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Il Drammautogeno è un tentativo
di tecnica che si struttura attimo per attimo. La psicoterapia del D/A è
un modo per passare attraverso le tecniche di sopravvivenza dell'individuo,
mettendole a contatto con lo "specchio disabitato", cioè la morte.
La psicoterapia del D/A rassomiglia più ad una scultura che ad un dipinto,
poiché si tende semplicemente a mettere in luce quel che già c'è. Cioè si
cerca di togliere le cose che appesantiscono e offuscano e confondono l'immagine
reale dell'esistenza. Il D/A diviene un continuo alleggerimento delle ridondanze
sovrastrutturali, cioè difese eccessive, che impediscono di muoversi adeguatamente
e di crescere nel presente.
Così questa prassi terapeutica è una continua ricerca del continuo collegamento
con "Intervallo del Presente" e si può usare come strumento rivelatore
alla guisa di una forcella da robdomante. In un lavoro di questo tipo, si
tende a portare alla luce le "non azioni", questi intervalli intensi
come espressione del presente, dell'armonia e dell'equilibrio tra un'azione
e l'altra e spesso sotterrati dalle difese dell'individuo. Il mondo è spesso
pieno di tanti teatri, alcuni appaiono utili e altri si configurano sempre
più come "scatole vuote". Le scatole vuote sono teatri, in cui
l'azione dell'individuo è stata in qualche modo congelata e quindi quello
che rimane non è altro che un freddo monumento delle proprie potenzialità;
questo monumento ogni tanto apparirà in situazioni molto lontane e l'individuo
si sentirà in molti casi bloccato e congelato in una situazione di "già
vissuto". Per riempire le scatole vuote, bisogna per prima cosa aprirle,
poi fare uscire il vuoto e pi fare entrare il presente.
Questa è la pratica Drammautogenica, per aprire teatri chiusi da
molto tempo per socializzarli e collegarli con la realtà. Non è possibile
riempire tutte le scatole vuote perché l'azione di aprirle comporterebbe
automaticamente la distruzione stessa della scatola. Allora molti contenitori
bisogna lasciarli chiusi, possibilmente cercando con le tecniche "infiltrative"
di smitizzare il vuoto e di dinamicizzarlo, dandogli cioè una "energia
autogena". Esempio, gli occhi vuoti dello schizofrenico non si possono
riempire, ma vanno semplicemente carezzati per far estrinsecare la loro
pienezza, ma quando non è possibile carezzarli, l'unica via è di infiltrarli
in una parte lontana dagli occhi, un altro tipo di contatto caldo che in
quel momento può apparire meno pericoloso e ansioso, ad esempio tenendogli
i piedi.
Il D/A non lavora sulle difese ma ci passa attraverso, non si può buttare
giù un muro per entrare nella casa, anche una piccola finestra è sufficiente.
Il D/A può meglio definirsi come una terapia del "BUCO", attraverso
cui scorre via l'acqua eccessiva: è dunque una TERAPIA DI INFILTRAZIONE
e non di demolizione. Se demoliamo il Colosseo e lo rimontiamo con gli
stessi mattoni, esso non sarà più tale, sparirà, rimarranno solo mattoni
rimontati, perderà la traccia che gli ha dato l'identità per duemila anni.
Se invece vogliamo che il Colosseo "viva", possiamo regalargli
un po' di energia in più "infiltrandola" lentamente come una
piccola pioggerellina quando splende il sole.
Il D/A lavora sul collegamento fra l'IO consapevole e l'intervallo "P",
cioè tende a scavare un piccolissimo passaggio attraverso le difese, le
emozioni, le regressioni, le consapevolezze, i sogni, le situazioni inconsce
che hanno nel fondo una luce brillante, che dà un ritmo e una vita a tutte
le situazioni dell'individuo: questa luce non è altro che la consapevolezza
dell'I.P., cioè del proprio ritmo esistenziale. È bene sottolineare come
non sia bene dimenticare uno schema, per poi impararne un altro, anche se
questo può servire, ma quello che nel D/A è importante, è poter usare lo
schema già posseduto, non solo come difesa, ma come movimento per lasciar
apparire le radici dei collegamenti fra le parti coscienti, consapevoli,
le parti ignorate, le parti semi-ignorate, le parti incoscienti. Dire che
la psicoterapia è un lavoro sulla difesa, è come affermare che la riparazione
di una macchina equivale allo smontaggio della carrozzeria; le difese sono
dunque delle muraglie, delle intercapedini, comunque delle strutture atte
anche a dare sicurezza durante una eventuale situazione di crisi o di difficoltà.
Quando le difese sono troppo pesanti, allora vuol dire che la carrozzeria
della macchina si è appesantita, per la troppa vernice, per la sporcizia,
per gli accessori in più. Può dunque servire una buon pulita delle difese,
attraverso quella che abbiamo definito "Infiltrazione Terapeutica".
Nel lavoro analitico, per esempio, c'è un grosso lavoro di scavo, ma il
rischio è che il materiale che emerge da questo scavo può essere così abbondante
da "coprire" gli interessi del presente. Nella situazione drammautogena
si tocca l'inconscio senza necessariamente avere bisogno di togliere via
il materiale, e ci si penetra dentro lentamente e inesorabilmente, non muovendo
troppo, quindi, distraendo il meno possibile l'individuo dal presente. Nella
terapia del D/A si cerca di scoraggiare l'eccessiva razionalizzazione proprio
per evitare questo fenomeno di scavo. La cultura terapeutica che propone
alla fine, è centrata soprattutto sul SILENZIO. Proprio perché, quando c'è
silenzio e le emozioni fluiscono naturalmente, si toccano tra di loro e
si allontanano guidate dal vento, la persona si accorge che è viva e sta
vivendo la vita.
ROSSELLA SONNINO