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IL LUOGO COMUNE COME SCIENZA?

A fronte delle problematiche relative al ruolo dello psicologo mi si presenta una serie di domande relative al ruolo della persona comune che vive nella nostra società oggi. Mi riferisco alla persona di buon senso, di buona intelligenza e cultura, non al genio né all’imbecille. Lunedì mattina, appena sveglia, una di queste “persone comuni” sfoglia i giornali. Mancando Repubblica, prende il Corriere della Sera. Prima pagina, 11 maggio 1987.
Scontati i titoli su Napoli Campione d’Italia, si può saltare anche l’articolo; hanno pensato i vari telegiornali a renderci edotti su questo primato calcistico dell’Italia del Sud. Tutto sommato, tra i  primati della mafia, della camorra, della corruzione, degli omicidi, violenze, prevaricazione, ecc. questo almeno è un primato di gioia, anche se un ragazzo ha perso una gamba per lo scoppio di mortaretti e molti sono rimasti feriti. Ma è lo scotto che si paga per la gloria (o no)? Cinque minuti di piacevole lettura con l’elzeviro di Giuliano Zincone “Senza marchio di qualità” riferito ai programmi dei partiti politici e un sorriso di solidarietà. Vien da pensare che anche la critica intelligente diventa un luogo comune, nel senso che allorquando “la domanda che riguarda la qualità, rispetto a quelle che riguardano la quantità”, cascano nell’indifferenza di chi a tale domanda dovrebbe fornire una risposta, è giusto che trovino spazio anche i “cavalieri del nulla”. Attendiamo tutti Godot. Dopo di ciò la botta finale, l’articolo di Francesco Alberoni: “Il mio  posto pe rdiritto di raccomandazione”  della serie “Pubblico e Privato”. E qui i luoghi comuni, oltre a sprecarsi sono voluti, studiati, sommati, moltiplicati, inventati e chi più ne ha ne metta. Ma questa deve essere la politica di Alberoni. L’umanità, secondo l’Autore, si divide in due grandi categorie: (non pensate a Kanta, Platone, Yung o simili) quelli raccomandati e quelli no; i primi sono brutti e cattivi, i secondi buoni ed onesti, anche se poverini, talvolta un po’ confusi. I primi sono i politici e gli impiegati negli enti pubblici, i secondi sono gli imprenditori e i professionisti. Naturalmente c’è qualche politico onesto,  ma i cattivi del sottogoverno tramano contro di lui. Non potendo mettere in dubbio la preparazione e la professionalità di F. Alberoni, notissimo psicologo e sociologo, al lettore viene un dubbio: Che mi stia prendendo in giro? Non è possibile che possa pensare tutti i lettori imbecilli. Perché ha una così macroscopica disistima del lettore? Prova a ipotizzare una possibile risposta di Alberoni: - Io scrivo in modo che tutti  mi capiscano, dal professore universitario all’uomo della strada, io tocco con i miei discorsi argomenti profondi: politica, economia, etica, religione, psicologia io sono il tuttologo del 2000 e la gente mi ama perché in me si riconosce - . E al povero lettore si ripresenta  la domanda: ma chi è lo psicologo, il sociologo, e il comune lettore? Cosa vuol dire “pubblico e privato” in questo contesto? In che categoria mettiamo l’uomo che non ha un posto di lavoro o un posto nella vita, uno spazio vitale, una dignità, raccomandazioni o no? Cosa vuol dire a questo livello diritto, dovere e successo? E come, dove, quando e perché nasce la raccomandazione? I “cattivi” secondo Alberoni “non appena hanno un lavoro cominciano subito a mettere da parte documenti, lettere che possono servire loro, domani, per ricattare il loro dirigente (che, poverino, appartiene alla categoria dei buoni)… è in questa mentalità , in questo modo di pensare, la base della mafia”.
All’uomo di cultura, in particolare, a chi è a contatto, magari solo per ruolo, con la parte più nobile dell’uomo, all’uomo stesso a volte sconosciuta (mi riferisco alla psiche), pesa il dovere di svolgere sempre e comunque un’attività maieutica. Svegliare, portar fuori le migliori parti dell’uomo (capacità logiche, di critica, di giudizio, di coerenza). Educare vuol dire solo questo etimologicamente. “Educare” presuppone che nell’uomo da educare o da informare esiste una potenzialità, magari frustrata, castrata, nascosta o cancellata, o semplicemente trasformata. Ma fino a quando esisteranno tanti “dei” che  danno le verità, è giusto che ci siano tanti “poveri mortali” che pregano gli dei perché permettano loro di vivere oppure tanti “prometei” veri o falsi, che tentano di rubare il fuoco agli dei. Tutto sommato ha ragione Alberoni: nel mondo esistono due grandi categorie di uomini, quelli che “creano” a tutti i livelli e quelli che sono creati, modellati, nutriti e utilizzati. Deve esserci una dimensione inconscia, satiricamente critica nel compositore della pagina, visto che, gomito a gomito, quasi ad illustrare un pensiero, campeggia la figura dell’uomo creato dall’uomo dal titolo: “Sì, è davvero possibile creare l’uomo scimmia” e forse non è necessario scomodare la scienza.

Franca Maisetti