Impresa profit e volontariato: servono chiarezza e qualità.
Una risposta di Guido Contessa all'articolo "AZIONI (E) UTILI" di B.Golisano (anni Novanta)


L'articolo di Golisano propone un argomento di grande attualità e soprattutto di immense prospettive per il prossimo future. II declino ormai indiscutibile del Welfare State, specie nell'accezione tutta italiana di Stato Assistenziale, riguarda l'intervento dello Stato ma non certo ibisogni della gente. Lo Stato continuerà, se non altro per meri motivi di pace sociale, a rispondere ai bisogni primari o materiali delle frange marginali. Ma l'entrata nel XXI secolo coinciderà vistosamente con un aumento, per la maggioranza delle popolazioni d'Occidente, dei bisogni secondari e immateriali. Il che implicherà l'instaurazione di una Welfare Society, nella quale il ruolo delle imprese sarà centrale. L'impresa profit sarà sempre più socializzata, come dimostra la tendenza verso le privatizzazioni e le public companies, ed assumerà il ruolo di "nuovo principe". Il mecenatismo nelle arti e nel sociale da sempre espresso dal potere politico o religioso, sarà compito del potere economico. La divisione fra produzione e consumo, economico e sociale, lavoro e tempo libero, pubblico e privato sarà sempre meno marcata. Nonostante questa premessa, anzi proprio per essa, occorre che la trasformazione sia controllata e lo spirito critico del volontariato, oggi assai piu culturalmente attrezzato di un tempo, sia sempre vigile. Finora le imprese si sono occupate di beneficenza, in forma anonima o semi-anonima, oppure di sponsorizzazioni. Ora si profila l'intervento diretto dell'impresa nella gestione di operazioni sociali. L'esperienza proposta dalla Timberland e dalla Fondazione Swartz, che per ora sono la stessa cosa, è di quelle che devono trovare una ferma opposizione, prima che si estenda e diventi un modello. Due sono le cose utili che un'impresa può offrire al sociale: risorse (danaro, spazi,operatori qualificati) e cultura organizzativa. L'esempio Timberland non offre nessuna di queste, con l'aggravante di presentarsi come un'operazione di pubblicità occulta e sottocosto.

Cominciamo da quest'ultima questione. "I ragazzi devono indossare una divisa Timberland....". Questo elemento, oltre ad essere folcloristico e a richiamare il triste ventennio, configura un'intenzione pubblicitaria che è tanto più sgradevole in quanto riguarda gli esseri umani. "Giovani sandwiches" che reclamizzano una marca, ad un costo inferiore di quello dei taxi, sono una forma di volgare sfruttamento pubblicitario.Quando l'Olivetti, la FIAT o la Sony sponsorizzano un restauro pagano regolarmente -non sottocosto- sia i restauratori sia i pubblicitari. Poichè la tentazione pubblicitaria sara sempre presente nelle imprese, è necessario che gli interventi sociali di questo tipo siano garantiti da organismi partecipativi extra-aziendali (che prevedano la presenza di funzionari pubblici o di rappresentanti delle federazioni del volontariato, comunque di "terzi" non influenzabili o ricattabili dall'impresa). Non serve un Comitato Scientifico, in qualcosa che di scientifico non ha nulla (purtroppo). E non serve che in esso vi sia un don Mazzi, il quale - oltre ad essere, come noto, un "laureate del cuore"- è anche un beneficiario dei programmi che dovrebbe supervisionare. II rimborso spese mensile di 700.000 lire è un'altra spia della pubblicità sotto-costo. Non si tratta infatti di una retribuzione, ma nel contempo non si tratta di volontariato puro. II sospetto che si tratti di lavoro nero, anche in considerazione dell'impegno a tempo pieno, non è peregrino. Assai diversa e più seria appare invece l'azione della Timberland americana che dal '92 regala ai lavoratori (come dice l'articolista) 32 ore l'anno retribuite da impiegare nel volontariato, su interessi individuali o in programmi comunitari. Ma la vera debolezza e pericolosità della proposta Timberland è nella confusione culturale degli obiettivi e dei contenuti del programma.Intanto quali sono gli obiettivi ? L'intervistata, Marta Longo (psicologa?sociologa? educatrice? manager? speriamo non disoccupata senza qualifica) così elenca: "....fornire opportunità di lavoro, capacità professionali nell'attività solidale......". II primo obiettivo è francamente ridicolo perché non si capisce perché qualcuno dovrebbe assumere questi giovani con maglietta, invece di altri. E se questo è l'obiettivo, perché inserire i giovani nelle organizzazioni del volontariato? E' molto scarsa la cultura sociale della Timberland, se confonde le imprese sociali con le organizzazioni di volontariato. II secondo obiettivo, oltreche irrealistico, è anche disonesto perchè è noto che le capacità professionali da usare nell'attività solidale si acquisiscono con regolari Corsi di Qualificazione per Educatore, Animatore, Osa ecc.. Molti giovani vengono illusi di percorrere una scorciatoia che poi li porterà ad un vicolo cieco di lavoro nero e precariato. In secondo luogo qual'è il programma? Corsi di formazione al computere o all'inglese (non si dice quanto lunghi nè di che tipo), arricchiti da corsi di formazione tenuti da medici e personale specializzato nelle associazioni presso le quali prestano la loro opera...". Cioè quanto di più banale e trito esiste nel settore. E' vero che il sociale è pieno di iniziative banali ed insignificanti, ma per questo non c'è bisogno di una multinazionale che fa le stesse cose, senza offrire la propria cultura organizzativa. In cosa un corso per computer e inglese della Timberland si differenzia dalle decine di analoghe iniziative offerte gratuitamente dalle Scuole Comunali o Regionali ? Più interessante sembra il Progetto '98, coordinato con il Comitato Inquilini di 4 quartieri milanesi. Senonchè di nuovo qui si pone il problema dello sfruttamento. Perchè se un'azione sociale viene fatta dal Comune o da una cooperativa, vogliamo che gli operatori siano regolarmente retribuiti, mentre se la stessa azione viene promossa da una multinazionale accettiamo sia fatta da semi-volontari sotto-pagati ? Per concludere, vorrei sintetizzare alcuni principi cui deve ispirarsi l'impegno sociale dell'impresa, sperando che possano diventare la base per una Carta che i mondi del volontariato, delle imprese non profit e delle imprese profit potrebbero volontariamente sottoscrivere:

1. L'impegno sociale dell'impresa deve superare le logiche della beneficenza e della sponsorizzazione, che si fondano sul mero binomio danaro e controllo, e pervenire allo stadio più maturo dell'azione diretta.

2. Le azioni di impegno sociale dell'impresa, se implicano una qualsiasi forma di pubblicità del promotore, devono basarsi su lavoro regolarmente retribuito.

3. Eventuali azioni sociali realizzate con lavoro volontario o semi-volontario, devono escludere ogni forma di menzione delle imprese finanziatrici.

4. Sia nel primo che nel secondo caso, le azioni sociali dell'impresa devono essere controllate da Comitati di Garanzia, formati da soggetti estranei e senza legami con l'impresa, che escludano ogni forma di manipolazione, sfruttamento o uso improprio (è improprio considerare impegno sociale le azioni che recano vantaggi non solo morali all'impresa, che appoggino esigenze politiche, che producano ogni sorta di discriminazione, ecc.)

5. Poichè il contributo dell'impresa al settore sociale riguarda soprattutto la cultura organizzativa, i progetti devono essere realizzati con operatori specificatamente qualificati e regolarmente retribuiti.

6. I progetti sociali delle imprese devono essere continuativi (almeno triennali) per evitare la creazione di aspettative e di illusioni non realizzabili.

7. I progetti sociali delle imprese devono presentarsi in forma chiara, con obiettivi definiti, programmi specifici e sistemi di verifica e valutazione dei risultati.

8. I progetti sociali delle imprese non devono avere obiettivi occulti di ndottrinamento o affiliazione, quindi devono basarsi su iniziative non concorrenziali a quelle già promosse da Enti Locali.

9. Si istituisce un'Authority nazionale composta da rappresentanti delle Federazioni del Volontariato, del Terzo Settore e dell'impresa profit, il cui compito è quello di promuovere l'impegno sociale delle impreseprofit e garantirne la Qualità.

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