Brani tratti da Krugman P. "ECONOMISTI PER CASO", Garzanti, 1996 (pagg.171-178)

Quando osserviamo il passato, dobbiamo essere sempre preparati a essere indulgenti: è ingiusto accusare gli osservatori della fine del xx secolo dei loro errori nel prevedere ogni cosa del secolo seguente. Le previsioni sociali a lungo termine non sono una scienza esatta neanche adesso, e, nel 1996, i fondatori della moderna socio-economia non-lineare erano ancora oscure matricole . Eppure, perfino a quel tempo, molte persone compresero che le principali forze che guidavano il cambiamento economico sarebbero state il continuo progresso della tecnologia digitale, da un lato, e il diffondersi dello sviluppo economico a paesi precedentemente arretrati dall’altro; in questo senso non ci sono state grosse sorprese . Il problema è come mai i guru dell’epoca sbagliarono completamente a giudicare le conseguenze di tali cambiamenti.

Forse il miglior modo di descrivere la visione distorta dei futuribili fin-de-siècle è dire che, con poche eccezioni, essi si aspettavano l’avvento di un’economia "immacolata": un’economia in cui le persone sarebbero state largamente emancipate da ogni contaminante coinvolgimento con il mondo fisico. Tutti insistevano che il futuro avrebbe portato " un’economia dell’informazione ", la quale avrebbe prodotto principalmente beni immateriali; un buon impiego sarebbe stato quello di "analista simbolico", occupato a cliccare icone sullo schermo del computer ; la conoscenza , e non risorse tradizionalmente importanti quali petrolio o terra, sarebbe diventata la principale fonte di ricchezza e potere.

Ma perfino nel 1996 sarebbe dovuto essere ovvio che questa era un’assurdità. In primo luogo, un’economia deve servire, in ultima istanza, i consumatori: e i consumatori non vogliono informazioni, vogliono beni tangibili. In particolare, i miliardi di famiglie del Terzo Mondo che finalmente cominciavano a detenere un po’ di potere d’acquisto al volgere del xx secolo, non chiedevano della bella grafica su Internet: volevano vivere in case decorose , viaggiare in automobile, mangiare carne.

In secondo luogo, la Rivoluzione Informatica della fine del xx secolo fu (come chiunque dovrebbe aver compreso) un successo sì spettacolare, ma solo parziale.Il trattamento di informazioni semplici divenne più veloce ed economico di quanto chiunque avrebbe mai immaginato, ma la ricerca sull’Intelligenza Artificiale, un tempo così piena di fiducia, subì una sconfitta dietro l’altra. Come sottolineò amaramente uno dei suoi fondatori , Marvin Minski: "Ciò che le persone definiscono in modo vago senso comune è in realtà più intricato della maggior parte dell’esperienza tecnica che ammiriamo". E occorre senso comune per interagire con il mondo fisico : per questo, anche alla fine del XXl secolo, non ci sono ancora idraulici-robot.

Più importante di tutto, i profeti dell’"economia dell’informazione" sembrarono aver dimenticato le basi stesse dell’economia. Quando un bene diviene abbondante, diviene anche meno caro. Un mondo sommerso dall’informazione sarà un mondo in cui l’informazione di per sé avrà un piccolo valore di mercato. E in generale quando l’economia diviene estremamente efficiente nel produrre qualcosa, quat’attività diviene meno, e non più, importante. L’America della fine del xx secolo era supremamente efficiente nel produrre cibo; questa e la ragione per cui aveva pochissimi agricoltori. L’America della fine XXI secolo è supremamente efficiente nel processare informazioni di routine; questa è la ragione per la quale i tradizionali colletti bianchi sono virtualmente scomparsi dalla scena .

Con queste osservazioni sullo sfondo, consideriamo ora le cinque grandi tendenze economiche che gli osservatori nel 1996 avrebbero dovuto rilevare , ma non hanno fatto.

Aumento dei prezzi delle risorse. La prima metà degli anni Novanta fu un’era di prezzi delle materie prime estremamente bassi . Eppure era difficile pensare che questa situazione sarebbe continuata. La Terra è un pianeta non infinito, come poche voci solitarie continuano a sottolineare; quando due miliardi di asiatici iniziarono ad aspirare a livelli di consumo simili a quelli occidentali, era inevitabile che essi scendessero in lizza per le limitate disponibilità di minerali, combustibile fossile e perfino prodotti alimentari.

In effetti, ci furono alcuni segnali di allarme fin dall’inizio del 1996. Ci fu un temporaneo aumento del prezzo della benzina nella primavera di quell’anno, dovuto a un inverno insolitamente freddo e a errori di calcolo sulle forniture di petrolio del Medio Oriente. Sebbene i prezzi fossero rapidamente calati, l’episodio avrebbe dovuto rammentare a tutti che verso la metà degli anni Novanta i paesi industrializzati erano esposti alle interruzioni delle forniture di petrolio come lo erano stati agli inizi degli anni Settanta: ma l’avvertimento fu ignorato.

Molto presto, tuttavia, divenne evidente che le risorse naturali, lungi dall’essere irrilevanti, erano divenuti più cruciali che mai. Nel XIX secolo grandi fortune erano state create grazie all’industria; negli ultimi anni del XX secolo furono create dalla tecnologia; ma i super ricchi odierni sono nella stragrande maggioranza coloro che detengono terra o diritti minerari.

L’ambiente come proprietà. Nel XX secolo si usavano alcune espressioni idiomatiche ("libero come l’aria", " spendere denaro come l’acqua") come se beni come aria e acqua fossero disponibili in quantità illimitata. Ma in un mondo dove miliardi di persone hanno abbastanza denaro per comprare automobili, andare in vacanza , e comprare cibo in confezioni di plastica, la limitata capacità di carico dell’ambiente è diventata forsi il vincolo più importante del livello medio di vita.

Verso il 1996 era già chiaro che un modo per affrontare i limiti ambientali passava per l’utilizzo dei meccanismi di mercato: in sostanza, nella conversione di questi limiti in nuove forme di diritti di proprietà. Un primo passo in questa direzione fu compiuto nei primi anni Novanta , quando il governo degli Stati Uniti iniziò a permettere alle imprese elettriche di comprare e vendere i diritti di emettere certi tipi di inquinamento; il principio fu esteso nel 1995 quando il governo cominciò a mettere all’asta i diritti di utilizzo dello spettro elettromagnetico. Oggi, praticamente ogni attività che presenti un impatto negativo sull’ambiente reca un pesante cartellino del prezzo. Sembra impossibile che nel lontano 1995 una famiglia tipo potesse fare il pieno a Winnebago a un dollaro il gallone, e con soli cinque dollari guidare fino a Yosemite. Oggi un tale viaggio costa circa quindici volte di più, anche tenendo conto dell’inflazione.

Le conseguenze economiche della conversione dei limiti ambientali in proprietà furono inattesi. Quando il governo cominciò a far pagare sul serio per l’inquinamento e la congestione prodotti, il costo delle licenze ambientali è diventato la parte maggiore dei costi delle imprese. Il totale dei pagamenti per le licenze costituisce oltre il 30% del PIL. E le licenze di inquinamento sono diventate la fonte principale di entrata per il governo; dopo ripetute riduzioni , l’imposta federale sul reddito fu finalmente abolita nel 2043.

La rinascita delle megalopoli. Durante la seconda metà del XX secolo, le città, densamente popolate e a rapida crescita, sembravano avviate verso un declino inesorabile . Le moderne telecomunicazioni avevano eliminato gran parte della necessità di stretta vicinanza fisica fra i dipendenti degli uffici, inducendo un numero crescente di aziende a spostare le loro operazioni gestionali da Manhattan e da altri distretti economici centrali verso parchi uffici suburbani. Sembrò che le città come le conoscevamo dovessero svanire, rimpiazzate da una distesa senza fine di bassi edifici punteggiati da sporadici gruppi di torri per uffici di una decina di piani.

Ma questa risultò essere solo una fase transitoria. Tanto per cominciare, gli alti prezzi della benzina e il costo dei permessi ambientali rese lo schema di pendolarismo una persona-un’auto del tutto impraticabile. Oggi le strade appartengono principalmente a orde di minibus in condivisione, efficientemente guidati da una rete di computer intercomunicanti. Tuttavia, sebbene questo sistema di trasporto "quasi di massa " funzioni meglio di quanto i pendolari del XX secolo avrebbero mai immaginato ( e impieghi più di 4 milioni di conducenti ) i trasporti suburbani porta a porta richiedono ancora un tempo maggiore rispetto a quanto i singoli pendolari e compratori potevano impiegare guidando le proprie automobili. Per di più, gli impieghi che erano temporaneamente fioriti nei sobborghi (principalmente collegati al lavoro di routine d’ufficio) erano soprattutto quelle occupazioni che in gran numero stavano scomparendo fin dalla metà degli anni Novanta. Alcuni posti di lavoro tipici dei colletti bianchi erano migrati in paesi in cui il costo del lavoro era più basso; altri erano stati sostituiti dai computer. I lavori che non potevano essere svolti altrove o da computer erano quelli che richiedevano il tocco umano: un’interazione faccia a faccia, o una vicinanza fisica fra persone che lavorano direttamente con materiali fisici. In breve, erano attività svolte al meglio in aree urbane densamente popolate, aree servite da quello che è ancora il trasporto di massa più efficiente mai progettato: l’ascensore.

Anche qui c’erano stati segni premonitori. All’inizio degli anni Novanta ci fu una grande discussione su quale regione sarebbe divenuta il centro della nascente industria multimediale. Sarebbe stata Silicon Valley? Los Angeles?

Dal 1996 la risposta fu chiara: il vincitore fu Manhattan, la cui densità urbana favorì quel genere di interazioni strette, faccia a faccia, che si sono dimostrate essenziali.

Oggi, naturalmente, Manhattan vanta quasi edifici da 200 piani quanto San Pietroburgo o Bangalore.

La svalutazione dell’educazione universitaria. Negli anni Novanta tutti credevano che l’educazione fosse la chiave del successo, sia per i singoli che per le nazioni. Una laurea, magari un dottorato, erano essenziali per chiunque cercasse un buon impiego, come quegli "analisti simbolici".

Ma i computer sono estremamente efficienti nell’analizzare i simboli; è con il disordine proprio del mondo reale che essi hanno problemi. Inoltre i simboli possono essere facilmente trasmessi ad Asmara o La Paz, e qui analizzati a una frazione del costo richiesto a Boston. Così nel corso di questo secolo molti degli impieghi richiedevano una laurea sono stati eliminati, mentre molti dei rimanenti possono, è evidente, essere svolti da una persona intelligente anche se non ha studiato la letteratura mondiale.

Questa tendenza avrebbe dovuto essere ovvia anche nel 1996. Dopo tutto anche allora l’uomo più ricco d’America era Bill Gates, che aveva abbandonato il college e non sembrava aver sentito la necessità di un’educazione formale per edificare la più potente impresa informatica del mondo.

Oppure si consideri il panico seguito alle "ristrutturazioni" che colpì l’America nel 1996. Come notarono subito gli economisti, il tasso al quale gli americani perdevano posti di lavoro negli anni Novanta non era particolarmente alto per gli standard storici. Perché allora queste ristrutturazioni fecero notizia? Perché per la prima volta i colletti bianchi, gli impiegati in possesso di una laurea, erano licenziati in gran numero, mentre era molto alta la richiesta di abili macchinisti o altri colletti blu. Questo avrebbe dovuto essere un chiaro segnale che i giorni dei premi salariali in continua crescita per persone con la più alta istruzione erano terminati, ma nessuna se ne accorse.

Per ovvia conseguenza, la continua erosione della domanda di laureati creò una crisi nella stessa industria dell’istruzione. Perché uno studente avrebbe dovuto impegnarsi per quattro anni di università e diversi anni di dottorato post-laurea al fine di acquisire credenziali accademiche che a stento avevano un qualche valore monetario? Di questi tempi lavori che richiedevano solo sei o dodici mesi di addestramento professionale – paramedico, carpentiere, gestione domestico ( una professione che ha incorporato molto del lavoro domestico precedentemente svolto da casalinghe non pagate) e così via – paga più o meno quanto ci si può aspettare di guadagnare con un dottorato, e più di quanto ci si possa aspettare di guadagnare con un Ph.D.

E così le assunzioni in college e università sono calate di almeno due terzi rispetto alla fine del secolo scorso. Molte istituzioni di istruzione superiore non hanno potuto sopravvivere a questo ambiente spietato. Le università più famose, per la maggior parte, sono riuscite a fronteggiare la situazione, ma solo modificando le proprie caratteristiche e ritornando a vecchi ruoli. Oggi Harvard è, come nel XIX secolo, più che un luogo di studio un’istituzione sociale, dove i figli di papà ingentiliscono i loro modi e fanno amicizia con giovani della loro stessa estrazione.

L’economia della celebrità. L’ultima grande tendenza di questo secolo fu notata già da acuti osservatori nel 1996, eppure la maggioranza non la comprese. Benchè i guru della finanza proclamassero il predominio di creatività e innovazione sulla produzione di routine, in realtà la crescente facilità con cuo l’informazione poteva essere trasmessa e riprodotta rendeva sempre più difficile per i creativi trarre profitto dalle proprie creazioni. Se oggi sviluppi un meraviglioso software, domani chiunque potrà scaricarlo gratuitamente dalla rete. Se registri uno stupendo concerto, la settimana prossima un cd pirata sarà venduto a Shanghai. Se produci un film meraviglioso, il mese prossimo un video di alta qualità sarà disponibile a Mexico City.

Ma allora come si può far rendere la creatività? La risposta divenne evidente già un secolo fa: le creazioni devono produrre un ritorno economico indirettamente, promuovendo la vendita di qualcosa d’altro. Come le aziende automobilistiche sono solite sponsorizzare i piloti di Formula 1 per ravvivare l’immagine delle proprie auto, le industrie di computer ora sponsorizzano geniali progettisti di software per costruire marchi riconoscibili per il proprio hardware.

E lo stesso vale per i singoli individui : le royalties che i Four Sopranos guadagnano con le loro registrazioni sono sorprendentemente modeste; le registrazioni servono principalmente come pubblicità per i loro concerti nelle arene. I fans, naturalmente, vanno a questi concerti non per apprezzare la musica ( cosa questa che possono fare molto meglio a casa) ma per l’esperienza di vedere i propri idoli in carne e ossa: Esther Dyson, esperta di previsioni tecnologiche, descrisse il fenomeno con precisione nel 1996: "Copie gratuite di contenuto stanno diventando ciò che si usa per crearsi una fama. A quel punto basta uscire a mungerla". In breve, invece di diventare un’Economia della Conoscenza siamo diventati un’"Economia della Celebrità".

Fortunatamente, la stessa tecnologia che ha reso impossibile capitalizzare direttamente sulla conoscenza ha anche creato molte più occasioni di celebrità. Il mondo a 500 canali è l’habitat ideale per molte sottoculture, ciascuna delle quali con i suoi eroi culturali; ci sono persone che desiderano pagare per il brivido di incontrarsi dal vivo non solo con i divi, ma anche con giornalisti, poeti, matematici e perfino economisti. Quando Andy Warhol predisse un mondo in cui ciascuno sarebbe stato famoso per quindici minuti, aveva torto: se un incredibile numero di persone ha sperimentato la celebrità , non è solo perché la fama scorre a fiumi, ma perché ci sono molti modi di essere famosi in una società che è diventata incredibilmente diversificata.

Eppure l’economia della celebrità è stata dura con qualcuno : specialmente con noi accademici. Un secolo fa era possibile guadagnarsi da vivere svolgendo esclusivamente l’attività di studioso: uno come il sottoscritto avrebbe probabilmente guadagnato un discreto stipendio come professore universitario, e sarebbe stato in grado di incrementare questo reddito con diritti d’autore provenienti dai libri di testo: Oggi, i lavori di insegnate sono difficili da trovare e lo stipendio è comunque una miseria; e nessuno fa soldi vendendo libri. Chi si vuole dedicare alla carriera degli studi, ha di fronte solo tre opzioni ( le stesse tre opzioni che erano disponibili nel XIX secolo, prima dell’ascesa della ricerca universitaria istituzionalizzata). Come Charles Darwin, si può nascere ricchi e vivere del patrimonio ereditato. Come Alfred Wallace, il meno fortunato co-scopritore della teoria dell’evoluzione, si può vivere facendo qualcos’altro e fare della ricerca il proprio hobby. O, come molti scienziati del XIX secolo, si può cercare di approfittare della reputazione accademica entrando nel circuito delle conferenze a pagamento.

Ma la celebrità, benchè più comune che mai, non è ancora facile da ottenere. E questo è il motivo per cui scrivere questo articolo è una così grande opportunità. Il mio attuale lavoro alla clinica veterinaria non mi dispiace , ma ho sempre desiderato essere un economista a tempo pieno; un articolo come questo potrebbe essere proprio ciò che mi serve per trasformare il mio sogno in realtà.