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Il business dell'assistenza

Presentata una ricerca sul contributo degli istituti religiosi al welfare italiano. Nel 2011 sono stati censiti ben 14.246 servizi. I campi prevalenti: assistenza agli anziani e ai minori.


Questo, in sintesi, il cuore di “Per carità e per giustizia: il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano", la ricerca voluta, coordinata e conclusa dalla Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism, 22 mila religiosi), dall’Unione delle superiori maggiori d’Italia (Usmi, 80 mila religiose), dalla Fondazione Roma-Terzo Settore e dalla Fondazione “Emanuela Zancan”, noto istituto di ricerca e studi sociali di Padova. Il copioso volume è stato presentato nei giorni scorsi in Campidoglio anche alla presenza del ministro del Lavoro Elsa Fornero.
Ricostruire il percorso dell’assistenza sociale in Italia attraverso le opere, le iniziative profetiche, le esperienze che i religiosi e le religiose hanno realizzato nel tempo, proprio alla conclusione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia, ha un duplice significato. Innanzitutto, quello di far conoscere una parte della nostra storia poco presente nella storiografia tradizionale. Poi c’è lo sguardo al futuro per aprire prospettive sulle nuove povertà, sulle nuove metodologie di intervento, per stimolare a forme inedite di partecipazione e corresponsabilità.

I numeri Nel 2011 sono stati censiti ben 14.246 servizi e ben 13.298 sono nell’ambito socio-sanitario e socio-assistenziale. Il 38 per cento dei servizi è indirizzato sia ai minori che agli anziani, dominanti nell’attenzione ecclesiale. Il 33 per cento si rivolge ali immigrati e alle povertà in generale; il 24 per cento gravita sui giovani e il 20 per cento su problemi connessi al lavoro. Il 15 per cento e il 17 per cento si dedica ai settori dei disagiati psichici, dei disabili e dei senza fissadimora; mentre il 13 per cento si occupa dei problemi legati alla prostituzione, con un 7 per cento per le dipendenze. Complessa l'analisi degli aspetti finanziari. Tutte queste opere vivono grazie a un mix di entrate pubbliche (49 per cento), rette a carico degli utenti e delle famiglie (56 per cento), donazioni e offerte (52 per cento), risorse proprie delle Congregazioni (56 per cento).
Circa i collaboratori, ovunque è forte la presenza di volontari (79 per cento, maggiore nell'area delle religiose) e di dipendenti (74 per cento). Nell'80 per cento dei casi i collaboratori laici superano il numero dei collaboratori religiosi e nel 42 per cento dei casi i volontari superano i dipendenti. (fonte)

Constatato che la metà dei costi è a carico dello Stato, restano domande senza risposta:
Quanti sono i "volontari" finti che in realtà sono precari in nero?

Quanti sono i dipendenti regolarizzati?