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IL PARERE DI DIEGO NAPOLITANI
Attualmente
la USSL ed i Consultori che ne hanno fatto parte sono una buona fonte di
informazione per chi volesse avere indicazioni sugli psicoterapeuti presenti
nel circondario e anche sul loro tipo di approccio. In un prossimo futuro,
l'applicazione della Legge 56 che riguarda l'ordinamento della professione
di psicologo, si avrà probabilmente un indirizzario completo e aggiornato
che offrirà ai suoi utenti la possibilità di decidere. Per ora le informazioni
sulle diverse impostazioni teoriche di riferimento delle differenti forme
di psicoterapia si possono avere attraverso le segreterie degli istituti
e/o scuole che le rappresentano in una certa zona geografica. Dunque, per
il neofita inesperto, si tratta di una sorta di "gioco di bussolotti"
che non garantisce di per sé, cioè attraverso l'acquisizione di informazioni,
di riuscire a contattare un professionista "serio". D'altronde
non esistono elementi oggettivi che indicano la competenza professionale
senza possibilità di dubbio. Io credo che ciò che deve domandarsi il "paziente"
riguarda il "sentire" se la relazione con l'analista si basa sulla
confidenza: se "passa qualcosa" fra i due, significa che la relazione
analitica si è stabilita. Personalmente diffiderei di un analista il cui
comportamento mi paia poco autentico nei confronti dell'interlocutore-paziente.
La "scintilla" di una relazione analitica efficace è una sorta
di innamoramento come tutti gli innamoramenti è casuale e non programmato,
ma che, a differenza di questo, è delimitato con rigore rispetto all'ambito
relazionale e non consente seduzioni reciproche se non sottolineandone l'esistenza
per elaborarle a scopi terapeutici. Dunque se un paziente non può dire allo
psicoterapeuta "..è vero quando mi parla" significa che qualcosa
non va.
Oggi il grosso problema è rappresentato dal cambiamento delle patologie
"classiche" a causa delle mutazioni culturali, dell'epoca storica
e della società nel suo complesso. Così i disturbi psichici individuati
da Freud non ci si presentano oggi con le stesse caratteristiche. Nonostante
io sia contrario alla possibilità diagnostica, direi che il fenomeno più
nuovo in questo periodo è quello connesso alla tossicomania che si presenta
in termini massicci. Ma direi che tutto deriva dalla percezione improvvisa
e traumatica da parte del paziente del "vorrei ma non posso"
che esprime un conflitto fra l'ordine costituito e la manifestazione espressiva
e creativa di sé. Ne derivano un malessere diffuso, un'angoscia, più o meno
sintomatizzati, somatici o stereotipici, che colpiscono anche persone poco
culturalizzate. Volgarmente si indica tutto questo col termine depressione
che individua proprio la incapacità di esprimersi come si vorrebbe.
Anche per il futuro non prevedo sostanziali variazioni di questa situazione
se non nei contenitori esterni del disagio che possono modificarsi col cambiare
di un'epoca o nelle modalità di reazione a questo stato psicologico. Per
molti la condizione di vita continuerà ad essere quella del disagio. Se
mai c'è da augurarsi che la visione molto specialistica possa cambiare e
farsi più "laica", che i gruppi di autocoscienza si facciano
più indirizzati e guidati e che si diffonda una cultura di scambi.
Io credo che a noi non succederà come negli USA; sono convinto che
non seguiremo lo stesso andamento perché c'è fra noi una differenza di base
dovuta all'eccessivo tecnicismo presente nell'approccio statunitense a differenza
del nostro filone che ha connotati umanistici. Questa profonda differenza
culturale produrrà effetti diversi sullo sviluppo della psicoterapia e della
psicoanalisi in Europa e in Italia.