indice generale

LA PAROLA AD UNO PSICOTERAPEUTA UMANISTA…
LUIGI DE MARCHI

1 - Una persona "normale" che cerchi di contattare uno psicoterapeuta di una certa impostazionme teorica non ha altro mezzo per individuare la "persona giusta" che consultare un elenco specializzato del tipo di quello pubblicato da "Noi Psicologia oggi" (Annuario degli psicoterapeuti). Oppure deve rivolgersi a qualche "esperto" del settore, per esempio lo psicologo del consultorio.
Rispetto invece al potere di controllare  e verificare la preparazione e la professionalità del terapeuta, secondo me le possibilità di ricavare un'informazione corretta in maniera autonoma esistono. Un buon parametro per "annusare" a distanza i "tromboni" è il "fiuto" del cliente che può essere supportato da tre elementi in particolare che connotano il comportamento del terapeuta: il tentativo da parte del terapeuta di "catturare" il paziente è certo più sospetto rispetto al lasciare il cliente completamente libero di scegliere e decidere; una presentazione troppo enfatica e ridondante fa pensare al desiderio di impressionare al contrario di una modalità più legata ad illustrare le proprie competenze specifiche; infine un ultimo elemento importante sta nel desiderio di stabilire un rapporto umano con il "cliente". È una sorta di sintesi fra la tecnica ed il "sentimento" che è rilevabile solo attraverso la sensibilità personal dell'ipotetico utente. Spesso si incontrano colleghi che utilizzano modalità di comportamento sussiegose, artificiose, esibizioniste che sono in netto contrasto con il calore umano autentico. Per quanto riguarda l'aspetto più squisitamente tecnico, e dunque le differenti tecniche terapeutiche, esse sono certamente più difficili da rilevare e da individuare senza attingere informazioni per esempio dai medici.


2 - Certo io credo che sia molto importante che si stabilisca un "feeling"  fra terapeuta e paziente. In senso lato si può dire, e gli studi lo confermano, che tutte le terapie funzionano bene se il terapista funziona. Con ciò non voglio dire che qualsiasi approccio terapeutico possa risolvere il problema che causa il  disturbo psicologico alla radice. In altre parole, qualsiasi impostazione teorica a cui risale una certa psicoterapia, può giovare, ma non per forza può guarire: per esempio il comportamentismo cura il sintomo e non la personalità e dunque si ottiene risultati solo rispetto ad esso. Si racconta a questo proposito un aneddoto che parla di una gara fra Skinner e Rogers per individuare il metodo più efficace di intervento per produrre un apprendimento. Così si fece un esperimento nel quale Skinner utilizzò le apparecchiature che aveva inventato, mentre Rogers si accorse che i risultati miglioravano a seconda che gli allievi fossero accompagnati in aula da un bidello simpatico o uno scorbutico!


3 - Fare un paragone fra la situazione in Italia e negli USA relativamente alla psicoterapia è  piuttosto complesso perché le due realtà sono molto diverse. Gli  USA vanno molto con la moda, sono in genere molto aggiornati, ma anche molto umorali; in Europa le  mode attecchiscono in campo professionale più lentamente, ma si mantengono più a lungo, non solo dei fenomeni passeggeri, bensì degli avvenimenti a lunga conservazione. In più in Italia siamo ben lontani dalla dilatazione dell'uso della psicoterapia che c'è negli USA , da noi non c'è la stesa diffusione e quindi occorre per lo meno aspettare la saturazione prima di pensare ad un calo del fenomeno.

4 - Per quanto riguarda infine i tipi di disturbi più frequenti, direi che al primo posto stanno i disturbi di identità, connessi all'insicurezza esistenziale: i sintomi sono il senso di mancanza di identità, l'ansia, l'angoscia di morte, l'alienazione e la difficoltà di contatto. Tutto questo deriva dal crollo delle certezze religiose e politiche che ha provocato un malessere esistenziale, con conseguente sentimento di solitudine e demotivazione. Credo che il tutto sia ottimamente sintetizzato nella famosa frase di Woody Allen: "Dio è morto, Marx è morto, e anch'io non mi sento molto bene!".
Certo si tratta di depressione, volgarmente detta. La depressione è sempre esistita, anche se un tempo connotava i "caduti", i perdenti, che in un  mondo di certezze non stavano al passo con gli avvenimenti. Oggi lo sconforto è più grande e dilatato e la depressione ha il vantaggio di ridurre la conflittualità fra l'individuo ed il contesto circostante. C'è un'unica speranza: che il realismo esitenziale stimoli il solidarismo umano.