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FORMAZIONE & CONSULENZA NEL SETTORE DEI BISOGNI SOCIALI

FORMAZIONE CERCASI

Quale procedura deve seguire un giovane psicologo in cerca di formazione post-universitaria, possibilmente efficace e non troppo dispendiosa?
Innanzi tutto deve compiere una scelta, nel caso non l'abbia fatta nel corso degli studi per la laurea: fra salute e malattia. Se è a quest'ultima che vuole dedicare i suoi sforzi, può smettere di leggere queste riflessioni e può leggere i contributi di alcuni psicoterapeuti in questo stesso numero del nostro giornale.
Se si vuole invece dedicare all'area del benessere in senso lato, del lavoro, dell'organizzazione, ha di nuovo due scelte davanti a sé: fare la formazione a sue spese, magari sopravvivendo di "lavoretti" finch'è non è preparato; lavorare in una grande azienda nell'ufficio personale o, anche meglio, nell'ufficio formazione. In questo secondo modo potrà smettere di scegliere, ma godrà di un percorso formativo deciso per lui da altri.
Nel caso la scelta sia per l'autonomia e la libera professione futura, ecco qualche indicazione su come orientarsi:
1-      utilizzare tutte le fonti di informazione accessibili per recuperare nomi e indirizzi delle agenzie che offrono formazione per non terapeuti, per esempio consultando pagine gialle, riviste di settore, bacheche universitarie, scuole di specialità universitarie, amici e docenti;
2-     
ottenuti riferimenti ed indirizzi, chiedere direttamente informazione sui "pacchetti formativi" proposti alle varie agenzie;
3-     
valutare ogni offerta in se stessa e confrontarla ad altre soprattutto in riferimento a: durata complessiva e di ciascun seminario, distanza fra gli incontri, costi, docenti coinvolti, procedure di accesso, esistenza di movimenti di tirocinio e di supervisione, altre attività extra-aula; naturalmente tutto questo va analizzato in rapporto agli obiettivi-traguardo che vengono indicati;
4-     
chiedere un colloquio di orientamento o per acquisire maggiori informazioni (in alcuni casi è già previsto dall'agenzia, in altri rappresenta una sorta di  approfondimento);
5-      raccogliere dettagli sulla metodologia utilizzata nella formazione (qualsiasi sia l'indirizzo e l'impostazione teorica, devono essere previste tecniche diverse a seconda dei seminari e comounque deve esistere una qualche forma di coinvolgimento diretto dell'allievo, pena un apprendimento solo teorico e superficiale); esplorare le possibilità concrete di lavoro nel settore e di applicazione della procedura in contesti anche fra loro diversificati;
6-     
controllare il curriculum dell'agenzia o, se essa è di recente costituzione, i curricula dei suoi docenti e formatori, la loro presenza a convegni e giornate di studio, le pubblicazioni;
7-     
frequentare, se è possibile, un seminario breve per avere un'idea più precisa delle modalità di lavoro e di gestione dell'aula; in una tale occasione può essere utile "intervistare" gli altri partecipanti per ricavarne impressioni e giudizi.
Fatto tutto questo, può accadere comunque il motivo della scelta sia diverso, per esempio la localizzazione della sede, più vicina a casa; oppure il calendario degli incontri che consente di svolgere in contemporanea un lavoro anche a tempo pieno; la simpatia che si è stabilita nel colloquio di orientamento; la grandezza e la lussuosità degli uffici; la popolarità dell'agenzia o di qualcuno dei suoi docenti; l'area di intervento più adatta a quel tipo di formazione; i valori sottostanti la teoria di riferimento; ecc.
Va precisato che allo stato attuale dei fatti in capo non terapeutico non esistono scuole di formazione che non abbiano un qualche riconoscimento formale. Ma è doveroso aggiungere che difficilmente una Scuola produce ricchezza per i suoi gestori e dunque chi la propone ha scopi di solito culturali e di diffusione della metodologia di intervento. Questo risulta, alla fine, una garanzia della serietà dell'offerta.
Un altro modo per formarsi in questo settore è quello di cercare uno studio/agenzia o un gruppo presso il quale fare una specie di "internato" affiancando i professionisti nei vari momenti di lavoro, dalla preparazione della promozione, agli incontri col cliente, all'ideazione dei progetti, agli interventi "sul campo".
In questo caso non sono previsti costi per l'allievo, ma neppure compensi per l'aiuto recato. Questo percorso può richiedere dei tempi lunghi, perché è meno sistematico, ma i risultati sono buoni anche se condizionati dal livello di investimento.
                                                                                  M. Sberna

LA SIMULAZIONE COME TECNI CA VINCENTE

 Le attività di formazione prevedono l'uso di diversi tipi di tecniche funzionali al raggiungimento degli obiettivi di ciascuna delle tre aree che caratterizzano il processo complessivo (Sapere, Saper Fare, Saper Essere).
In particolare la stimolazione e lo sviluppo delle skills psicologiche richiedono procedure che consentono di "toccare" la persona nella sfera della sua emotività in senso ampio. Ed è qui che trova la sua giusta collocazione la tecnica della simulazione che in realtà non ha le sue radici nella psicologia, ma che rimanda alle situazioni ludiche tipiche dell'esistenza ed anche dei processi di apprendimento di ogni essere umano. Anche senza dotte citazioni di Huizinga o di Caillos che hanno pubblicato i saggi fondamentali del gioco e sulle sue caratteristiche, basta che ognuno ripensi alla sua infanzia per trovare numerose occasioni in cui la simulazione era adottata come base del gioco e di essa costituiva il principale elemento di divertimento: guardie e ladri, piuttosto che indiani e cow-boy o il famoso gioco "del dottore". Quest'ultimo esempio è certamente illuminante per chi non ha esperienze di simulazione in età adulta, perché rappresenta la sintesi degli elementi fondamentali di questa tecnica in campo formativo: la somiglianza con la realtà, da un lato, e dall'altro il dirompente coinvolgimento emozionale. Dunque la simulazione consiste nel creare una situazione o un contesto che somigliano alla realtà pur senza esserlo e in cui le persone coinvolte agiscono concretamente, ma senza subire materialmente le conseguenze di quello che fanno, errori compresi. Si tratta quindi di una condizione particolarmente adatta all'apprendimento perché consente di osservare i risultati del proprio comportamento "normale" (cioè che adottiamo di solito in quella circostanza), ma permette anche di raccogliere dati su comportamenti diversi e magari nuovi adottati da un protagonista, così da consentirgli una sorta di sperimentazione senza impegno e senza conseguenze. In questo modo si può per esempio sperimentare il rischio senza per questo farsi male fisicamente oppure senza  andare in rovina economicamente. Non si hanno cioè danni permanenti derivanti dalle proprie azioni, magari maldestre. Le emozioni e i sentimenti che sono stimolati dalle situazioni simulative non sono falsi o recitati, ma sono vissuti effettivamente e sono ciò che consente l'apprendimento ed anche la sua esportabilità.
È proprio come giocare: non erano necessarie tante istruzioni o regole quando da piccoli giocavamo agli "esploratori", o a "principesse", e il divertimento non era diminuito dai travestimenti approssimativi o dall'invenzione "in itinere" di particolari importanti per lo svolgimento del gioco. È più o meno così anche per la simulazione che ha anche il vantaggio di richiedere, per quanto riguarda la formazione psicologica, pochi dettagli tecnici, a differenza di quanto accade in altri settori dove sono richieste macchine sofisticate (per esempio per simulare la forza di gravità lunare).
Gli unici che parevano porre dei limiti alla possibilità d'uso di questa tecnica riguardavano la numerosità delle persone da coinvolgere e la durata dell'esercitazione. Di solito riguardo al numero si trattava di 10-15 persone al massimo, corrispondenti ad un piccolo gruppo; la durata dell'attività in genere era di una unità di lavoro di 90/120 minuti, con esperimenti che raggiungevano la metà giornata o, raramente, la giornata intera.
ARIPS ha risolto questi problemi utilizzando simulazioni che definiamo, per capirci, "fantasy". In pratica si tratta di creare un contesto del tutto irreale - nel quale però i partecipanti possono continuare ad essere sé stessi misurandosi con problemi e difficoltà che analogicamente riproducono quelle che fanno parte della realtà di ciascuno. Per esempio, se si intende far esplorare il problema dell'identità sia individuale che di gruppo si può avviare un dibattito, ma si può anche predisporre una simulazione che faccia vivere sentimenti in merito: per esempio, se gli extraterrestri invadessero il nostro mondo prendendo le sembianze, i comportamenti esteriori e le abitudini degli uomini, come potremmo distinguerli per poterci difendere e preservare la nostra razza? Può parere una banalizzazione, ma, essendo esplicito che si tratta di una situazione "come se", del tutto irreale e fantastica, si può anche accettare il gioco e misurarsi con le ipotesi e le azioni che potremmo agire in tale contesto. In fondo gli UFO per alcuni sono una realtà concreta e persino gli scienziati ammettono la possibilità che la nostra o altre Galassie siano abitate. Dunque lo scenario della simulazione non è impossibile. Può restare qualche dubbio sul coinvolgimento emotivo e sulla possibilità che una fantasia del tutto gratuita e decisa da altri abbia effetto su un centinaio di persone molto motivate, ma insieme un po' perplesse. Credo che questo problema sia di semplice soluzione, basta pensare all'ultima volta che ci è capitato di giocare a Monopoli: che volessimo o no misurare le nostre capacità imprenditoriali, ci siamo certo "arrabbiati" parecchio se abbiamo perso e se un altro giocatore più abile, o più furbo o semplicemente più fortunato di noi è diventato proprietario di case ed alberghi. Le riflessioni e gli apprendimenti che derivano da un'esperienza di simulazione sono ben più profondi e radicati nei partecipanti proprio perché sono frutto di un'esperienza "a tutto campo" che produce una sorta di insight ai tre livelli cognitivo, operativo ed affettivo-emozionale. L'evoluzione e la crescita della persona sono una naturale conseguenza di tutto ciò, anche se non determinabile con sicurezza nei contenuti: ognuno fa un suo percorso e "raccoglie" in base a quanto ha seminato. Questo vale anche per i formatori che in queste occasioni arricchiscono sia il loro bagaglio professionale che quello personale.
                                                                                              Margherita Sberna