Giornalismo agghiacciante

Giletti ieri sera ha toccato il fondo del giornalismo: è la versione finto-politica della D’Urso. La serata agghiacciante doveva riguardare il matrimonio pacchiano di due variopinti in odore di mafia, invece si è trasformata nell’apoteosi promozionale dei due coniugi. I quali sono sembrati come Gulliver nella terra dei nani, e appariranno di sicuro in tutte le fogne televisive.

Dopo avere starnazzato per metà trasmissione sul “garantismo” come atto di fede (“tutti sono innocenti fino alla condanna”), Giletti ha dedicato la seconda metà a trattare da camorrista un cantante neo-melodico che si esibisce in quartieri o case malfamate e una bella signora che ha come colpa quella di essere stata moglie di un presunto camorrista e sorella di due camorristi condannati. Le prove delle colpe dei due protagonisti sono state raccolte intervistando passanti, testimoni oscurati, o peggio, un carabiniere in divisa che ha definito la signora (che dovrebbe denunciarlo per diffamazione), come “camorrista”.
Come mai la moglie di Riina (sorella di Bagarella) o i figli di Provenzano non hanno fatto un giorno di prigione? Perchè non sono stati giudicati dal tribunale Giletti, coi suoi patibolari giudici a latere. Secondo Giletti le voci di quartiere sono più attendibili della magistratura: se il portinaio e la commessa (o un pennivendolo) dicono che sei camorrista, non serve un processo. Devi discolparti, e non puoi invitare un cantante a casa tua, senza sputtanarlo.
Forse Giletti e i figuri che usa come opinionisti dovrebbero sapere che se uno non è in carcere o ne è uscito dopo aver espiato una pena, non può essere definito delinquente, mafioso, camorrista. E i cittadini non sono obbligati a sapere se uno con cui pranzano è indagato dalla magistratura o ha il nome scritto in un rapporto di polizia.