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IL FORMATORE AZIENDALE DEL TERZO MILLENNIO

Il titolo del Convegno ASFOR in collaborazione con ISVOR-FIAT in cui si è parlato di questo argomento era "Quali formatori per quale formazione per quali destinatari. Nuove figure di formatori per una formazione più integrata con i bisogni dell'impresa." Gli Atti sono pubblicati sul numero speciale del primo semestre 96 di "lettera ASFOR".
Il programma della giornata era intenso e certamente stimolante. Qui vogliamo offrire qualche spunto ricavato dai contributi della tavola rotonda sul tema "Il cambiamento del ruolo del formatore in un sistema articolato di formazione" condotta da Pierluigi Bontadini, Consigliere ASFOR e professore di sistemi organizzativi al Politecnico di Milano. Le competenze che vengono ritenute cruciale per un formatore sono innanzi tutto collegate con la sua capacità di evolversi in armonia con le modificazioni dello scenario e le esigenze dell'impresa. Nell'era post-industriale è ormai evidente la necessità di focalizzarsi su soggettività, affettività, qualità della vita, creatività estetica, etica anche nell'azienda dove diventano sempre più determinanti i fattori intangibili e passa in second'ordine la tecnologia. Anche l'accelerazione del cambiamento richiede al formatore delle modificazioni nel suo comportamento ed in particolare la capacità di anticipare i tempi.
I problemi che la formazione dovrà affrontare sono numerosi e riguardano: la comprensione dei bisogni di cambiamento delle aziende; l'individuazione di strategie che connettano la quotidianità con l'innovazione; la riduzione dei fondi economici disponibili; la necessità di riconvertire e di riqualificare il personale reso superato dalle innovazioni tecnologiche così come dal diffondersi del telelavoro; la competitività che costringe a fare i conti ormai con i mercati mondiali; la necessità di rendere le imprese sempre più flessibili ed adattabili ad una realtà in evoluzione accellerata.
Il formatore dunque dovrà essere una specie di "facilitatore culturale" per Guido Gay,  presidente FENDAC e                CFMT, dotato di efficacia comunicativa, visione sistemica, leadership, competenza, grandi capacità relazionali, "cuore". La capacità di mediazione insieme alla capacità di sviluppo delle competenze "personali" dei formandi sembrano gli elementi più significativi di un'evoluzione auspicata, così come quella che in altri settori viene indicata come action-learning e formazione di gruppo.
Pietro Beltrame, responsabile della formazione quadri di Telecom Italia Spa sostiene che la competenza principale del formatore non sarà più quella relativa ai contenuti, ma piuttosto sarà metodologica nel senso di "estrarre conoscenza" dalle persone che non sanno di averla, facilitando i processi di apprendimento individuale, di gruppo e organizzativo.
Senza voler negare l'importanza di questi discorsi, mi pare che essi evidenzino la costante situazione di difficoltà di scambi e comunicazioni fra i vari settori e le diverse modalità di azione. Da sempre fare formazione in azienda ha significato soprattutto informare e addestrare all'esecuzione dei compiti. È abbastanza di recente l'introduzione di seminari su quelle che vengono definite "skills psicologiche". A me pare che il problema stia proprio qui ed abbia una significativa biforcazione. Da un lato le grandi aziende e le grandi agenzie fornitrici di formazione si trovano con un patrimonio di risorse umane non sempre adeguate alle necessità, più legate ai contenuti che ai processi e alle capacità, più normative e direttive che creative e stimolanti. Ed il problema pare essere come renderle adeguate alle nuove necessità. D'altra parte esiste già sul mercato un nuovo tipo di professionista che può essere utile in questo frangente e che ha già le caratteristiche necessarie: si tratta dello psicologo specializzato in formazione, sviluppo delle risorse umane e dell'organizzazione. Non si suggerisce qui di "togliere il pane di bocca" a chi fino ad oggi è stato impegnato in questo settore. Più semplicemente si suggerisce di integrare gli staff con risorse specialistiche ed immediatamente disponibili che potrebbero consentire di superare più velocemente gli attuali problemi, in più evitando l'emersione di possibili disagi negli addetti che lavorano nelle imprese.
La proposta, conoscendo un po' l'ambiente, troverà qualche problema di attuazione, perché anche nell'era di internet risulta comunque difficile comunicare con chi sta accanto nel pieno senso della parola.
Mi sorge un dubbio: non è che questo "trend" alla fine renderà la tecnologia sempre più potente e determinante della cultura e della società del terzo millennio?

                                                                                                                             M. Sberna