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L'ASSISTENTE PSICHIATRICO

Il ruolo dell'assistente in comunità psichiatrica è qui analizzato sul versante della relazione con paziente; le dinamiche istituzionali, altrettanto fondamentali per garantire la terapeuticità dell'intervento, saranno oggetto di riflessione in un prossimo articolo.
"Ad - sistere", stare accanto, rimanda alle seguenti funzioni terapeutiche:
a)      funzione di  modello,
b)      maternage,
c)      presenza,
d)      Io ausiliario.

Esse si realizzano nel delicato equilibrio fra un'interpretazione di transfert che resta per lo più interna, aiutando a conoscere il paziente, e l'analisi del controtransfert.
Infatti l'operatore non interpreta e raramente assume una posizione di neutralità. Piuttosto usa terapeuticamente il transfert per assicurarsi il dominio delle pulsioni del paziente convogliandole verso modelli ritenuti adeguati. In questo senso l'assistente può realizzare la funzione di ideale dell'Io. Occorre però sufficiente abnegazione per evitare che le aspettative dell'operatore non prevarichino i tempi del paziente con le deleterie conseguenze di un appagamento narcisistico o di un'aggressività punitiva legata ad un fallimento.
Il maternage è un ulteriore appagamento regressivo che si realizza nell'assunzione del ruolo materno di contenimento assicurando la possibilità di interiorizzare un oggetto sufficientemente buono.
Pur facendosi garante del principio di realtà, l'assistente rispetterà quell'equilibrio patologico ma provvisoriamente indispensabile offerto dal delirio. Sarà l'attività integrata con lo psicoterapeuta a garantire il perseguimento degli obiettivi di autonomia e di individuazione.
Se il maternage offre la sicurezza di una presenza amorevole (con il rischio della caduta dell'estremismo di un sistema laissez-faire) e se l'ideale dell'Io offre un  modello da imitare posto innanzi al paziente (educare = condurre, con il rischio di un sistema autoritario), l'esserci configura qualcosa di più radicale: è disponibilità empatica alla comprensione, Esserci rimanda ad una non facile creazione di uno spazio interno che l'altro possa occupare. L'operatore evita che lo spazio venga invaso, pena il suo coinvolgimento nella psicosi che che in esso possa perdersi, pena la caduta della simbiosi. La piena comprensione ed identificazione suggerisce un ulteriore significato di educazione: ex - ducere, trarre fuori. L'empatia si coniuga qui con l'abilità maieutica che, piuttosto che imporre ciecamente un modello, offre la piena disponibilità all'espressione autopoietica dell'altro.
Infine l'assistente si pone come alter-ego pur tenendo presente che l'Io psicotico è totalmente inefficiente ma possiede capacità residue. Vanno qui evitati gli estremi dell'eccessiva protezione che induce nel paziente la rinuncia inconscia alla funzioni egotiche e dell'eccessiva passività che conduce ad un'atrofia funzionale dell'Io. Occorre dunque sollecitare l'espletamento delle attività dell'Io sostenendo la motivazione terapeutica, verso progressivi traguardi di autonomia.
Si offre così allo psicotico un "piacere funzionale dell'Io", al di là delle produzioni deliranti uno mezzo di espressione rimastogli.

Monica Amiotti & Marco Terragni