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Lo scorso ottobre, a Bologna si è tenuto
un interessante convegno a livello europeo che intendeva fare il punto attuale
della situazione della salute mentale. Sono stati toccati diversi punti
di vista sullargomento. Innanzi tutto la necessità di unulteriore
legislazione che protegga i diritti di autonomia dei malati ed immediatamente
dopo lurgenza di una più completa ed adeguata formazione del personale
che a loro deve dedicarsi.
Un altro tema trattato riguarda la de-istituzionalizzazione della follia
per un principio di giustizia sociale, in quanto le grandi sedi ospedaliere
non sono adatte a rispondere alle esigenze individuai: servono quindi strutture
integrate con la società e per questo la soluzione italiana (legge 180 e
movimento di Psichiatria Democratica) sono visti come soluzioni soddisfacenti
e maggiormente adeguate alle necessità. Pare dunque che nonostante il parere
dellopinione pubblica nazionale, a livello mondiale la strategia intrapresa
in Italia sia considerata significativa. K. Jensen, presidente del Consiglio
Regionale Europeo della F.M.H.S. ha ribadito il diritto fondamentale di
avere anche il diritto alla malattia mentale nella Comunità, nella
dignità di poter raggiungere un livello sociale non discriminante per il
malato di mente, e lavere diritto allaiuto quando questo non
è capace di fare da se. La psichiatria moderna non può più ignorare
che il malato mentale ha un vissuto come persona umana e che il suo inserimento
fra altri esseri umani ha su di lui uninfluenza anche dal punto di
vista terapeutico.
Ma le buone intenzioni e le dichiarazioni ideali si scontrano con
la realtà dei fatti perché non esiste nessuna struttura, pare a livello
europeo, che garantisca una connessione ed un collegamento fra manicomio
e famiglia ed i servizi che vengono indicati come elemento di riferimento
in realtà sono inconsistenti ed inadeguati.Altro tempo dovrà
passare per renderli rispondenti alle necessità.
Nel frattempo nessuno può smentire affermazioni del tipo 230
milioni di malati mentali nel mondo
o ancora in Inghilterra
non cè la legge per la riforma
per cui i pazienti sono imbottiti
di psicofarmaci oppure sarebbe meglio avere manicomi senza
psichiatri!
Tutto questo rende evidente linadeguatezza delle cure, linefficacia
degli interventi.
Come si può parlare di salute mentale per tutti entro il 2000?
Questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto attraverso una strategia
europea a lungo termine, con lintervento non più discriminante ma
una impostazione globale e riabilitativa della comunità dellex paziente
psichiatrico. Ma pare che in alcuni stati ci sia il rapporto 3/4 posti
letto ogni 1000 abitanti.
Dal 1970 al 1986 il tasso generale dei suicidi è in aumento, così come gli
omicidi e le lesioni, e tutto questo perché vi è una situazione psicosociale
negativa; e purtroppo gli unici servizi forti nel sociale continuano ad
essere gli ospedali psichiatrici.
Io penso che il manicomio sia stato un grosso alibi sociale che salvava
la coscienza dei più dalle tre valenze che secondo me portavano allemarginazione
difensiva del paziente malato mentale e cioè la paura, lignoranza,
linadeguatezza.
Io negli anni 60 ero a Gorizia e cera Besaglia
e noi allieve del IV anno magistrale dello Scipio Slataper facevamo volontariato
al manicomio. E se una realtà la vedi, la tocchi con mano, la paura dellincognito
sparisce e ti accorgi che il male-diavolo non è poi così brutto o così pericoloso.
Ciò viene confermato dallesperienza danese in cui si
è partiti da un ospedale tradizionale per arrivare ad un approccio più sociale
attraverso il movimento dei pazienti ed il lavoro congiunto di medico e
psicologo. Ora si è ad un letto ogni 122 persone; si è fatta una campagna
di demistificazione dei pazienti psichiatrici attraverso linformazione
per cui il risultato è che la relazione soggetto-oggetto è divenuta soggetto-soggetto,
specie dove si lavora in équipe.
Forse questa sarà la formula vincente in quanto restituisce
alluomo la dignità anche nella follia.
M.R.B.D.