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UNO SGUARDO AL FUTURO

Questo numero di NOI PSICOLOGIA è dedicato in gran parte a due questioni entrambe di enorme importanza ed interesse per il futuro della Psicologia nei più diversi ambiti.
Il primo argomento ampiamente trattato riguarda l'Albo professionale, le  Scuole di Psicoterapia. La situazione si sta facendo sempre più drammatica, come si potrà vedere dai contenuti del giornale. Ma ciò che spaventa di più è l'atteggiamento dei diretti interessati. L'impressione è che ognuno "corra" contro gli altri, mentre i "veri nemici" collaborano fra loro per affossare le Scuole di Formazione in Psicoterapia che non siano "degli amici". Il nostro tentativo è quello di  far circolare al massimo le informazioni perché tutti i responsabili delle diverse Scuole finalmente capiscano che solo unendosi e attraverso una strategia comune potranno effettivamente lottare per la loro sopravvivenza. E non solo, perché  così facendo salvano anche la pluralità di impostazioni ed approcci che una disciplina così giovane come la psicoterapia ha il diritto di sperimentare e di verificare per rafforzarsi e svilupparsi concretamente. I prossimi due anni saranno cruciali rispetto a questo e la prospettiva della riduzione del panorama attuale è estremamente deprimente. Se fosse successa la stessa cosa ai tempi di Freud e del suo gruppo, oggi non avremmo nemmeno la psicoanalisi. È vero che mai come in questo periodo i punti di sicurezza tradizionali vacillano (v. art. su PSI), ma è anche vero che gli errori dovrebbero stimolare riflessioni e dibattiti forieri di un approfondimento teorico e di un ulteriore sviluppo.
Le nostre pagine anche nel prossimo numero saranno aperte al dibattito in merito, senza preclusione alcuna: sia chi si batte, sia chi resta passivo a guardare determinerà il risultato di questa vicenda.
Il secondo argomento approfondito riguarda lo stress o burn-out degli operatori sociali. Anche questo è un punto cruciale per il futuro di tutte le professioni a carattere sociale in cui il rapporto, la relazione, sono l'essenza stessa del lavoro svolto.  È infatti ormai più che evidente che le risorse umane non sono inesauribili e che occorre individuare accanto a strumenti per la diagnosi (ce ne sono già) delle tecniche e delle metodologie di intervento. Anche in questo settore, quasi neonato, esistono pochi o nessun collegamento fra gli studiosi e gli operatori che se ne occupano, pur in maniera diversa. Occorre così ogni volta "inventare l'acqua calda" o sprecare preziose risorse in esperimenti che qualcuno ha già fatto: sempre colpa del settarismo che ci distingue? Può essere, ma nel dubbio noi cominciamo a parlarne più ampiamente nella speranza di poter divenire facilitatori di contatti decisivi per lo studio di questo fenomeno così influente sulla qualità della vita e del lavoro di ogni "operatore sociale".

Margherita Sberna