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PSICOLOGIA
E POLITICA:
PERCHE'
NON FAREMO L'EUROPA PRIMA DEL 2020
A
leggere i giornali di questo periodo appare più chiaro che la psicologia
dovrebbe essere più diffusa nella cultura e che se lo fosse molte ingenuità
sarebbero evitate. Il primo caso interessante è quello del giudice dell'inchiesta
"Mani Pulite" che propone per primo, nel pieno dell'estate, una
qualche forma di condono e perdono per i tangentocrati. Il dibattito si
svolge furioso sui contenuti, ma nessuno riflette sul significato psicologico
di questa comunicazione. Che era un evidente intervento paradossale: il
giudice accusa la nomenklatura si mette a chiederne la difesa. Cosa possono
fare gli accusati? Se attaccano il giudice si autodanneggiano, se lo appoggiano
si alleano al loro antagonista e lo rafforzano. Una comunicazione paradossale
astutissima, che ha neutralizzato gli attacchi concentrici del regime sui
magistrati.
Il secondo caso, meno riuscito ma insidiosissimo, è l'attacco di Craxi a
Di Pietro. Craxi prima crea la suspence, poi insinua, infine fa trapelare
di frequentazioni del magistrato con due inquisiti conosciuti addietro in
occasione di un'altra indagine poi archiviata. La mossa, ancorché disperata,
era abilissima perché tirava a far scoprire da altri ciò che Craxi voleva
dire: cioè che Di Pietro avrebbe potuto prima archiviare una indagine (sull'AMT,
anni fa) magari dietro compenso e poi accordarsi con gruppi socialisti per
demolire la leadership del partito a Milano. La voce girava in città da
mesi ed era molto allettante per chi vede nell'inchiesta di Di Pietro un
pericolo.
Le reazioni della stampa a questa mossa sono state tutte razionaleggianti.
Esse hanno dimostrato via via che Di Pietro era innocente, che comunque
l'inchiesta non era Di Pietro ma l'intera Procura milanese, che il metodo
Craxi era stato infame. Tutte cose giuste ma che non tenevano conto della
psicologia "intuitiva" di Craxi. Di Pietro è un simbolo e la minima
ombra su lui avrebbe il potere di ridurre l'identificazione popolare, facendo
emergere il vissuto del "tutto è fango" dunque nulla serve a nulla,
dentro il quale i colpevoli sono meno colpevoli. Perché un siluro non ha
funzionato ed è tornato come un boomerang al mittente? Solo perché è stato
tardivo ed è giunto quando il processo di identificazione con Di Pietro
era troppo avanzato. Solo 3 o 4 mesi prima avrebbe avuto un altro effetto
e senza bisogno che le accuse fossero fondate, perché bastavano i sospetti
per rallentare le identificazioni.
Terzo caso, l'EUROPA. Se ricorriamo alle acquisizioni della psicologia,
abbiamo tre condizioni per sperare che il "gruppo" Europa diventi
tale, attraverso la fusione dei suoi membri nazionali. La prima è la presenza
di un forte processo di identificazione con la leadership, ma questo non
sembra possibile se pensiamo all'ostilità generale che raccolgono sia la
forza tedesca sia la grandeur francese. La seconda sarebbe una minaccia
dall'esterno. Ma anche qui la condizione sembra difficile dopo la scomparsa
dell'impero sovietico. Una possibilità di minaccia esterna potrebbe realizzarsi
verso l'immigrazione extracomunitaria, ma tale fenomeno non riesce a fungere
da collante per due motivi evidenti. Da una parte i processi di integrazione
avviati da molti Paesi rendono l'immigrazione sempre meno minacciosa; dall'altra
il fatto che essa sia osteggiata da frange emarginate, impedisce una accettabile
"coesione contro".
La terza condizione per la formazione del "gruppo Europa" potrebbe
essere un forte ideale, un grande progetto, un sogno di massa sostenuto
da fede, entusiasmo e speranza nel futuro. Ma da come l'Europa è partita,
dal suo carattere essenzialmente mercantile, è difficile che le masse nazionali
siano percorse da brividi per una unione che offre pochissimi aspetti "buoni".
In termini di teoria dei gruppi non sembra dunque che l'Europa possa aspirare
a diventare qualcosa di più di un mercato regolato ed un insieme di scambi
preferenziali.
Se poi ci affidiamo alla psicologia di comunità, le prospettive non sembrano
migliori. Una comunità è tale anzitutto per le sue radici e la sua storia.
Checché alcuni storici dicano, ci sono almeno tre Europe culturalmente estranee
fra loro e a tratti anche antagoniste. Esiste infatti una Europa di lingua
tedesca che affonda le sue radici nell'Est, nel vecchio impero austro-ungarico.
Esiste poi l'Europa anglosassone che guarda soprattutto ad Ovest, addirittura
oltreoceano. Ed esiste infine una terza Europa, latina e mediterraneo-centrica.
Radici, storia, lingua e sentimenti della futura Europa sono più centrifughe
che centripete. Per la psicologia di comunità poi una comunità è un insieme
di gruppi, aggregati e sistemi integrati al loro interno e capaci di comunicare
e negoziare attraverso le loro leadership in nome di un progetto super-sistemico.
Purtroppo questo scorcio di secolo è il periodo che vede il punto più basso
sia delle integrazioni nazionali (con la diffusione delle spinte regionali
ed etniche) sia della credibilità delle leadership. Come può lo Stato Italiano
lavorare per l'Unione Europea quando la Lega lotta per il federalismo? E
come può la leadership francese negoziare per la confederazione europea,
sapendo che un francese su due è contrario?
Arrivati a questo punto, l'Europa sembra più un sogno per èlites culturali
da una parte ed economiche dall'altra; un'operazione fragile in quanto perseguita
da minoranze che fa pensare richiederà altri trenta anni per concretizzarsi.
Le alternative, a meno di un attacco in massa di nuove orde musulmane
(unica occasione della storia che richiese l'unità europea), sono poche.
Forse la Confederazione Europea potrebbe essere ripensata come sistema di
Regioni, ma ciò potrebbe avvenire dopo che ogni Stato si sia federalizzato.
Oppure occorre attendere la emersione di una nuova classe politica e di
una nuova leadership, capace di coagulare il consenso degli Stati ad un
grande sogno. Oppure infine, rinunciare all'Europa e iniziare a pensare
a tre nuove confederazioni: una anglo-nordica, una tedesco-orientale ed
una mediterranea?
Guido Contessa