Terre di mezzo, terre da abitare…Esperienze a partire da una casa di accoglienza per straniero (Bruno Baratto*)
PROGETTOZERO
Torna a Index

Bussano alla porta aperta dell'"ufficio", la stanza di riferimento della casa , dove teniamo le riviste, gli incartamenti degli ospita due divani, un computer un po' asmatico, libri, 'carte varie', l'agenda del giorno,... Si presenta una straniero, che chiede, con gli occhi da cane bastonato, se c'è posto per dormire. Lo fai sedere, e inizi le domande di prammatica: come ti chiami, dove vivi, lavori o non lavori, sei regolare o irregolare,...Ahmed, marocchino, ti risponde che è in Italia da tre anni, si è messo in regola con l'ultima sanatoria, ha sempre lavorato, prima al sud, poi qui al nord E gli occhi gli si accendono, la voce si fa dura: "È più di un anno che lavoro qui a Treviso, ed è più di un anno che dormo in una casa abbandonata, senza acqua, senza luce, con altre dieci persone, peggio che le bestie! Per lavarmi devo andare alle docce pubbliche, ma sono aperte solo pochi giorni la settimana..." Qualche volta aggiunge che devi assolutamente dargli un posto, perché altrimenti che ci stai a fare qui,,. E a volte con pazienza, altre volte con impazienza, gli spieghi che deve far domanda, mettersi in lista d'attesa, ci vuole come minimo qualche mese... "Almeno la doccia, o lavarmi i vestiti..." No, non si può nemmeno questo, se non si è ospiti... E Ahmed alla fine se ne va, con gli occhi ancora più tristi di prima, o continuando a recriminare, a maledire questa terra senza cuore ... E qui si allarga una prima terra di mezzo,sempre troppo vasta. E' creata da in lato dai bisogni insopprimibili di chi di giorno è necessaria forza-lavoro ma di notte si vorrebbe sparisse, e dall'altro dalle risposte sempre insufficienti delle istituzioni o di coloro quali su questa forza-lavoro comunque guadagnano. Insufficiente talvolta inevitabili, per la rapidità di un fenomeno in costante evoluzione; il più delle volte colpevolmente croniche, dettate da inefficienza, indifferenza,ignoranza, ostilità. Insufficiente di amministrazioni comunali che ti trattano a pesci in faccia e poi i loro servizi sociali ti chiamano per risolvere emergenze che non riescono a gestire, nemmeno per l'urgenza di una notte al coperto.

Ma un'altra terra di mezzo ti si spalanca nel cuore, una terra di pietre e di spine, che vorresti subito lasciare, e invece ti ci ritroverai, stasera, quando tu in ogni caso te ne andrai a dormire in un letto caldo e asciutto, e Ahmed no... Una terra che ti rimette impietosamente a confronto con le tue inefficienze e omissioni. Soprattutto nel suscitare iniziative 'politiche' e di opinione capaci di incidere presso la gente di questa opulenta provincia veneta. A volte questa terra di mezzo è inquinata dal grigio delle mie stanchezze, dalla mia voglia di pensare ad altro, di starmene un qualunque cosa avrete fatta al più piccolo dei miei fratelli, l'avrete fatta a me… So che vi sono casi in cui è necessario essere rigorosi fino alla durezza, tracciando confini precisi... ma questo non mi salva dalla domanda, sto facendo quello che posso perchè anche altri facciano il loro dovere nel rispondere a queste necessità?

Mamadou è seduto davanti a me, in "ufficio", ed io sto spiegandogli le condizioni del regolamento della casa: niente alcool in cucina, in dispensa, in sala da pranzo e in sala IV, al piano di sopra e in camera non può salire chi non è ospite della casa, non si fuma in camera, ogni mese si regola il conto del rimborso spese, ci si impegna nei turni comuni di pulizia, ci si impegna a partecipare ad alcune attività ricreativo-culturali organizzate insieme, ci si impegna a lasciare il posto ad altri entro un anno dall'entrata in casa... Mamadou lo firmerà, il regolamento, ansioso di avere un posto letto; accetterà queste regole fissate da noi, senza dubbio ragionevoli e motivate dal nostro punto di vista, ma pur sempre decise dal nostro potere, e alle quali a lui è chiesto di aderire. E da qui parte il tentativo di trasformare una zona grigia in una terra di mezzo aperta alla trasformazione: a nostro parere è leale giocare a carte scoperte circa la gestione delle forze in campo. Inutile fare bei discorsi di astratta collaborazione, in un 'vogliamoci bene' buonista, con il rischio di ritirarsi offesi, incattiviti, irrigiditi quando le cose non sono andate come noi desideravamo, quando l'altro si è preso una fetta di potere che non eravamo disposti a riconoscergli. È a partire da un minimo di confini precisi che riusciamo a camminare verso una maggior reciprocità. Reciprocità è parola traditrice quando non si sia insieme riconosciuto la distribuzione delle forze e non si sia dichiarato l'uso che di tali forze si voglia fare.
Gli ospiti della casa sanno bene che non esitiamo a mettere alla porta con molta determinazione chi non ha rispettato alcune regole fondamentali, una volta esaurito ogni altro tentativo di dialogo. E questa diventa dichiarazione esplicita che la nostra forza, il nostro potere è posto a garanzia di un reciproco rispetto. Crediamo che solo così la zona grigia della disuguaglianza dì fatto possa evolvere verso una terra di mezzo di maggior reciprocità.
"Mi sposo in agosto, in Tunisia: verrete al mio matrimonio, no?" Mohammed ci guarda speranzoso: in effetti, siamo già stati a qualche altro matrimonio in terra maghrebina: occasioni in cui incontri mondi familiari e tradizionali affascinanti.
"Mia moglie ha avuto un bambino, ho appena telefonato, è andato tutto bene!" Gli occhi e il tono di voce di Noureddine mi dicono molto di più del suo italiano stentato o del sua arabo che non so decifrare: è il primo figlio, è un maschio, lui è lontano....
Silla lo vedo poco socievole, in queste feste natalizie: "Non faccio pensare alla mia famiglia, non sai cosa vuol dire continuare a cercar casa per portarli qui e non trovarla. O ti raccontano che hanno appena affittato l'appartamento, o li chiedono affitti di due milioni al mese!" Non so cosa dire, se non rimanere un po' con lui, ascoltarlo, aiutarlo dopo un po' a cambiare discorso... sono cose che ci siamo già detti altre volte, e la soluzione sembra sempre così improbabile e lontana...
"Battezziamo la piccola Valerie, il mese prossimo: venite anche voi,vero?" E ci si ritrova in una messa spumeggiante, il parroco si è fidato di lasciare preparare alcune parti della liturgia alla famiglia e a noi; qualche altro prete lo fa lui stesso, se conosce un po' la famiglia. Poi si mangia,e soprattutto si balla molto, senza preoccuparci troppo di passi e di figure,entrando in punta di piedi in ritmi tanto diversi e tanto capaci di muovere il nostro corpo in profondità...
"Bruno, è appena successo un grosso guaio: Youssef tornava dal lavoro in bicicletta, senza fanale, e stato urtato da un ragazzo in motorino, sono caduti; Youssef si è un po' ammaccato, il ragazzo era senza casco, è morto, aveva quattordici anni..." E ci troviamo senza parola z rimanere accanto a Youssef, al suo sbigottimento al suo rimorso al suo dolore, a cercargli un avvocato poiché è accusato di omicidio colposo; e un paio di giorni dopo, ancora senza parole, ad andare a fare le condoglianze alla famiglia del ragazzo morto, anche a nome di Youssef, che non ce l'ha fatta a venire...
O quando, una mattina all'alba, Stefano, l'altro operatore, è stato chiamato a riconoscere il cadavere sfigurato di Ali, un ragazzo di ventitré anni nostro ex ospite, morto in un incidente stradale.
Qui ti ritrovi di colpo in una terra di mezzo fondamentale, quella dove si incrocia la vita e la morte, dove i significati di fondo dell'esistenza e, prima ancora, le emozioni di fondo emergono con forza, talvolta violentemente, sul volto delle persone e delle relazioni. Una terra di mezzo nella quale non sempre sai come comportarti, o perché non conosci abbastanza le sfumature degli altrui codici culturali, (e qui sperimenti di solito un'inattesa e delicata accoglienza da chi ti ospita entro il suo momento di gioia personale e familiare), o perché è comunque duro confrontarti con emozioni e talvolta sofferenze tanto intense che qui devi lasciarti mettere in gioco nel tuo modo di vivere situazioni così provocanti). E capisci che in fondo è un onore e una provvidenza essere chiamati ad esserci in simili occasioni di vita e di morte. Anche se qualche volta ne faresti volentieri a meno.

Alla vecchia bicicletta di Soulevman, del Burkina Faso, si è rotta la catena, e ci chiede se possiamo trovare qualcuno che gliela aggiusti: quando gli diciamo che secondo noi non vale la spesa, ci guarda preoccupalo: "E io, come vado a lavorare?" Soulevman si fa ogni giorno venti chilometri di strada, in inverno parte col buio e torna col buio, pioggia o non pioggia... È un buon lavoro, è operaio specializzato, guadagna quasi due milioni al mese. Ma quando gli proponiamo di prendersi un motorino di seconda mano, con due-trecentomila lire se ne trova uno decente, ci dice che non ha soldi. Ogni mese manda quasi tutto a casa, qui vive con il minimo indispensabile. Quando non è troppo stanco, e ha voglia di raccontare, senti di entrare in un paese dove la povertà è miseria, alla faccia delle notizie su giacimenti d'oro che andranno solo a chi già comanda, dove si contrabbandano patate con il paese vicino, dove l'uso delle cose è ridotto all'essenziale e si rischia di far la fame... Qui qualcuno di loro cade nell'ubriacatura del consumo, giocato da questa mostruosa sproporzione nella disponibilità dei beni; ma molti lavorano come muli, a testa bassa, per anni, sperando di risollevare almeno un po' le sorti della propria famiglia. Si spalanca una terra di mezzo larga quanto la forbice sempre più ampia che separa il Nord da tutti i Sud del mondo in ordine ai consumi, grigia quanto la nostra cattiva coscienza nell'uso e nello spreco di beni.Una terra che può separare sempre di più, condurre a dipendenze distruttive, m neocolonialismi sempre più sofisticati. Una terra che potrebbe introdurci ad un incontro che muti il nostro stile di vita, inventando nuovi modi di produrre e consumare... Scontrarsi con una povertà, con una miseria che ha volto e storie concrete, quali conseguenze può portare (se non ci chiudiamo in difese ad oltranza?)

"Festeggiate con noi, alla fine del Ramadan?" È un invito che ci fa sempre piacere. Così come a noi fa piacere invitare a fare un po' di festa assieme a Natale o a Pasqua. Così come ci piaceva ascoltare qualche albanese più anziano che ci raccontava della sua infanzia, quando le famiglie musulmane e quelle cristiane si ospitavano reciprocamente a Pasqua e all'Aid el kebir (* festa musulmana). Tuttavia, i rapporti tra credenti di religioni diverse (per noi l'esperienza è soprattutto con i musulmani) non sono ne scontati ne immuni da fraintendimenti e conflittualità: io so che nemmeno i musulmani che conosco meglio mi diranno mai quello che pensano della mia scelta di celibato..
È una terra di mezzo che da noi si apre per la prima volta. Questo Veneto finora si era pensato univocamente cattolico dal punto di vista religioso, sia da parte dei cattolici, che da chi cattolico non era. Il pluralismo religioso è esperienza inedita per queste terre. In alcuni suscita entusiasmi e adesioni a percorsi che si considerano più seri di quelli proposti dal cristianesimo, in molti altri fa crescere nuovi rami alle paure di perdita identitaria cui accennavamo più sopra. E allora nascono le polemiche spesso strumentali sulla palestra delle opere parrocchiali noleggiata a duemila musulmani per festeggiare la fine del Ramadan, o le grida d'allarme per l' "invasione islamica" e le proposte più varie per limitare la presenza sul territorio ai soli stranieri cristiani... in terre nelle quali - in realtà - strapotenti trasformazioni economiche e sociali hanno già da tempo messo profondamente in crisi il cattolicesimo come riferimento religioso e culturale diffuso...

*sacerdote di Treviso, responsabile del settore immigrati della Caritas diocesana, partecipa all’esperienza di accoglienza di una casa per stranieri.