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PSICOLOGIA & IMMAGINE
LA PSICOLOGIA DEL CINEMA:
INGMAR BERGMAN: INCONSCIO E METODI DELLA RAPPRESENTAZIONE

La prima esperienza dell'uomo, appena nato, è la sensazione della mancanza e dell'assenza. Il taglio del cordone ombelicale rappresenta insieme la nascita e la morte; la vita che comincia inizia all'insegna del desiderio, quello di ricongiungersi alla madre, divenuta ormai paradiso perduto che si vorrebbe riconquistare. Il desiderio aumenterà i fantasmi, le cui rappresentazioni saranno la base della costituzione simbolica, dell'espressività, del linguaggio. L'inconscio si struttura quindi come un teatro nel quale il soggetto - desiderio- oggetto recitano confusamente la loro rappresentazione. Cos'è una rappresentazione mentale? Freud la definiva Vorstellung, parola che etimologicamente rimanda a Ver = avanti e Stellen = collocare (1). Quindi qualcosa che sta davanti per significare qualcosa che sta dietro, oppure qualcosa che non c'è per indicare qualcosa che c'è, oppure qualcosa che sta dietro per significare qualcosa che sta fuori. Le rappresentazioni mentali legate al desiderio possono essere la realizzazione allucinata di un desiderio, di un sogno ad occhi aperti; il prima e il dopo con-fusi nello spazio metaforico delle fantasie primarie, fantasmi originali, le Urphantasien (2) di cui parla Freud: la madre, il corpo della madre, il desiderio di possedere la made, la seduzione, la scena primaria, la castrazione. Poi la rappresentazione come ritrovamento dell'oggetto perduto, emancipazione della percezione sensoriale, percorso verso una soggettività di pensiero. Rappresentazione come frutto di un contatto fra il mondo interno e il mondo esterno, tra l'infanzia e l'età adulta. Dice Bergman "Ripenso agli anni della mia infanzia con piacere e curiosità; ogni cosa nutriva i sensi e l'immaginazione. I sogni e  le ore pullulavano di momenti magici, di meraviglia, di cose inaspettate. Posso vivere i tempi della mia infanzia e ritrovare tempi, gesti, momenti, oggetti, toni di voce. Io vivo nella mia infanzia, me la porto dentro. I canali tra la mia infanzia e l'età adulta sono rimasti aperti." L'opera filmica di Bergman conduce attraverso ciò che il desiderio, la fantasia, il sogno reclamano al di là della realtà, anzi indagando nella realtà quotidiana, tutto ciò può essere ricondotto nella realtà interna. Un film di  Bergman è sempre il frutto di un compromesso tra rappresentazioni inconsce, struttura preconscia e realtà quotidiana. Un'immagine diventa sempre significante di un affetto, la rappresentazione mentale di una realtà empirica rimanda ad un vissuto del mondo interno in una collocazione intermedia tra la percezione, l'emozione e lka razionalizzazione. Ne Il posto delle fragole il vecchio professor Borg dice: "Quando ero triste, rievocavo i momenti della mia infanzia" e l'immagine legata alla nostalgia che Bergaman ha della madre e dell'infanzia. " Quando oggi mi chino sulle fotografie dell'infanzia, egli dice, per studiare il volto di mia madre, attraverso una lente di ingrandimento, cerco di scoprire i sentimenti svaniti da tempo. L'amavo, il mio cuore di bambino ardeva in un'emozione canina. Da bambino l'amavo teneramente, poi durante l'adolescenza il sentimento cambiò radicalmente". Freud scrive che amore è nostalgia della madre ma anche una spinta a cogliere il riflesso dell'esperienza vissuta con la madre in amori sostitutivi nati dal desiderio (3). In Sussurri e grida (film caro al mio cuore, afferma Bergman) dichiara di aver voluto rappresentare gli aspetti della personalità della madre. Ma ciò che colpisce lo spettatore è la simbologia che rimanda ad arcaiche rappresentazioni mentali dell'autore:
-          il colore rosso che tappezza per  intero la stanza della madre sembra essere la rappresentazione mentale del corpo materno ("ho immaginato l'interno dell'anima, dice Bergman, come un'umida membrana tinta di rosso"). Rosso, il colore del sangue, che ha in sé significazione di morte e di vita
-          la struttura cronografica con l'orologio che scandisce il tempo, il diario che rimanda alla  memoria, la musica come mezzo privilegiato per la comunicazione, una sorta di trasfusione d'amore
-          le scene, ossessivamente girate in interni, quasi ovattati, che richiamano ancora il corpo della madre, protezione e insieme prigione
-         
l'attesa della morte in un susseguirsi di tempi senza fine.
Amore e odio, crudeltà e tenerezza, intensi affetti contrastanti avvolgono lo spettatore in un'atmosfera da incubo in cui la realtà psichica prende il sopravvento e genera fantasmi. "La fantasia inconscia, scrive H. Segal, è alla base e influenza tutte le nostre attività che hanno a che fare con la realtà. Ma certi fenomeni e attività mirano più direttamente all'espressione , elaborazione e simbolizzazione delle fantasie inconsce (…). L'opera dell'artista è nuova ma sorge da un impulso a ricreare o a riparare (…) . L'opera d'arte è sentita dall'artista come un nuovo figlio simbolico (…). Ogni attività riparativa ha un elemento simbolico. Ciò che è unico nella creatività è il fatto che l'intero atto riparativo  è nella creazione del simbolo. La visione del mondo in tutta la sua ricchezza fenomenologica trova nella realtà psichica di Bergman una rappresentazione complessa in cui emozioni ed affetti si trasfigurano in immagini. Una sera, era poco più che adolescente, Bergman ha un feroce alterco col padre; il padre lo picchia, lui risponde alle botte. La notte stessa scappa da casa con proposito di non tornarci mai più. Ritornerà anni dopo, avendo sperimentato l'angoscia della incomunicabilità, portando nel cuore un'ansia costante. "Non amavo, dice, non comunicavo, ero chiuso in me stesso, non mi fidavo. Ero ossessionato dalla mia sessualità colpevolizzante, ero tormentato sempre dal desiderio, dalla paura, dal senso di colpa, dall'angoscia. Ero pieno di rabbia". E dalle fantasie nate da un incubo sembra nascere Il settimo sigillo, opera in cui Eros e Thanatos, Amore e Morte sembrano interdipendenti. L'insicurezza affettiva, la sessualità colpevolizzante, ma anche le grandi tensioni politiche degli anni '50 e le paure legate alla possibilità di un conflitto atomico, trovano nella creatività artistica la rappresentazione della trasformazione di sensazioni ed emozioni in immagini. Il Medioevo, con tutta la sua carica di paure e passioni, ben si adatta a rappresentare il buio dell'anima nel quale l'autore si dibatte, ma rappresenta anche la regressione in un mondo "così distante da quello attuale" nel quale l'uomo combatte tra sensazione - emozione e ragione, alla ricerca di Dio e della verità. Ed ancora nel Medioevo è ambientata La fontana della vergine,  dove vengono trasferite in immagini sullo schermo, rappresentazioni mentali nate da antichi fantasmi di gelosia, possesso, violenza, desiderio di vendetta e di perdono, conflitti non risolti fra ragione e passione. Dio può manifestarsi sotto forma di miracolo. "Il rapporto della fantasia col tempo, dire Freud, è in genere molto significativo. Si deve dire che una fantasia ondeggia fra tre tempi, i tre momenti temporali dell'ideazione. Il lavoro manuale prende le  mosse da un'impressione attuale, una occasione offerta dal presente e suscettibile uno dei grandi desideri del soggetto. Di là si collega il ricordo di un'esperienza, in cui quel desiderio veniva esaudito; e crea quindi una situazione relativa al futuro la quale si configura come appagamento di un desiderio. Questo è appunto il desiderio ad occhi aperti o fantasia, recante in sé le tracce della sua provenienza dall'occasione attuale e dal ricordo del passato. Dunque passato, presente e futuro come infilati al filo del desiderio che li attraversa (5). È la realtà della vita e la realtà psichica che si incontrano, la percezione che ha lasciato una traccia nell'inconscio, la rappresentazione che ha creato il fantasma, il simbolo come punto di incontro e di demarcazione tra il linguaggio parlato del conscio e il "linguaggio da cui si è parlati nell'inconscio" (6). Bergman è attanagliato dall'angoscia. La ricerca di Dio diventa per lui ricerca di sé stesso, come nel film Come in uno specchio, le rappresentazioni mentali rasentano i confini della follia. Si identifica via via con i vari personaggi del dramma: lo scrittore, il medico, la donna malata, il giovane fratello, che potrebbero essere anche letti come una proiezione di parti del sé in conflitto continuo. Attraverso le avventure dei personaggi - simboli, Bergman affronta i problemi che lo invadono: cos'è l'arte? Qual è il senso e il ruolo della coppia e della famiglia? Perché l'uomo soffre? In ultima analisi , dov'è Dio - padre? Nella prima lettera di Paolo ai Corinzi si legge: "Ora noi vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; allora vedremo faccia a faccia". "La prova dell'esistenza di Dio, dice Bergman, è la realtà dell'amore come qualcosa di reale del mondo". Ma la mancanza di amore, la solitudine, il bisogno di trovare per intero la sicurezza e la protezione dell'infanzia e l'impossibilità di ritrovarle, lo porta in Luci d'inverno a distruggere l'intero concetto di Dio. È chiuso nella prigione che si è costruito mentre cercava di raggiungere l'infinito. "Forse la verità è nel silenzio, si diceva, ma poi ti accorgi che anche il silenzio è una recita, una maschera". Il film Persona emerge dalla crisi d'identità che lo porta in ospedale. Racconta: "Un giorno ero calmo nella mia stanza ad occhi chiusi, poi aprii gli occhi e vidi me stesso che mi guardava. Era una sensazione concreta e inequivocabile. Quella era la fine, mi sentivo gemere". Trascorse dieci giorni in clinica. "Furono i giorni più importanti della mia vita" dice. "Avevo passato metà della mia esistenza chiuso in me stesso, fin dalla mia infanzia terribile e brutale. In quella sorta di prigione compivo sterili rituali per esorcizzare la solitudine e la confusione. E quanto più riuscivo ad abbattere quei muri con l'aiuto di amici e col lavoro, più mi avvicinavo a quella realtà. In tempo in clinica era affascinante, con altri pazienti giorno dopo giorno. Impercettibilmente, lentamente sparì la compagna più fedele della mia vita, l'ansia ereditata dai genitori. L'ansia era al centro della mia identità, era il mio demone ma anche il mio sprone. L'arte è la rielaborazione, il cinema la mia forma espressiva, il film è come un sogno, espressione di ricordi, tensione, forze interne. Ma non svanirono solo il tormento, l'angoscia e quel senso di irreparabile umiliazione; si eclissò e disparve anche la forza motrice della mia creatività. Ora che ho la chiave, so che dovevano passare quarant'anni prima che i miei sentimenti potessero liberarsi da quella stanza chiusa dove erano stati imprigionati. Esistevo nel ricordo dei sentimenti; sapevo benissimo in che modo si potevano riprodurre le emozioni ma l'espressione spontanea non era mai tale, c'era sempre un microsecondo tra la  mia esperienza intuitiva e la mia espressione emotiva. Per me il dramma dell'individuo è sempre stato affascinante, esplorare uno stato mentale, chiarirlo, presentarlo. È probabile che questo stato mentale  rispecchierà anche una parte della mia realtà esterna" (7). Nel 1982 Bergman realizzava il suo ultimo film (ne ha girati ventisette), Fanny e Alexander, dove rappresenta in sintesi il suo percorso di uomo e di artista. È l'unico film in cui la luce, il colore, la speranza e la fantasia riprendono il posto della penombra, del grigio e delle sofferenze di quasi tutti i film precedenti. Il percorso è compiuto. Non è più il bambino incompreso, umiliato e confuso, ha integrato le sue parti scisse, ha raggiunto la consapevolezza di sé. Ha bonificato l'immagine interiorizzata del padre cattivo, ha ritrovato nel suo mondo interno la dolcezza e la tenerezza della madre, ha ricostruito la sua "buona famiglia" (8). Può ritornare al suo teatro; il cinema ha svolto la sua funzione di proiettare, elaborare e risolvere le tensioni e le ansie di un uomo alla ricerca di sé stesso. La vita è come uno spettacolo in cui si alternano sogni, fantasia, incubi, illusioni, crudeltà e dolcezze.

Questo è il suo testemento.
1)      Cfr. S. Funari: "Natura e destino della rappresentazione" R. Cortina, Milano 1984
2)     
Cfr. M. Masciangelo: Su Freud  per il dopo Freud. Una riflessione metapsicologica, in "Trattato di psicoanalisi" a cura di A. Semi, vol. 1°,  R. Cortina, Milano 1988
3)      S.Freud: "Il poeta e la fantasia" (1907), in "Opere", Boringhieri, Torino, Vol V°
4)     
H. Segal: "Sogno, fantasia, arte", R. Cortina, Milano 1991
5)     
S. Freud: " Il prete e la fantasia" op. cit.
6)     
Cfr. F. Fornari: "La vita affettiva originaria del bambino", Feltrinelli, Milano, 1971
7)     
Le parti fra virgolette sono tratte da un'intervista fatta a Bergman dalla televisione svedese
8)     
Cfr. F. Fornari: "La via affettiva originaria", cit.
Franca Mazzei Maisetti