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L'AUPI PER LA FORMAZIONE

Il 26 luglio P.A. Sardi come segretario generale e legale rappresentante dell'AUPI  (Ass. Unitaria Psicologi Italiani) ha firmato un Atto Notorio in cui, facendo riferimento all'art. 5 della Legge 845/78, alle strutture di vario genere a sua disposizione, alle finalità espresse nello Statuto in vigore, dichiara che l'Associazione è in grado di promuovere e gestire, con i finanziamenti regionali, attività di formazione di psicologi sia professionale in genere sia relativa ai formatori.
In pratica l'AUPI intende avviare un settore di attività di  formazione per ora nuovo o comunque mai sperimentato.
Se è pur vero che il documento non precisa di quale formazione nello specifico si tratti, i due riferimenti, alla formazione professionale e a quella dei formatori, connota quello che è sempre stato considerato con un Sindacato della categoria, soprattutto interessato a progettare i diritti e gli interessi degli psicologi dipendenti, come una nuova agenzia-istituto di formazione.
Il primo quesito che mi si pone riguarda la posizione attuale di AUPI nei confronti del dibattito sul riconoscimento delle Scuole di formazione in psicoterapia. In effetti AUPI non ha mai preso una posizione precisa. Ciò ha una  spiegazione nell'argomento che non toccava da vicino l'area di intervento del Sindacato. Ma la recente evidenziazione di interesse per il campo della formazione mette in luce forse un altro motivo: l'intenzione di entrare in concorrenza con l'esistente e con qualche vantaggio in più dovuto alla diffusione di AUPI come sindacato su tutto il territorio nazionale.
La parte più debole dell'operazione pare essere legata all'aspetto teorico e scientifico dell'eventuale attività formativa. Quali saranno, e soprattutto per i Soci, come saranno individuati e determinati i presupposti teorici di questa futura scuola? AUPI raggruppa psicologi di differenti impostazioni: come farà a scegliere quale privilegiare? E se si decidesse di non privilegiare nessun approccio, usando di volta in volta docenti diversi, chi determinerà gli iter formativi? Non mi risulta che nel settore pubblico questa figura professionale abbondi e, pur non sapendo se AUPI ha fra i soci professionisti della formazione che lavorano come dipendenti nelle aziende, mi permetto di esternare il dubbio sulla opportunità di un loro eventuale coinvolgimento: di solito nelle imprese non si formano, se non raramente, altri psicologi.
C'è poi l'aspetto economico. Formalmente si può essere più che corretti e rispettosi della legislazione fiscale e di quella del lavoro nel fare i contratti. Sta di fatto che mi pare un'operazione "dubbia" e molto simile a quella da anni realizzata dal Ministero P.I. direttamente o attraverso i suoi provveditorati, dove bravi professionisti della scuola vengono promossi sul campo formatori ex-colleghi docenti. Con il risultato di un significativo risparmio economico, ma di una caduta verticale in termini di qualità della formazione. A parte l'aspetto etico di una operazione di questo genere.
Nel punto 5 del documento di Sardi c'è anche un riferimento a gruppi di formatori di cui AUPI si dovrebbe avvalere per realizzare queste attività di formazione. Ma, pur tralasciando il dibattito sull'opportunità o meno che l'AUPI  gestisca attività di formazione, restano alcuni punti critici da evidenziare. L'Atto Notorio dichiara che il sindacato fin d'ora dispone delle capacità organizzative per pubblicizzare le attività di formazione, reclutare e selezionare gli allievi, formatori compresi, controllare la frequenza degli stessi e l'efficacia della formazione. E, verso la fine, AUPI "…garantisce il controllo sociale di tutte le proprie attività formative, sulle quali accetta il controllo della Regione per la corretta utilizzazione dei finanziamenti erogati….".
Significa che i gruppi che verranno chiamati parteciperanno alla fase esecutiva dell'impianto didattico? O gli verranno commissionati "pacchetti" completi di formazione? Infine, i gruppi menzionati sono di professionisti esterni all'Associazione o sono personale interno reclutato per avviare il nuovo settore?
Spero che in futuro questa manovra diventi più comprensibile. Ma intanto mi chiedo come mai capiti sempre più di frequente che la gente rinunci a fare il suo lavoro, che sa fare, per fare quello di qualcun altro, che di solito non sa fare.

Margherita Sberna