Giornalisti sciacalli

Tutte le reti hanno dato prove miserande della qualità di certo giornalismo. Gente che aspetta da giorni di sapere se il caro sepolto è vivo o morto, si sente chiedere “cosa prova nell’attesa?” Sorprende che non siano volate sberle.
Domina il dibattito dei sapienti. Nella trasmissione “2017”, Mieli è arrivato a dire che per evitare lo spopolamento dell’Appennino tutti dovremmo comprare una casa là, come ha fatto Dacia Maraini.
Oppure domina la retorica. Gli abruzzesi non si piegano, come se invece i laziali, i friulani, i siciliani, gli umbri e gli emiliani avessero mostrato solo di piagnucolare e dormire. Giornalismo investigativo? Nemmeno l’ombra. Per esempio, come è stato possibile dire ai parenti che il loro caro è stato trovato vivo, mentre era morto? Per esempio, la centralinista della Prefettura che ha sottovalutato la telefonata di allarme: era lei a decidere o aveva un capo (che ha certo un nome) che la ha detto che andava tutto bene? Per esempio, negli ultimi 5 anni quante trasmissioni televisive sono state fatte per segnalare l’abbandono e l’insicurezza dell’Appennino? Per esempio, cosa fanno a Bolzano o in Val d’Aosta, a Oslo o in Alaska perchè intere regioni non debbano stare per un settimana senza luce? Per esempio, è vero che i pompieri sono precari, sottopagati e con un contratto vecchio di 7 anni, e quali sono i ministri e i governi che dovevano occuparsene? Per esempio, perchè non fare il nome di chi ha firmato la cessazione del “Piano valanghe”?