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NASCITA DEL MOVIMENTO NEOFREUDIANO
La
storia della psicoanalisi è costellata di dissensi e scissioni interne
fin dall'inizio. Basti pensare a Breuer che ruppe con Freud quando questi
sostenne che alla base della libido vi erano componenti sessuali.
Le sue fasi storiche
possono essere grosso modo divise in 3 periodi: un primo che va dagli albori
fino alla prima guerra mondiale; è il periodo eroico della psicoanalisi,
la scena era dominata quasi esclusivamente da Freud, le sue idee stentavano
a farsi strada ed erano attaccate e violentemente criticate nell'ambiente
esterno. Lo stesso Freud lo definì "il periodo dello splendido isolamento";
un secondo periodo, quello fra le due guerre, è caratterizzato dall'apparire
di un numero sempre crescente di studiosi e di persone interessate alla
teoria analitica. Di essi, molti assorbirono le idee di Freud ed altri elaborarono
teorie diverse e a volte opposte.
Il terzo
periodo è quello che inizia dopo la seconda guerra mondiale e si può definire
il periodo dell'assestamento dei vari tipi di organizzazione in quanto le
varie società psicoanalitiche si sono date un'organizzazione interna per
consolidare le posizioni teoriche nell'ambito scientifico.
All'inizio
di questo secolo le idee di Freud ancora non suscitavano molto interesse
tanto che lo stesso Freud disperava che la sua teoria potesse trovare lo
spazio per diffondersi. Nell'autunno del 1902 cominciò a riunirsi in casa
di Freud, ogni mercoledì sera, un piccolo gruppo di giovani medici desiderosi
di apprendere la nuova teoria per poterla mettere in pratica nell'esercizio
professionale.
Erano stati
indotti a ciò da un loro collega, W. Stekel, che aveva tratto benefici effetti
da una terapia analitica con Freud. Nessuno di loro era analizzato e la
loro preparazione si andava formando durante le discussione che avvenivano
in queste riunioni. Nel 1910 Freud diede vita all'Associazione Psicoanalitica
Internazionale affidandone la presidenza a Jung che, in quel periodo, era
sostenuto da Freud come il suo successore ed erede della sua dottrina. L'Associazione
- seppur fortemente contrastata dai membri della Società di Vienna - si
affermò rapidamente e dette grande impulso alla diffusione delle teorie
freudiane in tutto il mondo. Ma ben presto cominciarono dissidi dovuti a
perplessità, critiche e proposte alternative: Adler se ne andò nel 1911
e Jung nel 1913, e con loro un certo numero di seguaci. La maggior parte
degli iscritti all'Associazione però rimase fedele a Freud, e Abraham prese
il posto di Jung alla presidenza e con lui l'Associazione ebbe una notevole
crescita.
Adler e Jung furono
definiti "eretici" poiché non accettavano il determinismo sessuale
per salvaguardare, ancora una volta, l'immagine consolatoria dell'uomo razionale
della tradizione classica. A tal proposito scrive Freud: "Hanno preferito
sostituire alla etiologia delle pulsioni sessuali, più elevate motivazioni
sociali e culturali, sublimare la teoria, al fine di ottenere una immagine
più bella e un più facile consenso". "In tal modo essi si sarebbero
comportati come il nevrotico che, nel corso del trattamento, erige delle
barriere per difendersi dall'irruzione del rimosso che potrebbe turbare
il nucleo delle rappresentazioni coscienti" (cfr. Vegetti Finzi S.
"Storia della psicoanalisi" Mondadori 1986 - p. 124).
Da un punto di vista
storico, ogni scissione ripete lo stesso standard: intorno ad una figura
carismatica, che ha idee nuove ed originali, si forma un piccolo gruppo
di seguaci che nel tempo va aumentando; si impone allora la formazione di
norme interne che presto diventano oggetto di discussioni e motivo di scissioni,
emerge allora un'altra figura carismatica e il ciclo ricomincia
;
così si formano nuove scuole in antagonismo con le altre che vengono criticate
e denigrate.
La divisione
in scuole ha impedito una franca e razionale discussione delle diverse idee;
spesso è l'espressione di battaglie personali ove il puro desiderio di conquista
ha giocato un ruolo non trascurabile.
Negli anni
che seguirono alla I Guerra Mondiale vi fu un proliferare di Associazioni,
e fra esse nel 1925 fu costituita anche l'Associazione Italiana. Contemporaneamente
aumentò anche il numero di studenti che desideravano apprendere le teorie
freudiane. Si rese così necessaria l'organizzazione di scuole e istituti
psicoanalitici, e l'Associazione Psicoanalitica se ne assunse il compito.
Nel 1925 l'Associazione Internazionale e il Congresso di Bad Hamburg fissò
per tutti un rigido regolamento per la formazione degli aspiranti analisti
adottando il modello tripartito già in atto alla scuola di Berlino.
Nel 1920
a Berlino Eitington aveva dato vita alla prima Clinica Analitica e al primo
Istituto per l'Addestramento Psicoanalitico; questo divenne presto prestigioso
e Freud lo sostenne inviando da Vienna il suo allievo prediletto Hans Sachs,
che fu il primo analista didatta dell'Istituto. Affluirono a questa scuola
molti nomi di prestigio che poi ritroviamo nella storia americana (E. Simmel,
K. Abraham, O. Fenichel, F. Alexander, S. Rado, S. Bernfeld, B. Lewin, W.
Silverberg).
A partire
dal 1925 gli psicoanalisti, in un momento carico di aspettative, cercarono
di ampliare il campo delle loro ricerche con la speranza che la psicoanalisi,
per mezzo dei suoi sforzi terapeutici ed educativi, potesse dare un valido
contributo al progresso mondiale. Un certo interesse per la nuova disciplina
si era diffuso anche in pubblico da quando si era venuti a conoscenza che
essa era capace di spiegare, in qualche modo, delle esigenze più primitive
ed irrazionali del genere umano che avevano appena provocato un immane disastro
nel mondo civile (cfr. Fine R. "Storia della psicoanalisi" 1979
Boringhieri, 1982 - p.67.
È in questo
periodo immane fra le due guerre che le teorie psicoanalitiche conquistarono
altri campi, diversi da quello classico delle nevrosi, come: quello infantile
ad opra di A. Freud e M. Klein; quello dell'igiene mentale ad opera del
tedesco H. Meng; quello degli psicotici per merito della Klein e di Sullivan;
quello dei disturbi psicosomatici da parte di Alexander. Furono inoltre
condotti studi su altre culture e sulla vita dei popoli primitivi da Roheim
e da Kardiner. Iniziò anche una revisione della teoria psicoanalitica per
includervi l'osservazione e la terapia dei disturbi mentali più gravi, in
seguito agli studi di Klein e Sullivan.
Dopo il 1930 però
la psicoanalisi fu avversata sia dagli estremisti di destra che da quelli
di sinistra, per cui potè svilupparsi e crescere solo nei Paesi democratici.
E l'America ne trasse vantaggio. Negli USA fin dagli anni Venti si andava
sviluppando uno stretto legame fra la psichiatria e la psicoanalisi che
portò ad una vera svolta nella comprensione della malattia mentale e nelle
possibilità terapeutiche anche per le forme più gravi. Nasceva così una
professione completamente nuova un nuovo mondo di fare psichiatria: "la
psichiatria dinamica".
Prima degli anni
Trenta il gruppo americano non era particolarmente forte e tantomeno influente
nell'ambito del Movimento Internazionale. Fino al Trenta erano stati anni
tempestosi per la psicoanalisi americana: ogni nuova pubblicazione di Freud
era materia per discussioni e controversie che arrestavano invece che arricchire
il campo psicoanalitico. Basti pensare che Brill, che pure era stato il
primo traduttore di Freud in inglese, sosteneva la tesi che il sistema freudiano
si fosse di fatto esaurito nel 1907.
Ma negli anni Trenta
in poi ebbe inizio l'immigrazione di molti analisti europei fra i quali
si annoverano nomi di prestigio, i quali avevano tutti esperienza di addestramento
analitico così che l'analisi americana (che fino al 1929 non richiedeva
alcuna preparazione ai suoi analisti) poté usufruire degli apporti europei
ed organizzarsi meglio avendo ormai acquisito la consapevolezza della indispensabilità
di una formazione professionale.
Gli europei portarono
una nuova linfa che andava ad arricchire i nuovi orientamenti che si andavano
profilando. Cominciò a farsi strada una vera e propria tradizione alternativa
in opposizione al modello strutturale delle pulsioni; questa nuova corrente
prese il nome di Psicoanalisi Interpersonale: orientata in una serie di
approcci diversi sia alla teoria che alla pratica clinica, aveva un denominatore
comune nel "modello strutturale delle relazioni". Questo movimento
fu sostenuto da H. S. Sullivan, E. Fromm, C. Thompson, ecc.
Ciascuno
di loro apportava agli altri contributi individuali che arricchivano le
idee influenzandosi a vicenda. Il loro denominatore comune era la convinzione
che la teoria classica delle pulsioni fosse errata fondamentalmente nelle
sue premesse di base sulle motivazioni umane, sulla natura dell'esperienza,
sulle difficoltà di vivere, e che comunque sottovalutasse il più vasto contesto
sociale e culturale nella genesi dei disturbi della personalità. La psicoanalisi
si andava così sempre più spostando dalla teoria freudiana della libido
in direzione di una psicologia dell'Io, e di una tecnica più flessibile
con impostazione psicosociale ed interpersonale.
La tensione più
significativa nella storia delle idee psicoanalitiche è stata la contrapposizione
fra il modello originale freudiano delle pulsioni e quello alternativo
(iniziato ad opera di Fairbairn e di Sullivan) che elabora la struttura
partendo dalle relazioni che l'individuo ha con altre persone. Il modello
delle pulsioni riteneva che la forza motivante del comportamento umano fosse
la scarica pulsionale, mentre per il modello strutturale delle relazioni
sono i rapporti con gli altri che formano gli elementi strutturanti fondamentali
della vita mentale. È con Sullivan che la dimensione europea si perde a
favore di una rapporto individuo-società, "si priva di una prospettiva
critica radicale, nella ricerca di una sistemazione empirica dello scambio
terapeutico che misconosce l'irriducibile incidenza dell'inconscio"
(cfr. Vegetti Finzi "Storia della psicoanalisi" Mondadori 1986
. p. 189).
Sullivan, docente
di psichiatria a Washington, aveva studiato medicina a Chicago ed era stato
influenzato dall'ambiente intellettuale che caratterizzava la vita americana
di quel periodo dominato dal pragmatismo filosofico.
Questa corrente
valorizzava l'esperienza vissuta, la realtà pratica e sociale, e tutto quello
che si poteva percepire e sentire. In tal senso Sullivan fu molto influenzato
da A. Mejer e da W. A. White che, aderendo a questa filosofia davano molta
importanza alla realtà sociale della vita del paziente e alle situazioni
concrete in cui viveva, per capire meglio quello che il paziente cercava
di dire e di fare attraverso il suo comportamento.
Virginia
Giliberti Tincolini
Tratto
da "Psicoanalisi Neofreudiana"
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