, sicurezza interna, amministrazione della giustizia soprattutto
vita economica. Non un'ombra di Stato deve intervenire a falsare la
libera concorrenza, che provvederà essa stessa ad allocare nel modo
più efficace e giusto le risorse disponibili. Con Bastiat, economista
francese di inizio Ottocento, gli anarco-capitalisti odierni ripetono:
"laissez faire, laissez passer". Per loro, fra le conseguenze della
scomparsa dello Stato nell'economia, ci sarebbe la sparizione di ogni
forma di tassazione. I libertari hanno una vera e propria idiosincrasia
per le tasse, che giudicano nulla più che un'estorsione. Il più estremistia,
ma anche il più colto, degli anarco-capitalistici è senza dubbio Murray
N. Rothbard (1926-1995),
anche se il volume di Robert Nozick Anarchia,
stato, utopia, uscito nel 1974, ha molto influito (Nozick avrebbe poi
temperato molte sue posizioni). Rothbard ha preteso dimostrare l'impossibilità
di concepire un'azione politica non coercitiva. Egli ha, per questa
via, elaborato una vera e propria condanna etica dello Stato. Ciò che
mi preme osservare è che gli anarco-capitalisti, che sono oggi la magna
pars (o almeno quella più rumorosa) fra i libertari, abbiano elaborato
una dottrina che ha strane somiglianze con il tanto deprecato materialismo
storico del marxismo, che è la bestia nera dei suoi massimi esponenti.
Per
intanto anche Marx
sognava l'estinzione dello Stato e l'avvento di un compiuto "Regno della
Libertà". Ciò sarebbe avvenuto nella seconda fase della messa in pratica
del suo progetto rivoluzionario: non subito ma dopo una più o meno lunga
fase di appropriazione dello Stato da parte del proletariato e di instaurazione
di una forte "dittatura". Va poi considerato che anche i marxisti, come
gli anarco-capitalisti, credono nel rapporto necessitante fra "struttura"
economica e "sovrastruttura": se vuoi la libertà degli individui, devi
lavorare sodo sui modi di produzione e trasformarli (poco cambia che
per Marx bisogna eliminare la proprietà privata, mentre per gli anarco-capitalisti
quella statale).
L'affinità più profonda, che d'altronde si deduce dal rapporto causale instaurato, consiste però nel fatto che in entrambi i casi ci troviamo di fronte a delle Metafisiche: a dottrine cioè che, nella perentorietà delle loro affermazioni, non ammettono dubbi, discussioni o revisioni. L'ideologia del Mercato non è meno ideologia di ogni altra ideologia. E, come ogni altra, può sfociare in un'Ideocrazia illiberale. Le strade dell'inferno, di ogni inferno, sono lastricate compre sempre delle migliori intenzioni.